AUGURI DI BUONA PASQUA

  • Aprile 20, 2025 at 5:15 pm
UN AUGURIO PER UNA TRANQUILLA PASQUA A TUTTI A MEZZO DELL’ “INCANTESIMO DEL VENERDI’ SANTO” dall’opera “PARSIFAL” di RICHARD WAGNER:

RICHARD WAGNER, PARSIFAL, “INCANTESIMO DEL VENERDI’ SANTO”:

AGOSTINO AGAZZARI

  • Aprile 5, 2025 at 3:01 pm

Agostino Agazzari nasce a Siena il 2 dicembre 1578 e muore a Siena il 10 aprile 1640.

E’ un Compositore, Organista e Teorico della Musica italiano dell’Epoca Barocca.

Agostino Agazzari studia a Siena e, all’età di diciotto anni, pubblica il suo primo libro di Madrigali.

1597-1602: è Organista presso la Cattedrale di Siena, posto che lascierà per recarsi a Roma. 1602-1606 circa: a Roma, è “Praefectus musicae” presso il “Collegio Germanico”, carica tenuta in precedenza anche da Tomás Luis de Victoria.

1606: compone “Eumelio”, dramma pastorale con la musica dell’ “Armonico Intronato”, che viene rappresentato al “Seminario Romano” in occasione del Carnevale.

1607: rientra a Siena dove, sembra, rimane sino alla morte.
Qui, oltre a far parte dell’ “Accademia degli Intronati”, ricopre l’incarico di “Maestro di Cappella del Duomo”.

Attività di Agazzari:

In prevalenza, Autore di Musica Sacra, compone Messe, Mottetti, Salmi, Litaniae, eccetera.
Scrive anche alcuni libri di Madrigali e il Dramma pastorale “Eumelio”: è una composizione molto rilevante per la Storia del Melodramma.

Come Autore di Scritti Teorici, è celebre specialmente per il suo “Del sonare sopra’l basso”, uno dei primi trattati metodici sopra il basso continuo, importante per la comprensione di questa pratica ancora agli inizi.

Opere e Drammi:

Eumelio (1606)

Musica sacra:

Sacrarum cantionum… liber primus, Roma, 1602, ristampato nel 1605, con il bc
Sacrae laudes… liber secundus, Roma, 1603
Sacrarum cantionum… liber tertius, Roma, 1603
Sacrae cantiones; liber quartus, Roma, 1606, ristampato nel 1606 come Motetti, libro quarto
Sacrarum cantionum… liber II, Milano, 1607
Cantiones, motectae vulgo appellatae, Francoforte, 1607)
Psalmi sex, Venezia, 1609
Psalmi ac magnificat, Venezia, 1611
Sertum roseum ex plantis Hiericho, Venezia, 1611
Psalmorum ac magnificat, Venezia, 1611
Dialogici concentus, Venezia, 1613
Missae quattuor tam organis, Venezia, 1614
Sacrae cantiones, Venezia, 1615
Eucaristicum melos, Roma, 1625
Litaniae beatissimae virginis, Roma, 1639
Musicum encomium, Roma, 1640

Musica devozionale:

Il primo libro de’ madrigaletti, Venezia, 1607
Il secondo libro de’ madrigaletti, Venezia, 1607
Stille soavi di celeste aurora, Venezia, 1620

Musica profana:

Il primo libro de’ madrigali, Venezia, 1596
Il primo libro de’ madrigali, Venezia, 1600
Il secondo libro de’ madrigali, Venezia, 1606

Scritti teorici:

Del sonare sopra’l basso: con tutti li stromenti e dell’uso loro nel conserto. (1607)
La musica ecclesiastica dove si contiene la vera diffinitione della musica come scienza, non più veduta, e sua nobiltà (1638)

Battuto al computer da Lauretta

.

AGOSTINO AGAZZARI:
https://it.wikipedia.org/wiki/Agostino_Agazzari

RICHARD ADDINSELL

  • Gennaio 21, 2025 at 12:53 pm

Richard Addinsell nasce a Londra il 13 gennaio 1904 e muore a Brighton il 14 novembre 1977.

E’ un compositore britannico, noto soprattutto per il brano dal titolo “Concerto di Varsavia” e per colonne sonore di vari film.

Per un anno e mezzo, Addinsell studia Legge al “Hertford College” di Oxford , ma cambia e frequenta il “Royal College of Music” dal 1925.
In seguito, continua, il suo “addestranento” musicale a Berlino, a Vienna e negli Stati Uniti e collabora con Richard Roy Douglas. 

Filmografia:

. Elisabetta d’Inghilterra (Fire Over England), regia di William K. Howard (1937)

. Gentiluomo dilettante – Il nuovo Robin Hood (The Amateur Gentleman), regia di Thornton Freeland (1936)

. Addio, Mr. Chips! (Goodbye Mr. Chips), regia di Sam Wood e, non accreditato, Sidney Franklin (1939)

. Dangerous Moonlight, regia di Brian Desmond Hurst (1941)

. Spirito allegro (Blithe Spirit), regia di David Lean (1945)

. Lo schiavo dell’oro (Scrooge o A Christmas Carol), regia di Brian Desmond-Hurst (1951)

. Tom Brown’s Schooldays (1951)

. Gli sparvieri dello stretto (Sea Devils) regia di Raoul Walsh – musiche originali (1953)

. Lord Brummell (Beau Brummell), regia di Curtis Bernhardt (1954)

. Il principe e la ballerina (The Prince and the Showgirl), regia di Laurence Olivier (1957)

. Verso la città del terrore (A Tale of Two Cities) (1958)

. The Waltz of the Toreadors (1962) 

Il suo capolavoro:

In origine scrive “Il Concerto di Varsavia” (“Warsaw Concert”) per un film drammatico del 1941 (“Dangerous Moonlight”, il cui sottotitolo è “Suicide Squadron”).
Si tratta di un film di Guerra del regista britannico Brian Desmond Hurst.
Il brano musicale è per pianoforte ed orchestra ed è sempre un pezzo molto popolare.
Il regista vuole lo stile musicale di Sergei Rachmaninoff ma, non avendo potuto convincere il compositore a creare le musiche, incarica Addinsell che crea il capolavoro celeberrimo.

Battuto al computer da Lauretta






RICHARD ADDINSELL: 

CONCERTO DI VARSAVIA per pianoforte e orchestra:
https://youtu.be/wCf1fubyp9s?si=raJAuY_XM5krY6q1https://www.alamy.it/compositore-richard-addinsell-image156869080.html

 

 

PAUL ABRAHAM

  • Gennaio 8, 2025 at 6:12 pm

Paul Abraham nasce ad Apatin il 2 novembre 1892 e muore ad Amburgo il 6 maggio 1960.

E’ un compositore ungherese di operette.

1910-1916: Abraham studia Violoncello all’Accademia Musicale “Franz Liszt” di Budapest con Adolf Schiffer e studia Composizione con Viktor Herzfeld.

Inizia con opere di tipo serio e, nei dieci anni seguenti, scrive molte musiche fra cui Musica Sacra, Quartetti d’Archi ed un Concerto per Violoncello.

1927: nomina a direttore d’orchestra presso il “Teatro dell’Operetta” di Budapest, dove imbocca la strada per l’Operetta (forma musicale più popolare) che si adatta bene alla sua voocazione.

1928: scrive “Der Gatte des Fräuleins”, la sua prima operetta.

“Viktoria und ihr Husar”, la sua terza operetta, gli regala un successo molto grande.

Diventa un nome mondiale grazie a questa operetta e alle successive due operette del 1931 e del 1933, “Die Blume von Hawaii” (“Il Fiore delle Hawaii”) e “Ball im Savoy” (“Ballo al Savoy”).

Nella sua carriera scrive musiche cinema e parecchie colonne sonore.

1933: gli avvenimenti costringono Abraham ad abbandonare Berlino e a lasciare la Germania, in quanto di origine ebraica.

Grazie a Vienna e a Parigi, va a Cuba, in cui vive modestamente lavorando come pianista e da cui emigrerà a New York.

10 aprile 1944: “Vittoria e il suo Ussaro” va in scena al Teatro “Reinach” di Parma per la Compagnia di operette Lombardiana e viene “rivisitata” da Carlo Lombardo come operetta attribuita ad Haios, in quanto il nome ebraico “Abraham” sarebbe problematico con la gendarmeria di occupazione.

Febbraio 1946: a causa di problemi mentali, Abraham viene ricoverato.

1952: il Teatro “Verdi” di Trieste produce “Vittoria e il suo Ussaro” che viene rappresentata al “Castello di San Giusto”.

Abraham, gli ultimi anni e la morte:

Maggio 1956: il musicista torna in Germania, ad Amburgo, dove muore quattro anni dopo, il 6 maggio 1960.

Operette:

. Zenebona (insieme ad altri compositori) Operette in 3 atti, 2 marzo, 1928, Budapest. Libretto: Lakatos László/Bródy István
. Az utolsó Verebély Lány (nota anche come Az Elso Verebély Lány o Der Gatte des Fräuleins) 13 ottobre 1928. Libretto: Harmath Imre-Drégely Gábor
. Szeretem un felségem (Es Geschehen noch Wunder) Magyar Színház 15 Giu 1929, Libretto: Birabeau André-Georges Dolley (dopo: Stella Adorján)
. Viktoria und ihr Husar (Vittoria e il suo ussaro), Operetta, tre atti e prologo. 21 febbraio 1930 Budapest, Operettentheater. Libretto: Földes, Imre/Harmath, Imre, (in tedesco: Alfred Grünwald e Fritz Löhner-Beda)
. Die Blume von Hawaii (Il Fiore delle Hawaii), Operetta in 3 atti, 24 luglio 1931 di Lipsia, Opera di Lipsia. Libretto: Alfred Grünwald e Fritz Löhner-Beda, dopo Imre Földes
. Ball im Savoy (Ballo al Savoy), Operetta tre atti e prologo. 23 dicembre 1932 a Berlino, Komische Oper Berlin. Libretto: Alfred Grünwald e Fritz Löhner-Beda. Inglese: Ballo at The Savoy, 8 settembre 1933 a Londra, Drury Lane (teatro)
. Märchen im Grand-Hotel, Lustspieloperette 3 atti 29 marzo 1934 Vienna, Theater an der Wien. Libretto: Alfred Grünwald e Fritz Löhner-Beda
. Viki 26 gennaio 1935 Magyar Színház, Libretto: Harmath Imre-Adorján Bónyi
. Történnek Meg csodák 20 aprile 1935 Magyar Színház, Libretto: Halász Imre-Békeffi István
. Dschainah, das Mädchen aus dem Tanzhaus, Operetta in 3 Atti. 21 dicembre 1935 a Vienna, Theater an der Wien. Libretto: Alfred Grünwald e Fritz Löhner-Beda diretta da Anton Paulik con Rosy Barsony
3:1 a szerelem javára 18 dicembre 1936 Király Színház, Libretto: Harmath Imre-Keller Dezső-Szilágyi László
. Und ihr Roxy Wunderteam Musikalischer Fußballschwank, 25 marzo, 1937 Vienna, Theater an der Wien, Libretto: Hans Weigel e Alfred Grünwald
. Julia Operetta in 2 parti e Nachspiel, 23 dicembre 1937 Városi Színház Budapest, Libretto: Harmath Imre-Földes Imre
. A Fehér Hattyu (The White Swan), 1938
. Zwei Herzen Glückliche Libretto: Robert Gilbert e Armin L. Robinson.
. Tambourin Musical in due parti (mai eseguita) Libretto: Alfred Grünwald

Filmografia: 

. Die singende Stadt, regia di Carmine Gallone (1930)
. La città canora (City of Song), regia di Carmine Gallone (1931)
. Sunshine Susie, regia di Victor Saville (1931)
. Die Privatsekretärin, regia di Wilhelm Thiele e Goffredo Alessandrini (1931)
. Nell’azzurro del cielo (Das Blaue vom Himmel), regia di Victor Janson (1932)
. Due cuori felici, regia di Baldassarre Negroni (1932) (direzione musicale di Luigi Colacicchi)
. Il diario di una donna amata, regia di Hermann Koesterlitz (= Henry Koster) (1936)

Battuto al computer da Lauretta

 

 

PAUL ABRAHAM:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Paul_Abraham.jpg

 

VITTORIA E IL SUO USSARO, trama:

Musica: Paul Abraham
Libretto: Carlo Lombardo – Libretto orig.: Alfred Grunwald e Fritz Lohner-Beda (ed. Suvini Zerboni)
TRAMA:
Stefano Koltay (ten.), capitano degli Ussari, è stato catturato dai rivoluzionari russi, dopo essersi schierato dalla parte della contro rivoluzione.
Il suo destino sembra segnato, quando il suo attendente Jancsi (com.) riesce a barattare il proprio violino con la libertà. Koltay e Jancsi sono ora liberi.
Eccoci a Tokyo dove Stefano trova appoggio morale nell’ambasciatore americano, John Cunlight (br.), marito di Vittoria (sop.), sua ex-fidanzata, a cui lui aveva giurato eterno amore. Vittoria crede Stefano disperso in guerra.
Quando Vittoria rivede ”Il suo ussaro”…: lo ama ancora, anche se sente che il suo legame con John rende impossibile quell’amore.
Frattanto Jancsi corteggia la cameriera di Vittoria, Riquette (soubr.), nelle cui vene scorre sangue ungherese.
Il 1° atto si conclude con la cerimonia nuziale fra O Lia San (soubr.), giapponesina piena di brio, e il conte Ferry (com.), fratello di Vittoria.
A Pietroburgo le autorità russe chiedono a John di consegnare il capitano Koltay nelle loro mani ma il marito di Vittoria rifiuta.
In quel frangente Stefano stupisce tutti e, dopo un commovente colloquio d’addio con Vittoria, lascia che la polizia sovietica lo arresti.
Un anno dopo troviamo tutti i nostri eroi in un caratteristico villaggio ungherese, Dorozma.
Vittoria si è separata da John e vive pensando al sacrificio di Stefano.
Jancsi e Riquette si sposano nel giorno della festa dell’uva, imitati da Ferry e O Lia San che devono ripetere le nozze, visto che il matrimonio giapponese non ha valore in Europa.
Una vecchia usanza ungherese vuole però che nel giorno della festa dell’uva vengano celebrati tre matrimoni: manca quindi la terza coppia. Stefano e Vittoria?
John ha fatto sì che Stefano tornasse in libertà ed ora lo ha accompagnato a Dorozma per vedere felice la sua Vittoria.
Dopo tanti anni è giunto il momento della felicità per Stefano e Vittoria.

 

NATALE e FESTE 2024-2025

  • Dicembre 16, 2024 at 4:05 pm

Il PROFILO (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 16, 2023 at 5:16 pm

 

 

LAURA: IL PROFILO

 

Laura Rocatello nasce a Lendinara (Rovigo), rimanendo affezionata alla sua terra natale, ma conservando lo spirito verso Madre Natura in qualsiasi luogo che visita.

Appassionata di Buona Musica, ha scritto, nei propri siti personali, vari articoli e, anni fa, ha partecipato alla trasmissione televisiva “Rischiatutto” presentata da Mike Bongiorno, concorrendo per la “Storia dell’Opera Lirica”.

Ama la Pittura, per la quale ha partecipato a Mostre Personali e Collettive, a Concorsi, a Milano e in altri luoghi d’Italia.
A proposito di Pittura: incontra questa materia in “Storia dell’Arte”, materia appartenente al programma scolastico della Scuola Media Superiore “Maturità Professionale per Operatore Turistico”; titolo di studio conseguito.

Personalità eclettica, ama scrivere poesie-ricordo che espone con una certa freschezza a mo’ di racconto, affinché il suo pensiero venga bene trasmesso, compreso e accettato da chi legge: ossia da chi può sentirsi coinvolto e immedesimato, con la sensazione di essere presente durante lo svolgimento di quanto viene descritto.

Un grazie sentito a Laura.

Luigi Trevisani

 

 

 

 

LAURA: THE PROFILE

Laura Rocatello was born in Lendinara (Rovigo), remaining fond of her homeland, but maintaining the spirit towards Mother Nature in any place she visits.

Passionate about Good Music, she wrote various articles on her personal websites and, years ago, she participated in the television program “Rischiatutto” presented by Mike Bongiorno, competing for the “History of Opera Lirica”.

She loves painting, for which he has participated in personal and collective exhibitions, competitions, in Milan and in other places in Italy.
Speaking of Painting: meet this subject in “History of Art”, a subject belonging to the school program of the High School “Professional Maturity for Tour Operator”; degree obtained.

Eclectic personality, he loves to write memory-poems which he exhibits with a certain freshness as a story, so that his thoughts are well transmitted, understood and accepted by the reader: that is, by those who can feel involved and empathized, with the sensation of being present during the course of what is described.

A thank you heard for Laura.

Luigi Trevisani

PADRE BARERA VERCURAGO: estate 2002 (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 16, 2023 at 4:52 pm

 

PADRE BARERA
VERCURAGO: estate 2002

Sarei contenta di arrivare al Santuario di San Girolamo Emiliani di Vergurago:
anche mio marito è felice di uscire dalla solita routine per cui, appago

la mia curiosità di comunicazione con i luoghi somaschi. Il Santuario
di San Girolamo è un luogo di pellegrinaggio cinquecentenario,

è Sede della “congregazione dei chierici regolari” di Somasca e luogo di vita
e opere di San Girolamo Emiliani, fondatore dell’ordine, che è arricchita,

nel 1544, ampliando la precedente Chiesa di San Bartolomeo, erigendo
il Santuario. Il complesso verrà modificato nei secoli Seicento e Settecento.

Dal Santuario, parte la “Via delle Cappelle”: qui, troviamo la strada a lato
delle cappelle che, ben volentieri, percorriamo attraverso l’acciottolato

e una lunga fila di alberi dove, a metà, inizia la Scala Santa scavata
nella roccia che conduce all’eremo del Santo dove pregava. Passata

la cappella di San Girolamo, una chiesetta è vicinissima alla parete rocciosa:
qui, si beve alla fonte del Santo. Il panorama dà sensazione armoniosa.

Da qui, in circa dieci minuti, si può raggiungere il Castello dell’Innominato,
il personaggio de “I Promessi Sposi”: personaggio che Lucia ha “addomesticato”.

Padre Barera mi viene indicato dal mio compagno di Corso di Turismo Religioso:
è originario di Casorezzo, nella provincia di Milano. Non è altezzoso,

Padre Barera. E’ un uomo umile che, dopo essere diventato sacerdote, opera
a Como, Treviso, Milano, Legnano, Mestre e, nel 1977, arriva a Somasca che venera

il Santo. Padre Barera diventa un grande punto di riferimento per ricevere conforto
e dove diventa noto come esorcista combattendo il male in modo discreto, accorto.

Conoscendolo, mi sembra burbero, ma il suo cuore è grande e si comporta
con grande fede per tutta la sua esistenza; fede che lo trasporta

fino a quasi novant’anni in cui, a causa della problematica salute,
si ritira: la sua preghiera la recita sempre, ricordando anche le cose accadute.

A Padre Barera io dono due miniature di legno pirografato da me: è un omaggio
ad un uomo meritevole di stima e ammirazione: un grande personaggio.

Laura

 

 

FATHER BARERA
VERCURAGO: summer 2002

I would be happy to get to the Sanctuary of San Girolamo Emiliani in Vergurago:
my husband is also happy to get out of the usual routine so I am satisfied

my curiosity about communicating with Somaschi places. The Sanctuary
of San Girolamo is a five-hundred-year-old pilgrimage site,

it is the seat of the “congregation of regular clerics” of Somasca and place of life
and works by San Girolamo Emiliani, founder of the order, which is enriched,

in 1544, expanding the previous Church of San Bartolomeo, erecting
the Sanctuary. The complex will be modified in the seventeenth and eighteenth centuries.

From the Sanctuary, the “Via delle Cappelle” starts: here, we find the road to the side
of the chapels that we gladly walk along the cobblestones

and a long line of trees where, in the middle, the Scala Santa excavated in the rock
begins that leads to the hermitage of the saint where he prayed. Passed

the chapel of San Girolamo, a small church is very close to the rock face:
here, you drink at the source of the Saint. The panorama gives harmonious feeling.

From here, in about ten minutes, you can reach the Castello dell’Innominato,
the character of “The Betrothed”: a character that Lucia has “tamed”.

Father Barera was indicated to me by my classmate in the Religious Tourism Course:
he is originally from Casorezzo, in the province of Milan. He’s not haughty,
he
Father Barera. He is a humble man who, after becoming a priest, works
in Como, Treviso, Milan, Legnano, Mestre and, in 1977, he arrives in Somasca which venerates

the Saint. Father Barera becomes a great point of reference for receiving comfort
and where he becomes known as an exorcist by fighting evil in a discreet, shrewd way.

Knowing him, he seems gruff to me, but his heart is big and he behaves
with great faith throughout its existence; faith that carries it

up to almost ninety years in which, due to health problems,
he withdraws: he always recites his prayer, also remembering the things that have happened.

I am giving Father Barera two wooden miniatures pyrographed by me: it is a tribute
to a man deserving of esteem and admiration: a great character.

Laura

 

 

 

VEGNO DI CRANDOLA VALSASSINA (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 16, 2023 at 4:14 pm

 

VEGNO DI CRANDOLA VALSASSINA

Vegno: una frazioncina in collina, una bellezza
che esiste a cinquecento metri di altezza.

Vegno: dove Federigo Borromeo si era recato
e la chiesetta bianca aveva visitato.

Vegno: con il lavatoio e l’acqua della sorgente,
è un punto importante della sua gente.

Baite e fienili sono ristrutturati
e, davvero belli, gli immobili sono diventati.

L’ultima parte della Via San Giovanni è stata pavimentata
da alcuni anni e, in meglio, è cambiata.

I veicoli hanno il loro posto nello spiazzo davanti alla chiesetta:
terrazzo che vede la valle verde, il cui panorama alletta.

Fattorie con mucche… tanta vegetazione …
Un bellissimo piccolo rione.

Acqua buona e aria pura,
a Vegno: lì, sarà la mia vita futura?

Laura

 

 

 

VEGNO OF CRANDOLA VALSASSINA

Vegno: a small hamlet in the hills, a beauty
that exists at a height of five hundred meters.

Vegno: where Federigo Borromeo had gone
and the white church he had visited.

Vegno: with its washhouse and spring water,
it is an important point of its people.

Log cabins and barns are remodeled
and, truly beautiful, the properties have become.

The last part of Via San Giovanni has been paved
for some years and has changed for the better.

The vehicles have their place in the clearing in front of the church:
a terrace overlooking the green valley, whose panorama is alluring.

Farms with cows… lots of greenery…
A beautiful little neighborhood.

Good water and pure air,
in Vegno: will my future life be there?

Laura

 

 

CAP D’AGDE, NARBONNE, CARCASSONNE e CASTELLO (1996) (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 16, 2023 at 1:32 pm

 

CAP D’AGDE, NARBONNE, CARCASSONNE e CASTELLO
(1996)

Dal 1970, nel dipartimento dell’Hérault, nella famosa regione
Linguadoca-Roussillon, si comincia a costruire, nel Comune

di Agde, la località turistica di Cap d’Agde. Ha un porto turistico
che contiene più di 3100 imbarcazioni ormeggiate. E’ affaristico

e il suo sviluppo turistico è recente: Cap d’Agde è molto rinomata
dagli inizi degli Anni Settanta come una località più frequentata

del litorale mediterraneo francese. Cap d’Agde, Pézenas
e Val d’Hérault hanno un territorio con molte vigne. Città

e paesi storici sono progrediti lungo il fiume Hérault giungendo
alla foce, nel mare. Di origine greca antica, Agde, nascendo

2.600 anni fa, è unita al Grau (approdo) e alla spiaggia
di pini marittimi: la natura si presenta abbastanza selvaggia

e insolita, con insenature vulcaniche e sabbia sottile. Naturali
flora e fauna sottomarine, si scoprono rocce e fondali.

Impronte di un passato perduto, a tratti, riemergono:
vengono conservate nei due Musei importanti della zona e sono

poste all’attenzione di tutti. – Città di Agde: la fortezza medievale
con i suoi monumenti, il disegno dei bastioni, della cattedrale,

delle chiese e delle viuzze caratteristiche, i porti, le scale
dei palazzi appartenenti al tipo unicamente individuale.

Settembre: il tempo è spesso nuvoloso, ma la spiaggia
è grande, ben tenuta, la sabbia è sottile e incoraggia

a prendere il sole. Conosciutissima per il suo villaggio naturista,
tale villaggio è luogo famoso per essere scambista.

Qui, c’è libertinaggio: tutti vanno nel posto in cui < è vietato vietare >.
Il suo Port Ambonne ospita 300 imbarcazioni da ormeggiare.

Da Cap d’Agde compiamo un giro a Les Saintes Maries de la Mer:
nel giro veloce, vediamo un graziosissimo borgo “da dipinger”.

Case bianche che attorniano una chiesa di stile romanico.
Il paesaggio selvaggio circonda con atmosfera di tipo poetico.

Lungomare pulito dal vento, ampie spiagge con sabbia chiara, gitani
folcloristici che gironzolano con chitarre e cappelli neri. Le mani

sono lette dalle cartomanti e ci sono tanti ristorantini in cui assaggiare
i prelibati manicaretti. Questo villaggio è capace di esercitare

fascino incredibile. Da qui, la Camargue è facile da esplorare
e non bisogna lasciar perdere gli animali da fotografare:

tori, cavalli allo stato brado, fenicotteri rosa, le feste di folclore,
la chiesa fortificata che aveva il compito di protettore

della città dalle incursioni dei pirati saraceni e arabi. Dalla terrazza
della chiesa si può godere una meravigliosa vista che tutto “sbarazza”.

Narbonne, fuori Italia, è la città-prima colonia di diritto romano,
capoluogo organizzatore della Sud-Gallia e dove è nato San Sebastiano.

Nel Medievo, è capitale del regno visigoto. Poi, da centro culturale,
religioso e spirituale, vanta una bellissima Cattedrale:

la Chiesa di Saint-Just e Saint-Pasteur. Narbonne è in Occitania
nella valle del fiume Aude. Fondata da Roma, è lungo la Via Domitia,

la via romana di collegamento Italia-Provenza-Spagna; città centro culturale
importante e religioso durante il periodo medioevale.

Fra i principali punti di attrazione, la Via Domitia costruita inizialmente
per motivi militari, fra Roma e Spagna sviluppa notevolmente

scambi commerciali. Il Canal de la Robine e il Canal du Midi collegano
Aude e Mare Mediterraneo. Le barche da diporto li solcano. Presenziano

la Cattedrale di Saint-Just-et-Saint-Pasteur (gotica, con rosone)
e il campanile alto. Si trova nel centro città e ha l’eccezione

di essere incompiuta. – Il Palazzo-Museo degli Arcivescovi: di origine
romanica, la sua facciata presenta tre torri quadrate. – A lui sono vicine,

le ricche collezioni d’arte, le terracotte, con i bellissimi dipinti
e i soffitti affrescati nel Palazzo degli Arcivescovi: idem, con maestria, tinti.
Nella Valle dell’Aude, l’Abbazia di Sainte-Marie de Fontfroide. Spirituale
istituzione, ampliata e restaurata nel tempo, ha atmosfera medievale.

Tra le più famose spiagge di Narbonne, due, in particolare,
hanno sabbia dorata su acque cristalline: da non dimenticare.

Città nota per gastronomia e per vini, Narbonne, è situata
in Languedoc-Roussillon: i suoi vini hanno produzione pregiata.

Les Halles de Narbonne: è il mercato coperto vivace e fornito
dove si possono trovare cibi e prodotti gastronomici: davvero, munito.

Carcassonne è una città storica fortificata dell’Occitania iniziata
in epoca gallo-romana. I suoi stili sono romanico e gotico ed è stata

trasformata in monumento-bene dell’UNESCO-Umanità. Culturale,
all’esterno della città sita nella zona “Aude” è una costruzione medievale.

Il lungo sistema in muratura ha tantissime torri; inoltre, opera colossale
sulla valle dell’Aude, ha la Basilica di Saint-Nazaire e il Castello comitale.

Fra le varie vicende storiche, nel 1208, l’ascesa del Catarismo incoraggia
Papa Innocenzo III, ad invitare i Baroni del Nord e si ingaggia

la Crociata albigese. Fortezza più grande d’Europa, è un richiamo
turistico per il paese cataro e i carcassonnesi: parcheggiamo

l’auto e, antistante il castello, vediamo una giostra rosa medioevale
e graziosa. Sembra che Walt Disney sia stato ispirato dalla epocale

struttura per il suo “Castello della Bella Addormentata”. Piove,
ma ci godiamo la vista di tanti oggetti di classe e dove

acquistiamo souvenirs, fra cui una pistola creata in materiale plastico,
ma che riproduce fedelmente un bellissimo modello di tipo antico.

Incontriamo una piccola comitiva che, da quanto abbiamo udito,
parla Italiano: ne approfittiamo per salutare i Bolognesi, subito.

Giro a Sète, la “piccola Venezia della Linguadoca”: viene popolata
in gran parte, da Italiani e da Corsi, guarda caso, cosa testimoniata

anche dai principali sostenitori della squadra di calcio di là. Più importante
porto francese dopo Marsiglia, ponti a bascula e girevoli, la rendono intrigante.

Girando in qualche cittadina occitana, notiamo la Croce Catara: diffusa
in Linguadoca e Occitania (in Francia), rappresenta il Catarismo che, qui, si usa

in epoca medioevale per quattro secoli. E’ un movimento ereticale cristiano,
dei primi seguaci del Vescovo che si elegge Papa nel 251: Novaziano.

Fra i souvenirs, tre piccoli scudi marmorizzati li voglio acquistare:
il Giglio di Francia, il Castello di Carcassonne e la Croce Catara.

In un negozione, troviamo frese particolari per lavori artistici,
mobili graziosi e in stile, tante cose, e animalini domestici.

Queste vacanze ci lasciano un bel ricordo: sono state vissute bene.
Senza dubbio, la nostalgia ci accompagnerà come sempre avviene.

Laura

 

 

 

CAP D’AGDE, NARBONNE, CARCASSONNE and CASTLE
(1996)

Since 1970, in the Hérault department, in the famous region
Languedoc-Roussillon, construction begins, in the commune

of Agde, the tourist resort of Cap d’Agde. It has a marina
which contains more than 3100 moored boats. It’s business

and its tourist development is recent: Cap d’Agde is very famous
since the early 1970s as a more popular resort

of the French Mediterranean coast. Cap d’Agde, Pézenas
and Val d’Hérault have a territory with many vineyards. City

and historical towns have progressed along the Hérault river by reaching
at the mouth, in the sea. Of ancient Greek origin, Agde, being born

2,600 years ago, it is joined to the Grau (landing point) and the beach
of maritime pines: nature is quite wild

and unusual, with volcanic coves and fine sand. Natural
underwater flora and fauna, rocks and sea beds are discovered.

Footprints of a lost past, at times, re-emerge:
are kept in the two important Museums in the area and are

brought to everyone’s attention. – City of Agde: the medieval fortress
with its monuments, the design of the ramparts, the cathedral,

of the churches and characteristic alleys, the ports, the stairs
of the palaces belonging to the uniquely individual type.

September: the weather is often cloudy, but the beach
it is large, well maintained, the sand is fine and encouraging

to sunbathe. Well known for its naturist village,
such village is famous place for being swinger.

Here, there is libertinism: everyone goes to the place where < it is forbidden to forbid >.
Its Port Ambonne hosts 300 boats to moor.

From Cap d’Agde we go around Les Saintes Maries de la Mer:
in a quick turn, we see a very pretty village “to be painted”.

White houses surrounding a Romanesque church.
Wild landscape surrounds with poetic type atmosphere.

Wind-cleaned waterfront, wide beaches with clear sand, strolling
gypsies around with guitars and black hats. The hands

they are read by fortune tellers and there are many restaurants in which to taste
the delicious dishes. This resort is capable of exercising

incredible charm. From here, the Camargue is easy to explore
and we must not forget the animals to be photographed:

bulls, horses in the wild, pink flamingos, folklore festivals,
the fortified church that had the task of protector

of the city from the raids of Saracen and Arab pirates. From the terrace
from the church you can enjoy a wonderful view that “gets rid” of everything.

Narbonne, outside Italy, is the first city-colony of Roman law,
organizing capital of South Gaul and where Saint Sebastian was born.

In the Middle Ages, it was the capital of the Visigothic kingdom. Then, as a cultural center,
religious and spiritual, it boasts a beautiful Cathedral:

the Church of Saint-Just and Saint-Pasteur. Narbonne is in Occitani
in the valley of the river Aude. Founded by Rome, it is along the Via Domitia,

the Roman road linking Italy-Provence-Spain; cultural center city
important and religious during the medieval period.

Among the main points of attraction, the Via Domitia initially built
for military reasons, between Rome and Spain it developed considerably

commercial exchanges. The Canal de la Robine and the Canal du Midi connect
Aude and the Mediterranean Sea. Pleasure boats ply them. They attend

the Cathedral of Saint-Just-et-Saint-Pasteur (Gothic, with rose window)
and the tall bell tower. It is located in the city center and has the exception

to be unfinished. – The Palace-Museum of the Archbishops: of origin
Romanesque, its facade has three square towers. – They are close to him,

the rich art collections, the terracottas, with the beautiful paintings
and the frescoed ceilings in the Palace of the Archbishops: ditto, with mastery, dyed.

In the Aude Valley, the Abbey of Sainte-Marie de Fontfroide. Spiritual
institution, enlarged and restored over time, has a medieval atmosphere.

Among the most famous beaches of Narbonne, two, in particular,
they have golden sand on crystal clear waters: not to be forgotten.

City known for its gastronomy and wines, Narbonne is located
in Languedoc-Roussillon: its wines have a prestigious production.

Les Halles de Narbonne: it is the lively and well-stocked covered market
where you can find food and gastronomic products: truly, equipped.

Carcassonne is a historic walled city of Occitania begun
in the Gallo-Roman period. Its styles are Romanesque and Gothic and was

transformed into a monument-asset of UNESCO-Humanity. Cultural,
outside the city located in the “Aude” area is a medieval construction.

The long masonry system has many towers; moreover, colossal work
on the Aude valley, it has the Basilica of Saint-Nazaire and the count’s castle.

Among the various historical events, in 1208, the rise of Catharism encourages
Pope Innocent III, to invite the Barons of the North and engages

the Albigensian Crusade. Europe’s largest fortress, it’s a call
tourist for the Cathar country and the Carsonnese: we park

the car and, in front of the castle, we see a medieval pink carousel
and pretty. It seems that Walt Disney was inspired by the epochal

structure for his “Sleeping Beauty Castle”. Rains,
but we enjoy the view of so many objects of class and where

we buy souvenirs, including a gun created in plastic material,
but which faithfully reproduces a beautiful antique type model.

We meet a small party which, from what we have heard,
speaks Italian: we take the opportunity to greet the Bolognese, right away.

Tour of Sète, the “little Venice of the Languedoc”: it is populated
largely, by Italians and by Corsicans, coincidentally, as witnessed

even from the major supporters of the football club there. More important
French port after Marseilles, swing and swing bridges make it intriguing.

Turning around in some Occitan town, we notice the Catara Cross: widespread
in Languedoc and Occitania (in France), it represents the Catharism which is used here

in medieval times for four centuries. It is a Christian heretical movement,
of the first followers of the Bishop who was elected Pope in 251: Novatian.

Among the souvenirs, I want to buy three small marbled shields:
the Lily of France, the Castle of Carcassonne and the Cathar Cross.

In a large shop, we find particular cutters for artistic works,
pretty and stylish furniture, lots of things, and pets.

These holidays leave us a beautiful memory: they were lived well.
Without a doubt, nostalgia will accompany us as it always does.

Laura

LE GRAU DU ROI e LA CAMARGUE (1996) (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 15, 2023 at 5:29 pm

 

LE GRAU DU ROI e LA CAMARGUE
(1996)

Significa “L’approdo del Re”: Luigi IX dei Capetingi ritorna dalla Crociata
in Terra Santa. Re, poi, santificato. Con la città di Dossenheim, Le Grau, è gemellata.

In Occitania-Camargue, è noto punto balneare. Dista poco da Nîmes, La Grande Motte.
Ha viticoltura. Non è lontano da Les Saintes-Maries-de-la- Mer, Montpellier, Aigues Mortes.

Qui, l’acqua è bassa; la sabbia è fina. E’ caratteristico e pittoresco il porto di pescatori.
Port Camargue: è importante perché, dell’Europa, è un porto turistico fra i maggiori.

Imbocchiamo l’autostrada Milano/Ventimiglia. Appena entrati in Francia, seguiamo
sempre la strada che, da Avignone, inizia la “passeggiata” geografica che percorriamo

dritti dritti verso la Camargue che ha paludi, saline e bellissima spiaggia.
Fenicotteri rosa e cavalli selvatici, natura incontaminata e selvaggia.

Il catalogo turistico ci dà indicazioni perfette: finiamo nel Villaggio, sul mare.
In zona vicina ai canali, il villaggio è con abitazioni ad uno o più locali: da abitare

vita natural durante, tanto è paradisiaco! Guardie Giurate e un cane pastore che lega
con noi: brontolone, si calma col buon rapporto fra il padrone e mio marito “ex-collega”

idem, guardia giurata. Fra le visite, passiamo a Sète: qui, nel garage, parcheggiamo
la macchina. Si tratta di una costruzione vecchia, ma che, allo scopo, adottiamo.

Saliamo a bordo del “Neptune”, il galeone fatto costruire appositamente per “Pirati”,
il film di Roman Polanski, con Walter Matthau. Un’opera d’arte. Siamo ammirati.

Costeggiando canale e salina, arriviamo ad Aigues Mortes e alla Cittadella
la cui entrata, sulla destra, ricorda gli Ugonotti. Poi, imbocchiamo l’ampia stradella

con negozi su entrambi i lati. In fondo, troviamo i ristoranti nel piazzale. Le vetrate
della chiesetta caratteristica e dall’aspetto protettivo, con pareti bianche, sono colorate.

All’Espiguette, vediamo i cavalli “alla finestra”: sono magnifici e validi esemplari.
Una rivendita di formaggi, olive, prodotti in vetro, sottaceti e vini. Non molto cari.

Cibi: ci siamo portati scatolette e confezioni di acqua minerale, ma comperiamo
il pane-baguettes, insalata e pomodori nei negozi. Io parlo Francese e ci “arrangiamo”.

Non esistono le misure igieniche della nostra Italia, ma le lacune vengono dimenticate
grazie alle distrazioni che, poco a poco, si presentano e vengono materializzate.

E’ settembre: in tale periodo, il bar non ha più ospiti, ma Gérard ci indica di ascoltare
l’orchestrina e che ci possiamo servire del frigorifero per un buon gelato da gustare.

Tempo bello per mare e spiaggia: qui, su qualche scoglio, conosciamo i due proprietari
di un cane pastore tedesco, Top-Gun. Facciamo amicizia con i due signori.

Ultimo giorno di spiaggia: mi riempio gli occhi della distesa d’acqua con grande nostalgia.
Ho sempre adorato la Francia e, molte volte, l’avrei voluta come patria mia.

Laura

 

 

 

LE GRAU DU ROI and LA CAMARGUE
(1996)

Means “King’s Landing”: Louis IX of the Capetians returns from the Crusade
in the Holy Land. King, then, sanctified. It is twinned with the city of Dossenheim, Le Grau.

In Occitania-Camargue, it is a well-known seaside resort. It is a short distance from Nîmes, La Grande Motte.
It has viticulture. It is not far from Les Saintes-Maries-de-la-Mer, Montpellier, Aigues Mortes.

Here, the water is shallow; the sand is fine. The fishing port is characteristic and picturesque.
Port Camargue: it is important because it is one of the largest tourist ports in Europe.

We take the Milan/Ventimiglia motorway. As soon as we enter France, we follow
always the road which, from Avignon, begins the geographical “promenade” we follow

straight straight to the Camargue which has marshes, salt marshes and a beautiful beach.
Pink flamingos and wild horses, pristine and wild nature.

The tourist catalog gives us perfect indications: we end up in the Village, by the sea.
In an area close to the canals, the village is made up of houses with one or more rooms: to live in

natural life during, so much is heavenly! Security guards and a sheepdog that binds
with us: grouchy, he calms down with the good relationship between the boss and my “ex-colleague”-husband

ditto, security guard. Between visits, we go to Sète: here, in the garage, we park
the car. It is an old building, but which we adopt for this purpose.

We board the “Neptune”, the galleon built specifically for “Pirates”,
the film by Roman Polanski, with Walter Matthau. A work of art. We are admired.

Along the canal and salt marsh, we arrive at Aigues Mortes and the Citadel
whose entrance, on the right, recalls the Huguenots. Then, we take the wide road

with shops on both sides. At the bottom, we find the restaurants in the square. The stained glass windows
of the characteristic and protective-looking church, with white walls, are colored.

At Espiguette, we see the horses “at the window”: they are magnificent and valuable specimens.
A resale of cheeses, olives, glassware, pickles and wines. Not very expensive.

Food: we brought cans and packs of mineral water with us, but we buy
the bread-baguettes, lettuce and tomatoes in the shops. I speak French and we “get by”.

There are no hygiene measures in our Italy, but the gaps are forgotten
thanks to the distractions that, little by little, appear and are materialized.

It’s September: in this period, the bar has no more guests, but Gérard tells us to listen
the orchestra and that we can use the refrigerator for a good ice cream to taste.

Beautiful weather for the sea and the beach: here, on some rocks, we know the two owners
of a German shepherd dog, Top-Gun. We make friends with the two gentlemen.

 

Last day on the beach: I fill my eyes with the expanse of water with great nostalgia.
I have always adored France and, many times, I would have wanted it as my homeland.

Laura

 

 

 

CATTOLICA, SAN LEO e GRADARA (1995) (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 15, 2023 at 4:15 pm

 

 

CATTOLICA, SAN LEO e GRADARA

(1995) 

 

 

CATTOLICA

Imbocchiamo l’autostrada A14 e, dopo tre ore, usciamo per raggiungere Cattolica.
Inizio 1900: turisticamente, Cattolica è già conosciuta come la “Regina adriatica”.

Il nostro albergo è un “Tre Stelle”. E’ carino, pulito, ordinato.
Arriviamo alle ore 9: ci offrono la colazione sotto il pergolato.

Una camera matrimoniale col bagno piccolo, un balcone, il parcheggio privato
e siamo vicini alla ferrovia. Mio marito è felicissimo di esserci arrivato.

E’ risaputo che la cucina romagnola è molto, molto rinomata
perché la sua gastronomia, alle origini contadine e marinare, è legata.

In giardino, scambiamo discorsi con gli altri clienti, durante la giornata,
accompagnati dal sottofondo della strada alquanto trafficata.

Nostre varie passeggiate fino al Centro: la grande fontana si trova sulla Piazza.
C’è molta illuminazione e, sempre, io mi gusto il buon gelato che, là, impazza.

A questo punto, ritengo opportuno informare sulla città:
ne vale la pena. Comunque, vogliamo tornarci: chissà?

Cattolica, in provincia di Rimini, si chiama Catòlga, in dialetto.
Conosciuta meta balneare, sul Mare Adriatico: desta un bell’effetto.

Dante cita Cattolica nel canto XXVIII dell’inferno, però risulta abitata
sin dall’età del bronzo. Si trova sulla Via Flaminia ed è con due Valli gemellata.

1400: sosta per i viaggiatori Rimini-Pesaro, ha taverne, locande e stazioni
per il cambio dei cavalli e con maniscalchi. Col tempo, subisce espansioni.

1600: comincia l’ampliamento oltre il borgo medioevale con edifici,
osti e pescatori; la Chiesa di Sanr’Apollinare è Parrocchia dei demografici.

1800: si hanno lo sviluppo urbanistico e la “strada nuova” con altri tipi di costruzione.
Rimini-Pesaro: dietro l’abitato, nascono la nuova strada ferrata e la stazione.

1896: finalmente, Cattolica diventa un comune indipendente.
Anni Cinquanta del 1800: sorge il bagno di mare benefico, curativo, rigenerante.

1883: creazione del “Kursaal”, ampliamento verso la spiaggia con ville fini.
Nascono parecchi edifici, con viali e numerosi splendidi giardini.

Turisti appartenenti all’aristocrazia di élite borghese o nobile:
Guglielmo Marconi e Vasilij Kandinskij, gente con un certo stile.

Persone residenti affittano stanze a famiglie della piccola borghesia o altolocate.
Anni Venti del 1900: forte sviluppo urbanistico e conseguenti ville e pensioni nate.

Anni Trenta del 1900: il Turismo delle colonie viene potenziato.
1944: i bombardamenti sono rari con tasso di distruzione molto limitato.

Anni Cinquanta: la popolazione viene raddoppiata
e l’attività del turismo ricettivo è incrementata.

Attività marinare e aziendali: confezionamento delle sardine.
Sviluppo della pesca delle vongole, loro coinquiline marine.

1930: creazione della “Casa del pescatore”, cantieristica sviluppata.
1992: Cattolica passa alla provincia di Rimini appena creata.

Importante: “Le navi” è l’acquario di Cattolica, uno tra i più grandi d’Italia.
Vediamo lo spettacolo con i delfini (fra cui, il simpaticissimo Golia).

 

SAN LEO

Da Cattolica, ci rechiamo alla Fortezza di San Leo, zona romagnola montana.
E’ in cima ad una collina, sopra la parete a strapiombo: base di costruzione romana.

Nel Medioevo, ingolosisce Bizantini, Goti, Franchi e Longobardi. E’ lì che ripara
il Re d’Italia Berengario II. San Leo diventa “Capitale d’Italia” (l’evento è cosa rara).

Vari passaggi: Malatesti, Montefeltro, Cesare Borgia, della Rovere.
Per patrioti risorgimentali (esempio: Felice Orsini) diventa il carcere

e, idem, per “Alessandro, Conte di Cagliostro”, il palermitano Giuseppe Balsamo.
San Leo una testimonianza famosa di arte militare che, con meraviglia, vediamo.

Salendo verso la Rocca, dalla strada, vediamo la torre e i tetti delle case,
paesaggio-gemma prevalentemente medioevale-rinascimentale di base

con tutto il panorama montano appenninico. Arrivati alla Rocca, sul piazzale,
vediamo qualche cannone. La guida ci accompagna nelle varie sale

del torrione, dove troviamo parecchi tipi di armi della Seconda Guerra Mondiale.
Vediamo alcuni ritratti (fra cui anche del Duca di Montefeltro), in altre sale.

 

GRADARA

Un altro giro lo compiamo a Gradara medioevale: la Cittadella,
con il viale centrale, è affascinante e ricca di storia. E’ bella.

Sul colle-confine fra Emilia-Romagna e Marche, tale roccaforte è in posizione
strategica. La vista è mozzafiato. E’ in un luogo storico e trasmette forte emozione

unica: si tratta di una dimora con tre ponti levatoi, inespugnabile,
dei De Grifo, dei Malatesta, degli Sforza-Borgia e dei Della Rovere. E’ raggiungibile

facilmente e, su entrambi i lati della via centrale, vediamo negozietti caratteristici:
e notiamo che, per la Pittura, fa proprio al caso nostro quello di cornici.

Nella chiesetta, il famoso Cristo è possibile vederlo da tre posizioni
differenti: posizioni che rendono diverse le sue espressioni.

In fondo al viale, sta il Castello di Paolo e Francesca con le mura merlate,
il ponte levatoio e il cortile elegante rinnovati con tecniche raffinate.

Francesca da Rimini e Paolo Malatesta: la loro storia è intrigante
ed è bene immortalata nell’Inferno della Divina Commedia di Dante.

Nei corridoi del museo, troviamo le spiegazioni di quanto visitiamo
e, nel piano inferiore, c’è una campana, il cui rintocco provochiamo

lanciando un sassolino. Usciti dalla roccaforte, vediamo alcuni negozietti,
fra cui quello di ferro battuto: sono artigianali i locali lavoretti.

Concludendo: credo proprio che abbia ragione chi canta “Romagna mia”:
certamente, ci si trova in uno dei più bei posti della nostra Italia.

Laura

 

 

 

CATHOLIC, SAINT LEO and GRADARA
(1995) 

 

CATHOLIC

We take the A14 motorway and, after three hours, we go out to reach Cattolica.
Early 1900s: from a tourist point of view, Cattolica is already known as the “Queen of the Adriatic”.

Our hotel is a “Three Star”. It’s nice, clean, tidy.
We arrive at 9: they offer us breakfast under the pergola.

A double bedroom with a small bathroom, a balcony, private parking
and we are close to the railway. My husband is delighted to have arrived there.

It is known that the cuisine of Romagna is very, very famous
because its gastronomy is linked to its peasant and marine origins.

In the garden, we exchange conversations with the other customers during the day,
accompanied by the background of the somewhat busy road.

Our various walks up to the Center: the large fountain is located on the Square.
There is a lot of lighting and I always enjoy the good ice cream that goes crazy there.

At this point, I deem it appropriate to inform about the city:
it’s worth it. Anyway, we want to go back: who knows?

Cattolica, in the province of Rimini, is called Catòlga, in dialect.
Known seaside destination, on the Adriatic Sea: it has a nice effect.

Dante mentions Cattolica in canto XXVIII of Hell, but it is inhabited
since the Bronze Age. It is located on the Via Flaminia and is twinned with two valleys.

1400: stopover for Rimini-Pesaro travellers, has taverns, inns and stations
for changing horses and with farriers. Over time, it undergoes expansions.

1600: expansion begins beyond the medieval village with buildings,
innkeepers and fishermen; the Church of Sant’Apollinare is the parish of demographics.

1800: there is urban development and the “new road” with other types of construction.
Rimini-Pesaro: the new railway and the station are born behind the town.

1896: finally, Cattolica becomes an independent municipality.
The fifties of 1800: the beneficial, curative, regenerating bathing in the sea was born.

1883: Creation of the “Kursaal”, expansion towards the beach with fine villas.
Several buildings arise, with avenues and numerous beautiful gardens.

Tourists belonging to the bourgeois or noble elite aristocracy:
Guglielmo Marconi and Vasilij Kandinskij, people with a certain style.

Residents rent rooms to middle-class or upper-class families.
Twenties of 1900: strong urban development and consequent villas and pensions born.

Period Thirty Years of 1900: Colony Tourism is boosted.
1944: Bombings are rare with very limited destruction rate.

Period Fifties Years of 1900: the population is doubled
and the activity of hospitality tourism has increased.

Seafaring and corporate activities: packaging of sardines.
Development of fishing for clams, their marine companions.

1930: Creation of the “House of the fisherman”, developed shipbuilding.
1992: Cattolica passes to the newly created province of Rimini.

Important: “Le Navi” is Cattolica’s aquarium, one of the largest in Italy.
We see the show with dolphins (including the very nice Goliath).

 

SAINT LEO

From Cattolica, we go to the Fortress of San Leo, in the mountainous area of ​​Romagna.
It is on top of a hill, above the sheer wall: base of Roman construction.

In the Middle Ages, it tempted the Byzantines, Goths, Franks and Lombards. That’s where it repairs
the King of Italy Berengar II. San Leo becomes “Capital of Italy” (the event is rare).

Various passages: Malatesta, Montefeltro, Cesare Borgia, della Rovere.
For Risorgimento patriots (example: Felice Orsini) it becomes prison

and, ditto, for “Alessandro, Count of Cagliostro”, the Palermitan Giuseppe Balsamo.
San Leo is a famous testimony of military art that we see with wonder.

Going up towards the Rocca, from the road, we see the tower and the roofs of the houses,
predominantly medieval-renaissance landscape-gemstone

with all the Apennine mountain panorama. Arrived at the Rocca, in the square,
let’s see some cannons. The guide accompanies us in the various rooms

of the keep, where we find several types of weapons from the Second World War.
We see some portraits (including also of the Duke of Montefeltro), in other rooms.

 

GRADARA

We make another tour in medieval Gradara: the Citadel,
with the central avenue, it is charming and full of history. She is beautiful.

On the hill-border between Emilia-Romagna and Marche, this stronghold is in position
strategic. The view is breathtaking. It is in a historic place and conveys strong unique

emotion: it is a house with three drawbridges, impregnable,
of the De Grifos, the Malatestas, the Sforza-Borgias and the Della Roveres. It’s reachable

easily and, on both sides of the central street, we see typical shops:
and we note that, for Painting, that of frames is right up our alley.

In the church, the famous Christ can be seen from three different
positions: positions that make his expressions different.

At the end of the avenue is the Castle of Paolo and Francesca with crenellated walls,
the drawbridge and the elegant courtyard renovated with refined techniques.

Francesca da Rimini and Paolo Malatesta: their story is intriguing
and is well immortalized in the Inferno of Dante’s Divine Comedy.

In the corridors of the museum, we find explanations of what we visit
and, on the lower floor, there is a bell, whose tolling we provoke

throwing a pebble. Leaving the stronghold, we see some small shops,
including that of wrought iron: the local chores are handcrafted.

 

In conclusion: I truly believe that those who sing “Romagna mia” are right:
certainly, you are in one of the most beautiful places in our Italy.

Laura

 

 

 

 

NELLA RUSSIA DI ELTSIN; AEROPORTO DI BUDAPEST (1-21 agosto 1993) (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 11, 2023 at 1:22 pm

 

NELLA RUSSIA DI ELTSIN; AEROPORTO DI BUDAPEST
(1-21 agosto 1993)

1 agosto 1993: sala attesa dell’Aeroporto della Malpensa per la partenza
verso la Russia. Con i gestori dell’Associazione Italia-Russia facciamo conoscenza.

Ci informano. A loro, faccio presente che la mia dieta è “in bianco” a seguito
di colecistoctomia. Da bambina, desidero studiare in Russia per cui è esaudito

tale mio recondito bisogno di studiare, di imparare e di comunicare.
Italia-Russia in collaborazione con British School: sanno programmare e organizzare

il Corso di lingua russa, con partecipazione della Marina di là, che vede il nostro imbarco
sull’aereo di una Compagnia italiana, con passaporto e, all’Aeroporto Pulkovo, lo sbarco.

Durante il viaggio, dal finestrino, possiamo ammirare i panorami sottostanti,
fra cui il nastro argenteo del fiume Danubio: tutto ammiriamo, noi partecipanti.

Scalo a Budapest. In sala d’attesa-coincidenza, scriviamo cartoline e ci conosciamo
un po’ meglio. Sera: al Pulkovo/San Pietroburgo, un buon atterraggio lo effettuiamo.

Tale scalo è in direzione sud, è hub della Compagnia Rossya Airlines ed è situato
a 23 chilometri dal centro città: noi passeggeri vediamo un aeroporto datato.

Operazioni-sbarco, compilazione-dichiarazione materiale: orologi, anelli, valuta.
Un compagno di corso mi dice di aspettare: cosa lunga ma, volentieri, mi aiuta.

In aeroporto, vedo che uomini perquisiscono una donna. La cosa mi fa paura
e spero che il compagno di corso faccia presto perché sembra una cosa dura.

Ritorna dopo un bel po’ di tempo e riprende ad aiutare me ed altri: in India,
aveva visto il treno strapieno di povera gente e non in orario (quale sua ansia!).

Molti mezzi russi sono abbastanza rovinati; così, il pullman che ci accompagna
alla Casa dello Studente. La porta in fondo, vicina a me, si apre: che magagna!

Infatti, le valigie sono ammassate nel fondo del mezzo e l’autista ferma e scende
a dare un grande colpo per chiuderla: ognuno di noi comprende

che, se “il buon giorno si vede dal mattino” … Eh, sì! … Lungo la strada, notiamo
un uomo ubriaco, con la bottiglia di vodka in mano: subito, ci rendiamo

conto che è un modo per dimenticare i dispiaceri di una vita carente.
Giunti alla Casa, riceviamo le chiavi delle nostre camerette: qui, è apparente,

è impressione di essere arrivati in un mondo tranquillamente sano:
ogni armadio è appoggiato al muro, senza fondo di chiusura: davvero, ultraspartano.

I bagni sono puliti, ma non sono certo come i nostri: hanno tracce visibili di calcare
e, negli ultimi giorni, il riscaldamento viene spento perché necessita risparmiare.

La mattina seguente, Galia, la Direttrice, ci accompagna in filovia al Palazzo delle Poste
e Telefoni Centrali per avvertire le nostre famiglie che siamo arrivati tutti senza “batoste”.

Il palazzo è presso una galleria stile “Inizio Secolo”, vicina all’Érmitage e, correttamente,
Galia ci informa che, per viaggiare sui mezzi pubblici costa 1 Dollaro, mensilmente.

Pomeriggio: accompagnamento al Palazzo “vecchio stile” dell’Ammiragliato:
ogni gradino delle scale è molto vecchio e un po’ consumato.

Qui, ci spiegano che le lezioni saranno tenute presso la nostra Casa dello Studente
e, con la prima lezione, conosciamo Marina, la nostra insegnante.

San Pietroburgo, “La Venezia del Nord”: è una città costruita su quarantadue isole,
ha tantissimi ponti, ha un complesso sistema di canali presso la Neva e cupole

a cipolla di molte chiese. Nel 1703, la costruisce Pietro il Grande come “finestra
sull’Occidente” ed è la seconda città della Russia, dopo Mosca. Si trova a destra

delle odierne Repubbliche Baltiche ed è una delle città abbastanza recenti
che vantano un grande patrimonio ed una storia che possiede innumerevoli eventi,

E’ una città affascinante. Qui, hanno vissuto Igor Stravinskij
e l’autore del romanzo “Le notti bianche”, il giovane Feodor Dostoevskij.

Bartolomeo Rastrelli e Giacomo Quarenghi, architetti italiani che l’Imperatrice
Caterina II incarica di costruire, nella “Capitale del Nord”, cinque palazzi, edifici

collegati fra loro e che formano il “Museo dell’Érmitage”. Tale museo è possessore
di 3 milioni di opere dalla Preistoria alla prima metà dell’Ottocento. L’accompagnatore

ci spiega che Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Caravaggio, Rembrandt, Tiziano,
Rubens, Cézanne, Matisse, Monet, Picasso e Renoir lì presenziano.

Isola di Pietrograd, delta del fiume Neva: qui, è stato costruito il cuore più antico
della città, ossia la Fortezza di Pietro e Paolo sede del Centro Storico.

Tale Fortezza sul Mar Baltico viene edificata come difesa verso il potere svedese
e, nel 1917, sarà la prigione per gli oppositori del regime, temendo le loro ascese.

Infatti, qui, saranno imprigionati Alksei (figlio unico di Pietro I), Dostoevskij,
Aleksandr (il fratello maggiore di Lenin), Gorkij, Bakunin e Trotskij.

La “porta di Pietro”, con l’Aquila Bicipite, introduce nella Fortezza: giardini bellissimi,
caserma, carceri, arsenale, zecca. La cattedrale di San Pietro e Paolo e il campanile: massimi

rappresentanti di bellezza. “Piòtr i Pavloski Sàbor”, la chiesa più antica della città, possiede
un campanile altissimo con guglia dorata su cui sta un angelo che regge la croce: si vede

bene. Nell’interno della basilica con molto oro zecchino, vedo le bare in marmo bianco
da Pietro il Grande a Caterina II, … Di vedere tutta questa arte proprio non mi stanco.

Presso un angolo dei giardini, una bancarella vende i souvenirs. Il mio collega che conosce
un po’ di Russo si presta ad aiutarci, in modo che non subiamo raggiri e angosce.

Compero una balalaika e uno scrignetto nero scolpito e laccato: presenziano
qui, in Italia, in casa mia, tali gioielli: stupore e meraviglia suscitano.

Uscita all’esterno delle mura: vedo una donna che si bagna nelle acque non molto calde
della Neva e, poi, potrà prendere il sole. Si tratta di necessità o tradizioni salde?

Il Palazzo d’inverno è di un delicato colore verde-pastello e la Piazza antistante
E’ STORICA: tra il 23 e il 24 ottobre 1917, i Bolscevichi assaltano tale piazza grande.

Le Guardie Imperiali, il 9 gennaio 1905, reprimono sanguinosamente la rivendicazione
dei moltissimi operai del loro sacrosanto diritto alla migliore condizione

lavorativa. E’ la “DOMENICA DI SANGUE”: lo Zar Nicola II è infamato, presso la popolazione.
1991: l’URSS è dissolta. Sempre qui, si svolge più di una manifestazione

per chiedere la democrazia. Spicca la Colonna di Alessandro I, lo zar artefice della vittoria
contro Napoleone Bonaparte. E’, sempre, qualcosa che verrà tramandato nella Storia.

Lo Zar incarica Auguste Ricard de Montferrand, sul cui grande e ambizioso progetto
viene edificata la Cattedrale di Sant’Isacco: importante e valido architetto!

Tale cattedrale è chiamata “La Chiesa costruita sulle ossa” perché molti lavoratori
sono morti per inspirazione dei fumi, onde poter applicare le lamine-ori:

esalazioni dal verderame del metallo. Nell’interno sontuoso, sotto la volta centrale
il gigantesco affresco raffigura la Vergine tra Angeli e Santi: opera di aspetto principale.

A 43 metri di altezza, il magnifico panorama di San Pietroburgo lo si può ammirare
dopo avere salito i 262 gradini del colonnato: cosa da non dimenticare!

La Cattedrale di Nostra Signora di Kazan richiama San Pietro del Vaticano:
custodisce l’immagine miracolosa della Madonna del Kazan, da cui non mi allontano.

Alessandro Nevskij, “Il Principe di Novgorod”, vive nel 1200. Sua elezione
a simbolo di indipendenza contro i Mongoli. Grande militare, vince i Mongoli e ottiene

vittorie anche contro vari popoli, fra cui gli Svedesi, i Tedeschi del Baltico.
Nevsky Prospekt: tale Prospettiva è intitolata a lui, vincitore, della popolazione amico.

Segnalazione: se si sta attraversando la strada con il permesso verde del semaforo,
affrettarsi perché i mezzi non rispettano, per legge, sembra; per cui: “NO!”, imploro.

Dalla nostra “Abscijizzie”, io, Tiziana e Antonio percorriamo circa dieci minuti
a piedi per recarci alla fermata della filovia. Il mezzo lo aspettiamo tutti

e, in fondo alla strada, si vede il Monastero Bianco e Bluette: cielo e nuvole
che ci donano una vista irreale e bellissima, da dipingere. Il tempo è mutevole.

Le filovie sono ammaccate e ruggini, strapiene di persone: una volta, mi viene
ceduto il posto; sto bene ma, con un mucchio di gente, mi sento un po’ in catene.

Il Ponte Aniskov: ha quattro statue di cavalli e una di un domatore. Rappresenta
il cavallo tranquillo domato da un uomo, il cavallo che diventa

disobbediente, il cavallo che diventa più dinamico, il cavallo che si sente
indomito, per cui l’uomo è a terra e l’animale festeggia allegramente.

Alexander Menshikov, buon amico e compagno di Pietro il Grande ha origine umile,
ma Pietro lo promuove presto Duca e Governatore Generale di San Pietroburgo. Utile

la sua supervisione per edificare la Fortezza di Pietro e Paolo e la Fortezza
di Kronshlot (oggi Kronstadt), nel Golfo di Finlandia: lavori di grande bellezza.

Menscikov commissiona un grande palazzo sull’Isola Vasilievsky, palazzo lussuosissimo.
1732-1918: la casa diventa una scuola militare; poi, il suo interno diventerà bellissimo.

1981: viene aperto al pubblico per ospitare parte della collezione dell’Érmitage dedicata
alla cultura russa. Posso confermare la sua bellezza perché io stessa ci sono entrata.

Tiziana desidera lo yogurt che trova solamente in un negozio di vendita non molto distante
dalla nostra Casa dello Studente: nutrirsi del “suo” yogurt, per lei, è importante.

Sulla Nevskij, troviamo negozi, caffè, farmacie (apotéke), fotografo, supermercato.
Il supermercato: è importante per ACQUISTO DELL’ACQUA IN TANICA, è ricercato.

1908: i Russi sono i primi ad accorrere in aiuto ai terremotati di Messina e Reggio Calabria
a mezzo dell’Incrociatore AURORA. Gente buona e sensibile che aiuta la nostra Patria.

Siamo di fronte alle coste finlandesi, nel porto di San Pietroburgo: l’Incrociatore Aurora
vecchio e glorioso è qui. Lo vedo: sono commossa. Anche se il tempo lo deteriora,

è sottoposto a restauri e, oggi, appartiene al grandissimo Museo Navale Centrale
con la bandiera di Sant’Andrea, importante simbolo della Marina sovietica: arciducale

Museo, viene fondato da Pietro I, il Grande. Aurora riceve le sue forti onorificenze:
l’ ”Ordine della Bandiera Rossa” e l’ ”Ordine della Rivoluzione d’Ottobre”, alte benemerenze.

Visita al Cimitero di Guerra e al Monumento ai Caduti. I Giardini botanici: sono vicini
al nostro alloggio dove vivono anche Boms e la sua mamma, begli esemplari di gattini

della mensa. Un giorno, Boms esce e cammina sulla strada. Lo vado a “recuperare”
e lo sgrido: lo riferisco alle inservienti con le quali i discorsi sono facili da scambiare.

Fra le Guardie maschili, una ha una cagnolina nera: Malvina. A lui, dico che mio marito
è idem Guardia e che detiene una “Beretta”: capisce bene. La mattina: il turno è finito

e, di giorno, subentrano le Guardie-donna. Una legge la rivista dei Testimoni di Geova:
sono diffusi in tutto il Mondo. La televisione (bianco e nero) trasmette “La piovra”

diffusa qualche anno prima, in Italia, e doppiata in lingua russa. Abbiamo occasione
di vedere il Teatro “Marinskij”, esternamente: il suo colore è di un grigione …

Ma, in futuro, verrà ritinteggiato. Domenica: partecipazione al balletto. Non mi sento
bene, moralmente, per cui non partecipo: colpa del mio abbattimento.

Poi, mi riferiscono che è stato interessante. “Casetta in legno di Pietro I”: la visita
ci mostra una piccola casa di legno, è rossiccia ed è la sua prima residenza; è apposita

costruzione dell’epoca della fondazione di San Pietroburgo. La capanna di tronchi viene
costruita in soli tre giorni dai soldati e la data della sua nascita contiene,

praticamente, la data della fondazione della città. Izba con stile russo-barocco-olandese
ha tre stanze: soggiorno, camera da letto e studio. Ha tonalità un po’ accese.

Da usare solamente durante i mesi estivi, non ha camini. 1703-1708: costruzione
della città e della Fortezza di San Pietro e Paolo, Pietro I sorveglia i lavori e dà protezione

alla casetta dalle intemperie. La ristrutturazione, in seguito, verrà effettuata
da Caterina II e la ricostruzione da Nicola I, per cui la camera da letto sarà trasformata

in una cappella per il Cristo Redentore. Ritenuta un importante monumento nazionale,
contiene cimeli-oggetti di Pietro I di uso domestico e personale.

21 agosto 1993, RITORNO: preparazione dei bagagli. Cena alla mensa. Leggo un giornale
regalatomi, fra cui notizie su Baldovino del Belgio. Dormita di tre ore e levata alle

ore 3 (la mia vicina mi bussa alla porta per “la sveglia”). Salita sul mezzo in direzione
Aeroporto Pulkovo, parte nuova: PARTENZE. Transito sul ponte aperto con accensione

del fondo chiamato “Le notti bianche”. Arrivo a Pulkovo: saluti e ringraziamenti
a Galia. Imbarco con due file: una con molti passeggeri. L’altra non ha “assembramenti”,

sembra veloce ma, ad un certo punto, si blocca. Io e la mia vicina temiamo di perdere
l’aereo. L’operatore-controllore mi guarda il borsellino; glielo dò per poi restituire.

L’operazione è conclusa; in sala d’attesa, mi accorgo che mi è sparito 1 dollaro: lampante
il gioco di prestigio perché, in Russia, il dollaro è moneta pregiatissima, allettante.

Aspettiamo un paio d’ore per salire sull’aereo della Compagnia italiana: aereo non grande,
ma con un motorino “musicale”. Tratta: Budapest-Malpensa, dove mio marito mi attende.

Atterraggio buonissimo ed applauso al pilota. Pietroburgo: bella, e storica città.
Patria di molti artisti che vi hanno svolto le loro stupende ed artistiche attività.

Sarai sempre nei miei ricordi e, farò il possibile per rivederti, te lo prometto.
Voglio rivedere te, l’arte che custodisci a mezzo chiese e palazzi, e la Neva nel suo letto.

Laura

 

 

IN YELTSIN’S RUSSIA; BUDAPEST AIRPORT
(August 1-21, 1993)

August 1, 1993: waiting room at Malpensa Airport for departure
towards Russia. We get acquainted with the managers of the Italy-Russia Association.

They inform us. To them, I note that my diet is “blank” as a result
of cholecystoctomy. As a child, I wish to study in Russia so it is fulfilled

my hidden need to study, to learn and to communicate.
Italy-Russia in collaboration with the British School: they know how to plan and organize

the Russian language course, with the participation of the Navy there, which sees our embarkation
on the plane of an Italian Company, with a passport and, at Pulkovo Airport, the landing.

During the journey, from the window, we can admire the views below,
including the silver ribbon of the Danube river: we participants admire everything.

Stopover in Budapest. In the waiting room-connection, we write postcards and get to know each other
a little better. Evening: at Pulkovo/St. Petersburg, we make a good landing.

This airport is in a southerly direction, it is the hub of the Rossya Airlines Company and is located
23 kilometers from the city centre: we passengers see an outdated airport.

Operations-landing, compilation-material declaration: watches, rings, currency.
A classmate tells me to wait: a long thing but, willingly, he helps me.

At the airport, I see men frisking a woman. That scares me
and I hope that my classmate does it soon because it seems like a hard thing.

He returns after a long time and starts helping me and others again: in India,
he had seen the train full of poor people and not on time (what his anxiety!).

Many half Russians are quite ruined; thus, the bus that accompanies us
at the Student House. The door at the back, close to me, opens: what a flaw!

In fact, the suitcases are stacked in the bottom of the vehicle and the driver stops and gets out
to give a big blow to close it: each of us understands

which, if “a good day starts in the morning” … Eh, yes! … On the way, we notice
a drunk man, with a bottle of vodka in his hand: immediately, we realize

that it is a way to forget the sorrows of a deficient life.
Once at the house, we receive the keys to our bedrooms: here, it is apparent,

it is the impression of having arrived in a quietly healthy world:
each wardrobe leans against the wall, with no closing bottom: truly, ultra-spartan.

The bathrooms are clean, but they are certainly not like ours: they have visible traces of limescale
and, in the last few days, the heating is turned off because it needs to save money.

The following morning, Galia, the Director, takes us on the trolley to the Palazzo delle Poste
and Telefoni Centrali to warn our families that we have all arrived without “hits”.

The building is in a turn-of-the-century gallery, close to the Hermitage and, correctly,
Galia informs us that to travel on public transport it costs 1 dollar, monthly.

Afternoon: escort to the “old style” Admiralty Building:
every step of the stairs is very old and a little worn.

Here, they explain to us that the lessons will be held at our Casa dello Studente
and, with the first lesson, we get to know Marina, our teacher.

St. Petersburg, “The Venice of the North”: is a city built on forty-two islands,
it has many bridges, has a complex system of canals at the Neva and domes

onion of many churches. In 1703, Peter the Great built it as a “window
on the West” and is the second largest city in Russia, after Moscow. It is on the right

of today’s Baltic Republics and is one of the fairly recent cities
that boast a great heritage and a history that has countless events,

It’s a fascinating city. Here, Igor Stravinsky lived
and the author of the novel “White Nights”, the young Feodor Dostoevsky.

Bartolomeo Rastrelli and Giacomo Quarenghi, Italian architects who the Empress
Catherine II instructs to build, in the “Northern Capital”, five palaces, buildings

connected to each other and forming the “Ermitage Museum”. This museum is owner
of 3 million works from Prehistory to the first half of the 19th century. The chaperone

explains that Leonardo, Michelangelo, Raphael, Caravaggio, Rembrandt, Titian,
Rubens, Cézanne, Matisse, Monet, Picasso and Renoir are present there.

Petrograd Island, delta of the Neva River: the oldest heart of the city
was built here, i.e. the Peter and Paul Fortress, seat of the Historic Center.

This Fortress on the Baltic Sea is built as a defense against Swedish power
and, in 1917, it will be the prison for the opponents of the regime, fearing their ascents.

In fact, here, they will be imprisoned, Alksei (only son of Peter I), Dostoevsky,
Alexander (Lenin’s older brother), Gorky, Bakunin and Trotsky.

The “gate of Peter”, with the double-headed eagle, leads into the fortress: beautiful gardens, barracks, prisons, arsenal, mint. The cathedral of San Pietro e Paolo and the bell tower: maxima

beauty representatives. “Piòtr i Pavloski Sàbor”, the oldest church in the city, owns
a very high bell tower with a golden spire on which stands an angel holding up the cross: it shows

well. Inside the basilica with a lot of pure gold, I see the white marble coffins
from Peter the Great to Catherine II, … I never get tired of seeing all this art.

At a corner of the gardens, a stall sells souvenirs. My colleague who knows
a little Russian lends itself to help us, so that we do not suffer scams and anguish.

I buy a balalaika and a carved and lacquered black casket: they attend
here, in Italy, in my house, such jewels: amazement and wonder arouse.

Going outside the walls: I see a woman bathing in the not very hot waters
of the Neva and, then, will be able to sunbathe. Is it about necessity or solid traditions?

The Winter Palace is of a delicate green-pastel color and the square in front of it
IT IS HISTORICAL: between 23 and 24 October 1917, the Bolsheviks stormed this large square.

The Imperial Guards, on January 9, 1905, bloodily repressed the claim
of the very many workers of their sacrosanct right to the best condition

working. It’s “BLOODY SUNDAY”: Tsar Nicholas II is infamous among the population.
1991: The USSR is dissolved. Also here, more than one demonstration takes place

to ask for democracy. The Column of Alexander I stands out, the tsar responsible for the victory against Napoleon Bonaparte. It is, always, something that will be handed down in History.

The Tsar instructs Auguste Ricard de Montferrand, on whose great and ambitious project
St. Isaac’s Cathedral is built: an important and valid architect!

Such a cathedral is called “The Church Built on Bones” because of the many workers
they died by inhaling the fumes, in order to be able to apply the foils:

fumes from the verdigris of the metal. In the sumptuous interior, under the central vault
the gigantic fresco depicts the Virgin between Angels and Saints: the main aspect of the work.

At 43 meters high, the magnificent panorama of St. Petersburg can be admired
after having climbed the 262 steps of the colonnade: something not to be forgotten!

The Cathedral of Our Lady of Kazan resembles the Vatican’s St. Peter:
it keeps the miraculous image of Our Lady of Kazan, from which I do not depart.

Alexander Nevsky, “The Prince of Novgorod”, lives in the 1200s. His election
as a symbol of independence against the Mongols. Great military, he wins the Mongols and obtained

victories against various peoples, including the Swedes, the Germans of the Baltic.
Nevsky Prospekt: ​​this Prospect is named after him, victor, friend of the population.

Signalling: if you are crossing the road with green permission from the traffic light,
rush because the means do not respect, by law, it seems; so: “NO!”, I implore.

From our “Abscijizzie”, Tiziana, Antonio and I walk about ten minutes
walk to get to the trolleybus stop. We are all waiting for the vehicle

and, at the end of the road, you can see the White and Bluette Monastery: sky and clouds
that give us an unreal and beautiful view, to be painted. Time is changeable.

The trolleybuses are dented and rusty, packed with people: once, it comes to me
gave way; I’m fine but, with a lot of people, I feel a bit in chains.

Aniskov Bridge: has four statues of horses and one of a trainer. Represents
the quiet horse tamed by a man, the horse that becomes

disobedient, the horse that becomes more dynamic, the horse that feels
indomitable, so the man is on the ground and the animal celebrates happily.

Alexander Menshikov, good friend and companion of Peter the Great comes from humble origins,
but Peter soon promoted him Duke and Governor General of St. Petersburg. Useful

his supervision to build the Peter and Paul Fortress and the Fortress
of Kronshlot (now Kronstadt), in the Gulf of Finland: works of great beauty.

Menshikov commissions a large palace on Vasilievsky Island, a very luxurious palace.
1732-1918: the house becomes a military school; then, its interior will become beautiful.

1981: Opened to the public to house part of the dedicated Érmitage collection
to Russian culture. I can attest to its beauty because I’ve been in it myself.

Tiziana wants yoghurt which she can only find in a sales shop not far
from our Student House: using “her” yoghurt is important for her.

On Nevsky, we find shops, cafes, pharmacies (apotéke), photographer, supermarket.
The supermarket: it is important for PURCHASE OF WATER IN THE TANK, it is sought after.

1908: the Russians are the first to come to the aid of the earthquake victims of Messina and Reggio Calabria
by cruiser AURORA. Good and sensitive people who help our country.

We are facing the Finnish coast, in the port of St. Petersburg: the Cruiser Aurora
old and glorious is here. I see it: I’m moved. Even if the weather spoils it,

it has undergone restoration and, today, belongs to the huge Central Naval Museum
with the flag of Sant’Andrea, an important symbol of the Soviet Navy: archducal

Museum, was founded by Peter I, the Great. Aurora receives its strong honors:
the “Order of the Red Banner” and the “Order of the October Revolution”, high merits.

Visit the War Cemetery and the War Memorial. The Botanical Gardens: they are close
to our accommodation where Boms and his mother also live, beautiful specimens of kittens

of the canteen. One day, Boms goes out and walks on the street. I’m going to “recover” it
and I scold him: I’m referring to the attendants with whom conversations are easy to exchange.

Among the male Guards, one has a little black dog: Malvina. To him, I say my husband
ditto Guardia and who holds a “Beretta”: he understands well. In the morning: the shift is over

and, during the day, the Guards-women take over. One reads the magazine of Jehovah’s Witnesses:
are spread all over the world. The television (black and white) broadcasts “The octopus”

released a few years earlier, in Italy, and dubbed into Russian. We have occasion
to see the “Marinsky” Theater, externally: its color is a gray …

But, in the future, it will be repainted. Sunday: participation in the ballet. I do not feel
well, morally, so I don’t participate: because of my despondency.

Then, they tell me it was interesting. “Peter I’s wooden house”: the visit
he shows us a small wooden house, it is reddish and it is his first residence; it is specific

building from the time of the founding of St. Petersburg. The log cabin comes
built in just three days by soldiers and the date of his birth contains,

practically, the date of the foundation of the city. Izba with Russian-Baroque-Dutch style
it has three rooms: living room, bedroom and study. It has somewhat bright tones.

To be used only during the summer months, it has no chimneys. 1703-1708: construction
of the city and of the Fortress of Saint Peter and Paul: Peter I supervises the works and gives protection

to the cottage from the weather. The restructuring will then be carried out
from Catherine II and reconstruction from Nicholas I, as a result of which the bedroom will be transformed

in a chapel for Christ the Redeemer. Considered an important national monument, it
contains relics-objects of Peter I for personal and domestic use.

August 21, 1993, RETURN: packing. Dinner at the canteen. I read a newspaper
given to me, including news about Baudouin of Belgium. Three hours sleep and got up at

3 am (my neighbor knocks on my door to “wake up”). Get on the vehicle in direction
Pulkovo airport, new part: DEPARTURES. Transit on the open deck with ignition

of the fund called “White Nights”. Arrival in Pulkovo: greetings and thanks
in Galia. Boarding with two rows: one with many passengers. The other has no “assemblies”,

it seems fast but, at some point, it crashes. My neighbor and I are afraid of missing our
plane. The operator-controller looks at my purse; I give it to him and then give it back.

The operation is completed; in the waiting room, I realize that I have lost 1 dollar: obvious
the sleight of hand because, in Russia, the dollar is a highly prized, attractive currency.

We wait a couple of hours to get on the plane of the Italian Company: a plane that is not
large,
but with a “musical” moped. Route: Budapest-Malpensa, where my husband is waiting for me.

Very good landing and applause for the pilot. Petersburg: beautiful, historic city.
Homeland of many artists who have carried out their wonderful and artistic activities there.

You will always be in my memories and I will do my best to see you again, I promise.
I want to see you again, the art you keep between churches and palaces, and the Neva in its bed.

Laura

 

 

 

TOUR RADIALE AVIGNONE, CARPENTRAS, ORANGE (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 11, 2023 at 12:35 pm

 

TOUR RADIALE AVIGNONE, CARPENTRAS, ORANGE

Agenzia di Viaggi “Fortuna” di Forlì: ha organizzato un viaggio culturale
in Francia dal 6 al 9 agosto 1992 che comprende anche l’argomento musicale.

3 agosto 1992: io e mio marito partiamo da casa nostra per Rocca San Casciano,
dove saremo ospiti della Zia Lea. E’ un vecchio e romantico paesino montano

dell’Appennino forlivese il cui simbolo è il Castellaccio con la “Rocca” amata
dai Rocchigiani. Autostrada, c’è molto traffico per cui arriviamo all’inizio serata.

Doccia e, poi, nel giardino della Zia Lea dove la nostra auto sarà entrata.
Poi, la cena che, con grande affetto, è stata dalla Zia Lea preparata.

Trascorriamo tre giorni: visita della zona, della Piazza Garibaldi, il fiume Montone.
Rocca San Casciano: un luogo affascinante di cui acquisisco parecchia informazione.

Ne approfittiamo per andare a salutare il Dottor Bacchin e la sua simpatica
moglie. La discoteca di Bacchin è fornitissima: incisioni con nomi importanti della Lirica.

Nel box vivono alcuni gattini della figlia, medico veterinario. I piccoli mi cercano:
avranno sentito l’odore della mia gatta, sulle mie vesti, nella mia mano …

Sera: nella Piazza, in onore del Commendator Cappelli, si tiene il Concerto annuale.
Al termine, Renata Tebaldi, ospite, lascia a tutti il suo saluto personale.

6 agosto 1992: è buio, ancora, ma vado a svegliare la Zia Lea. Tutti ci prepariamo
e scendiamo nel luogo dell’appuntamento. Nella strada ci ritroviamo

con gli amici già conosciuti nel tour a Londra: ci ritroviamo per Cultura e Opera Lirica, rappresentazioni ad Avignone, Carpentras, Orange, … (Cose che ci danno la “carica”).

Anche in questo viaggio, l’Accompagnatrice Turistica è Augusta e il Responsabile
è Dodo il quale ha preparato due torte, le cui fette, di tipo “ultra-commestibile”,

ci distribuisce nel viaggio lunghissimo che passa fra chiacchiere e riposo.
Passiamo nelle vicinanze di Tolone, del Fiume Rodano, del terreno odoroso

della Provenza. Il famoso acquedotto di Nîmes, lo costeggiamo
e, all’Hotel Mercur di Avignone, per i tours radiali, arriviamo.

La mattina seguente, compiamo il tour a Nîmes, all’Anfiteatro, che visitiamo.
Siamo tutti liberi di girarlo e ammirarlo. Acquistiamo le cartoline e le spediamo.

Pranziamo in un ristorantino del luogo e, nel pomeriggio, effettuiamo
il tour ad Arles: città fondata dai Romani. Nel centro storico, sta l’anfiteatro romano:

una costruzione perfettamente conservata. Nella Place de la République, entriamo
nel Chiostro e nella Cattedrale di St-Trophime; qui, ammiriamo

un gioiello dell’arte romanica provenzale. Arles sorge sul fiume Rodano,
in Provenza, ed ispira i dipinti di Van Gogh (Importanti perché influenzano

l’arte contemporanea). Qui, l’artista trascorre gli ultimi anni di vita, moralmente “dura”.
Arles: strade con angoli suggestivi, dalla quale inizierà una nostra passeggiata futura.

Una escursione alla Tomba di Francesco Petrarca, in una piccola collina
presso il fiume Sorga dove Laura immergeva la sua personcina:

si vendono i souvenirs, ma la zona silenziosa pare un luogo venerando,
inviolabile, tanto dà l’impressione che sia sacrosanto.

7 agosto 1992, sera: a Carpentras. Saluto Vittorio Rossi, tipo serio e asciutto.
Lo spettacolo serale è imperniato sul balletto che apprezziamo, soprattutto.

Il giorno seguente, ad Avignone. La mattinata è libera: io e mio marito approfittiamo
per recarci al “Point d’Avignon” e al Palais des Papes: per tanta bellezza, ci stupiamo.

Inoltre, nella piazzetta vicino all’hotel, visitiamo il Mercatino
delle Pulci: troviamo moltissime cose e qualche oggetto carino.

8/8/1992, sera: Teatro Romano di Orange. L’opera da rappresentare è “Il trovatore”
con Dolora Zaijc/Azucena e Carlo Colombara/Ferrando. Spettacolo-addomesticatore

dei nostri animi verdiani ed entusiasti, viene anticipato da un buffet dolce e salato.
L’interno, con la statua di Augusto, prima dell’inizio, da dimostranti viene disturbato,

ma la cosa si risolve in breve tempo, lasciando il pubblico un po’ impaurito
e lo spettacolo è meritatamente applaudito per il buon successo conseguito.

9/8/1992: ritorno a Rocca San Casciano, dopo otto ore trascorse in pullman. La sera,
io e mio marito andiamo in pizzeria con la Zia Lea: ci sdebitiamo, in tale atmosfera.

10/8/1992: ringraziamo e salutiamo la Zia Lea e corriamo in campeggio, a Casalborsetti.
Quattro giorni buoni sono trascorsi nell’ambiente culturale con personaggi corretti.

Laura

 

 

 

RADIAL TOUR AVIGNON, CARPENTRAS, ORANGE

“Fortuna” Travel Agency in Forlì: organized a cultural trip
in France from 6 to 9 August 1992 which also includes the musical subject.

3 August 1992: my husband and I leave our home for Rocca San Casciano,
where we will be guests of Aunt Lea. It is an old and romantic mountain village

of the Forlì Apennines whose symbol is the Castellaccio with the beloved “Rocca”.
from the Rocchigiani. Highway, there is a lot of traffic so we arrive in the early evening.

Shower and then in Aunt Lea’s garden where our car will have entered.
Then, the dinner which, with great affection, was prepared by Aunt Lea.

We spend three days: visiting the area, Piazza Garibaldi, the Montone river.
Rocca San Casciano: a fascinating place of which I acquire a lot of information.

We take the opportunity to go and say hello to Doctor Bacchin and his friend
wife. Bacchin’s disco is well stocked: engravings with important names from opera.

Some of his daughter’s kittens, a veterinary doctor, live in the box. The little ones are looking for me:
they must have smelled my cat, on my clothes, in my hand …

Evening: the annual concert is held in the square in honor of Commendator Cappelli.
At the end, Renata Tebaldi, guest, leaves everyone her personal greeting.

August 6, 1992: it’s still dark, but I’m going to wake up Aunt Lea. We all prepare
and we go down to the meeting place. We meet on the street

with friends already known on the tour in London: we meet for Culture and Opera, performances in Avignon, Carpentras, Orange, … (Things that give us the “charge”).

Also on this trip, the Tour Leader is Augusta and the Manager
is Dodo who has prepared two cakes, whose slices, of the “ultra-edible” type,

distributes us in the long journey that passes between chat and rest.
We pass near Toulon, the Rhône River, the fragrant land

of Provence. We skirt the famous aqueduct of Nîmes
and, at the Mercur Hotel in Avignon, for the radial tours, we arrive.

The following morning, we complete the tour in Nîmes, at the Amphitheater, which we visit.
We are all free to shoot it and admire it. We buy the postcards and send them.

We have lunch in a local restaurant and, in the afternoon, we carry out
the tour to Arles: city founded by the Romans. In the historic center is the Roman amphitheater:

a perfectly preserved building. We enter the Place de la République
in the Cloister and in the Cathedral of St-Trophime; here, we admire

a jewel of provençal romanesque art. Arles stands on the Rhone River,
in Provence, and inspires Van Gogh’s paintings (Important because they influence

contemporary art). Here, the artist spends the last years of his morally “hard” life.
Arles: streets with suggestive corners, from which our future walk will begin.

An excursion to the Tomb of Francesco Petrarca, in a small hill
by the river Sorga where Laura dipped her little person:

souvenirs are sold, but the silent area seems a venerable place,
inviolable, so much does it give the impression that it is sacrosanct.

August 7, 1992, evening: in Carpentras. Greetings Vittorio Rossi, serious and dry type.
The evening show is all about ballet which we appreciate above all else.

The following day, in Avignon. The morning is free: my husband and I take advantage
to go to the “Point d’Avignon” and the Palais des Papes: for so much beauty, we are amazed.

Furthermore, in the small square near the hotel, we visit the Market
delle Pulci: we find many things and some nice objects.

8/8/1992, evening: Roman Theater of Orange. The work to be represented is “The Troubadour”
with Dolora Zaijc/Azucena and Carlo Colombara/Ferrando. Show-tamer

of our Verdian and enthusiastic souls, is anticipated by a sweet and savory buffet.
The interior, with the statue of Augustus, before the start, is disturbed by demonstrators,

but the matter is resolved in a short time, leaving the public a little frightened
and the show is deservedly applauded for its good success.

9/8/1992: return to Rocca San Casciano, after eight hours spent in the bus. The evening,
my husband and I go to the pizzeria with Zia Lea: we repay you, in such an atmosphere.

10/8/1992: we thank and say goodbye to Aunt Lea and we run to the campsite, in Casalborsetti.
Four good days are spent in the cultural environment with correct characters.

Laura

 

 

LONDRA, OXFORD E BIRMINGHAM (Ottobre 1991)TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 10, 2023 at 4:41 pm

 

LONDRA, OXFORD E BIRMINGHAM
(Ottobre 1991)

Per fine ottobre 1991, mi viene indicata una superba rappresentazione
di “AIDA” di Verdi all’ “INDOOR ARENA” di Birmingham, costruzione

inaugurata otto giorni prima dai Principi Diana e Carlo di Galles. Viaggio:
mi organizzo e preparo valigia e borsa per il tour a lungo raggio.

Il 24 ottobre, mi sveglio presto e mio marito mi accompagna alla Stazione
Centrale di Milano, prima di recarsi al lavoro. Mi lascia presso tale creazione

architettonica. Presso la nostra Agenzia di Viaggi, ho già acquistato
il biglietto e salgo sul treno che mi porta al luogo destinato.

Scendo alla Stazione Centrale di Bologna e, da qui, aspetto con pazienza,
il taxi per l’aeroporto “Marconi” di Borgo Panigale, dove avrò accoglienza.

Nella sala di attesa, come da accordi telefonici, aspetto il nostro responsabile
di viaggio presso il bancone. Dopo un po’, vedo un signore con stile

sbrigativo rivolgersi alla hostess e chiedere se è arrivata
la Signora Rocatello. Rispondo: “Sono io”. La conoscenza reale è fatta.

Dodo è piuttosto nervoso perché, forse, ha paura di commettere un “disastro”,
considerato che, nel suo Gruppo, presenzio come personaggio che gli “conferisce” lustro

(me lo ha fatto capire telefonicamente che, per il Gruppo mi considera importante).
Mi presenta ad Augusta, l’Accompagnatrice, agli altri colleghi turisti: anch’io, amante

dell’Opera Lirica, sono accolta bene e con simpatia; la cosa figura
anche sul giornale “Il Resto del Carlino”. Dodo li porta al corrente, addirittura,

che ho partecipato al “Rischiatutto” televisivo presentato da Mike Bongiorno.
(Comunque, con qualcuno, se ne riparlerà più volte durante il giorno).

In aereo, mi voglio assopire un po’ per riposare ma, con i vicini di viaggio
seguiamo una puntata del divertente “Mister Bean” a mezzo di cortometraggio.

Scendiamo all’aeroporto “Gatwick”; il pullman ci aspetta e ci conduce
di fronte al più grande nodo di Metropolitana britannico: Paddington, pieno di luce.

Da qui, in pochi minuti, qualunque angolo della città viene raggiunto:
è un quartiere molto comodo dove alloggiare; è davvero, un buon punto.

La mia cameretta singola si trova all’interno, al quinto piano, ed è ben riscaldata.
E’ tranquilla. Il telefono mi sveglia da parte della recepcion autorizzata.

Prima di partire da casa mia, ho messo in valigia qualche brioches da mangiare:
per cui, oggi, il pranzo e la cena, me li sono saputi assicurare.

L’hotel dispone di un pianoforte: vorrei deliziarmi suonando qualcosa.
Evviva la Musica, il Linguaggio Universale: quale stupenda cosa!

Pomeriggio, al Mercato coperto di “Covent Garden”: là, arriviamo
ma, purtroppo, il Teatro lo vediamo esternamente, ma non ci entriamo.

“Covent Garden”: di Londra, è una zona fra le più eleganti e frequentate,
qui, presenziano negozietti, stores e bancarelle loro affiancate .

L’atmosfera, con profumi e the, ha sempre coinvolto e affascinato:
prodotti artigianali e souvenirs, oggetti da collezione e di antiquariato.

La prima colazione, in hotel, è a mezzo di self-service, per cui è necessario fare
la fila. Intraprendiamo il tour a piedi: Downing Street 10, Trafalgar Square

con la Colonna di Orazio Nelson, il Viale che porta a Buckingham Palace e Hyde Park,
sulla sinistra, con scoiattoli e varie specie di uccelli, a cui grido: “Haack”.

Agli scoiattoli diciamo, affettuosamene: “Come on! – Come on!” e loro si avvicinano.
Assistiamo al Cambio della Guardia a Cavallo. Poi, sempre camminando, ci portano

di fronte al Tamigi e al Palazzo del Parlamento (o di Westminster). Tutti sostano
meravigliati. Terminata la passeggiata, acquisto cartoline presso un negozio pakistano.

Pranzo nella sala dell’hotel, dopodiché, scrivo le cartoline, nella mia stanzetta: è dovere.
Pomeriggio: giro in taxi con il Dottor Bacchin e la Zia Lea. Vediamo anche due sfingi nere

meravigliose. Tardo pomeriggio: io e la Zia Lea siamo all’Ufficio Postale per spedire.
Rispetto della privacy mediante distanza, mentre tale mio impegno lo posso alleggerire.

Sera: io e il Dottor Bacchin ceniamo nel salone del ristorante, vicino alla finestra
che luci e traffico londinese mostra molto bene. Si trova sulla nostra destra.

Intanto, i nostri colleghi turisti cenano allegramente presso una tavolata
che, appositamente per loro, è stata ideata e preparata.

Trasferiti ad Oxford (“Guado dei buoi”), con la Zia Lea, compio qualche acquisto
e il giro delle Università, del Centro e dell’anglicana Cattedrale di Cristo.

Regalo di qualche sterlina ad un povero che ha due cani: tutti molto puliti.
Pranzo presso un self-service: io e la Zia Lea impariamo la “distanza” di esseri “eruditi”.

Birmingham: incontri prima di “AIDA”: regalo al basso Ray, una miniatura pirografata
da me, nella sala dove viene tenuto il discorso di apertura della serata.

Sono presenti illustri personaggi: al soprano Seta del Grande, esprimo la mia ammirazione.
Console e suo Vice: dico loro che, da Operatore Turistico, mi piacerebbe un’occupazione

in Inghilterra. Il Vice Console mi consiglia di scrivergli perché potrebbe fare qualcosa,
per me ma, in futuro, non riceverò risposta: dopotutto, non è certo facile cosa.

Ore 21: accomodati su poltrone rosse, nella vasta Indoor Arena, attendiamo.
Ecco, il Presidente del nostro Gruppo interviene, sul palco: lo applaudiamo.

Dodo offre alcune Ceramiche di Faenza ai bravi organizzatori e al grande
regista Vittorio Rossi, le cui scene create sono infinitamente stupende.

Purtroppo, Ghena Dimitrova-Amneris viene sostituita per via della morte del marito
in un incidente. Grandissima tristezza per la notizia che ci hanno riferito.

Durante gli intervalli, al mio vicino Dottor Pini, moglie e figlio, spiego la trama.
Il nostro Presidente si congratulerà con me che, felicemente, mi “proclama”

esperta. Una bella serata. Ci ritroviamo nella sala, prima di uscire, per tornare
tutti assieme al nostro hotel, non molto distante, e lo spettacolo da ricordare.

Mattina: nella hall dell’hotel. Vengono saldate le spese relative agli extra e il “driver”
del pullman mi dice che porterà il mezzo di trasporto presso l’hotel per poter

andare, poi, all’aeroporto “Gatwick” usufruendo del self-service per mangiare.
Controlli e operazioni d’imbarco, volo verso l’Italia e arrivo al “Marconi”, da cui sbarcare.

Operazioni di regola, dopodiché, saluto tutti e prendo il treno per Milano-Centrale.
Ricorderò sempre una vacanza piacevole musicale, unita al buon argomento culturale.

Laura

 

 

 

LONDON, OXFORD AND BIRMINGHAM
(October 1991)

For late October 1991, a superb performance is pointed out to me
of Verdi’s “AIDA” at the “INDOOR ARENA” in Birmingham, construction

inaugurated eight days earlier by Princes Diana and Charles of Wales. Voyage:
I organize myself and prepare my suitcase and bag for the long-haul tour.

On October 24, I wake up early and my husband accompanies me to the station
Milan Central Station, before going to work. He leaves me with that creation

architectural. At our Travel Agency, I have already purchased
the ticket and I get on the train that takes me to the intended place.

I get off at Bologna Central Station and, from here, I wait patiently,
the taxi to the “Marconi” airport of Borgo Panigale, where I will be welcomed.

In the waiting room, as agreed by telephone, I’m waiting for our travel’s manager
at the counter. After a while, I see a gentleman with quickly style

contact the hostess and ask if she has arrived
Mrs Rocatello. I answer: “It’s me.” Real knowledge is made.

Dodo is rather nervous because, perhaps, he is afraid of committing a “disaster”,
considering that, in his Group, I am a character who “gives” him prestige

(he made it clear to me over the phone that he considers me important to the Group).
He introduces me to Augusta, the escort, to the other fellow tourists: me too, lover

of the Opera, I am received well and with sympathy; the thing appears
also in the newspaper “Il Resto del Carlino”. Dodo brings them to the knowledge, even,

that I participated in the television “Rischiatutto” presented by Mike Bongiorno.
(However, with someone, we will talk about it several times during the day).

On the plane, I want to doze off a bit to rest but, with travel neighbors
we follow an episode of the entertaining “Mister Bean” as a short film.

We get off at “Gatwick” airport; the bus is waiting for us and leads us
in front of the biggest British Underground junction: Paddington, full of light.

From here, in a few minutes, any corner of the city can be reached:
it is a very comfortable neighborhood to stay; it’s really, a good point.

My single bedroom is inside, on the fifth floor, and is well heated.
It’s quiet. The phone wakes me up from the authorized reception.

Before leaving my home, I packed some brioches to eat:
so, today, lunch and dinner, I was able to ensure them.

The hotel has a piano: I would like to enjoy playing something.
Long live Music, the Universal Language: what a wonderful thing!

Afternoon, at the covered market of “Covent Garden”: there we arrive
but, unfortunately, we see the Theater externally, but we don’t enter it.

“Covent Garden”: in London, it is one of the most elegant and popular areas,
here, there are small shops, stores and stalls side by side.

The atmosphere, with perfumes and tea, has always involved and fascinated:
handicrafts and souvenirs, collectibles and antiques.

The breakfast, in the hotel, is by means of self-service, so it is necessary to do
the row. We embark on the walking tour: Downing Street 10, Trafalgar Square

with Horace Nelson’s Column, the Avenue leading to Buckingham Palace and Hyde Park,
on the left, with squirrels and various species of birds, to which I shout: “Haack”.

To the squirrels we say, affectionately: “Come on! – Come on!” and they come closer.
We witness the Changing of the Horse Guards. Then, still walking, they take us

facing the Thames and the Houses of Parliament (or Westminster). Everyone stops
marvel. After the walk, I buy postcards at a Pakistani shop.

Lunch in the hall of the hotel, after which, I write the postcards, in my little room: it’s a duty.
Afternoon: taxi ride with Doctor Bacchin and Aunt Lea. We also see two black wonderful
sphinxes. Late afternoon: Aunt Lea and I are at the Post Office to send.
Respect for privacy through distance, while I can lighten my commitment.

Evening: Doctor Bacchin and I have dinner in the restaurant hall, near the window
what lights and London traffic shows very well. It is on our right.

Meanwhile, our fellow tourists happily dine at a table
which was specially designed and prepared for them.

Moved to Oxford (“Guado dei buii”), with Aunt Lea, I make some purchases
and the tour of the Universities, the Center and the Anglican Cathedral of Christ.

Gift of a few pounds to a poor man who has two dogs: all very clean.
Lunch at a self-service: Aunt Lea and I learn the “distance” of “erudite” beings.

Birmingham: meetings before “AIDA”: gift to bass Ray, a pyrographed miniature
by me, in the room where the opening speech of the evening is given.

Illustrious personalities are present: I express my admiration for the soprano Seta del Grande.
Consul and his Deputy: I tell them that, as a Tour Operator, I would like a job

in England. The Vice Consul advises me to write to him because he might do something,
for me but, in the future, I will not receive an answer: after all, it is certainly not an easy thing.

9 pm: take a seat on red armchairs in the vast Indoor Arena, we await.
Here, the President of our Group intervenes, on stage: we applaud him.

Dodo offers some Faenza ceramics to the good organizers and to the great ones
director Vittorio Rossi, whose created scenes are infinitely gorgeous.

Unfortunately, Ghena Dimitrova-Amneris is replaced due to the death of her husband
in an accident. Great sadness for the news they told us.

During the breaks, I explain the plot to my neighbor Doctor Pini, wife and son.
Our President will congratulate me who happily “proclaims” me

expert. A nice evening. We meet again in the hall, before going out, to return
all together at our hotel, not far away, and the show to remember.

Morning: in the hotel lobby. The expenses related to the extras and the “driver” are paid
of the coach tells me that he will bring the means of transport to the hotel in order to be able to

then go to “Gatwick” airport using the self-service to eat.
Controls and boarding operations, flight to Italy and arrival at the “Marconi”, from which to disembark.

Operations as a rule, after which, I say goodbye to everyone and take the train to Milano-Centrale.
I will always remember a pleasant musical holiday, combined with good cultural subject.

Laura

 

 

LUGANO, BELLINZONA (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 10, 2023 at 4:24 pm

 

LUGANO, BELLINZONA

Non è la prima volta che, la domenica, pranziamo
in Svizzera. Oltrepassiamo la frontiera di Chiasso e vediamo

i paesaggi simili a quelli italiani, ma si riconosce lo stile elvetico
di tale verde, precisa e ordinata nazione: uno stile tipico.

L’autostrada è tenuta bene. Gli Svizzeri
nel rispetto delle regole, sono disciplinati veri.

Un esempio: a chi viaggia devono servire analcolici, i ristoratori.
Sulla strada per Lugano, incontriamo tali gestori,

fra cui uno possiede verdi e bellissimi giardini
con giochi indicati per la felicità dei bambini.

Più in là, sull’autostrada, in direzione di Bellinzona,
Vediamo un Castello bianco che richiama, nella zona,

potenziali clienti, in quanto porta l’insegna di ristorante.
E’ Natale e incoraggio mio marito-chauffeur: “Adelante”.

Qui, il nostro pranzo è degno di Re e con piacere “mastico”.
Pranzo che, con altrettanto piacere, si chiude con un dolce fantastico.

 

Come sempre, lasciamo un po’ dei nostri cuori
in luoghi dai quali non verremmo mai fuori.

Svizzera bellissima con laghi e montagne, baite e chalets caratteristici.
Svizzera interessante con orologi, Cantoni protestanti e cattolici.

Svizzera dolcissima con caramelle e cioccolata di una terra arcaica.
Svizzera che nasce dall’alleanza di tre Cantoni, ma con etnia più antica.

Laura

 

 

 

 

LUGANO, BELLINZONA

It is not the first time that we have lunch on Sundays
in Switzerland. We cross the Chiasso border and see

the landscapes similar to the Italian ones, but the Swiss style is recognizable
of such green, precise and orderly nation: a typical style.

The highway is well maintained. The Swiss
in compliance with the rules, they are governed true.

An example: those who travel must serve soft drinks, the restaurateurs.
On the way to Lugano, we meet such managers,

among which one has green and beautiful gardens
with games indicated for the happiness of children.

Further on, on the motorway, in the direction of Bellinzona,
We see a white Castle that recalls, in the area,

potential customers, as it bears the restaurant sign.
It’s Christmas and I encourage my husband-chauffeur: “Adelante”.

Here, our lunch is worthy of a King and I “chew” with pleasure.
Lunch which, with equal pleasure, ends with a fantastic dessert.

As always, we leave a little of our hearts
in places we would never get out of.

Beautiful Switzerland with lakes and mountains, characteristic huts and chalets.
Interesting Switzerland with clocks, Protestant and Catholic cantons.

Very sweet Switzerland with candies and chocolate from an archaic land.
Switzerland born from the alliance of three Cantons, but with an older ethnic group.

Laura

 

 

MAIORCA (1987) (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 10, 2023 at 4:06 pm

 


MAIORCA

(1987)

Milano/Malpensa-Palma de Majorca/Son Sant Joan: viaggio andata/ritorno diretto.
E’ organizzato da Alpitour. “Il buon giorno si vede dal mattino”: tutto è corretto.

E’ il 21 giugno: è il Compleanno di mio marito. Arriviamo e, come da contratto,
sul tavolino, nella nostra camera, troviamo una bottiglia di spumante: ecco, fatto!

Per tutto il giorno, siamo fuori albergo per escursioni varie, per cui ovviamo
con un cestino molto ricco di cibi per pic-nic (uova sode, eccetera) che gustiamo.

Visitiamo la stupenda fabbrica di perle artificiali molto ben costruite:
Compero un anello e un bracciale dove le perle hanno valore: sono abbellite.

Visita alla Grotta del Drago: si tratta di una bellissima creatura
al di fuori della vita terrena. E’ un vero capolavoro di Madre Natura.

La Grotta degli Ami è più piccola ed è carina, con stalattiti a forma di ami provenienti
anche dalla parte sottostante e i loro aspetti sono affascinanti e appariscenti.

La Grotta gigantesca è maggiore delle altre: ha un grande spiazzo
e un fiumicello sul quale la barca trasporta alcuni turisti. Abbiamo l’imbarazzo

di scegliere di ascoltare la musica fantastica di Chopin o proseguire
a piedi o in barca per arrivare al termine della Grotta e, quindi, uscire.

Passaggio per Inca: nota per il suo mercato che si tiene il giovedì, è importante
per la lavorazione delle pelli e delle calzature. Città dell’entroterra, è invitante.

Escursione al Castillo del Bellver, si trova su un collina ed è opera immane artistica.
E’ fuori Palma di Maiorca. E’ stupendo e, inizialmente, era residenza monarchica.

In una tenuta con cenone in un grande teatro con 1.200 posti ai tavoloni e spettacolo
di cantanti, attori e “pagliacci”. L’orchestrina esegue “O sole mio”, l’ “Inno-miracolo”.

Antica stalla grandissima: è stata adibita a spettacoli e, questa sera, si tengono
i duelli con attori cinematografici. L’ambiente è medioevale e presenziano

“Il Re” e “La Regina”; firmano anche autografi. Dopo il termine, il balletto polinesiano
in una sala molto capiente, impegna le graziose ballerine che danzano.

La Basilica Cattedrale di Santa Maria (“la Seu”), è l’edificio religioso principale
della città di Palma di Maiorca e, della diocesi, sede episcopale.

Dal 1905, è Basilica minore. E’ l’edificio religioso simbolo dell’isola, ha arte gotica.
Si trova di fronte al mare, fra i palazzi Almudaina ed Episcopale di Maiorca.

A seguito della conquista delle Baleari, Giacomo I d’Aragona demolisce
la grande Moschea della Medina e ne fa una Cattedrale che costruisce,

rivolgendola a Santa Maria. Di stile gotico-maiorchino, è famosa per il suo rosone,
uno dei più grandi al mondo tra le cattedrali gotiche e per la sua dimensione.

Puerto Cristo, Porto di Pollensa. Trasporto, al Capo Formentor, per via marittima.
Bellissima spiaggia, è frequentata anche dai Reali di monarchie. E’ turistica. E’ ottima.

Monastero di Valldemosa: nell’entrata, nei quattro angoli del plafone,
sono scritti quattro nomi ebraici fra cui Debora e Jaele. E’ un’antichissima costruzione

data ai rigidi Certosini di Tarragona, nel 1399 che, poi, un convento verrà fatta diventare.
Aria finissima, il paese si trova a 1000 metri sul livello del mare.

Qui, la Sand e Chopin affittano due stanze, affinchè il musicista potrà
ripendersi dalla tisi. Il suo adorato pianoforte personale lo seguirà.

 

Una settimana di escursioni ci arricchisce e ci ritempra spiritualmente,
regalandoci nuove informazioni che potremo dimenticare difficilmente.

Conosciamo Piera e Maria (due amiche piemontesi) e, con altri, intratteniamo
giochi-passatempo. Gioco degli Indiani/Cow-Boys, eccetera: ci divertiamo.

Aeropuerto de Ibiza San José: qui, in questo snodo importante delle Baleari,
durante il ritorno in Italia, viene effettuato lo scalo per raccogliere turisti vari.

Vacanze vere, vissute e indimenticabili in una terra antichissima conquistata
dai Greci, dai Romani, dai Vandali, dagli Arabi-Omayyadi, … e, poi, liberata.

Laura

 

 

 

 

MAJORCA
(1987)

Milan/Malpensa-Palma de Majorca/Son Sant Joan: direct round trip.
It is organized by Alpitour. “Good morning starts in the morning”: everything is correct.

It’s June 21st: it’s my husband’s birthday. We arrive and, as per the contract,
on the coffee table, in our room, we find a bottle of sparkling wine: that’s it!

For the whole day, we are out of the hotel for various excursions, so we take care of it
with a very rich basket of picnic foods (boiled eggs, etc.) that we enjoy.

Let’s visit the amazing factory of very well built artificial pearls:
I buy a ring and a bracelet where pearls have value: they are embellished.

Visit to the Cave of the Dragon: it is a beautiful creature
outside of earthly life. It is a true masterpiece of Mother Nature.

The Grotta degli Ami is smaller and is pretty, with hook-shaped stalactites coming from it
also from the underside and their aspects are fascinating and showy.

The gigantic Cave is larger than the others: it has a large clearing
and a small river on which the boat carries some tourists. We are spoiled

to choose to listen to Chopin’s fantastic music or carry on foot or by boat to get to the
end of the cave and then exit.

Passage by Inca: known for its market held on Thursdays, it is important
for the processing of leather and footwear. Inland city, it’s inviting.

Excursion to the Castillo del Bellver, it is located on a hill and is an immense artistic work.
It is outside Palma de Mallorca. It’s gorgeous and, initially, it was a royalist residence.

In an estate with dinner in a large theater with 1.200 seats at tables and a show
of singers, actors and “clowns”. The orchestra performs “O sole mio”, the “Hymn-miracle”.

Very large ancient stable: it has been used for shows and, this evening, they are being held
duels with film actors. The environment is medieval and presence

“The King” and “The Queen”; they also sign autographs. After the term, the Polynesian ballet
in a very large room, engages the pretty dancers who dance.

The Cathedral Basilica of Santa Maria (“la Seu”), is the main religious building
of the city of Palma de Mallorca and, of the diocese, episcopal see.

Since 1905, it has been a minor basilica. It is the symbolic religious building of the island, it has Gothic art.
It is located on the seafront, between the Almudaina and Episcopal palaces of Mallorca.

Following the conquest of the Balearic Islands, James I of Aragon demolishes
the great Mosque of the Medina and makes it a Cathedral which he builds,

addressing it to Santa Maria. Of Majorcan-Gothic style, it is famous for its rose window,
one of the largest in the world among the Gothic cathedrals and for its size.

Puerto Cristo, Port of Pollensa. Transport, to Cape Formentor, by sea.
Beautiful beach, it is also frequented by the Royals of monarchies. It’s touristy. It’s great.

Valldemosa Monastery: in the entrance, in the four corners of the ceiling,
four Jewish names are written including Deborah and Jaele. It is an ancient building

given to the strict Carthusians of Tarragona, in 1399 which, later, will be made into a convent.
Very fine air, the town is located 1000 meters above sea level.

Here, Sand and Chopin rent two rooms, so that the musician can
recover from tuberculosis. His beloved personal piano will follow.

A week of excursions enriches us and restores us spiritually,
giving us new information that we can hardly forget.

We get to know Piera and Maria (two Piedmontese friends) and, with others, we entertain
games-pastime. Game of Indians/Cow-Boys, etc.: we have fun.

Aeropuerto de Ibiza San José: here, in this important hub of the Balearics,
during the return to Italy, the stopover is made to collect various tourists.

Real, experienced and unforgettable holidays in a very ancient conquered land
by the Greeks, the Romans, the Vandals, the Arab-Umayyads, … and then liberated.

 

Laura

 

ALL’ISOLA D’ELBA (1986) (TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …)

  • Ottobre 10, 2023 at 2:13 pm

 

ALL’ISOLA D’ELBA
(1986)

Agosto 1986: dopo tre anni, possiamo trascorrere le nostre agognate vacanze.
La meta è l’Isola d’Elba, nell’Arcipelago Toscano. Isola dalle varie testimonianze

storiche (Medici), Napoleone. – Il tragitto comporta fermate per noi e per la gatta.
A Piombino, l’operazione per salire sul traghetto per Portoferraio è fatta:

l’auto è caricata nello spazio riservato e, ora, ci aspetta un’ora circa di traversata.
La gatta è nel suo trasportino, sul nostro tavolino. La teniamo coccolata,

ma piange perché è sballottolata ugualmente. Arriviamo a Portoferraio, finalmente:
la nostra auto ci porta alla piccola e caratteristica Capoliveri, cittadina finemente

incisa nella conformazione dell’isola non molto grande. Il nostro bilocale
è carino, con un balcone lungo ad angolo col cotto: elegantissimo materiale.

Da tale balcone, vediamo il giardino sottostante e un’unica piantina sofferente
a causa del caldo e sulla quale la gatta si affilerà le unghie. Terrazza capiente

col tavolino-ombrellone su cui mangeremo all’aperto e presso cui faremo
barbecue. I proprietari della struttura hanno la macelleria dove compreremo

la carne. Addirittura, la Signora Ercide ci lascia le bistecche sul tavolo della cucina,
mentre siamo in spiaggia e la gatta dorme tranquilla, la biricchina.

Sul lato della strada, la gatta ispeziona, ma non si allontana da noi. Anzi, se capita,
spicca il salto di due metri sulla terrazza senza mai essersi ammaccata o ferita.

Spiagge: la Signora Ercide ci suggerisce quella del Monte Calamita, ma opteremo
per un’altra perché la vedremo piuttosto ristretta, selvaggia, senza servizi. Noteremo

la sua sabbia scura mista a pietruzze, lambita dalla corrente sud-orientale.
Le miniere del Monte Calamita, sono ricche di ferro, un tempo, prezioso minerale.

La spiaggia di Morcone: si trova a poco da Capoliveri ed è in fondo ad una scala
del promontorio (la cosa è un po’ complicata). Sembra una leggendaria cala

con acqua limpida e tramonti ammalianti. Noi scegliamo la Spiaggia dell’Innamorata,
vicina all’arenile del Monte Calamita: misura 280 metri per 30. E’ formata

da sabbia e sassolini e il suo luogo è ricco di fauna marina. Da qui, si vedono l’Isola
di Montecristo, il Capo Stella, il Monte Capanne. Da questa spiagga scivola

Maria, Innamorata di Lorenzo, per salvarlo dai pirati del Barbarossa, ma scompare
nelle onde: solo il suo scialle riapparirà sullo scoglio Ciarpa. – E’ opportuno visitare

i luoghi napoleonici: l’Imperatore dei Francesi è stato espulso, bandito.
Su questa isola, ha due ville: “Villa San Martino” e “Villa dei Mulini”. L’agguerrito

personaggio, esule, rimane qua per dieci mesi solamente. La villa è chiamata
dei Mulini perché, prima del suo arrivo, la struttura era già stata creata.
Villa di San Martino: si trova nella periferia di Portoferraio, viene costruita
da Napoleone, ampliando una piccola casa rustica già esistente. E’ arricchita

dal Museo Napoleonico che, alcuni anni dopo, il Principe Demidoff ha edificato.
Vi si accede attraverso una strada con bancarelle dove pietre minerali ho trovato

e acquistato. – Comunque, è importante ricordare che le Fortezze Medicee sono
un complesso maestoso, il cui fascino si nota dal traghetto: si riconoscono

il porto ed il centro storico di Portoferraio in un batter d’occhio. Edificate
per proteggere il Principato di Piombino di cui l’Isola d’Elba fa parte.

Giretto a Portoferraio dove molte barche sono “parcheggiate”: tale cittadina
ha visto la nascita di Giuseppe Pietri, valido operettista di musica a noi vicina.

La Signora Ercide ci dice che possiamo spingerci fino all’Enfola, la piccolissima
lingua di terra che unisce al minuscolo isolotto. Giro fino alla bellissima

tenuta di un pittore che espone in giardino i suoi lavori con la ceramica dipinta.
Sulla strada, negozi e bancarelle con articoli locali caratteristici: è convinta

la nostra scelta presso il ristorantino-pizzeria in un angolo della piazza:
buona cucina toscana che mio marito è felice di offrire a me, la sua “ragazza”.

Negozi vari: in uno, acquistiamo una “conchiglia”-madreperlata con forma spirale
per cui mio marito, quale oggetto da sostenere, creerà un supportino addizionale.

Il proprietario mi regala un anellino di onice che, purtroppo, si spezza
contro il tavolino di casa a causa di una mia mancata accortezza.

 

Isola d’Elba: piccola isola bella, interessante e familiare. Da te, torneremo,
è una promessa che, senz’ombra di dubbio e senza esitazione, manterremo.

Laura

 

 

 

 

ON THE ISLAND OF ELBA
(1986)

August 1986: after three years, we can spend our longed-for holidays.
The destination is the Island of Elba, in the Tuscan Archipelago. Island with various historical testimonies

(Medici), Napoleon. – The journey includes stops for us and for the cat.
In Piombino, the operation to get on the ferry to Portoferraio is done:

the car is loaded in the reserved space and, now, we have about an hour of crossing.
The cat is in her carrier on our coffee table. We keep her pampered

but she cries because she’s tossed about anyway. We finally arrive in Portoferraio:
our car takes us to the small and characteristic Capoliveri, a fine town

engraved in the conformation of the not very large island. Our two-bedrooms apartment
it’s nice, with a long corner balcony with terraecotta: very elegant material.

From this balcony, we see the garden below and a single suffering plant
due to the heat and on which the cat will sharpen her claws. Spacious terrace

with the table-umbrella on which we will eat outdoors and where we will do
barbecue. The owners of the structure have the butcher shop where we will buy

meat. Indeed, Signora Ercide leaves us steaks on the kitchen table,
while we are on the beach and the cat sleeps peacefully, the naughty one.

On the side of the road, the cat inspects, but does not move away from us. Indeed, if it happens,
she jumped two meters onto the terrace without ever being bruised or injured.

Beaches: Mrs. Ercide suggests that of Monte Calamita, but we will opt
for another because we will see it rather narrow, wild, without services. We will notice

its dark sand mixed with pebbles, lapped by the south-eastern current.
The mines of Monte Calamita are rich in iron, once a precious mineral.

Morcone beach: it is located a short distance from Capoliveri and is at the bottom of a staircase
of the promontory (this is a bit complicated). It looks like a legendary cove

with clear water and bewitching sunsets. We choose the Innamorata Beach,
close to the beach of Monte Calamita: it measures 280 meters by 30. It is formed

by sand and pebbles and its place is rich in marine fauna. From here, you can see the Island
of Montecristo, Capo Stella, Monte Capanne. From this beach it slips

Maria, in love with Lorenzo, to save him from Barbarossa’s pirates, but disappears
in the waves: only her shawl will reappear on the Ciarpa rock. – It is advisable to visit

the Napoleonic places: the Emperor of the French has been expelled, banished.
On this island, he has two villas: “Villa San Martino” and “Villa dei Mulini”. The fierce

character, exile, remains here for only ten months. The villa is called
dei Mulini because, before his arrival, the structure had already been created.

Villa di San Martino: located on the outskirts of Portoferraio, it was built
by Napoleon, expanding an existing small rustic house. She’s enriched

from the Napoleonic Museum which Prince Demidoff built a few years later.
It is accessed through a road with stalls where mineral stones have been found

and bought. – However, it is important to remember that the Medici Fortresses are
a majestic complex, whose charm can be seen from the ferry: they recognize each other

the port and the historic center of Portoferraio in the blink of an eye. Build up
to protect the Principality of Piombino of which the Island of Elba is a part.

Trip to Portoferraio where many boats are “parked”: this town
it saw the birth of Giuseppe Pietri, a valid musical operetta player close to us.

Mrs. Ercide tells us that we can go as far as Enfola, the smallest one
spit of land that joins the tiny islet. Ride up to the beautiful

estate of a painter who exhibits his works with painted ceramics in the garden.
On the street, shops and stalls with characteristic local items: she is convinced

our choice at the little restaurant-pizzeria in a corner of the square:
good Tuscan cuisine that my husband is happy to offer to me, his “girlfriend”.

Various shops: in one, we buy a mother-of-pearl “shell” with a spiral shape
so my husband, as an object to support, will create an additional support.

The owner gives me an onyx ring which, unfortunately, breaks
against the coffee table at home due to my lack of foresight.

 

Elba Island: a small, beautiful, interesting and familiar island. We’ll come back to you
it is a promise that we will, without a doubt and without hesitation, keep.

Laura

 

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 9, 2023 at 10:08 pm

 

MAROCCO
(Agosto 1982)

Dopo circa un mese dal “Mundialito” e la vittoria italiana, la nostra vacanza
è in Marocco. Vaccinazione trivalente e preparativi per trascorrere abbastanza

bene due settimane. Il viaggio, guarda caso, è con il famoso giocatore
Albertosi del Milan e figli. Sosta a Barcellona per cui impieghiamo alcune ore

nella tratta Milano-Malpensa/Tangeri-Ibn Battouta. Tale
aeroporto si trova a 12 km a sud della stessa Tangeri, lungo la strada nazionale.

Ibn Battouta (1304-1369) è esploratore marocchino-berbero. L’aeroporto
possiede una pista lunga 3.500 metri. Ci aspetta il nostro mezzo di trasporto

e, prima di scendere, ringrazio lo steward della Royal Air Maroc: “Schùkran”.
Lui, gentilissimo e sorridente, non aspettandosi parole in Arabo, risponde: “Afwan”.

Aeroporto di Tangeri: internamente, ha una pianta di cactus; è uno dei principali
aeroporti marocchini, ed è aperto ai traffici commerciali.

A Malabata, arriviamo di sera (2 ore avanti sull’orario italiano). Accoglienza
e cenetta-rinfresco. Villaggio Club Méditerranée: una bellissima residenza.

Bungalows-monolocali con bagno e doccia, giardini, vari fiori e prati.
Due zone/nudismo, grande piscina, campo di tennis e maneggio: tutti ricercati.

Spiaggia larghissima a cui si accede attraverso un sentiero. Ristorante.
Sulla stradina, conosciamo Chica, l’asinella in un recinto: animale amante

dei frutti che le porto sempre. Spettacoli, durante pranzo e cena e tutto il giorno.
Antica Roma: i Gladiatori, il capo-villaggio è Nerone e tutti gli siamo attorno.

Un pomeriggio, su una donna, viene posto un serpente, nella platea teatrale.
Il veleno è stato estratto prima, per cui la pericolosità non è mortale.

Il tempo passa fra piscina, giochi passatempo, stare al sole, giardini e fiori.
Esiste una moneta interna formata da collane con “chicchi” di vari colori.

Serve per pagamenti ed acquisti: è il regalo da parte di un signore
francese a cui mio marito, sempre desideroso di “fare”, ha usato un favore.

Tangeri: è sullo Stretto di Gibilterra, vicina alla costa spagnola. La posizione
ne ha determinato sviluppo e storia. Da sempre, il suo porto, ha favorito l’unione

fra le culture europea e africana. Tangeri: la più multietnica del Marocco, e i colori
e i profumi dell’Africa li troviamo in ogni suo angolo: persino fuori.

Straordinari i boschi, gli scorci sbalorditivi, le grotte a picco sulle onde increspate.
Tangeri: “la città bianca”, perché le facciate candide delle case sono abbagliate

dal sole. Poco fuori di essa, le bellissime spiagge di sabbia bianca sono bagnate
dal mare turchese. Ci accompagnano due giovani uomini, sulle strade assolate:

l’autista è vissuto in Italia, conosce l’Italiano: ha lavorato presso il circo “Togni”.
Con i due giovani uomini, compiamo una visita alle Grotte di Ercole: veri sogni.

Capo Spartel è un vastissimo punto d’incontro tra l’Oceano Atlantico
e il Mar Mediterraneo: da non perdere, un punto davvero panoramico.

Dopo due giorni, chiediamo ai ragazzi un giro per Tangeri con visita alla Medina.
In un negozio di abiti locali, ci viene offerto il thè: l’accoglienza è carina.

Il proprietario è amico dei ragazzi che hanno una percentuale loro
e io decido per l’acquisto di un caffetano di broccato di colore oro.

I due ragazzi, aspettano sempre le richieste dei clienti potenziali stando seduti
di fronte alla guardiola. Percepiscono chi è davvero interessato: non sono sprovveduti.

Fra i nostri “colleghi vacanzieri”, c’è anche il dipendente di un’agenzia di viaggio:
in ogni “assenza per ferie”, compie uno spostamento che, questa volta, è a lungo raggio.

A questo punto, faccio presente che, fra i personaggi illustri marocchini, c’è un signore,
un uomo importante: è Tahar Ben Jelloun, saggista, filosofo, scrittore.

Incluso nel mio primo anno di Università, per la lingua francese, leggiamo
anche tale scrittore attraverso “La Nuit sacrée”, sua grande opera che apprezziamo.

Tahar Ben Jelloun nasce a Fès l’1 dicembre 1944: è uno scrittore, poeta e saggista
marocchino, conosciuto per i suoi scritti sull’immigrazione. Persona non razzista.

A quel tempo, la città appartiene al Marocco francese, la sua famiglia è antica e agiata.
Ha un legame con Tangeri perché là, la sua adolescenza viene passata.

Gli studi di Filosofia vengono compiuti presso l’Università di Rabat. Là, inizia a scrivere
le sue prime poesie in francese: “Hommes sous linceul de silence”. – Da leggere.

In Marocco, svolge, per diversi anni, il ruolo di Docente di Filosofia,
ma l’arabizzazione dell’insegnamento (non è abilitato alla Pedagogia

in lingua araba), lo costringe ad emigrare a Parigi, dove conseguirà un Dottorato
in Psichiatria Sociale sulla confusione mentale dell’immigrato ospedalizzato:

scrive “L’estrema solitudine”. Trasferirà la sua maturità di Psicoterapeuta nel romanzo
“La Réclusion solitaire”. Scriverà esclusivamente in francese, collaborando

con “Le Monde”. Vince molti premi perchè è capace di creare prodigi.
Ha quattro figli ed è vissuto parecchio a Parigi.

Marocco: in origine, terra della tribù berbera dei Mauri, sopra la zona sahariana
che, poi, diventerà terra dei due Re Giuba di Mauretania, provincia romana.

Una terra profumata e ricca di affascinantissime sembianze.
Terra che seduce attraverso le sue incantevoli fragranze.

Laura

 

 

 

 

MOROCCO
(August 1982)

About a month after the “Mundialito” and the Italian victory, our vacation
is in Morocco. Trivalent vaccination and preparations to spend enough

good two weeks. The trip, coincidentally, is with the famous gambler
Albertosi of Milan and sons. Stop in Barcelona for which we spend a few hours

on the Milan-Malpensa/Tangier-Ibn Battouta section. Such
airport is located 12 km south of Tangier itself, along the national road.

Ibn Battouta (1304-1369) was a Moroccan-Berber explorer. The airport
it has a runway 3,500 meters long. Our means of transport awaits us

and, before getting off, I thank the Royal Air Maroc steward: “Schùkran”.
He, very kind and smiling, not expecting words in Arabic, replies: “Afwan”.

Tangier Airport: internally, it has a cactus plant; it is one of the main ones
Moroccan airports, and is open to commercial traffic.

We arrive in Malabata in the evening (2 hours ahead of Italian time). Hospitality
and dinner-refreshments. Village Club Méditerranée: a beautiful residence.

Bungalows-studios with bathroom and shower, gardens, various flowers and lawns.
Two zones/nudism, large swimming pool, tennis court and riding school: all sought after.

Very wide beach which is accessed via a path. Restaurant.
On the road, we meet Chica, the donkey in an enclosure: animal lover

of the fruits that I always bring to her. Shows, during lunch and dinner and throughout the day.
Ancient Rome: the Gladiators, the village chief is Nero and we are all around him.

One afternoon, a snake is placed on a woman in the theater stalls.
The poison was extracted earlier, so the danger is not fatal.

Time passes between the pool, pastime games, being in the sun, gardens and flowers.
There is an internal currency made up of necklaces with “grains” of various colors.

It is used for payments and purchases: it is a gift from a French gentleman
which my husband, always eager to ‘do’, used a favour.

Tangier: is on the Strait of Gibraltar, close to the Spanish coast. The position
determined its development and history. Its port has always favored union

between European and African cultures. Tangier: the most multi-ethnic of Morocco, and the colours
and the scents of Africa can be found in every corner: even outside.

The woods are extraordinary, the stunning views, the caves overlooking the rippling waves.
Tangier: “the white city”, because the white facades of the houses are dazzled

from the sun. Just outside it, the beautiful white sand beaches are bathed
from the turquoise sea. Two young men accompany us on the sunny roads:

the driver lived in Italy, knows Italian: he worked at the “Togni” circus.
With the two young men, we visit the Caves of Hercules: true dreams.

Cape Spartel is a vast meeting point between the Atlantic Ocean
and the Mediterranean Sea: not to be missed, a truly panoramic point.

After two days, we ask the boys for a tour of Tangiers with a visit to the Medina.
In a local clothes shop, we are offered tea: the welcome is nice.

The owner is friends with the guys who have a percentage of their own
and I decide to purchase a gold brocade caftan.

The two boys always wait for requests from potential customers while sitting
in front of the guardhouse. They perceive who is really interested: they are not naive.

Among our “colleague vacationers”, there is also an employee of a travel agency:
in each “absence for vacation”, he makes a shift which, this time, is long-range.

At this point, I would like to point out that, among the illustrious Moroccan characters, there is a gentleman,
an important man: he is Tahar Ben Jelloun, essayist, philosopher, writer.

Included in my first year of University, for the French language, we read
also this writer through “La Nuit sacrée”, his great work that we appreciate.

Tahar Ben Jelloun was born in Fez on 1 December 1944: he is a writer, poet and essayist
Moroccan, known for his writings on immigration. Non-racist person.

At that time, the city belongs to French Morocco, his family is old and well-to-do.
He has a bond with Tangier because his adolescence is spent there.

Philosophy studies are completed at the University of Rabat. There, start writing
his first poems in French: “Hommes sous linceul de silence”. – To read.

In Morocco, for several years, he held the role of Professor of Philosophy,
but the Arabization of teaching (he is not qualified for Pedagogy

in Arabic), forces him to emigrate to Paris, where he will obtain a doctorate
in Social Psychiatry on the mental confusion of the hospitalized immigrant:

he writes “The extreme solitude”. He will transfer his maturity as a psychotherapist in the novel
“La Reclusion solitaire”. He will write exclusively in French, collaborating

with “Le Monde”. He wins many prizes because he is capable of creating wonders.
He has four children and lived a lot in Paris.

Morocco: originally, land of the Berber tribe of the Mauri, above the Saharan zone
which, later, will become the land of the two Kings Juba of Mauretania, a Roman province.

A fragrant land full of fascinating features.
Land that seduces through its enchanting fragrances.

Laura

 

 

 

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 9, 2023 at 9:08 pm

 

GRECIA E CORFU’ “POST COLONNELLI”
(Agosto 1981)

Viaggio e soggiorno organizzati dalla Valtur, Tour Operator convenzionato
con il mio datore di lavoro/C.R.A. – Quale “Deus ex machina”, ho prenotato.

Il volo Milano-Atene è abbastanza tranquillo fino a quando ci troviamo
sopra la Grecia: il vento della zona sbatte contro l’aereo e sembra che stiamo

rollando. La temperatura è di 37 grandi. In aereo, conosciamo un signore italiano
che simpatizza e ci invita, per la stessa sera, come rappresentanti dell’ospite nostrano

nella Chiesa dove si sposerà. Atterrati ad Atene, la temperatura risulta riscaldata.
Lasciato l’aeroporto, che ci porterà all’albergo, saliamo sul pullman con aria condizionata.

Hotel “Alexandra Divani Zafolia”: la camera è sull’interno, di fronte ad un ostello.
Dopo cena, i turisti sono portati allo spettacolo di Dora Stratos con balletti e Sirtaki. Bello!

Al termine, non troviamo la nostra accompagnatrice, Sofia: non la vediamo
All’autista del pullman, chiedo, in lingua francese, se ci porta all’albergo dove alloggiamo.

Mattina seguente: ci portano in una piazza centrale, dopodiché, io e mio marito optiamo
per prendere un taxi che ci porti a fare un giro per la città di Atene. Passiamo

davanti all’ex palazzo reale e andiamo in banca per il cambio valuta.
Il cassiere ci serve molto gentilmente, canticchia “Arrivederci, Roma” e ci saluta.

Scendiamo nel ristorante con un lieve ritardo perché, tornati in albergo, ci laviamo:
un appartenente al gruppo si arrabbia: gli rispondo, gentilmente, che noi ci riordiniamo.

Ivo e la moglie sono nostri compagni di tavolo, per cui Ivo ci difende, dicendo
che “NON SIAMO PIU’ ALL’EPOCA DEI COLONNELLI”. Ringraziamo, sorridendo.

Nel pomeriggio, Sofia, accompagna i turisti all’Eretteo e al Partenon:
davanti a tali costruzioni, sta un ampio teatro greco, il “Teseion”.

Sofia accompagna alla Tomba di Socrate, su una collinetta, la cui strada è un’estensione
della via centrale di Atene che divide la città in due parti. Una interessante costruzione

è il Museo Centrale di Atene: non si può fotografare, ma si riesce con qualche scatto:
statue bellissime e vere opere d’arte che mio marito immortala: ecco fatto.

“Alexander Divani Zafolia” non è molto lontano dal Colle del Licabetto.
Beviamo un whisky presso la piscina situata all’ultimo piano: c’è un bel baretto.

La mattina dopo, ci portano a visitare il Pireo, dove pranziamo
vicino al Porto. Pomeriggio: al Capo Sounion. Sulla strada, vediamo

le bancarelle: sono degli ambulanti e vendono carne e alimentari del luogo;
qui, con l’imbarazzo della scelta, la gente dà libero sfogo.

Il ritorno è nel tardo pomeriggio e vediamo le strade molto illuminate.
A cena, esprimiamo l’argomento senza fatica, con le parole adeguate.

Mattino del giorno seguente: c’è “libertà”; senza ansia di correre, lo passiamo.
Io e mio marito approfittiamo per ricordare tanti particolari di viaggio: ne parliamo.

Pomeriggio, per il volo Atene/Corfù, all’ “Athens International”: ci facciamo portare.
A Kerkyra, l’aeroporto è piccolissimo: quando parte, l’aereo deve addirittura aspettare

il “via libera” del semaforo. L’aereo si muove piano e l’ala esterna invade lo spazio
della strada. Bravissimi i piloti che compiono tali manovre, ma io Dio ringrazio.

A Kerkyra, di sera, agitazione in alto delle mani e coretto vocale: buona accoglienza.
Dal giorno dopo, conosciamo il villaggio: verde e fiori. Bellissima residenza.

La nostra stanza: sul lato collina, ha 4 metri per 7, un bagno con doppio lavandino.
Vivacità e ogni ben di Dio, nella colazione del mattino.

Piscina interna all’albergo-blocco centrale, piscina esterna e riproduzioni
delle varie statue, e bassorilievi, fra cui quello della famosa Iglisso’. Creazioni

davvero artistiche, gli originali. Si scende attraverso un sentiero che ci porta
alla spiaggia: ombrelloni di paglia, kayak. bagnini: gente esperta, accorta.

Passatempi: i diurni sono molti, fra cui la votazione-preferenza di una canzone.
Serali: una musica è stata ripresa da Pippo Franco, in una sua rappresentazione.

Non partecipiamo alla gita per la città di Achilleion e dintorni:
dopotutto, stiamo trascorrendo solamente dieci giorni.

 

E’ arrivato il giorno della partenza: i “ragazzi” salgono sul pullman; ci abbracciamo.
Un bel periodo che, con molto piacere e una punta di nostalgia ricordiamo.

Laura

 

 

 

GREECE AND CORFU “POST COLONELS”
(August 1981)

Trip and stay organized by Valtur, a partner Tour Operator
with my employer/C.R.A. – Which “Deus ex machina”, I booked.

The Milan-Athens flight is quite uneventful until we are
over Greece: the wind from the area beats against the plane and it seems that we are

rolling. The temperature is 37 great. On the plane, we meet an Italian gentleman
who sympathizes and invites us, for the same evening, as representatives of the local guest

in the Church where he will marry. Landed in Athens, the temperature is heated.
Leaving the airport, which will take us to the hotel, we board the air-conditioned coach.

Hotel “Alexandra Divani Zafolia”: the room is on the inside, in front of a hostel.
After dinner, tourists are taken to the Dora Stratos show with ballet and Sirtaki. Handsome!

At the end, we don’t find our escort, Sofia: we don’t see her
I ask the bus driver, in French, if he will take us to the hotel where we are staying.

Next morning: they take us to a central square, after which my husband and I opt
to take a taxi to take us on a tour of the city of Athens. We pass

in front of the former royal palace and we go to the bank for the currency exchange.
The cashier serves us very kindly, hums “Arrivederci, Roma” and greets us.

We go down to the restaurant with a slight delay because, back at the hotel, we wash:
a member of the group gets angry: I kindly reply that we will tidy up.

Ivo and his wife are our table mates, so Ivo defends us, saying
that “WE ARE NO LONGER AT THE TIME OF THE COLONELS”. We thank, smiling.

In the afternoon, Sofia takes tourists to the Erechtheion and the Parthenon:
in front of these buildings, there is a large Greek theater, the “Teseion”.

Sofia accompanies the Tomb of Socrates, on a hillock, whose road is an extension
of the central street of Athens which divides the city into two parts. An interesting construction

it’s the Central Museum of Athens: you can’t take a photograph, but you can take a few shots:
beautiful statues and true works of art that my husband captures: that’s it.

“Alexander Divani Zafolia” is not very far from Colle del Lycabetto.
We drink a whiskey by the swimming pool located on the top floor: there is a nice little bar.

The next morning, they take us to visit Piraeus, where we have lunch
near the port. Afternoon: to Cape Sounion. On the way, let’s see

the stalls: they are street vendors and sell local meat and food;
here, spoiled for choice, people give free rein.

The return is in the late afternoon and we see the brightly lit streets.
At dinner, we express the argument effortlessly, with the right words.

Morning of the following day: there is “freedom”; without anxiety to run, we pass it.
My husband and I take the opportunity to remember many travel details: we talk about them.

Afternoon, for the Athens/Corfu flight, to the “Athens International”: we get carried away.
In Kerkyra, the airport is very small: when it leaves, the plane even has to wait

the “green light” of the traffic light. The plane moves slowly and the outer wing invades the space
of the road. The pilots who perform these maneuvers are very good, but I thank God.

In Kerkyra, in the evening, waving of the hands and corrected vocals: good reception.
From the next day, we know the village: greenery and flowers. Beautiful residence.

Our room: on the hill side, it is 4 by 7 meters, a bathroom with double sinks.
Liveliness and every good thing in the morning breakfast.

Indoor swimming pool at the central block hotel, outdoor swimming pool and reproductions
of the various statues, and bas-reliefs, including that of the famous Iglisso’. Creations

really artistic, the originals. We descend through a path that leads us
to the beach: straw umbrellas, kayaks, lifeguards: expert, shrewd people.

Hobbies: there are many daytime pastimes, including the preference vote for a song.
Evenings: a piece of music was taken up by Pippo Franco, in one of his performances.

We do not participate in the trip to the city of Achilleion and its surroundings:
after all, we are only spending ten days.

The day of departure has arrived: “girls and boys” get on the bus; we hug.
A beautiful period that we remember with great pleasure and a nostalgic touch.

Laura

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 9, 2023 at 8:49 pm

 

VICENZA e DINTORNI
(weekend estate 1981)

Vicenza: col versante vicentino del Monte Grappa, ha origine preistorica.
Dall’Impero Romano, è custodita da Padova, da Giangaleazzo Visconti, dalla Repubblica

Serenissima di Venezia, da Napoleone, dall’Impero austriaco e dal Regno d’Italia.
La sue colline sono i Monti Berici. Il Turismo Culturale è un vanto per l’Italia,

è Patrimonio dell’Umanità “UNESCO” grazie, ad Andrea Palladio, prevalentemente.
Arriviamo all’albergo indicato dal mio collega, originario di Vicenza; velocemente,

lo troviamo. Un po’ più in alto, sulla collinetta, si trova il ristorante dove pranzare.
La giornata è bella e calda e ne approfittiamo per potere visitare

la Piazza dei Signori con il Palazzo del Capitanio di fronte alla Basilica riedificata
dal Palladio: è il più celebre edificio pubblico ed è molto ammirata.
Teatro “Olimpico”: grande opera architettonica del Palladio dalla splendida acustica.
Il giorno seguente, domenica, noi e il mio collega con la famiglia passiamo per Marostica

dov’è la famosa Piazza degli Scacchi, conosciutissima per la partita con personaggi viventi,
che si svolge nel secondo fine settimana di settembre; ha bei palazzi storici adiacenti.

Sempre, a Vicenza, entriamo nei Giardini Valmorana Salvi, ossia il Giardino Pubblico,
dove sono ospiti statue e due logge in stile palladiano: il tutto nel Centro Storico.

La vegetazione è lussureggiante e varia. Il mangime viene gettato dal ponte del canaletto,
agli anatroccoli che vivono là: sono i “padroni” nelle calme acque del ruscelletto.

Terminato il “pranzo”, si allontanano girando all’indietro la testolina ed emettendo
il loro verso come ringraziamento: sì, proprio un ringraziamento.

Raggiungiamo Bassano del Grappa, la cittadina famosa per la creazione della Grappa.
Sostiamo nel famoso Ponte Vecchio (o Ponte degli Alpini), sul fiume Grappa.

Ponte coperto, è un ponte molto caratteristico: il Palladio lo ha progettato.
Il mio collega, ricordando la canzone “Sul ponte di Bassano”, la mano ci ha dato.

Un fine settimana interessante umanamente e culturalmente da ricordare.
La settimana seguente, ritrovati al lavoro, a me e al mio collega piace ricordare.

Laura

 

 

 

 

VICENZA and SURROUNDINGS
(summer weekend 1981)

Vicenza: with the Vicenza side of Monte Grappa, it has prehistoric origins.
From the Roman Empire, it goes into custody in Padua, Giangaleazzo Visconti, the Republic

Serenissima of Venice, to Napoleon, to the Austrian Empire and to the Kingdom of Italy.
Its hills are the Monti Berici. Cultural Tourism is a source of pride for Italy,

it is a UNESCO World Heritage Site thanks mainly to Andrea Palladio.
We arrive at the hotel indicated by my colleague, originally from Vicenza; quickly,

we find it. A little higher up, on the hill, is the restaurant where you can have lunch.
The day is beautiful and warm and we take advantage of it to be able to visit

the Piazza dei Signori with the Palazzo del Capitanio in front of the rebuilt Basilica
by Palladio: it is the most famous public building and is much admired.

Teatro “Olimpico”: great architectural work by Palladio with splendid acoustics.
The following day, Sunday, we and my colleague and his family pass through Marostica

where is the famous Piazza degli Scacchi, well known for the game with living characters,
which takes place in the second weekend of September; it has beautiful historic buildings adjacent to it.

Again, in Vicenza, we enter in the Valmorana Salvi Gardens, i.e. the Public Garden,
where statues and two Palladian-style loggias are housed: all in the historic centre.

The vegetation is lush and varied. The feed is thrown from the Canaletto bridge,
to the ducklings who live there: they are the “masters” in the calm waters of the little stream.

Once the “lunch” is over, they move away turning their little head backwards and emitting
their verse as a thank you: yes, just a thank you.

We reach Bassano del Grappa, the town famous for the creation of Grappa.
We stop at the famous Ponte Vecchio (or Ponte degli Alpini), on the Grappa river.

Covered bridge, it is a very characteristic bridge: Palladio designed it.
My colleague, remembering the song “Sul ponte di Bassano”, gave us his hand.

A humanly and culturally interesting weekend to remember.
The following week, find yourself at work, my colleague and I like to reminisce.

Laura

 

 

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 8, 2023 at 11:39 am

 

COSTA AZZURRA
(1981)

Le vacanze del periodo pasquale le trascorriamo sulla Costa Azzurra soleggiata.
Fra le sue più belle spiagge, Nizza, Cannes, Saint-Tropez. E’ terra ispiratrice apprezzata

dagli impressionisti, borghi caratteristici affascinanti e centri storici.
Nizza, con la famosa Promenade des Anglais e lo stile “Belle Époque” degli edifici.

Tour guidato con due Accompagnatori Turistici della IVET. Sanno simpatizzare.
con noi turisiti; capaci ed esperti, tali accompagnatori ci assistono in modo esemplare.

Arriviamo nel Principato di Monaco, piccola città-stato, dove, finalmente, sostiamo:
qui, il Palazzo Reale e la Cattedrale dell’Immacolata Concezione ammiriamo.

Cattedrale dove Grace Kelly e Ranieri si sono uniti in matrimonio. Stupiti, il porto
vediamo, oltre al paesaggio sublime sottostante con ville, il mare, il porto.

Uno degli stati più antichi del mondo: è indipendente da duecento anni, pare.
Proseguiamo per Nizza, dove ci aspetta il nostro albergo, non distante dal mare.

La nostra stanza si trova al quarto piano: si dorme bene, niente rumore.
Convenzionato con la nostra struttura ricettiva, il ristorante è davanti al mare.

Menù: l’organizzazione, la serietà pasquale la fa scrupolosamente osservare:
riso e pesce, piselli e carote. Menù dietetico che diminuisce il pesare.

Sabato Santo: tour alle fabbriche di profumi di Grasse, nelle Alpi Marittime.
Compero bottigliette “en verre” con mughetto e gelsomino: fragranze delicatissime.

Pomeriggio: escursione al mare di Saint-Tropez, il guerriero romano che ha dato
il nome al luogo. Una buona cena piuttosto vegetale: lo abbiamo spesso ricordato.

Sulla strada, sorpassiamo sontuosi alberghi, il “Negresco” è uno di questi.
Poi, vediamo massi e scogli battuti da onde forti che non ti aspetteresti.

Pomeriggio: passeggiata sulla “Promenade des Anglais”, spiaggia larga e mare.
C’è il sole. Il clima è buono. Le onde sono spumeggianti e chiare.

Mattinata di Pasqua: a spasso per Nizza, specialmente, per l’Avenue Centrale.
Nizza è piena di bellezze e, anche qui, dimostra di presentarsi tale.

Nella vecchia Nizza, piccolo villaggio, in fondo al Cours Saleya, il pittore
Matisse ha lasciato la casa. Qui, nella tranquillità, ha trascorso ore ed ore

con la sua arte. Vicini al mare, stanno i giardini lussureggianti con la fontana.
Il centro vede boutiques, locali, divertimento, musei e cultura in Place Massena.

Sulla strada, il Presidente Pertini e la sua scorta: parla con un trasferito italiano.
Emozionante vedere da mezzo metro il nostro Presidente a cui bacerei la mano.

La sera, ci ritroviamo tutti nel ristorante covenzionato e teniamo l’ultima cena
perché domani mattina, torneremo alla volta dell’Italia: proviamo pena.

Laura

 

 

FRENCH RIVIERA
(1981)

We spend the Easter holidays on the sunny Côte d’Azur.
Among its most beautiful beaches, Nice, Cannes, Saint-Tropez. It is an inspiring land appreciated

from the Impressionists, charming characteristic villages and historic centres.
Nice, with the famous Promenade des Anglais and the “Belle Époque” style of the buildings.

Guided tour with two IVET Tour Leaders. They know how to sympathize.
with us tourists; capable and experienced, these escorts assist us in an exemplary way.

We arrive in the Principality of Monaco, a small city-state, where we finally stop:
here, the Royal Palace and the Cathedral of the Immaculate Conception we admire.

Cathedral where Grace Kelly and Rainier were married. Amazed, the port
we see, in addition to the sublime landscape below with villas, the sea, the port.

One of the oldest states in the world: it has been independent for two hundred years, it seems.
We continue to Nice, where our hotel awaits us, not far from the sea.

Our room is on the fourth floor: you sleep well, no noise.
An agreement with our accommodation facility, the restaurant is facing the sea.

Menu: the organization, the Easter seriousness makes it scrupulously observed:
rice and fish, peas and carrots. Diet menu that reduces weight.

Holy Saturday: tour of the perfume factories of Grasse, in the Alpes-Maritimes.
I buy bottles “en verre” with lily of the valley and jasmine: very delicate fragrances.

Afternoon: excursion to the sea of ​​Saint-Tropez, the Roman warrior who gave
the name of the place. A good rather vegetable dinner: we have often remembered this.

On the way, we pass sumptuous hotels, the “Negresco” being one of them.
Then, we see boulders and rocks beaten by strong waves that you would not expect.

Afternoon: walk on the “Promenade des Anglais”, wide beach and sea.
It’s sunny. The climate is good. The waves are bubbly and clear.

Easter morning: walking around Nice, especially the Central Avenue.
Nice is full of beauties and, even here, it proves to be so.

In old Nice, a small village, at the end of the Cours Saleya, the painter
Matisse left home. Here, in tranquillity, he spent hours and hours

with his art. Close to the sea are the luxuriant gardens with the fountain.
The center sees boutiques, clubs, entertainment, museums and culture in Place Massena.

On the road, President Pertini and his body guardes: talk to an Italian transferee.
Exciting to see our President from half a meter whose hand I would kiss.

In the evening, we all meet in the partner restaurant and have the last supper
because tomorrow morning, we will go back to Italy: let’s feel sorry for it.

Laura

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 6, 2023 at 3:39 pm

 

TORRE DEL LAGO PUCCINI
(11 aprile 1981)

Mattina. Mio marito mi propone un giro, appena ci svegliamo.
Rifletto un po’ e, poi, entusiasta e felice, esclamo:

“Torre del Lago! Torre del Lago Puccini!”. Ci prepariamo
e, con grande gioia, l’autostrada imbocchiamo,

uscendone per percorrere la Via Aurelia verso la zona pucciniana.
Oltrepassiamo varie città, fra cui la Livorno mascagniana,

arrivando a Torre del Lago, dove la Guida accompagna nella visita
della Villa-Museo del Maestro. Sono innamorata della musica

di Puccini e mostro alla Guida il guadagnato gettone
nel bongiorniano “Rischiatutto”, famosa e televisiva trasmissione.

La casa l’avevo vista solamente a mezzo del film girato sul Maestro,
con Gabriele Ferzetti, che interpreta tale persona dal grande estro

artistico e che, verso le sue eroine, nutre molta sensibilità gentile.
Finalmente, vedo dal vivo il suo pianoforte e la sua tomba “civile”

nel mausoleo della villa fatto costruire dal figlio del compositore.
Un omaggio è stato reso erigendo il monumento sul Belvedere di Torre.

Puccini aveva chiamato la sua barca come la sua Butterfly amata.
Barca che percorreva il mare di Viareggio, dov’era anche ormeggiata.

Viareggio: dopo Torre del Lago, sulla spiaggia, vediamo un ristorantino
senza pretese, ma in cui ci lecchiamo i baffi per il buon “spuntino”.

Dopodiché, Pisa. Qui, il grande Galileo Galilei è nato.
1583: nella Cattedrale pisana, osserva una lampada oscillante e, da scienziato,

formula la Teoria dell’Isocronismo del Pendolo”. A Pisa, presenziano
due Sedi: Università “Normale di Pisa” e Consiglio delle Ricerche italiano.

E’ sera. Siamo stanchi e soddisfatti. Vorremmo cenare e riposare
ma, a Pontremoli c’è “il tutto occupato”: optiamo per tornare

a casa nostra (dopotutto, è una buonissima soluzione
che ci porta a riposare ottimamente nel nostro lettone).

Laura

 

 

 

 

TORRE DEL LAGO PUCCINI
(11 aprile 1981)

Morning. My husband offers me a ride as soon as we wake up.
I reflect a bit and then, enthusiastic and happy, I exclaim:

“Torre del Lago! Torre del Lago Puccini!”. We get ready
and, with great joy, we take the highway,

leaving it to walk the Via Aurelia towards the Puccini area.
We pass various cities, including Mascagni’s Livorno,

arriving in Torre del Lago, where the Guide accompanies the visit
of the Master’s Villa-Museum. I’m in love with music

by Puccini and show the Guide the earned token
in Bongiorno’s “Rischiatutto”, a famous television programme.

I had only seen the house through the film shot on the Master,
with Gabriele Ferzetti, who plays this person with great artistic flair

and who, towards his heroines, nurtures a lot of gentle sensitivity.
Finally, I see live his piano and his “civil” grave

in the mausoleum of the villa built by the composer’s son.
A tribute was paid by erecting the monument on the Belvedere di Torre.

Puccini had named his boat after his beloved Butterfly.
Boat that traveled the sea of ​​Viareggio, where it was also moored.

Viareggio: after Torre del Lago, on the beach, we see a small restaurant
unpretentious, but in which we lick our mustaches for the good “snack”.

After that, Pisa. Here, the great Galileo Galilei was born.
1583: in the Pisan Cathedral, he observes a swinging lamp and, as a scientist,

formulates the Theory of Isochronism of the Pendulum”. In Pisa, I attend
two locations: “Normale di Pisa” University and the Italian Research Council.

It’s evening. We are tired and satisfied. We would like to have dinner and rest
but, in Pontremoli there is “all busy”: we opt to return

in our house (after all, it’s a very good solution
which leads us to rest well in our Latvian).

Laura

 

 

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 5, 2023 at 12:53 pm

 

NELLA TUNISIA DI BOURGHIBA
(26 dicembre 1980-2 gennaio 1981)

Con la navetta, dal Terminal di Porta Garibaldi, arriviamo
all’Aeroporto di Milano-Malpensa, da cui intraprendiamo

il viaggio serale alla volta di Tunisi. Il tempo è freddo e sereno
ma, in aereo, la temperatura è buona e ce la godiamo appieno.

Sopra la Liguria, il pilota della TunisAir spegne le luci e noi vediamo
le città sottostanti illuminate: proviamo meraviglia ed entusiasmo.

Aeroporto di Tunisi: operazioni di sbarco e controlli come da regola.
Incontriamo la nostra avvocatessa: ci ritroveremo a tavola.

Taoufik è l’autista dell’auto che ci porta al nostro albergo,
dove comunicherò in lingua francese e relativo gergo.

Récéption: dispone di servizio di cambio Lira/Dinaro tunisino
e di servizio telefonico internazionale. Vi lavora un gentile omino.

Struttura ricettiva: un blocco alberghiero con bungalows mini.
Nostra stanza con bagno che dispone di sanitari azzurrini.

Due lettini vicini; nel loro sacco, i piumoncini.
Riscaldamento: ronza un po’ e i gradi sono pochini.

Per i turisti stranieri, l’albergo dispone dell’allevamento di maiali:
noi siamo cattolici e possiamo osservare le nostre regole abituali.

Maneggio: mio marito mi scatta la foto a dorso di un cavallo istruito.
Piscina: un ospite tedesco, con la bassa temperatura si bagna ma non è infreddolito.

In taxi, visitiamo Tunisi, vediamo la Chiesa dell’Immacolata, i viali centrali …
A parte la caratteristica casa a forma di battello, le altre sono costruzioni normali.

Il taxista ci suggerisce il bellissimo e interessantissimo Museo nazionale del Bardo,
nell’omonima periferia occidentale di Tunisi, è unico: un autentico baluardo.

Sei anni prima, tale palazzo diventa uno dei maggiori monumenti storici,
e la collezione più importante è formata dai suoi simboli: i mosaici

romani, tutti di eccezionale fattura, bellezza e conservazione.
Diverse statue di divinità, eroi e personaggi mitologici: costituiscono un’eccezione.

Reperti punici, sale arabo-islamiche: hanno importanza storica,
nel più importante museo tunisino, il più antico museo arabo e dell’Africa.

Lavori del periodo cristiano della Tunisia sono raccolti
in tale museo, in una sala che ne conta molti.

La visita a Cartagine, a noi turisti, mostra una bellissima arte musiva,
ma ci ripariamo tutti sotto il portico perché cade la pioggia improvvisa.

Lì, si vendono le Rose del Deserto: formazioni sedimentarie
dei paesi desertici, mio marito me ne regala una. Misure varie,

la larghezza massima è di sedici centimetri: hanno colori sfumati
sui toni dell’arancione-giallo-ocra; sono bellissimi cristalli aggregati.

Nel Suq (il loro mercato), siamo attratti da oggettini,
fra cui tappeti e ottoni circolari: graziosi piattini.

“Danza del ventre”, mai vista. Nel salone della struttura alberghiera,
due giovani donne si esibiscono: siamo tutti incuriositi, quella sera.

E, anche stavolta, è arrivata: 31 dicembre 1980, Festa di Fine Anno.
Cenone e allegria: molta allegria, specialmente per gli Auguri di Capodanno.

2 gennaio 1981, sera: lasciamo la nostra stanza numero duecentoventi.
Con tristezza, salutiamo il Manager, i giardini e gli inservienti.

Tornando in Italia, viaggiamo ricordando il periodo; la nostra anima è contenta.
A casa nostra, il ricordo di un bellissimo periodo l’anima ci alimenta.

Laura

 

 

 

IN THE TUNISIA OF BOURGHIBA
(December 26, 1980-January 2, 1981)

We arrive by shuttle from the Porta Garibaldi Terminal
at Milan-Malpensa Airport, from which we take off

the evening trip to Tunis. The weather is cold and clear
but, by plane, the temperature is good and we fully enjoy it.

Over Liguria, the TunisAir pilot turns off the lights and we see
the cities below illuminated: we feel wonder and enthusiasm.

Tunis airport: landing operations and checks as per rule.
We meet our lawyer: we will meet again at the table.

Taoufik is the driver of the car that takes us to our hotel,
where I will communicate in the French language and related jargon.

Reception: it has a Lira/Tunisian Dinar exchange service
and international telephone service. A kind little man works there.

Accommodation structure: el block with mini bungalows.
Our room with bathroom which has a hotblue sanitary ware.

Two cots nearby; in their sack, the duvets.
Heating: it buzzes a bit and the degrees are low.

For foreign tourists, the hotel has a pig farm:
we are Catholics and can observe our usual rules.

Stables: my husband takes my picture on the back of a trained horse.
Swimming pool: a German guest gets wet with the low temperature but is not cold.

By taxi, we visit Tunis, see the Church of the Immaculate Conception, the central avenues …
Apart from the characteristic boat-shaped house, the others are normal buildings.

The taxi driver suggests the beautiful and very interesting Bardo National Museum,
in the homonymous western suburb of Tunis, it is unique: an authentic bulwark.

Six years earlier, this building becomes one of the major historical monuments,
and the most important collection is formed by its symbols: the Romans mosaics,

all of exceptional workmanship, beauty and conservation.
Several statues of gods, heroes and mythological characters: are an exception.

Punic finds, Arab-Islamic rooms: they have historical importance,
in the most important Tunisian museum, the oldest Arab and African museum.

Works from the Christian period of Tunisia are collected
in this museum, in a room that has many.

The visit to Carthage, to us tourists, shows a beautiful mosaic art,
but we all take shelter under the porch because the sudden rain is falling.

There, desert roses are sold: sedimentary formations
desert countries, my husband gives me one. Various measures,

the maximum width is sixteen centimetres: they have shaded colours
in shades of orange-yellow-ochre; they are beautiful aggregate crystals.

In the Souk (their market), we are attracted by trinkets,
including carpets and circular brasses: pretty saucers.

“Belly dance”, never seen. In the lounge of the hotel,
two young women perform: we are all intrigued that evening.

And, once again, it has arrived: December 31, 1980, the End of the Year Party.
Dinner and joy: a lot of joy, especially for New Year’s greetings.

January 2, 1981, evening: we leave our room number two hundred and twenty.
With sadness, we say goodbye to the Manager, the grounds and the attendants.

Returning to Italy, we travel remembering the period; our soul is happy.
At our house, the memory of a beautiful period feeds our soul.

Laura

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Ottobre 5, 2023 at 12:33 pm

 

PORTOVENERE (La Spezia)

1980: io e mio marito andiamo a Portovenere.
E’ sabato e il fine settimana, proprio lì, lo vogliamo trascorrere.

Vi sono stati girati film, fra cui “Il Conte di Montecristo”
con il valido attore Richard Chamberlain. Tale film l’ho visto.

Molto bella la “Grotta Azzurra” che, in barca, visitiamo.
Vediamo vari luoghi che, davvero, apprezziamo.

Riviera di Levante: zona fortemente turistica:
case sul mare, tipicamente liguri. Zona caratteristica

con il piccolo porto, dove le barche vengono ormeggiate
in “una veduta-quadro da dipingere” e ben rappresentate.

Non molto lontano dalla bellissima Chiesetta,
scegliamo un buon albergo-ristorante e la nostra stanzetta.

Graziosa cittadina, con aria salubre e balsamica
un bel tramonto e un bel mattino: ti sento amica.

Laura

 

 

 

PORTOVENERE (La Spezia)

1980: my husband and I are going to Portovenere.
It’s Saturday and we want to spend the weekend right there.

Films have been made there, including “The Count of Montecristo”
with the good actor Richard Chamberlain. I have seen this film.

The “Blue Grotto” which we visit by boat is very beautiful.
We see various places that we really appreciate.

Riviera di Levante: highly touristic area:
houses by the sea, typically Ligurian. Characteristic area

with the small port, where the boats are moored
in “a view-picture to be painted” and well represented.

Not very far from the beautiful little church,
we choose a good hotel-restaurant and our little room.

Pretty little town, with healthy and balsamic air
a beautiful sunset and a beautiful morning: I feel you as a friend.

Laura

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 30, 2023 at 1:51 pm

 

NELLA LIBIA DI GHEDDAFI
(10 giugno-5 agosto 1979)

 

Il 10 giugno, io e mio marito partiamo per Tripoli.
Il viaggio è di lavoro, ma niente colleghi. Sono i miei primi voli.

Soste a Roma/Fiumicino e a Catania/Fontanarossa.
I viaggi sono comodi, ma mi ritrovo un po’ scossa.

Arrivo a Tripoli; percorso a piedi nel tunnel e operazioni
di sbarco; ci attendono il superiore di mio marito con il tecnico: due omoni.

A mezzo jeep, arriviamo alla mensa del Campo di Abu-Slim e ceniamo:
bistecche di cammello con insalata e dolce eseguito in casa che gustiamo.

Lascio i miei complimenti al bravissimo cuoco:
è, davvero, in gamba e apprezzo i dolcetti “freschi”, ma cotti sul fuoco.

Niente alcool, ma acqua a volontà: è della Sorgente Bingashir.
Buona acqua: minerale e depurativa, scaccia la sete, l’acqua è il nostro “desir”.

Il nostro alloggio: è un appartamento al primo piano
di una villetta del centrale “Quartiere degli Asini”, a  cui ci portano

in jeep: villetta di fronte ad una Scuola
dove sul marciapiede antistante sta una palma piccola e sola.

I primi giorni mi sento disturbata dal Muezzin (alle ore 5, dal Minareto,
lancia la sua preghiera attraverso il microfono) e dal pappagallo “loreto”

che, di mattina presto – con “Good morning!”, “Okay, Johnny” – chiacchiera
ma, poi, li sento amici e mi diverto chiamandolo: anche di sera.

Non piove mai ma, dopo esserci svegliati, una mattina,
dopo il vento libico Simun, sul balcone, troviamo una pozzangherina.

Prima colazione: si fa nel bar non lontano da casa nostra, in una strada centrale
dove, in mezzo alla saletta, sta una pila di tappeti arabo-persiani che vale.

Lavoro e colleghi d’ufficio: fra loro, c’è un Principe sudanese
e vari colleghi che provengono da Milano, da Roma, dalla regione abruzzese, …

Vedo varie costruzioni della presenza italiana nate sotto il Regime Fascista.
Sono parecchie e, di tutte, non posso certo fare la lista.

Di sera, luminosissime stelle impreziosiscono il cielo:
la “Croce del Sud” è dopo l’Equatore, ma la sua vista, da sempre, l’anelo.

Una sera, nel ristorante dell’aeroporto: con gusto, ceniamo.
La “Giamaica”: acqua minerale, aranciata e Pepsi Cola che, volentieri, beviamo.

Saletta dell’Albergo “Méditerranée”: una rivista richiama la mia attenzione
perché riporta in ritardo la morte di John Wayne: l’attorone.

Porto di Tripoli: di giorno, si vedono chiaramente i vari containers “sistemati”
nella zona confinante col Mare Mediterraneo: sembrerebbero numerati.

Prima di andare a dormire: i giri serali con la “Peugeot 504” bianca,
Piazza Medaglie D’Oro (Piazza Verde), il Porto, il famoso Tunnel, l’illuminazione non manca.

Venerdì: Giorno di Festa islamica. In Jeep con il Superiore e un Ingegnere, costeggiamo
il mare verde sulla strada per Sabratha perché, un po’ di sole, proprio lo vogliamo.

Ad un certo punto – in lontananza – scorgiamo due giovani e un vecchio:
forse, le nostre presenze, li disturbano parecchio,

io, in particolare, in bikini giallo (loro si coprono per allontanare il raggio solare):
la loro religione islamica vieta alle donne di “abbagliare”.

Un altro Venerdì di festa islamica. Io e mio marito siamo
con la “FIAT 124”, sulla strada per Tajura, dove veniamo

aiutati a sbloccare l’auto dalla sabbia sul bordo della strada,
da alcuni ragazzini volonterosi della loro piccola “masnada”.

In Tripoli, esistono solo tre cinema e parecchi negozi dove, a volte, acquistiamo.
Mio marito mi regala un completo rosso, cinese, la cui bellezza ammiriamo.

In centro, vediamo la Moschea con due punte: è vicino alla residenza del Colonnello.
Vediamo altre piccole  moschee con colori di tipo quasi “pastello”.

Gheddafi studia presso l’Università di Messina e Saadi, suo figlio,
è calciatore nella squadra del nostro “Perugia” (possiede grande puntiglio).

Il Colonnello è definito gentile e democratico nel cantiere dell’impresa edile:
si ferma a parlare cortesemente con Ingegneri e operai: è davvero gentile.

Da tale impresa edile, il popolo vedrà, nel decennale della “cacciata”
degli stranieri, la tanto sognata Tribuna, finalmente edificata.

 

Ritorno in Italia: nostalgia di Tripoli e delle sue strade dissestate,
nostalgia del traffico e dei tombini aperti nelle vie mai riparate.

Nostalgia del senso di freddo passando dall’esposizione
solare all’ombra di una casa e nostalgia del clima marino, del Rione

di Abu-Slim, del “Campo” con Club, mensa, lavanderia, parco-macchine
con gattini e la cagnolina Musetta: le mascottes-dolci bestioline.

Nostalgia del periodo di Ramadan, in cui il loro digiuno
coinvolge indirettamente anche gli stranieri, non tralasciando nessuno.

Laura

 

 

 

 

IN GADDAFI’S LIBYA
(June 10-August 5, 1979)

 

On June 10, my husband and I leave for Tripoli.
The trip is for work, but no colleagues. These are my first flights.

Stops in Rome/Fiumicino and Catania/Fontanarossa.
The journeys are comfortable, but I find myself a little shaken.

Arrival in Tripoli; walking path in the tunnel and operations
of landing; my husband’s superior is waiting for us with the technician: two big men.

By jeep, we arrive at the Abu-Slim camp canteen and have dinner:
camel steaks with salad and homemade dessert that we enjoy.

I leave my compliments to the very good chef:
he is, really, good and I appreciate the “fresh”, but cooked on the fire treats.

No alcohol, but plenty of water: it comes from the Bingashir Spring.
Good water: mineral and purifying, it quenches thirst, water is our “wish”.

Our accommodation is an apartment on the first floor
of a villa in the central “Quartiere degli Asini”, to which they take us

by jeep: cottage in front of a school
where on the sidewalk in front stands a small and lonely palm.

The first few days I feel disturbed by the Muezzin (at 5, from the Minaret,
launches his prayer through the microphone) and by the parrot “loreto”

who, early in the morning – with “Good morning!”, “Okay, Johnny” – chats
but, then, I hear them as friends and I enjoy calling him: even in the evening.

It never rains but, after waking up one morning,
after the Libyan Simun wind, on the balcony, we find a puddle.

Breakfast: it is done in the bar not far from our house, in a central street
where, in the middle of the room, there is a pile of Arab-Persian carpets that is worth.

Work and office colleagues: among them, there is a Sudanese prince
and various colleagues who come from Milan, Rome, the Abruzzo region, …

I see various constructions of the Italian presence born under the Fascist Regime.
There are many of them and I certainly cannot make a list of all of them.

In the evening, very bright stars embellish the sky:
the “Southern Cross” is after the Equator, but I have always yearned to see it.

One evening, in the airport restaurant: we dine with enjoy a food.
The “Jamaica”: mineral water, orange soda and Pepsi that we gladly drink.

Room of the Hotel “Méditerranée”: a magazine draws my attention
because it reports late the death of John Wayne: the actor.

Port of Tripoli: during the day, you can clearly see the various “arranged” containers
in the area bordering the Mediterranean Sea: they would appear to be numbered.

Before going to sleep: the evening rides in the white “Peugeot 504”,
Medaglie D’Oro Square (Verde Square), the Port, the famous Tunnel, the lighting is not lacking.

Friday: Islamic Feast Day. In a Jeep with the Superior and an Engineer, we coast along
the green sea on the road to Sabratha because we really want some sun.

At one point – in the distance – we see two young people and an old man:
perhaps our presences disturb them a lot,

me, in particular, in a yellow bikini (they cover themselves to keep the sun away):
their Islamic religion forbids women to “dazzle”.

Another Friday Islamic Feast Day. My husband and I are
with the “FIAT 124”, on the road to Tajura, where we come from

help you unblock the car from the sand on the roadside,
by some willing kids of their little gang.

In Tripoli, there are only three cinemas and several shops where we sometimes buy.
My husband gives me a red suit, Chinese, whose beauty we admire.

In the centre, we see the Mosque with two points: it is near the Colonel’s residence.
We see other small mosques with almost “pastel” colors.

Gaddafi studies at the University of Messina and Saadi, his son,
he is a footballer in the team of our “Perugia” (he has great pique).

The Colonel is defined as kind and democratic on the construction site of the company:
he stops to speak politely with Engineers and workers: he’s really kind.

From this company, the people will see, on the tenth anniversary of the “expulsion”
of foreigners, the much-dreamed Tribune, finally built.

Return to Italy: we are nostalgic for Tripoli and its bad roads,
nostalgy for the traffic and the open manhole covers in the streets that have never been repaired.

We are nostalgic of the sense of cold passing from sunshine exposure
in the shade of a house and nostalgy for the marine climate, for the District

of Abu-Slim, of the “Camp” with Club, canteen, laundry, fleet of cars
with little cats and the dog Musetta: the mascots-sweet little animals.

We are nostalgic of the Ramadan period, in which their fast
it also indirectly involves foreigners, leaving no one behind.

Laura

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 30, 2023 at 1:28 pm

 

 

IGEA MARINA, SAN MARINO

1974: quest’anno le vacanze le vogliamo trascorrere in Romagna, a Igea Marina.
Arriviamo molto presto, all’Hotel Montecristo, giusto per la colazione mattutina.

Poi, una volta preparata la stanza al primo piano, trasferiamo
i bagagli e, un po’ con la struttura alberghiera, ci familiarizziamo .

La nostra auto è parcheggiata fra un pianta e l’altra del vialetto-passeggiata.
Dopo pranzo, riposati, ci prepariamo per andare nella spiaggia soleggiata

a cinque minuti a piedi dall’hotel. Nella sporta di paglia, inserisco l’occorrente.
Il bagnino ci indica il nostro post sdraio-ombrellone sulla spiaggia accogliente.

Il pomeriggio passa, mio marito usa anche le pinne per la sua nuotata.
Dopo cena, facciamo una passeggiata per Igea, trascorrendo la nostra serata.

Per la durata di due settimane, nonostante il traffico della strada, ci rilassiamo
e, guarda caso, dopo qualche giorno, una collega e famiglia rivediamo.

Compriamo i souvenirs da portare alla parentela: qualcosa di piccolo ma carino
Per il ritorno a casa, decidiamo di passare a visitare la Repubblica di San Marino,

sul Monte Titano. Castello e bancarelle: acquistiamo un braccialetto d’ “argent”
per mio marito da indossare con l’anello di oro bianco con brillante: fa “pendant”.
Lo spettacolo montano è mozzafiato e mio marito si diverte a fotografare e a filmare
il più possibile: un bel ricordo, a casa, a Milano, lo vogliamo davvero portare.

 

IGEA MARINA, Hotel “Paola”.

2004: il nostro vicino Adelio ci racconta di essere stato in vacanza
a Igea Marina, sulla strada verso Torre Pedrera. Lì, occupiamo la nostra stanza

numero 37, con due lettini singoli: vicinissima alla saletta “à manger”
senza aria condizionata. La cuoca prepara cibi buonissimi: e, noi, poi, “ALE’!”.

L’hotel è intitolato alla Nonna Paola: una donna dolcissima che conosciamo.
L’hotel ammette la biancheria stesa nel giardino-cortile: noi ne approfittiamo.

L’hotel permette molte cose, fra cui l’uso di qualche bicicletta sconquassata.
Si tratta di una vecchia colonia per ragazzi: in parte, è stata ristrutturata.

Il mare è blu-verde, la spiaggia è ampia. Il bagnino sa dell’arte marziale orientale.
Le nuove conoscenze, come noi, sono entusiaste di questo albergo locale.

Arrivando in fondo alla via, vediamo qualche villetta o pensione:
tutte proprietà private che sono presenti in questo bellissimo rione.

Di sera, sulla strada Igea-Rimini, un buon gelato non ce lo toglie nessuno.
Igea: dove artisti sconosciuti eseguono lavori che li possono far diventare quacuno.

Laura

 

 

 

IGEA MARINA, SAN MARINO

1974: this year we want to spend our holidays in Romagna, in Igea Marina.
We arrive very early at the Montecristo Hotel, just for the morning breakfast.

Then, once the room on the first floor is ready, we move
luggage and, a bit with the hotel structure, we familiarize ourselves.

Our car is parked between one tree and another in the driveway.
After lunch, rested, we get ready to go to the sunny beach

five minutes walk from the hotel. In the straw bag, I insert what is needed.
The lifeguard points us to our comfortable beach chair-umbrella post.

The afternoon passes, my husband also uses fins for his swim.
After dinner, we take a walk around Igea, spending our evening.

For the duration of two weeks, despite the traffic on the street, we relax
and, coincidentally, after a few days, a colleague and family meet again.

We buy souvenirs to bring back to relatives: something small but nice.
For the return home, we decide to go and visit the Republic of San Marino,

on Mount Titan. Castle and stalls: we buy an “argent” bracelet
for my husband to wear with a white gold ring with a brilliant: it’s a “pendant”.

The mountain spectacle is breathtaking and my husband enjoys photographing and filming
as much as possible: a beautiful memory, at home, in Milan, we really want to bring it.

 

IGEA MARINA, Hotel “Paola”.

2004: our neighbor Adelio tells us he was on vacation
in Igea Marina, on the road to Torre Pedrera. There, we occupy our room

number 37, with two single beds: very close to the “à manger” room
no air conditioning. The cook prepares delicious food: and, we, then, “ALE’!”.

The hotel is named after Nonna Paola: a very sweet woman we know.
The hotel admits laundry hanging in the garden-courtyard: we take advantage of it.

The hotel allows many things, including the use of a few battered bicycles.
It is an old colony for boys: it has been partially renovated.

The sea is blue-green, the beach is wide. The lifeguard knows about oriental martial art.
New acquaintances, like us, rave about this local hotel.

Arriving at the end of the street, we see some villas or pensions:
all private properties that are present in this beautiful district.

In the evening, on the Igea-Rimini road, nobody takes away a good ice cream.
Igea: where unknown artists perform works that can make them someone.

Laura

 

 

 

 

 

 

 

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 27, 2023 at 3:21 pm

 

CAORLE, VENEZIA, AQUILEIA

1972: la nostra prima vacanza da coniugi, in un albergo. Caorle: siamo
all’Hotel “Principe” e, della pensione completa, beneficiamo.

Negli anni successivi, ricordiamo con gioia e ci ritorniamo.
Albergo: esistono varie modifiche che, attraverso gli anni, notiamo.

Caorle: il suo nome deriva da “Caprulae”, un’antica foresta dove pascolavano
le tantissime capre selvatiche che, nell’antichità, là, esistevano.

Comune situato fra le foci dei fiumi Lemene e Livenza, la sua posizione
la troviamo situata a Nord delle città di Eraclea e Bibione.

Caorle vanta molti alberghi, specialmente, sulla strada del Lungomare.
La Spiaggia spaziosa di Levante è ritenuta la più bella di Caorle, a quanto pare.

Nell’Alto Adriatico, spiagge, Centro Storico, Laguna: sono i tre elementi centrali
di Caorle, meta davvero unica per vacanze di mare, punti-sue “spine dorsali”.

I due arenili (Est e Ovest) portano successo a questa località
veneta che, da tanto, ormai, vive di Turismo: una lavoratrice e volonterosa città.

Nel Centro Storico, il Duomo di Santo Stefano Protomartire è accompagnato
dal campanile cilindrico costruito da Venezia nel 1038, grazie al suo Patriarcato.

La Scogliera Viva è formata da scogli lambiti: è una delle più belle camminate.
Ha massi scolpiti da nomi famosi mondiali ed è nota per le sue passeggiate.

In fondo ad essa, c’è la Chiesetta-Santuario della Madonna dell’Angelo:
sembra che nasca nel IX secolo d.C. e che venga dedicata a San Michele Arcangelo

ad opera degli abitanti di Concordia Sagittaria che sfuggono all’invasione
barbarica. Negli Anni Cinquanta, diventa festa religiosa e con processione.

I fuochi d’artificio: ogni anno, di notte, il litorale adriatico e lo spazio veneziano,
grazie agli spettacoli pirotecnici, con gioia dei presenti, s’illuminano.

Sulla spiaggia di Levante, vediamo i deltaplani a motore; tali aeroplanini:
sono guidati espertamente e sfiorano terra per la delizia di bambini e ragazzini.

La Darsena: è bellissima. Parecchie sono le imbarcazioni che presenziano.
Lì, vicino, alcuni ristoranti, le “bisàte” (anguille) alla veneta le preparano.

Testimonianze della pesca di Laguna sono date dai casoni degli antichi abitatori
che erano casa e rifugio degli agricoltori, dei pescatori e dei cacciatori.

Il tetto, formato da canne e paglia, è spiovente: sorgono in spiazzi paludosi.
Per Pier Paolo Pasolini e Ernest Hemingway sono particolari meravigliosi.

Troviamo parecchi negozi con articoli diversissimi,
tanto che mio marito trova persino i ricercati cacciavite piccolissimi.

Fare Shopping: è cosa rilassante. Acquistiamo oggetti specialmente
in Centro, dove un locale è arredato in stile veneziano del 1700: accogliente.

Porto Santa Margherita. E’ sulla bellissima Spiaggia di Ponente
e la visitiamo varie volte: è più antica della Spiaggia di Levante.

Qui, troviamo persino la Sangrìa, la tipica bevanda spagnola
e il piano marmoreo Dama-Scacchi: classici giochi da tavola.

 

1973: non abbiamo mai visitato la magica Venezia, ma decidiamo
di farlo. Con la “Fiat 500L”, arriviamo a Punta Sabbioni, la depositiamo.

Dopodiché, sul traghetto per Venezia-Riva degli Schiavoni, ci imbarchiamo.
Fra tanta gente, un signore con la maglietta stile “marinaio” incontriamo

e che, gentilmente, ci informa sulle fabbriche del vetro di Murano e come
entrare in una, in particolare, della quale ci fornisce il nome.

Vaporetto. Giriamo la fabbrica e vediamo, interessati, come vengono creati
oggetti stupendi: molto affascinati da essi, alcuni li abbiamo acquistati.

Molto fini, sono i bicchierini di vetro blu decorati in oro zecchino:
li regaliamo ai miei suoceri, quale gentile “pensierino”.

Dal vaporetto, scendiamo al Ponte di Rialto conosciutissimo .
Varie bancarelle dove acquisto un collanina di cristallo purissimo.

E’ ora di pranzo: il ristorante “Le Chat qui rit” (“Il gatto che ride”) è vicino.
Siamo in molti, ma riusciamo a gustare molto bene il nostro “piattino”.

Poi, Piazza, Basilica di San Marco e il Campanile che, sempre così, ha funzionato:
il più alto edificato della città che, in passato, come faro per le navi veniva utilizzato.

La Torre dell’orologio: ha la campana che rintocca e i due pastori
che, affettuosamente, per il loro colore, i veneziani chiamano “i do Mori”.

 

1993: Aquileia, non è molto distante da Caorle e, in un’ora, là, ci arriviamo.
Ha Storia, Foro romano, il Sepolcreto e i Mosaici. Per cui la visitiamo.

Qui, Attila, passa per conquistare l’Italia. Aquileia, è distrutta.
Papa Leone I ferma Attila, salvando Roma e l’Italia tutta.

Queste sono le notizie storiche che ci sono state tramandate,
ma Verdi ha creato un vero capolavoro tra le sue opere musicate.

 

Il Veneto: una gran bella terra con campagne, monti, laghi, fiumi, mare.
Là, sono nata. Nutro nostalgia per la mia terra natale. Là, desidero ritornare.

Laura

 

 

 

CAORLE, VENICE, AQUILEIA

1972: our first vacation as a couple, in a hotel. Caorle: we are
to the Hotel “Principe” and we benefit from full board.

In subsequent years, we remember with joy and return to it.
Hotel: there are various changes that we notice over the years.

Caorle: its name derives from “Caprulae”, an ancient forest where they grazed
the many wild goats that existed there in ancient times.

Municipality located between the mouths of the Lemene and Livenza rivers, its position
we find it located north of the cities of Eraclea and Bibione.

Caorle boasts many hotels, especially on the Lungomare road.
The spacious beach of Levante is considered the most beautiful in Caorle, it seems.

In the Upper Adriatic, beaches, the Historic Centre, the Lagoon: these are the three central elements
of Caorle, a truly unique destination for sea holidays, points-its “backbones”.

The two beaches (East and West) bring success to this venetian locality
who, for a long time now, has lived on Tourism: a hardworking and willing city.

In the Historic Center, the Cathedral of Santo Stefano Protomartire is accompanied
from the cylindrical bell tower built by Venice in 1038, thanks to its Patriarchate.

The Scogliera Viva is formed by lapped rocks: it is one of the most beautiful walks.
It has boulders carved by world famous names and is known for its walks.

At the end of it, there is the small church-sanctuary of the Madonna dell’Angelo:
it seems that it was born in the 9th century AD. and that it is dedicated to San Michele Arcangelo

by the inhabitants of Concordia Sagittaria who escape the barbaric
invasion. In the Fifties, it became a religious festival with a procession.

The fireworks: every year, at night, the Adriatic coast and the Venetian space,
thanks to the fireworks displays, to the joy of those present, they light up.

On the Levante beach, we see motorized hang gliders; such airplanes:
they are expertly guided and skim over the ground to the delight of children and teenagers.

The Darsena: it is beautiful. There are several boats that are present.
There, nearby, some restaurants prepare the “bisàte” (eels) Venetian style.

Testimonies of Laguna fishing are given by the huts of the ancient inhabitants
which were the home and refuge of farmers, fishermen and hunters.

The roof, formed by reeds and straw, is sloping: they arise in marshy clearings.
For Pier Paolo Pasolini and Ernest Hemingway they are wonderful details.

We find several shops with very different items,
so much so that my husband even finds the sought after tiny screwdrivers.

Shopping: it’s relaxing. We buy items specially
in the Centre, where a restaurant is furnished in the Venetian style of the 1700s: welcoming.

Porto Santa Margherita. It is on the beautiful Spiaggia of Ponente

and we visit it several times: it is older than Spiaggia of Levante.

Here, we even find Sangrìa, the typical Spanish drink
and the marble top Checkers-Chess: classic board games.

1973: we have never visited magical Venice, but we decide
to do it. With the “Fiat 500L”, we arrive at Punta Sabbioni, we deposit it.

After that, we embark on the ferry to Venice-Riva degli Schiavoni.
Among so many people, we meet a gentleman with a “sailor” shirt

and who kindly informs us about the Murano glass factories and how
enter one, in particular, of which he gives us the name.

Vaporetto. Let’s tour the factory and see, interested, how they are created
stupendous objects: very fascinated by them, we bought some of them.

The blue glass glasses decorated in pure gold are very fine:
we give them to my in-laws, as a kind “little thought”.

From the vaporetto, we go down to the well-known Rialto Bridge.
Various stalls where I buy a very pure crystal necklace.

It’s lunch time: the restaurant “Le Chat qui rit” (“The laughing cat”) is nearby.
There are many of us, but we manage to enjoy our “saucer” very well.

Then, the square, the Basilica of San Marco and the bell tower which, always like this, worked:
the tallest building in the city which, in the past, was used as a lighthouse for ships.

The Clock Tower: it has a tolling bell and two shepherds
which, due to their color, the Venetians affectionately call “i do Mori”.

 

1993: Aquileia is not far from Caorle and we get there in an hour.
It has History, the Roman Forum, the Sepolcreto and the Mosaics. Which is why we visit it.

Here, Attila passes to conquer Italy. Aquileia is destroyed.
Pope Leo I stops Attila, saving Rome and all of Italy.

These are the historical news that have been handed down to us,
but Verdi has created a true masterpiece among his works set to music.

 

Veneto: a very beautiful land with countryside, mountains, lakes, rivers, sea.
There, I was born. I have nostalgia for my homeland. There, I wish to return.

Laura

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 27, 2023 at 2:41 pm

 

 

LENDINARA
(Festività pasquali 1972)

Desidero trascorrere le feste pasquali dalla sorella di mio padre
e, così, vedere la mia cara nonna Michelina, la loro madre.

Venerdì Santo: in anticipo ed entusiasti, il lavoro lasciamo
e io e mio marito, con gioia, il viaggio pregustiamo.

Arrivati presso la casa di mia zia, lei non c’è: lavora;
sul davanzale della finestrina del garage, trovo le chiavi, ora.

Mio marito si meraviglia del gesto da parte mia,
ma lo tranquillizzo: so come usa mia zia.

Il mio sguardo abbraccia il suo grande orto:
da sempre un grande amore gli porto.

Saliamo in casa e aspettiamo gli zii e Flavio, mio cugino.
Dopo un po’, mia zia entra. Ci abbracciamo e teniamo un discorsino.

Ci aveva preparato le tagliatelle da fare in brodo,
ma io e mio marito amiamo la pasta asciutta “oltremodo”.

La sera, ceniamo tutti assieme nella cucina che un muro separa dal cucinino
e accompagniamo, bevendo il loro buonissimo vino.

Il giorno dopo, giriamo un po’ per Lendinara, accompagnati da mio cugino:
vediamo qualche villa palladiana e arriviamo dalla nonna, nel suo lettino,

in casa di riposo. E’ felice di vedermi, ma mio cugino fa da interprete
perché ricordo benissimo le tante nostre parole venete

ma non la capisco perché è senza denti, povera nonna!
Ma, finalmente, sono qua, davanti a lei, carissima donna.

Lei sa che, tre anni prima, è morta di cancro, mia madre,
ma mi chiede notizie di suo figlio, mio padre.

Le rispondo mentendo perché mio padre è morto l’anno passato,
ma lei non lo deve sapere: il suo cuore è debole e acciaccato.

Il suo figliolo prediletto … Mi chiede se, per mio padre, c’è lavoro:
le rispondo di sì, che viviamo in un periodo d’oro.

Ha dato a mia zia (sua figlia) le due lenzuola che mi ha preparato:
(stoffa pesante e resistente); mi chiede se il tutto me lo ha consegnato.

Non dispone di denaro: ha fatto come meglio ha potuto.
Mi vengono le lacrime: povera nonna! Quanto bene le ho voluto!

Vorrebbe muoversi, ma il personale la costringe a stare a letto.
E’ triste, povera donna; mi ricorda momenti della mia infanzia, con un sorrisetto.

Con tristezza, mi esprime il suo sconforto e la sua sofferenza:
“Hai visto che fine ho fatto?” (In casa sua, aveva indipendenza).

Mi ha sempre voluto bene, mi ha dato dolcezza e indicato la via.
Mia nonna non mi prega, rispetta la vita privata degli altri: anche la mia.

Sono dispiaciuta, mi si stringe il cuore. Sono percorsa da pena.
Usciti, esprimo a mio marito l’idea di portarla a Milano, con noi: è un’idea appena.

Mio marito rifette (ha ragione): se si sentisse male
mentre siamo al lavoro, non avrebbe aiuto. La sua logica è naturale.

Inoltre, mio padre non potrebbe più incontrarla, a Milano: “comunichiamo
con la zia a mezzo telefono” e mia nonna capirebbe che le abbiamo

sempre mentito. Morirebbe. Il mattino dopo, mio marito esce con mio cugino
e io vorrei andare a trovare mia nonna, ma non capirei il suo discorso tenerino.

Non vado da lei e mi chiedo: “Se mancasse? L’ho vista per l’ultima volta?”.
(Sono incerta e triste; mi ha sempre voluto bene e la mia gratitudine è molta).

Il pomeriggio, desidero andare a Pincara, dov’è nata mia madre. Imbocchiamo
il sentiero in discesa e la macchina, sull’aia della zia Antonia, parcheggiamo.

In tale frazione Paolino, abbiamo la sorpresa di vedere che trascorrono
qua la Pasqua il mio nonno materno, figli e figlie che non nascondono,

a loro volta, il nostro ritrovarci in un modo insolito, capitato.
Berto, il figlio della zia Antonia, mi chiede l’età. Io: “Ventisei”. E’ ammirato:

“Sembri sempre una bambina”. Chiacchieriamo un po’ e, poi, andiamo
a Pincara, dove alcuni avventori sono nel bar in cui entriamo.

Alcuni puntano i loro occhi su di me: mi rendo conto che mi hanno riconosciuto
quale concorrente della trasmissione televisiva bongiorniana “Rischiatutto”.

E’ diventato buio: ritornando a Lendinara, chiedo a mio marito
di potere salutare i genitori della mia amica d’infanzia. Subito

acconsente e ci fermiamo in Via Valdentro. Quando sto per suonare,
non vedo bene una figura vicino alla porta d’ingresso: chiedo di salutare

i Signori e, oggi, è la giornata delle sorprese, la persona che si avvicina
al cancello è lei, la mia Gabriella: baci e abbracci. Mi fa entrare in cucina:

oltre ai genitori, c’è Franco, il marito. Parliamo di tante cose: Gabry aspetta
il terzo figlio e ricorda la partecipazione a “Rischiatutto” della sua Lauretta.

Noto che tutti, verso di me, nutrono sempre stima e ammirazione
come quando ero bambina: presso loro, occupo ancora questa posizione.

Siamo felici di esserci ritrovati. Poi, ritorniamo dai miei zii e raccontiamo.
Il giorno dopo è una Pasqua lieta; mia zia, fa la “pinza onta” che accompagniamo

con il vino di una bottiglia che abbiamo comperato appositamente per loro.
Io e mio marito apprezziamo il buonissimo dolce, in coro.

Il giorno seguente, “Lunedì dell’Angelo”, torniamo, ricordando mia nonna
e i giorni lieti trascorsi: provo malinconia per quella santa donna.

Non ho rivisto il Duomo di Santa Sofia e il Santuario della Madonna del Pilastrello:
turismo religioso interessante, costruttivo e, direi molto, molto bello.

Laura

 

 

LENDINARA
(Easter holidays 1972)

I want to spend the Easter holidays with my father’s sister
and, thus, seeing my dear grandmother Michelina, their mother.

Good Friday: early and enthusiastic, we leave work
and my husband and I, with joy, look forward to the journey.

Arrived at my aunt’s house, she is not there: she works;
on the sill of the garage window, I find the keys, now.

My husband marvels at the gesture on my part,
but I reassure him: I know how my aunt uses it.

My gaze embraces his large garden:
I have always had a great love for him.

We go up to the house and wait for my uncles and my cousin Flavio.
After a while, my aunt enters. We hug and have a little chat.

He had prepared noodles for us to make in broth,
but my husband and I love dry pasta “beyond”.

In the evening, we all have dinner together in the kitchen which is separated from the kitchenette by a wall
and we accompany, drinking their delicious wine.

The next day, we wander around Lendinara, accompanied by my cousin:
we see some Palladian villas and we arrive at the grandmother’s, in her cot,

in a retirement home. She’s happy to see me, but my cousin interprets
because I remember very well our many Venetian words

but I don’t understand her because she has no teeth, poor grandmother!
But, finally, I’m here, in front of you, dearest woman.

Do you know that, three years earlier, my mother died of cancer,
but she asks me about his son, my father.

I answer she lying because my father died last year,
but she must not know it: her heart is weak and bruised.

Her favorite son … She asks me if there is work for my father:
I answer yes, we live in a golden age.

She gave my aunt (her daughter) the two sheets she made for me:
(heavy and resistant cloth); she asks me if she handed it all to me.

She has no money: she did as best he could.
Tears come to me: poor grandmother! How much I loved her!

She would like to move, but the staff force she to stay in bed.
It is sad, poor woman; reminds me of moments from my childhood, with a smirk.

With sadness, she expresses his despondency and her suffering:
“Did you see what happened to me?” (In his own house, he had independence).

She always loved me, gave me sweetness and showed me the way.
My grandmother doesn’t beg me, she respects other people’s private lives: mine too.

I’m sorry, my heart aches. I am filled with pain.
Once we leave, I express to my husband the idea of ​​taking her to Milan, with us: it’s just an idea.

My husband reflects (he’s right): if she feels bad
while we are at work, it would not help. His logic is natural.

Furthermore, my father could no longer meet her in Milan: “we communicate
with the aunt on the phone” and my grandmother would understand that we have them

always lied. Would die. The next morning, my husband goes out with my cousin
and I would like to go and see my grandmother, but I wouldn’t understand her sweet speech.

I don’t go to her and ask myself: “What if she’s missing? Did I see her for the last time?”.
(I am uncertain and sad; he has always loved me and my gratitude is great).

In the afternoon, I want to go to Pincara, where my mother was born. We take
the downhill path and the car, in Aunt Antonia’s farmyard, we park.

In this fraction Paolino, we are surprised to see that they spend
here Easter my maternal grandfather, sons and daughters who do not hide,

in turn, our meeting in an unusual way, happened.
Berto, Aunt Antonia’s son, asks me my age. Me: “Twenty-six”. He is admired:

“You always look like a little girl.” We chat a bit and then we go
in Pincara, where some patrons are in the bar we enter.

Some fix their eyes on me: I realize that they have recognized me
as a competitor of the Bongiorni television show “Rischiatutto”.

It has become dark: returning to Lendinara, I ask my husband
to say hello to my childhood friend’s parents. Right away

he agrees and we stop in Via Valdentro. When I’m about to play,
I can’t quite see a figure near the front door: I ask to say hello

the Gentlemen and, today, is the day of surprises, the person who approaches
she is at the gate, my Gabriella: kisses and hugs. She takes me into the kitchen:

in addition to the parents, there is Franco, the husband. We talk about many things: Gabry waits
the third child and remembers the participation in “Rischiatutto” of her Lauretta.

I notice that everyone towards me always has respect and admiration
like when I was a child: with them, I still occupy this position.

We are happy to have met again. Then, we go back to my uncles and tell stories
The next day is a happy Easter; my aunt makes the “pinza onta” that we accompany

with wine from a bottle that we bought especially for them.
My husband and I appreciate the delicious dessert, in chorus.

The following day, “Monday of the Angel”, we return, remembering my grandmother
and the happy days that have passed: I feel melancholy for that holy woman.

I have not seen the Cathedral of Santa Sofia and the Sanctuary of the Madonna del Pilastrello:
interesting, constructive and, I would say very, very beautiful religious tourism.

Laura

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 26, 2023 at 12:35 pm

 

MALE’, CROVIANA, DIMARO, MADONNA DI CAMPIGLIO.

Agosto 1970: sono ospite dei miei suoceri, in Trentino,
a Croviana, frazione di Malè. L’appartamentino

è in una zona più bassa della via principale
che si trova in una zona aperta del fondovalle,

zona vasta, e un po’ depressa sotto il livello stradale.
Ammiro il paesaggio: l’aria pulita, fresca, il castello monumentale

dei Pezzen, famiglia originaria della Valtellina,
con la chiesetta esterna sul bordo della statale trentina.

L’anno seguente, alloggiamo al primo piano di tale castello.
Qui, troviamo una stufa gigante, ma non credo che il modello

sia il medesimo dove un volontario dei Corpi Franchi si è nascosto,
dopo il combattimento del 20 aprile 1848, tenuto sul posto.

Le villette, il cimiterino, le case datate, il ristorantino,
il vicoletto, … Quanti tipi di alberi: abete, larice, pino, …

Chalets e la Chiesa di San Giorgio, a Malè Centro: essa contiene
architettura e opere d’arte e, come bellissimo esempio viene

citata per la cappella barocca dei Pezzen con lo stemma diffuso,
pitture a fresco e l’altare di legno: legno di cui si è fatto un buon uso.

Articoli e prodotti locali vengono venduti: in particolare, la lana
cruda con cui inizio un tappeto che mi occupa per “qualche” settimana.

Visite: non mancano Dimaro e Madonna di Campiglio, il Trenino “vivo”
della Val di Sole. Allevamento di trote: un buon prodotto nutritivo.

Ecco: ricordando qualche vacanza trascorsa a Croviana,
mi ritrovo nostalgica anche dell’acqua del Torrente Noce: acqua sana.

Ciao, Croviana ! Qui, da te, stai tranquilla, ritornerò
e il tuo cielo, le tue montagne, i tuoi luoghi pittoreschi riabbraccerò.

Laura

 

 

 

MALE’, CROVIANA, DIMARO, MADONNA DI CAMPIGLIO.

August 1970: I am a guest of my in-laws in Trentino,
in Croviana, a hamlet of Malè. The flat

it is in a lower area of ​​the main road
located in an open area of ​​the valley floor,

vast area, and somewhat depressed below street level.
I admire the landscape: the clean, fresh air, the monumental castle

of the Pezzen, a family originally from Valtellina,
with the external church on the edge of the Trentino state road.

The following year, we stayed on the first floor of this castle.
Here, we find a giant stove, but I don’t think the model

is the same where a volunteer of the Free Corps is hiding,
after the fight of April 20, 1848, held in place.

The cottages, the cemetery, the dated houses, the restaurant,
the alley, … How many types of trees: fir, larch, pine, …

Chalets and the Church of San Giorgio, in Malè Centro: it contains
architecture and artwork and, how beautiful an example it is

cited for the baroque chapel of the Pezzen with the widespread coat of arms,
fresco paintings and the wooden altar: wood that has been put to good use.

Local items and products are sold: in particular, wool
raw with which I start a carpet that occupies me for “a few” weeks.

Visits: there is no shortage of Dimaro and Madonna di Campiglio, the “living” train
of Val di Sole. Trout farming: a good nutritional product.

Here: remembering some holidays spent in Croviana,
I also find myself nostalgic for the water of the Noce stream: healthy water.

Hello Croviana! Here, with you, don’t worry, I’ll be back
and your sky, your mountains, your picturesque places I will embrace again.

Laura

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 25, 2023 at 5:04 pm

 

ARENA DI VERONA
(1969, 1975, 1976, 1991)

 

TURANDOT:

19 luglio 1969: mia madre se ne è andata da due mesi. A Verona,
si rappresenta “Turandot”, l’ultimo lavoro di Puccini. E’ un’operona.

Il mio collega Dialma organizza viaggi di turismo culturale:
la fermata del pullman più vicina è a Niguarda, presso l’ospedale.

Mi servo di un taxi per giungere prima al mezzo di trasporto.
Arrivo, ma Dialma sta dimostrando il suo sconforto

a mio padre: Dialma che, dal bar, ha chiamato telefonicamente
per non avermi ancora vista. Sta chiudendo ma, immediatamente,

si accorge di me e lo dice a mio padre a cui, all’improvviso, viene in mente
di andare a Verona dove si terrà una “Turandot imponente”.

Per cui Dialma fa deviare verso il parcheggio del villaggio, dove mio padre
sta già aspettando. (Si tratta dell’opera prediletta dalla mia povera madre).

Il tempo passa fra tragitto, giochi inganna-tempo e la rappresentazione
con Nilsson, Domingo e Tucci, si rivela uno spettacolone.

L’inizio è al lume dei cerini; poi spiccano scene, cantanti, coristi e orchestrali:
grandezza e arte impressionanti; sono verissimi artisti e si rivelano per tali.

La memoria per mia madre è grandemente omaggiata:
Sei in un freddo colombaio, mamma, ma la “nostra” Turandot ti ha riscaldata.

 

LA FORZA DEL DESTINO:

19 luglio 1975: sono passati quattro anni da che mi sono sposata.
Io e mio marito non trascuriamo la buona musica: da noi, è amata.

Riposiamo, dopo avere pranzato al ristorante della nostra amica.
Temperatura calda. Ad un certo punto, ricordo una cosa unica:

riferisco a mio marito che il mio collega va all’Arena di Verona
per “La forza del destino” con Bergonzi, Molnar Talaijc e Bruson, un’operona.

Mio marito: “Ci vuoi andare?”. Rispondo di sì: ma, così. improvvisamente …
Lui: “Preparati. Forza! Ci andiamo subito! Immantinente! Immantinente!”.

Imbocchiamo l’autostrada e, dopo due ore, siamo in zona Arena,
dove troviamo un garage per custodire la nostra auto e avere la mente serena.

Rivedo con affetto la città e incontriamo un “bagarino” che ci dà due biglietti:
Ressa per entrare, ma vale la pena per seguire un’opera dai grandi effetti,

specialmente, “la Vergine degli Angeli” cantata dal soprano e dal coro.
E’ un brano molto trascinante; è dolcissimo e io lo adoro,

tanto angelico Verdi è stato capace di saperlo rendere.
Si tratta di una serata dove non c’è proprio nulla da perdere:

la celebre e stupenda sinfonia inizia l’opera diretta da Molinari Pradelli,
grande Direttore d’orchestra; brano che tocca i sentimenti più belli.

I costumi sono fedeli alla vicenda; i cavalli sul palco; bravura dei cantanti.
L’entusiasmo e gli applausi del pubblico sono davvero abbondanti.

 

AIDA:

Luglio 1976: in Via Dante, a Milano,
all’Agenzia di Viaggi “Duomo”, compriamo

i biglietti per  la rappresentazione di “Aida” che si terrà
all’Arena di Verona verso fine mese: spettacolo che ci vedrà

nella platea del più grande teatro all’aperto, dove
i nostri due posti sono collocati e, da dove,

vediamo e udiamo bene. In attesa dell’inizio dell’opera,
sentiamo una voce maschile che grida: “Viva Verdi!”. E’ quasi sera,

ma una grande emozione io e mio marito proviamo,
rendendoci conto che “noi entusiasti” esistiamo.

Celeberrima opera verdiana, l’interprete del titolo è Maria Chiara
che, da professionista qual è, possiede una voce che rischiara

lo spettacolo. Durante il secondo atto, inizia a piovere, purtroppo,
per cui tutto smette dopo la scena trionfale. Il “tutto” che non è troppo

ma, comunque, accontentiamoci per quanto ci è stato dato di vedere:
grandi scene, splendidi costumi, interpreti e molte comparse. Il cadere

della pioggia ci obbliga a tornare nella camera d’albergo accogliente,
che abbiamo trovato appena arrivati, fortunatamente.

“Aida”: molti chilometri percorsi per ricevere poco. Davvero, peccato!
Ma noi speriamo che, qui, un altro spettacolone, di vedere, ci sia dato.

 

NABUCCO:

Fine luglio 1991: dal nostro campeggio di Casalborsetti, raggiungiamo
l’hotel “Pico”, in Mirandola. Questa volta, una posizione tranquilla la chiediamo.

La gita a Verona viene organizzata dal mio amato Gruppo musicale
per assistere a “Nabucco”, famosa opera verdiana con una storia imperiale

e la schiavitù degli Ebrei. Una storia di potere che coinvolge la morale
umana e religiosa: per cui Nabucco e Abigaille diventano esempio ascensionale.

Sono molto bravi Silvano Carroli-Nabucco e Daniel Oren (il Direttore);
è affascinante il castigo di Dio attraverso l’effetto “fulmine abbattitore”

e, del coro operistico più famoso, “Va’ pensiero”, viene eseguito il bis:
è tale l’entusiasmo che tanti vorrebbero, addirittura, il tris.

Io e mio marito siamo felici della regia e scenografia di Vittorio Rossi,
un “mago” di cui “Aida” e “Il trovatore” sono altri suoi colossi.

E, ora, il pullman ci riporta con tutta “l’allegra brigata”, a Mirandola,
dove alloggeremo ancora all’hotel “Pico” per una notte sola.

Laura

 

 

 

 

VERONA ARENA
(1969, 1975, 1976, 1991) 

 

TURANDOT:

July 19, 1969: my mother has been gone for two months. In Verona,
“Turandot”, Puccini’s last work, is performed. It’s an opera.

My colleague Dialma organizes cultural tourism trips:
the closest bus stop is in Niguarda, near the hospital.

I use a taxi to get to the means of transport earlier.
I arrive, but Dialma is demonstrating her despondency

to my father: Dialma who called by phone from the bar
for not seeing me yet. It is closing but, immediately,
he notices me and tells my father who, suddenly, comes to mind
to go to Verona where an “imposing Turandot” will be held.

So Dialma detours to the village parking lot, where my father
is already waiting. (This is my poor mother’s favorite work).

Time passes between the journey, the trick-time games and the representation
with Nilsson, Domingo and Tucci, it turns out to be a great show.

The beginning is by the light of the matches; then the scenes, singers, choristers and orchestral players stand out:
impressive grandeur and artistry; they are very true artists and they reveal themselves as such.

Memory for my mother is greatly honored:
You are in a cold dovecote, mother, but “our” Turandot has warmed you.

 

THE FORCE OF DESTINY:

July 19, 1975: It’s been four years since I got married.
My husband and I don’t neglect good music: we love it.

We rest after having lunch at our friend’s restaurant.
Hot temperature. At some point, I remember a unique thing:

I tell my husband that my colleague goes to the Verona Arena
for “La forza del destino” with Bergonzi, Molnar Talaijc and Bruson, an opera.

My husband: “Do you want to go?”. I answer yes: but, like this. suddenly …
He: “Get ready. Come on! We’ll go right away! Immantinent! Immantinent!”.

We take the highway and, after two hours, we are in the Arena area,
where we find a garage to store our car and have a clear mind.

I see the city again fondly and we meet a “scalper” who gives us two tickets:
Crowded to enter, but worthwhile to follow a work with great effects,

especially, “the Virgin of the Angels” sung by the soprano and choir.
It’s a very enthralling piece; it’s very sweet and i love it

so angelic Verdi was able to know how to make it.
It is an evening where there is absolutely nothing to lose:

the famous and stupendous symphony begins the work conducted by Molinari Pradelli,
great Conductor; song that touches the most beautiful feelings.

The costumes are faithful to each other; the horses on stage; skill of the singers.
The enthusiasm and applause of the audience are truly abundant.

 

AIDA:

July 1976: in Via Dante, in Milan,
at the “Duomo” Travel Agency, we buy

tickets for the performance of “Aida” to be held
at the Verona Arena towards the end of the month: a show that will see us

in the stalls of the largest open-air theater, where
our two places are placed and, from where,

we see and hear well. Waiting for the start of the work,
we hear a male voice shouting: “Viva Verdi!”. It’s almost evening

but a great emotion my husband and I feel,
realizing that “we enthusiasts” exist.

Famous opera by Verdi, the interpreter of the title is Maria Chiara
who, as a professional, has a voice that illuminates

the show. During the second act, it starts to rain, unfortunately,
whereby everything stops after the triumphal scene. The “everything” that is not too much

but, in any case, let’s be satisfied with what we have been given to see:
great sets, splendid costumes, performers and many extras. The fall

some rain forces us back to the cozy hotel room,
which we found as soon as we arrived, fortunately.

“Aida”: many kilometers traveled to receive little. Really, too bad!
But we hope that, here, another great show, to see, is given to us.

 

NABUCCO:

End of July 1991: from our campsite in Casalborsetti, we reach
the hotel “Pico”, in Mirandola. This time, we ask for a quiet position.

The trip to Verona is organized by my beloved musical group
to attend “Nabucco”, a famous Verdi opera with an imperial history

and Jewish slavery. A story of power that involves morality
human and religious: for which Nabucco and Abigaille become an ascending example.

Silvano Carroli-Nabucco and Daniel Oren (the Director) are very good;
the punishment of God through the “lightning bolt” effect is fascinating

and, of the most famous operatic chorus, “Va’ pensiero”, the encore is performed:
the enthusiasm is such that many would even like the tris.

My husband and I are happy with the direction and scenography of Vittorio Rossi,
a “magician” of which “Aida” and “Il Trovatore” are his other giants.

And, now, the bus takes us back with all the “merry brigade” to Mirandola,
where we will still stay at the “Pico” hotel for one night only.

Laura

 

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 23, 2023 at 12:58 pm

 

LESA
(Estate 1969)

Siamo ospiti nella casa del collega del padre
della fidanzatina di mio fratello. La madre,

il padre e la ragazzina
mi aspettano nella stazioncina.

Mi vengono regalati fiori, colti
nelle vicinanze e rispondo con molti

ringraziamenti per il gentile omaggio.
La casetta si trova a breve raggio:

è un bilocale in zona tranquilla, al primo piano.
Entrata sala-angolo cottura con, anche, un divano

a due piazze, porta-finestra, sedie e tavolo.
Bagno capiente a forma di rettangolo.

Camera da letto con una finestra,
un letto matrimoniale e un divano-letto, a destra.

Conosciamo il vicino scherzoso
che si atteggia a gigolo’ spiritoso.

15 agosto 1969: visitiamo i Giardini Botanici
(ormai, siamo tutti amici)

del Parco Pallavicino di Stresa.
Per cui ci serviamo del battello e partiamo da Lesa.

Grande cura del verde e dei fiori
bellissimi che hanno una varietà di colori.

Nel 1855, viene eretta la villa di stile neoclassico
che si erge sulla collina: uno stile ormai storico.

Nel suo parco trovano posto splendide razze animali
e, dal 2017, nelle Borromee, parco e bestiole sono “addizionali”.

Gli amici e mio fratello tornano a Milano
e io rimango sola e felice nella casetta al primo piano.

Percorro un sentiero per recarmi alla spiaggia.
Si tratta di una stradina che costeggia

ville e casette, sul lago, nel quale si specchiano
il cielo azzurrissimo, le colline, le barche che passano, …

Lesa: cittadina turistica bellissima
dove trascorro giorni di gioia dolcissima.

Laura

 

 

 

LESA
(Summer 1969)

We are guests in the father’s colleague’s house
of my brother’s girlfriend. The mother,

the father and the little girl
they are waiting for me in the station.

Flowers are given to me, picked
nearby and I answer with many

thanks for the kind gift.
The house is located within a short radius:

it is a two-room apartment in a quiet area, on the first floor.
Entrance hall-kitchenette with, also, a sofa

double, French door, chairs and table.
Spacious bathroom in the shape of a rectangle.

Bedroom with a window,
a double bed and a sofa bed, to the right.

We know the playful neighbor
who poses as a witty gigolo.

August 15, 1969: we visit the Botanical Gardens
(by now, we are all friends)

of the Pallavicino Park in Stresa.
So we use the boat and leave from Lesa.

Great care of greenery and beautiful flowers
that have a variety of colors.

In 1855, the neoclassical style villa was built
which stands on the hill: a now historic style.

In its park there are splendid animal breeds
and, since 2017, in the Borromean area, park and beasts are “additional”.

Friends and my brother return to Milan
and I remain alone and happy in the little house on the first floor.

I walk along a path to go to the beach.
It is a small road that runs alongside

villas and houses, on the lake, in which they are reflected
the blue sky, the hills, the passing boats, …

Lesa: beautiful tourist town
where I spend days of the sweetest joy.

Laura

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  • Settembre 22, 2023 at 9:13 pm

 

MONTEGRINO VALTRAVAGLIA (Varese)

Estate 1968: vacanze in montagna, a Montegrino,
dove i nostri vicini possiedono un appartamentino.

I due coniugi salgono là e, con la loro auto, mi accompagnano.
Con noi, portano anche i loro gatti: ne approfittano.

Una stanza con la stufa, il tavolino e l’angolo-cucinino,
il letto matrimoniale ed un singolo lettino

Un solo locale con la toilette appena fuori la casetta,
dopo la porta del vicino che vive in una stanzetta.

(Persona che beve: certamente a causa di reattività traumatica,
lo ritrovo, appena sposata, in Piazza, nel ristorantino di un’amica).

Con i proprietari, assieme, dormiamo e mangiamo:
Il giorno dopo, tornano a Milano, ma io e i gattini stiamo

là, assieme. Ho il permesso di mangiare l’insalata
del loro orto che accompagno alle bistecche: sono organizzata.

Riso e carne: i gattini li mangiano molto volentieri
e scacciano la lucertola entrata, mostrandosi veri guerrieri.

Si vedono i tanti tetti delle case: è da vera “bohème”, la veduta.
Sono vicina al campanile: sento i rintocchi da quando sono venuta.

I proprietari ritornano durante l’altro fine settimana:
posseggono anche una stanza, sopra: è affittata.

Vado in Svizzera per la prima volta: con loro, compriamo la cioccolata.
Mi tolgo la voglia di mangiare il “fondente”: sono soddisfatta!

A Montegrino, c’è la balera all’aperto. Qui, conosco una ragazza, casualmente,
baby-sitter del bambino di una commessa de “La Rinascente”.

Dopo due mesi, la ritrovo: da casa, ci spostiamo, in auto, con Gino,
con Adele e Norman, e ci rechiamo a Montegrino.

Grandi saluti e presentazioni presso la balera,
dove trovo altre due amicizie milanesi, quella sera.

 

Montegrino: “bohèmien” e pittoresco paesino non lontano da Luino,
ti prometto che tornerò nuovamente lì, per il mio salutino.

Laura

 

 

MONTEGRINO VALTRAVAGLIA (Varese)

Summer 1968: holidays in the mountains, in Montegrino,
where our neighbors own a small apartment.

The two spouses go up there and, with their car, accompany me.
They also bring their cats with us: they take advantage of it.

A room with a stove, a table and a kitchenette,
the double bed and a single cot

Only one room with a toilet just outside the house,
after the door of the neighbor who lives in a small room.

(Person who drinks: certainly due to traumatic reactivity,
I find him, newly married, in the square, in a friend’s restaurant).

We sleep and eat together with the owners:
The next day, they go back to Milan, but the kittens and I stay

there, together. I’m allowed to eat the salad
from their garden that I accompany with steaks: I’m organised.

Rice and meat: kittens eat them very willingly
and drive away the entered lizard, showing themselves to be real warriors.

You can see the many roofs of the houses: the view is truly bohemian.
I’m close to the bell tower: I’ve been hearing the chimes since I came.

The owners return on the other weekend:
they also own a room upstairs: it is rented out.

I’m going to Switzerland for the first time: we buy chocolate with them.
I get rid of the desire to eat the “dark”: I’m satisfied!

In Montegrino, there is an open-air dance hall. Here, I meet a girl, by chance
babysitter of the child of a saleswoman from “La Rinascente”.

After two months, I find her again: we move from home, by car, with Gino
with Adele and Norman, and we go to Montegrino.

Big greetings and introductions at the balera,
where I find two other Milanese friends that evening.

 

Montegrino: “bohemian” and picturesque village not far from Luino,
I promise you that I will go back there again, for my little hello.

Laura

 

 

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 21, 2023 at 2:47 pm

 

MALESCO
(1967 e 1980)

Si trova in un terrazzo, in Val Vigezzo,
fra i torrenti Loana e Melezzo.

La Val Vigezzo, è la “Valle dei Pittori”,
per i suoi paesaggi e i suoi colori,

dove sono nati tanti artisti ritrattisti
che presenziano con vari paesaggisti.

Il mio nonno vuole ospite mia madre,
e lei apprezza il regalo di suo padre:

si tratta della vacanza di una settimana
nella cittadina abitata già dall’epoca romana.

Mia madre, emozionata, mostra il suo entusiasmo,
tanto da rasentare quasi lo “spasmo”.

La gioia è anche per la casa e vuole che io ci entri
subentrando, dopo l’uscita dei parenti.

Arrivo in treno fino a Domodossola
(è la prima volta che trascorro le vacanze sola).

Qui, mi servo del mezzo “vigiezzino”,
ossia, del piccolo e simpatico trenino

che collega Locarno a Domodossola,
importante centro del Verbano-Cusio-Ossola.

Via “Al Teatro” è il vicoletto
dove io vivo un breve periodo, nel localetto.

Dopo qualche giorno, i miei genitori capitano
qua: sono felice della sorpresa che mi provocano.

Racconto che prendo il sole vicino alla cascata
e che spero di tornare a casa abbronzata.

In questa Valle, a Druogno, era sorta una colonia
per bambini, aiuto salutare e antimonotonia.

Al vicino Santuario di Re, si fa pellegrinaggio
con lodi e senza eremitaggio.

Mi riprometto che, a Malesco, tornerò una volta sposata:
infatti, dopo alcuni anni, siamo là, dove c’è anche “la mia cascata”.

Laura

 

 

MALESCO
(1967 and 1980)

It is located on a terrace in Val Vigezzo,
between the Loana and Melezzo torrents.

Val Vigezzo is the “Valley of Painters
for its landscapes and colors,

where so many portrait artists were born
attending with various landscapers.

My grandfather wants my mother as a guest,
and she appreciates her father’s gift:

it’s about a week’s vacation
in the town already inhabited since Roman times.

My mother, excited, shows her enthusiasm,
almost bordering on the “spasm”

Joy is also for the house and wants me to enter it
taking over, after the departure of the relatives.

Arrival by train to Domodossola
(it’s the first time I spend the holidays alone).

Here, I use the “vigiezzino” medium,
that is, of the small and nice little train

which connects Locarno to Domodossola,
important center of Verbano-Cusio-Ossola.

Via “Al Teatro” is the alleyway
where I live for a short time, in the local.

After a few days, my parents captain
here: I’m happy with the surprise they cause me.

I tell that I sunbathe near the waterfall
and that I hope to go home tanned.

In this valley, in Druogno, a colony had arisen
for children, healthy help and anti-monotony.

A pilgrimage is made to the nearby Sanctuary of Re
with honors and without hermitage.

I promise myself that I will return to Malesco once I get married:
in fact, after a few years, we are there, where there is also “my waterfall”.

Laura

 

 

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  • Settembre 20, 2023 at 11:02 pm

 

GIRETTO A COMO
(15 agosto 1963)

Pomeriggio di Ferragosto 1963. Noi chiacchieriamo sempre un po’, dopo pranzato.
Adesso, mio padre dice che sarebbe bello andare a Como: nostro giudizio accordato.

Il pomeriggio soleggiato invoglia ad uscire di casa: l’entusiasmo ci prende.
Quindi i miei genitori decidono, ci prepariamo e i mezzi di trasporto si prende.

Stazione Garibaldi. Il treno è fermo: io ho il vestito-tubino giallo-senape aderente
e, non riuscendo a salire, mia madre mi spinge in su con le sue braccia, allegramente.

Usciti dalla Stazione Como-San Giovanni, passeggiamo in zona Lungolago. La sera,
tutta la famigliola è al ristorante per le “tagliatelle alla bolognese”. Un’atmosfera

serena! Ceniamo in giardino assieme a parecchie persone che, come noi, festeggiano
il Ferragosto. Scambiamo idee su Como: città viva con il Tempio Voltiano,

il lago che, assiema acqua e montagne e conferisce bellezza e fascino alla zona.
Case e costruzioni varie, il monumento futurista in una piazza. Il tutto appassiona.

Ritorno in treno: sono seduta vicino a mia madre che si addormenta; lei crolla
sempre profondamente e il movimento del treno le fa toccare, spesso, la spalla

del signore vicino. Anche a mio padre la cosa imbarazza e mi dice, severo,
a bassa voce, di fare in modo che mia madre non disturbi: mio padre non è austero

ma non so come agire perché mia madre non si sveglia, quando cade nel sonno.
Siamo arrivati alla Stazione Garibaldi e la sveglio delicatamente perché non crei danno

morale, involontariamente. – Dopodiché, ci serviamo di un taxi perché il sevizio
di circolazione dei mezzi pubblici ha già terminato il proprio esercizio.

Ricorderò sempre questa bella domenica inusuale, in una bella condizione
e uniti “fuori casa”. Il giorno dopo, al lavoro, racconto la nostra passata “situazione”.

 

Estate 1969 e anni seguenti:

l mio fidanzato mi conduce qualche volta a Como e, dopo il matrimonio, intensifica:
Città facile da raggiungere per chi possiede l’auto: davvero, non è una fatica.

Laura

 

TOUR TO COMO
(August 15, 1963)

Afternoon on August 15th 1963. We always chat a bit after lunch.
Now, my father says it would be nice to go to Como: our judgment granted.

The sunny afternoon invites you to leave the house: enthusiasm takes us.
So my parents decide, we get ready and the means of transport are taken.

Garibaldi station. The train is stopped: I have the tight-fitting mustard-yellow sheath dress
and, unable to get up, my mother cheerfully pushes me up with her arms.

Leaving the Como-San Giovanni station, we walk in the Lungolago area. The evening,
the whole family is at the restaurant for the “tagliatelle alla bolognese”n serene

atmosphere ! We have dinner in the garden together with several people who, like us, celebrate
the mid-August. We exchange ideas about Como: a lively city with the Tempio Voltiano,

the lake which combines water and mountains and gives beauty and charm to the area.
Various houses and buildings, the Futurist monument in a square. All of it fascinates.

Back by train: I’m sitting next to my mother who is falling asleep; she collapses
always deeply and the movement of the train often makes her touch her shoulder

of the gentleman nearby. Even my father is embarrassed by this and he tells me, sternly,
in a low voice, to make sure that my mother does not disturb: my father is not austere

but I don’t know how to act because my mother doesn’t wake up when she falls asleep.
We arrived at Garibaldi Station and I wake it gently so as not to cause damage

moral, involuntarily. – After that, we use a taxi because the service
circulation of public transport has already ended its exercise.

I will always remember this beautiful unusual Sunday, in beautiful condition
and united “away from home”. The next day at work, I talk about our past “situation”.

Summer 1969 and following years:

My fiancé sometimes takes me to Como and, after the wedding, intensifies:
City easy to reach for those who own a car: really, it’s not a chore.

Laura

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 20, 2023 at 2:48 pm

 

LANZO D’INTELVI

Maggio 1963: mio padre insiste perché mia madre
compia una gita con me e mio fratello.

Mia madre dimostra di avere paura: sola, senza mio padre.
Non è mai successo prima, per cui si sente in un “tranello”.

Mio padre insiste: “Non andate mai via. – Fate una gita!
Approfittate per vedere cose sconosciute e nuove!

Almeno, per una volta, uscite dalla solita vita!
Qui, di solito, nessuno mai si muove!”.

Percepisco un motivo, ma non so quale:
non capisco il suo comportamento.

Forse, mia madre ha qualche sospetto: quale?
Io, anni dopo, potrò capire se è “abbagliamento”?.

Non ho ancora 17 anni e mio fratello ne ha 12, dopotutto!
Siamo giovani: è assodato che noi sogniamo

ad occhi aperti. Non possiamo, quindi, conoscere tutto.
Le nostre esperienze, a poco a poco, ce le facciamo.

Ci portiamo la colazione: ciò che manca lo compreremo.
Dal nostro Quartiere, il viaggio in pullman è ben organizzato.

Mia madre si sente sperduta e noi figli la sosterremo.
(Strano: un carattere che, indipendente, è sempre sembrato …).

Con il telescopio panoramico sull’ampio balcone
della Valle scorgiamo, in lontananza, il paesaggio montano,

case, acque del Lago Maggiore, sulla posizione
italo-svizzera il panorama spettacolare del Lago di Lugano.

Il responsabile del gruppo, informa su cosa vedere.
C’è molto , ma sembra che la vista aperta,

si fermi sul Belvedere della Sighignola: di tale Belvedere
il panorama è “una continua scoperta”.

Il “Balcone d’Italia”: nel vecchio Lombardo-Veneto.
Il Museo intelvese dei fossili: interessante.

Santuario della Madonna di Loreto.
Sulla sponda italiana del Lago di Lugano blu-brillante,

sta Villa Fogazzaro: qui, è affacciata
e “un piccolo mondo antico di oggi” viene considerata .

Tardo pomeriggio: la nostra “masnada” è rientrata,
mio padre ci aspettava e la giornata gli è stata raccontata.

Laura

 

 

LANZO D’INTELVI

May 1963: My father insists that my mother
take a trip with me and my brother.

My mother proves she is afraid: alone, without my father.
It’s never happened before, so he feels like he’s in a “trap”.

My father insists: “Never go away. – Take a trip!
Take the opportunity to see unknown and new things!

At least, for once, get out of your usual life!
Here, usually, nobody ever moves!”.

I sense a reason, but I don’t know which one:
I don’t understand his behavior.

Perhaps, my mother has some suspicions: which one?
Years later, will I be able to understand if it is “glare”?.

I’m not 17 yet and my brother is 12 after all!
We are young: it is established that we dream

with open eyes. Therefore, we cannot know everything.
Our experiences, little by little, we make them.

We bring breakfast: what is missing we will buy.
From our District, the bus trip is well organised.

My mother feels lost and we children will support her.
(Strange: a character who, independent, has always seemed …).

With the panoramic telescope on the large balcony
of the valley we see, in the distance, the mountain landscape,

houses, waters of Lago di Maggiore, on the location
between Italy and Switzerland the spectacular panorama of Lake Lugano.

The manager of the group informs about what to see.
There is a lot, but it seems that the open view,

stop at the Belvedere della Sighignola: of this Belvedere
the panorama is “a continuous discovery”.

The “Balcony of Italy”: in the old Lombardo-Veneto.
The Intelvese Fossil Museum: interesting.

Sanctuary of the Madonna of Loreto.
On the Italian shore of the brilliant blue Lago di Lugano,

stands Villa Fogazzaro: here, it overlooks
and “a small ancient world today” is considered .

Late afternoon: our “masnada” has returned,
my father was waiting for us and the day was told to him.

Laura

 

TURISTICAMENTE, LA REALTA’ NELLA POESIA: nell’Italia di altri tempi, nella Libia di Gheddafi, nella Tunisia di Bourghiba, nel Marocco di Re Hassan II, nella Russia di Eltsin, nella Grecia dopo i Colonnelli, …

  • Settembre 19, 2023 at 5:25 pm

 

SACRO MONTE DI VARESE

(Marzo 1962)

 

Io, i miei genitori e mio fratello compiamo una gita:

finalmente, evadiamo un po’ dalla solita vita.

 

Il bambino frequenta la scuola, io e i nostri genitori lavoriamo,

per cui, davvero occupatissimi, ci ritroviamo.

 

Mio padre ha già visto Sacro Monte e il suo Viale

delle 14 Cappelle, complesso con uniformità monumentale.

 

e desidera che ci porti a conseguire una buona conoscenza

di questo luogo sacro che ci dà accoglienza. 

 

Situato nel Parco “Campo dei Fiori”, è Santuario, rispettabile

meta di pellegrinaggio con clima aereo apprezzabile.

 

Le Cappelle sono dedicate ai Misteri del Rosario:

praticamente, è la quindicesima Cappella, tale Santuario.

 

Sacro Monte appartiene ai nove Sacri Monti prevalenti

delle Alpi, Patrimonio dell’Umanità: monti attraenti.

 

Artisti hanno lavorato qui: Guttuso, Legnani, Morazzone, …

Il borgo, il monastero, i due musei: tranquillità e istruzione.

 

Nata nel 1909, la funicolare viene ripristinata pochi anni fa,  

ma abbraccia la veduta del suo panorama che, a tutti, dà.

 

PARCO CAMPO DEI FIORI-SACROMONTE

(Estate 1972)

 

Questa volta, i turisti siamo io e mio marito

a cui mostro questo bellissimo sito.

 

All’ultimo minuto, ci porta là la nostra decisione:  

là dove vediamo le Tre Croci sul Monte, la cui adozione

 

viene pensata come riconoscimento e ricordo

delle Forze Armate e dei Caduti senza Croce, nel Mondo.

 

Un piccolo ristorante: nessun cliente e temperatura fresca.

E’ intitolato alla proprietaria, una signora tedesca,  

 

Poi, ci troviamo presso l’Osservatorio Astronomico Schiaparelli.  

Mio marito viaggia sempre con la cinepresa: trarrà documentari belli.    

 

Purtroppo, il tempo a nostra disposizione è tiranno,

ma le nostre conoscenze molte cose nuove sanno.

 

Laura 



 

 

SACRED MOUNT OF VARESE

(March 1962)    

 

Me, my parents and my brother go on a trip:  

finally, let’s escape a bit from the usual life.  

 

The child goes to school, my parents and I work,    

so, very busy, we meet again.  

 

My father has already seen Sacro Monte and its Viale  

of the 14 Chapels, complex with monumental uniformity.    

 

and he wants it to lead us to good knowledge  

of this sacred place that welcomes us.

Located in the “Campo dei Fiori” park, it is a respectable shrine  

pilgrimage destination with appreciable air climate.    

 

The Chapels are dedicated to the Mysteries of the Rosary:  

practically, it is the fifteenth Chapel, this Sanctuary.    

 

Sacro Monte belongs to the nine prevalent Sacri Monti    

of the Alps, a World Heritage Site: attractive mountains.    

 

Artists have worked here: Guttuso, Legnani, Morazzone, …    

The village, the monastery, the two museums: tranquility and education.  

 

Born in 1909, the funicular was restored a few years ago,    

but embrace the view of its panorama which, to all, it gives.

 

FIELD OF FLOWERS-SACROMONTE PARK

(Summer 1972)    

 

This time, the tourists are my husband and I    

to whom I show this beautiful site.    

 

At the last minute, our decision takes us there:  

there where we see the Three Crosses on the Mount, whose adoption    

 

it is thought of as acknowledgment and remembrance    

of the Armed Forces and of the Fallen without a Cross, in the World.  

 

A small restaurant: no customers and cool temperature.  

It is named after the owner, a German lady,    

 

Then, we find ourselves at the Schiaparelli Astronomical Observatory.  

My husband always travels with the camera: he will make beautiful documentaries.    

 

Unfortunately, the time available to us is running out,  

but our acquaintances know many new things.

 

Laura

TURANDOT di GIACOMO PUCCINI

  • Agosto 8, 2023 at 10:55 pm

 

Opera in 3 atti su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni (tratto da “Le Mille e un Giorno” di Carlo Gozzi) 

Musica di Giacomo Puccini (finale completato da Franco Alfano) 

Epoca di composizione: luglio 1920 – ottobre 1924

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala” di Milano, 25 aprile 1926  

Versioni successive: un nuovo finale dell’opera è stato composto da Luciano Berio (2001)

 

Personaggi:   

Turandot, principessa (soprano drammatico)
Altoum, suo padre, imperatore della Cina (tenore)
Timur, re tartaro spodestato (basso)
Calaf, il Principe Ignoto, suo figlio (tenore drammatico)
Liù, giovane schiava, guida di Timur (soprano lirico)
Ping, Gran Cancelliere (baritono)
Pang, Gran Provveditore (tenore)
Pong, Gran Cuciniere (tenore)
Un Mandarino (baritono)
Il Principe di Persia (tenore)
Il Boia (Pu-Tin-Pao) (comparsa)   

Guardie imperiali – Servi del boia – Ragazzi – Sacerdoti – Mandarini – Dignitari – Gli otto sapienti – Ancelle di Turandot – Soldati – Portabandiera – Ombre dei morti – Folla 

 

Interpreti della prima rappresentazione: 

Turandot (soprano) Rosa Raisa
L’Imperatore Altoum (tenore) Francesco Dominici
Timur (basso) Carlo Walter
Calaf (tenore) Miguel Fleta
Liù (soprano) Maria Zamboni
Ping , Gran Cancelliere (baritono) Giacomo Rimini
Pang, Gran Provveditore (tenore) Emilio Venturini
Pong, Gran Cuciniere (tenore) Giuseppe Nessi
Un Mandarino (baritono) Aristide Baracchi 

Direttore: Arturo Toscanini

 

Trama: 

Periodo storico: Al tempo delle favole.


Atto I

Un mandarino rende noto alla popolazione l’editto di Turandot che viene emanato quotidianamente, secondo il quale lei sposerà chi “di sangue regio” indovinerà i tre  quesiti alquanto difficili che lei stessa sottopone; chi non ruscirà a risolverli, subirà il taglio della testa al sorgere della luna.


Sotto le  mura della città proibita di Pechino, si ritrovano tre personaggi: sono identificati come Il Principe Ignoto, Timur (Il Re, suo padre) e Liù (la schiava – serva del vecchio re cieco, il cui figlio le aveva sorriso molto tempo prima, sostenendola a sopportare l’esilio per entrambi).  

A causa della confusione, Timur cade a terra, Liù chiede aiuto (“Il mio vecchio è caduto”), per cui Calaf interviene, riconoscendo il padre e abbracciandolo commosso.    


La folla delira perché vuole una nuova vittima del decreto di Turandot e si esalta maggiormente all’arrivo del boia, inneggiando alla Luna che è identificata quale simbolo mortale che personifica la purezza e la freddezza della Principessa Turandot e i fanciulli cantano una melodia che si ripete nello svolgimento dell’opera (“Là, sui monti dell’Est”), melodia che riguarda l’argomento del Mò-Lì-Hua, ossia il Fiore di Gelsomino: si tratta di una canzoncina cinese che viene intonata anche come ninna-nanna.    


Tale folla, però, non è solo aguzzina e diventa anche pietosa, per cui chiede di salvare il giovane condannato che sta passando: Il Principe di Persia. 

Il Principe Ignoto desidera fortemente vedere la crudele Turandot che biasima  ma, appena la principessa appare brevemente per avvalorare la condanna, rimane conquistato dalla sua bellezza, come impazzito, per cui è spinto ad affrontare la prova dei tre indovinelli: “O divina bellezza, o meraviglia!“ e per cui vuole suonare il gong per sfidare e conquistare Turandot, rischiando la vita.   

A nulla valgono le preghiere sarcastiche e le minacce buffe di tre maschere: i tre dignitari di corte Ping, Pong e Pang, lo trattano sarcasticamente per dissuaderlo, ma Calaf “non sente”.     

Liù teme per Calaf (“Signore, ascolta”) e gli si rivolge perché non attui il suo folle proposito, ma non riesce a dissuaderlo: lei non vuole perdere il sorriso che l’ha incantata. 

Lui la esorta:  “Non piangere, Liù”. Lo esprime in modo fermo, lucido e, soprattutto, dolce; le raccomanda il padre e si incammina incontro a quanto il Destino ha scritto per lui.   

 

Atto II

È notte.

Le tre maschere Ping, Pong e Pang riflettono in modo realistico che, con la loro carica di ministri del regno, sono obbligate a presenziare alle esecuzioni dei martiri di Turandot, ma opterebbero volentieri per la vita tranquilla nelle loro proprietà fuori Pechino, per cui si augurano che un vero amore ponga fine alla sete di sangue della principessa.      


Mentre si prepara la cerimonia degli enigmi, l’Imperatore Altoum implora Il Principe Ignoto di rinunciare, ma la cosa è vana. 

Quindi, davanti alla reggia, appare Turandot che, nella sua grande scena, dichiara a Calaf il suo comportamento: moltissimi anni prima (“or son mill’anni e mille”), dopo la caduta del regno, la sua ava Lou-Ling era stata rapita e uccisa da un principe straniero per cui, ora, vuole vendicarla del suo candore disonorato, a mezzo della sfida con i principi stranieri che “devono” risolvere i suoi enigmi, per cui la morte è  l’espiazione sanguinaria.      


Calaf li risolve correttamente: Turandot, incredula e disperata, implora il padre di difenderla verso lo straniero, ma l’imperatore e il coro le ricordano il giuramento che, sdegnosa, apostrofa il principe vincitore: “Mi vuoi nelle tue braccia a forza, riluttante, fremente?“. 

Calaf possiede la grandezza dell’eroe e consente a Turandot di non rispettare il voto per mezzo dell’unica possibilità di indovinare il suo nome prima dell’alba: se tale cosa avverrà, egli morirà come se l’esito della sua vittoria gli fosse sfavorevole.    


La sfida viene accettata, mentre si diffonde l’inno imperiale.

Atto III

È notte e aleggia il mistero.

Le guardie cercano minuziosamente nei giardini in cerca di informazioni e  gli araldi consegnano il nuovo ordine della principessa che impone che “Questa notte, nessuno dorma, in Pechino, pena la morte; il nome dell’ignoto sia segnalato prima del mattino!”.
Calaf è sicuro di vincere e canta la famosa aria “Nessun dorma”. 


Ping, Pong e Pang, gli comandano di arrendersi alla sfida, che si accontenti di avere vinto  gli enigmi e parta per non tornare mai più, ma egli rifiuta offerte di denaro, donne e gloria. Calaf ha vinto, ma vuole vincere anche sull’orgoglio e sull’odio interiore di Turandot. Vuole vincere il suo gelo interiore a causa di un crimine vecchissimo. E’ sicuro di vincere.     


Mentre aspetta l’alba, Calaf comincia a ritrovarsi in una specie di angoscia perché Liù e Timur che, poche ore prima, erano stati notati assieme a lui, vengono condotti in presenza di Turandot e dei  tre ministri. 

Liù, decisamente, afferma di essere l’unica a conoscere  il nome del principe Ignoto e, pur venendo torturata, non cede, per cui – di fronte a tanta stabilità morale – Turandot le chiede come possa sopportare una prova atroce. 

Liù risponde soavemente: “Principessa, l’Amore”.  

Nonostante la sua glacialità, Turandot rimane turbata, ma si controlla e ordina ai tre ministri di scoprire il nome dell’Ignoto: costi quel che costi.     


Liù, sa che non riuscirà a sopportare ancora per molto e, di sorpresa, strappa un pugnale ad una guardia e si uccide. 

Timur, cieco, non comprende l’accaduto e, quando Ping gli rivela la verità, abbraccia Liù, il cui corpo viene condotto via seguito dalla folla in preghiera.      


Turandot e Calaf restano soli e il principe è alterato verso la principessa, per avere causato troppo male provocato dalla sua rabbia: Turandot, un essere privo di sentimenti (“Principessa di Morte”), ma Calaf si fa riprendere dall’amore di cui non sa liberarsi.   

E’ respinto da Turandot che, poi, ammette che la prima volta che lo ha visto lo ha temuto, ma che ormai è schiava della passione, che li porta ad un bacio caloroso.    

Ma, essendo orgogliosa, implora Calaf di non umiliarla. Calaf le rivela il suo nome  e la sua vita è nelle mani di lei: Calaf, figlio di Timur. 

Il giorno dopo, una folla immensa è radunata davanti al palazzo imperiale e si odono gli squilli delle trombe. 

Turandot dichiara a tutti il nome dello straniero: ” Il suo nome è Amore”. 

Tra le grida di giubilo della folla la principessa si abbandona tra le braccia di Calaf.   

 

Brani celebri:      


Atto I  

Gira la cote! (coro del popolo e degli aiutanti del boia)  

Perché tarda la luna? Invocazione alla luna (coro)  Là sui monti dell’est (coro di ragazzini che invocano Turandot; melodia tratta dalla canzone folk cinese Mo-Li-Hua). 
Signore, ascolta!, romanza di Liù
Non piangere, Liù!, romanza di Calaf  Concertato finale

 

Atto II  

Olà Pang! Olà Pong!, terzetto delle maschere
In questa reggia, aria di Turandot
Straniero, ascolta!, scena degli enigmi


Atto III

Nessun dorma, romanza di Calaf
Tanto amore, segreto e inconfessato – Tu che di gel sei cinta, aria (in due parti) e morte di Liù
Liù, Liù sorgi…Liù bontà, Liù dolcezza, aria di Timur



Discografia e Incisioni note:

Gina Cigna, Magda Olivero, Francesco Merli, Luciano Neroni, Afro Poli  Franco Ghione Warner Fonit

Inge Borkh, Renata Tebaldi, Mario Del Monaco, Nicola Zaccaria, Fernando Corena       Alberto Erede   Decca Records     

Maria Callas, Elisabeth Schwarzkopf, Eugenio Fernandi, Nicola Zaccaria, Mario Borriello           Tullio Serafin            EMI Classics      

Birgit Nilsson, Renata Tebaldi, Jussi Björling, Giorgio Tozzi, Mario Sereni         Erich Leinsdorf RCA Victor     

Birgit Nilsson, Renata Scotto, Franco Corelli, Bonaldo Giaiotti, Guido Mazzini    Francesco Molinari Pradelli            EMI Classics    

Joan Sutherland, Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Nicolaj Ghiaurov, Tom Krause Zubin Mehta     Decca Records      

Montserrat Caballé, Mirella Freni, José Carreras, Paul Plishka, Vicente Sardinero         Alain Lombard EMI Classics    

Katia Ricciarelli, Barbara Hendricks, Plácido Domingo, Ruggero Raimondi, Gottfried Hornik     Herbert von Karajan Deutsche Grammophon      

Eva Marton, Margaret Price, Ben Heppner, Jan-Hendrik Rootering, Bruno de Simone   Roberto Abbado            RCA Victor

 

Registrazioni dal vivo:       

Birgit Nilsson, Anna Moffo, Franco Corelli, Bonaldo Giaiotti Leopold Stokowsky Metropolitan New York

Birgit Nilsson, Leontyne Price, Giuseppe Di Stefano, Nicola Zaccaria    Francesco Molinari Pradelli       Wiener Staatsoper

Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Roberto Scandiuzzi           Daniel Oren      Teatro Margherita

Giovanna Casolla, Katia Ricciarelli, Lando Bartolini, Sergio Fontana     Rico Saccani     Avenche, Arena – CASCAVELLE CD

Giovanna Casolla, Masako Deguci, Lando Bartolini, Francisco Heredia, Javier Mas, Vicenc Esteve            Alexander Rahbari        Malaga, 2001 – NAXOS CD

Maria Dragoni, Maria Luigia Borsi, Franco Farina           Keri Lynn Wilson          Teatro dei Quattromila, Torre del Lago Puccini

Maria Guleghina, Marina Poplavskaja, Marcello Giordani, Samuel Ramey         Andris Nelsons Metropolitan Opera House

 

DVD:        

Eva Marton, Katia Ricciarelli, José Carreras, John Paul Bogart  Lorin Maazel     TDK

Ghena Dimitrova, Cecilia Gasdia, Nicola Martinucci, Ivo Vinco  Maurizio Arena NVC Arts

Eva Marton, Leona Mitchell, Plácido Domingo, Paul Plishka       James Levine   Deutsche Grammophon

Giovanna Casolla, Barbara Frittoli, Sergej Larin, Carlo Colombara        Zubin Mehta     Warner Classics

Giovanna Casolla, Sandra Pacetti, Nicola Martinucci, Simon Yang         Carlo Palleschi  EMI

Maria Guleghina, Salvatore Licitra, Tamar Iveri, Luiz-Ottavio Faria        Giuliano Carella            Bel-Air Classiques

 



 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:
 

L’Opera, intesa come Buona Musica, non può cambiare, perché è sacrosanta, straordinaria, eterna; però, come tutto, ha subito cambiamenti attraverso il tempo.

I grandi compositori che vi si sono avvicendati si chiamano Mozart, Beethoven, Wagner, Strauss, Verdi, Puccini, Donizetti, Ciaikovskij, …

L’Italiano è stato la lingua dei libretti dell’Opera Lirica (nata in Italia) anche dei compositori stranieri che, in seguito, traducevano nella propria lingua (soprattutto, Mozart).  

Però, tale “potere di supremazia” si è ridotto, per cui i libretti vengono scritti in varie lingue.   


Puccini vuole migliorare e raggiungere un rinnovamento incisivo autorevole e rispettato, per cui così scrive: < Rinnovarsi o morire? L’armonia di oggi e l’orchestra non sono le stesse … io mi riprometto, … se trovo il soggetto di far sempre meglio nella via che ho preso, sicuro di non rimanere nella retroguardia >.  

Quindi, Turandot, soggetto fiabesco (cosa Insolita per lui)   E’   la sfida di Puccini verso sé stesso: decide che sarà la sua opera più rappresentativa e originale, con pagine vive e ricche di ispirazione.      

Puccini, uno dei più grandi operisti, da persona unica e riflessiva, affronta ogni suo lavoro emotivamente con un’applicazione, un interesse, un attaccamento e una cura come li hanno pochi: anzi, Puccini è un compositore ineguagliabile.

 
L’opera “un po’ allegorica” TURANDOT è una fiaba ma, contemporaneamente, contiene un dramma reale perché presenziano le uccisioni dei principi che non sanno risolvere i tre enigmi (fra cui, il Principe di Persia) e il suicidio di Liù. 

Infatti, fin dall’inizio dell’opera, nonostante le melodie esotiche e solenni ci introducano nella magica “epoca delle favole”, si percepiscono la potenza, la crudeltà, l’arcano, portando alla tristezza della tragedia. 

 

Nel I atto dell’opera Turandot di Puccini, la popolazione inneggia alla Luna che, da sempre, ha affascinato tutti attraverso il cielo, la Scienza e la Poesia: la luna ci ha sempre offerto fenomeni fantastici come la Luna Bianca, la Luna Rossa, la Luna Blu, la Luna Grande, l’eclissi.

E, sempre in Turandot, la storia d’amore inizia solo al termine dell’opera, ma è doveroso ricordare che, chi propone a Puccini di trarre un’opera da una fiaba, è il giornalista e scrittore teatrale veneziano Renato Simoni che punta alla capacità del lavoro di dimostrare la < inverosimile umanità del fiabesco >, lavoro per cui lo stesso Puccini è entusiasta e riesce a mettere in evidenza la grande tragicità di Turandot.    

Pur essendo un’opera-fiaba “allegorica”, trasmette l’esempio fermo della competizione attraverso il dualismo maschile-femminile, giorno-notte, vita-morte, …

Turandot e Calaf significano la “guerra” fra la donna e l’uomo, arrivando al “compromesso” dell’Amore. 

Oltre ad essere “l’opera del Mistero” e delle contraddizioni. 

Affascinante, senza dubbio, mentre provoca interrogativi e riflessioni in chi la segue mentalmente: gli enigmi e lo scoprire il nome del Principe Ignoto, l’adozione da parte di Turandot dei segni bianco e nero (positivo e negativo), Turandot e la sua personalità, l’Amore, il finale dell’opera; tutti misteri da chiarire. 

“Qui termina la rappresentazione perchè a questo punto il Maestro è morto”.

E’ il 25 aprile 1926.    

Chi pronuncia queste parole è Arturo Toscanini che appoggia la bacchetta e interrompe  lo svolgimento della prima rappresentazione di “Turandot” di Puccini perché il Maestro l’ha  composta completamente fino alla morte di Liù, la fanciulla che, portata a spalle fra le quinte, personifica uno dei personaggi-simbolo femminili  pucciniani.

Il finale di Alfano presenzia nelle rappresentazioni delle sere seguenti, ma la direzione è di Ettore Panizza perché  Toscanini non dirigerà mai più l’opera.

Puccini compone il coro funebre per Liù e, secondo qualcuno, raggiunge “il massimo splendore della sua musica”, ma non continua perché, secondo lui, l’opera è ultimata.

Però, dopo la morte del compositore, in effetti, Turandot ha due finali: Alfano I e Alfano II.   

Il secondo, in realtà, dovrebbe imputarsi a Toscanini, visti i suoi robusti interventi nelle parti da eseguire per terminare i passi dell’opera: questo breve finale si dirige velocemente verso il lieto fine che conclude l’opera; finale che abbiamo sempre ascoltato.     

Nel 2001, si ha un nuovo finale di Turandot per merito di Luciano Berio (1925 – 2003) che  ha cercato di scovare il più possibile lo spirito e le intenzioni originarie di Puccini dai suoi appunti, per cui, nel suo finale, il suo stile viene evidenziato.   

Non è da dimenticare la versione del 1988 (mai eseguita) della studiosa statunitense Janet Maguire.

Per alcuni studiosi, l’opera resta incompiuta per l’impossibilità psicologica di Puccini di spiegarsi la trasformazione finale della fredda e sanguinaria Turandot in una donna capace di nutrire amore: il “bolide luminoso” di Puccini doveva trasformare la principessa “da dea assetata di sangue a donna innamorata e umana”.

Turandot, UN CAPOLAVORO ARTISTICO E MUSICALE per cui  Puccini ha capito molto bene “La passione amorosa di Turandot che, per tanto tempo, ha soffocato sotto la cenere del suo grande orgoglio”.


E’ EVIDENTE CHE PUCCINI HA VOLUTO COMPIERE UN MIRACOLO PSICOLOGICO DI GRANDE VALORE. 

FORSE, HA PRECORSO UN PO’ LA FANTASCIENZA.   

 

Calaf: 

L’alba dissolve le tenebre: questo esempio rappresenta Calaf.      

Contrariamente alle altre sue opere, Puccini, qui, rende fortissimo il personaggio maschile attraverso il trionfo dell’Amore, il trionfo della Vita.  

Calaf è il simbolo dell’Amore sotto vari aspetti, soprattutto dell’Amore verso il Prossimo: addirittura, da vincitore e con signorilità, non vuole che Turandot sia obbligata a concedersi e le rivela il suo nome, rischiando di perdere la vita.    


Calaf vuole vincere l’orgoglio e l’odio della sadica principessa, vuole vincere il suo freddo scudo di autodifesa e continua anche dopo che Turandot, malvagiamente, lo nota “sbiancato dalla paura” e  prosegue, volendo provocare nella principessa il senso dell’amore e della vita sulle cose cattive.   

Non è tanto la ragione logica che lo guida, ma i suoi impulsi ed emozioni equilibrati, unitamente al sacrificio di Liù: “L’Amore è un valore intenso e un sapere”.     


Mentre aspetta l’alba, Calaf  vede trascinati, presso la principessa, suo padre Timur e Liù.  

Liù è coraggiosa e non volendo fare soffrire Timur, dichiara di essere la sola a conoscere il nome del Principe Ignoto e, nonostante la tortura, rimane ferma sul suo comportamento, suscitando la curiosità di Turandot che le chiede come possa superare tale prova tremenda e priva di speranza.     

Nasce, quindi, il paragone fra le personalità di Liù e Turandot che genera una specie di sfida fra la schiava remissiva e Turandot, non disposta a cedere e con un carattere insolito per un personaggio pucciniano: infatti, Puccini vuole “nuovi” personaggi per la sua musica “nuova”.   


Calaf viene circondato dalla folla, con in testa, i tre Ministri Ping-Pong-Pang che lo vogliono persuadere di lasciare perdere tutto e di salvarsi assieme a Timur e a Liù. 

Però, Calaf è un eroe nato e rifiuta tutto ciò che gli viene offerto, implorando l’alba per trionfare sulla freddezza di Turandot.  

 

Liù: 

Risulta evidente che Puccini, mago del canto intenso interiore, è attratto dai personaggi femminili giovani che rinunciano alla vita lasciandosi andare o suicidandosi per amore, destando nello spettatore commozione (in Psicologia, sicuramente, freddamente, sarebbero definiti paranoici o delusi depressi).   


Liù, pur essendo innamorata “lucida” fino alla follia, attraverso la romanza “Tu che di gel sei cinta da tanta fiamma avvinta, l’amerai anche tu”,  è consapevole che morirà perché la principessa si arrenderà al principe ignoto.    

Oltre all’amore sentimentale, Liù NON vuole vedere il suo principe amare un’altra e si uccide col pugnale sottratto velocemente ad una guardia, provocando stupore, commozione e pietà.    

Liù, piccola grande donna costruita sull’esempio sacrificale di Ciò-Ciò-San, è solo una piccola schiava, sottomessa e semplice, ma è coerente, dignitosa, decisa; rappresenta l’Amore purissimo: infatti, generosamente, muore affinché il suo principe possa essere felice amando un’altra.  


Non si trova sulla stessa altezza di Turandot ma, prima di uccidersi, si rivolge a Turandot come se fosse tale e, per pochi attimi, la sua personalità si trova effettivamente sullo stesso livello di quello della principessa: infatti, la distanza sociale e di temperamento sono come annullate.   

Anzi, più precisamente, per pochi istanti la personalità di Liù domina addirittura quella di Turandot, in quanto  il suo interiore è proprio di una persona che SA amare il Prossimo, a differenza di Turandot.   


Che Liù dia prova suprema, sacrificando la propria vita in presenza di Turandot, è lampante e lo dimostra riconoscendo che la forza del suo amore le viene attraverso “Tanto amore segreto, e inconfessato, grande così che questi strazi son dolcezze per me, perché ne faccio dono al mio Signore…”.   

Questo lascia la principessa smarrita perché non capisce come una umile schiava possa amare “l’uomo, il nemico del genere femminile”, fino a perdere la vita per lui (dopo la decisione presa già da tempo da Liù di esprimere che lei sola conosce il nome del Principe Ignoto).   

Non capisce visto che Liù non ha più speranza dal momento che Calaf ama Turandot: Turandot che dimentica che suo padre E’ UN UOMO e sua madre l’ha partorita GRAZIE AL SEME DI UN UOMO.     


Infatti, Liù, fanciulla dolce, umile, con abnegazione, essere umano ed eroina romantica, cede alla disperazione perché non vuole vedere la vittoria di Turandot e non sopporta di vedere il “suo” Principe fra le braccia di un’altra, per cui – nonostante lo voglia felice – preferisce morire: “Io chiudo stanca gli occhi perché egli vinca ancora… per non… per non vederlo piu!”.  
 


La sua morte contribuisce notevolmente al “disgelo” di Turandot: Il suo amore verso tutto e tutti rinasce in Turandot, come una reincarnazione.   
 


Ci si affeziona al personaggio di Liu’ perché LIU’ È IL SIMBOLO DELL’AMORE e DELLA BONTÀ.
 

 

Turandot: 

La luna rappresenta Turandot, la bellissima, arida, crudele e distruttriva Principessa: candida, idealmente distante, con la sensazione di freddezza.

E’ talmente bella che riesce ad illuminare tutto e tutti, pur rappresentando la Morte, l’Egoismo, il Narcisismo, la Superiorità  e la Pazzia.   

Turandot UCCIDE per reazione ad un forte TRAUMA: nella sua grande aria, Turandot rende noto che ha ideato i tre quesiti per i prìncipi che vorrebbero sposarla.

Il motivo è una conseguenza a quanto successo “or son mill’anni e mille” ad una sua ava, Lo-u-Ling, una principessa sovrana preda del Re dei Tartari e da lui violentata e uccisa. 

Il momento particolare è ripetuto ed evidenziato sulla sua morte per volere di un uomo, “simbolo del male” e, in particolare, sul grido dell’ava dove rivive il momento tragico. 

Per cui, la frustrata Turandot, esprimendo la sua inflessibilità, vendica quella morte e ammonisce il Principe Ignoto che, se non risolve i tre enigmi, morirà: “Gli enigmi sono tre, la morte è una!“.  

Ma il Principe Ignoto, idem inflessibile, risponde “Gli enigmi sono tre, uno è la vita!“.  

Qui, interiormente, volendo imporsi l’una sull’altro, il conflitto e la competizione dei due risultano forti.      


Il Principe Ignoto risolve esattamente gli enigmi, Turandot è vinta e “annaspa”, invocando l’aiuto di suo padre, l’Imperatore, per non essere data ad uno straniero.  

Le viene risposto che deve rispettare il giuramento: Turandot, adirata e arrogante, si scaglia contro il principe vincitore: “Mi vuoi nelle tue braccia a forza, riluttante, fremente?“. 

Il Principe Ignoto possiede una grande generosità d’animo che gli consiglia di rifiutare un’eventuale situazione, per cui sfida Turandot ad indovinare il suo nome prima dell’alba: in caso positivo per Turandot, egli morirà come se fosse stato sconfitto.

Turandot accetta e l’Imperatore è oggetto di plauso dalla folla. 


Compulsività di Turandot? 


Apro una parentesi per citare che si sono verificati casi, nella nostra società moderna, dove alcune persone se la prendono con chi non c’entra, ma solamente perché appartengono ad una categoria di esseri viventi: ad esempio, anni fa, una donna aveva fatto sesso con un uomo, in una stanza d’albergo, dopodiché – prima di andarsene e prima che l’uomo si svegliasse – ha scritto a mezzo di rossetto, sullo specchio: “Sono malata di AIDS”. 

Questo è stato un modo reattivo (sicuramente, compulsivo e seriale) di vendicarsi di un uomo che l’aveva fatta soffrire: chissà con quanti altri se l’è presa!    


Turandot è incuriosita dalla tenacia con cui Liù, socialmente inferiore a lei, sostiene la sfida di Calaf e, per la prima volta, tocca l’argomento Amore percependo che esiste un sentimento più forte della sua rabbia in corpo attraverso la risposta struggente della schiava che possiede un amore purissimo e sacrificale.    


Subito dopo la morte di Liù, durante il lamento funebre, Calaf, in preda al furore, quasi aggredisce Turandot e la costringe a vedere il sangue sparso da Liù, la costringe a scendere “sulla Terra” dal suo “tragico cielo” in cui si è “autoriparata”. 

Lei si sente spiazzata dal comportamento di Calaf, per cui gli fa presente la sua superiorità: “Che mai osi, straniero! Cosa umana non sono. Son la figlia del Cielo, libera e pura”. 

Ma il principe, subito, passa al bacio, “profanandola” e provocando la caduta della sua ritrosia che annulla  per sempre la parte avversa di Turandot: “Che è mai di me? Perduta!”.


Psicologicamente, “la nuova Turandot” nasce dalla liberazione dal suo odio e dal suo gelo emotivo attraverso la reazione positiva ai suoi sentimenti negativi e dalla morte di Liù che le parla e si uccide. 

Calaf riesce nel suo scopo unendo – psicologicamente – il comando alla sua gentilezza d’animo quando “lo scudo di autodifesa” di Turandot si allenta, constatando che “Il gelo tuo è menzogna!” perché è pronta alla conversione della nuova personalità-nuova nascita, per cui Calaf canta “Mio fiore mattutino …”.    


Psichicamente, Turandot è nata essere normale, ma un forte trauma l’ha trasformata in un mostro umano perché è complessa, è devastante, per cui rappresenta il Nulla. 


E’ un personaggio con la mente scura, ermetica per cui, da psicologicamente fragile e sbilanciata, per lei, l’amore è violenza e terrore, verso il quale prova rigetto e rifiuto interiori. 


Ma, attraverso il bacio di Calaf, il ghiaccio di Turandot viene sciolto: Calaf le rivela il proprio nome nel culmine intenso del momento, consegnando la sua vita a lei. 

Turandot rivela all’imperatore e alla folla che il nome dello straniero è Amore, sortendo l’effetto di una grande felicità.  

 

TURANDOT E’ UN PERSONAGGIO INTERESSANTE CHE INTRIGA MOLTO. 

 

Timur:

Vecchio re spodestato, senza più patria, costretto ad errare. 

Affezionato a Liù, ossia “i suoi occhi”, rimane addoloratissimo quando muore: “Apri gli occhi, Colomba”. 

Vivrà con Calaf, nella reggia, ma i suoi giorni saranno alquanto tristi senza la sua Colomba.


Battuto al computer da Lauretta




 

 

CORO DEL POPOLO E DEGLI AIUTANTI DEL BOIA, “GIRA LA COTE!”: 

.

ZUBIN MEHTA dirige il CORO “PERCHE’ TARDA LA LUNA?”:

.

CORO “LA’, SUI MONTI DELL’EST” (melodia tratta dalla canzone folk cinese Mo-Li-Hua): 

.

Il soprano ANNA NETREBKO canta “SIGNORE ASCOLTA”: 

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Il tenore FRANCO CORELLI canta “NON PIANGERE, LIU’”:   

.

Guido Mazzini (Ping) Franco Ricciardi (Pang) Piero de Palma (Pong) cantano il TERZETTO DEI MANDARINI, “HO UNA CASA NELL’HONAN”:

.

SECONDA PARTE DEL SECONDO ATTO con LA GRANDE ARIA DI TURANDOT (“IN QUESTA REGGIA”):

.

Il tenore MARIO DEL MONACO canta “NESSUN DORMA”: 

 .

Il soprano RENATA TEBALDI canta “TANTO AMORE SEGRETO E INCONFESSATO … TU CHE DI GEL SEI CINTA”: 

 

.

SCENA FINALE: 




IL TRITTICO PUCCINIANO: GIANNI SCHICCHI

  • Agosto 8, 2023 at 6:19 pm

Gianni Schicchi è un’opera comica in un atto di Giacomo Puccini, su libretto di Giovacchino Forzano (avvocato-giornalista-drammaturgo-regista-librettista) basato su un episodio del Canto XXX dell’Inferno della “Divina Commedia” di Dante.

E’ la terza opera appartenente al “Trittico”.

Prima rappresentazione: Teatro “Metropolitan” di New York, 14 dicembre 1918.

Prima rappresentazione italiana: Teatro “Costanzi”, Roma: 11 gennaio 1919.

 

Personaggi:

Gianni Schicchi, 50 anni (baritono)
Lauretta, sua figlia, 21 anni (soprano)
Zita detta “La Vecchia”, cugina di Buoso, 60 anni (contralto)
Rinuccio, nipote di Zita, 24 anni (tenore)
Gherardo, nipote di Buoso, 40 anni (tenore)
Nella, sua moglie, 34 anni (soprano)
Gherardino, loro figlio, 7 anni (soprano)
Betto Di Signa, cognato di Buoso, povero e malvestito, età indefinibile (basso)
Simone, cugino di Buoso, 70 anni (basso)
Marco, suo figlio, 45 anni (baritono)
La Ciesca, moglie di Marco, 38 anni (mezzosoprano)
Maestro Spinelloccio, medico (basso)
Messer Amantio Di Nicolao, notaro (baritono)
Pinellino, calzolaio (basso)
Guccio, tintore (basso) 


Personaggi e interpreti principali della prima rappresentazione, a New York: 

Gianni Schicchi (baritono) Giuseppe De Luca
Rinuccio (tenore) Giulio Crimi
Lauretta (soprano) Florence Easton
Gherardo (tenore) Angelo Badà
Zita (mezzosoprano) Kathleen Howard

 

Segnalazione della collocazione nel repertorio: 

Nel Trittico, nonostante Puccini decida che le tre opere vengano sempre rappresentate assieme e mai con  altre, da subito, Gianni Schicchi miete il maggiore successo, specialmente venendo rappresentata con opere come “Una tragedia fiorentina” di Alexander von Zemlinsky o “Alfred, Alfred” di Franco Donatoni.

 

Trama: 

Epoca storica: 1299.


Buoso Donati, è deceduto e, nella sua vita di mercante, ha accumulato ricchezze. 

I suoi parenti NON vogliono perdere tale capitale: infatti, Buoso lascia suo erede il vicino Convento di frati di Santa Reparata, ignorando i parenti che chiamano Gianni Schicchi, fornito di arguzia e intuizione, affinché li salvi, nella circostanza.    

La famiglia Donati, famiglia aristocratica fiorentina, si è sempre mostrata altezzosa verso di lui, uomo della <gente nova> (ossia, “un arricchito”) per cui, subito Schicchi rifiuta di dare il suo aiuto.   

Sua figlia Lauretta, è innamorata di Rinuccio, il giovane nipote di Buoso Donati e, nella romanza «O mio babbino caro», lo prega di ripensarci e di trovare una soluzione. 


Nessuno sa che Buoso è deceduto, per cui Gianni Schicchi fa trasportare la salma nella camera confinante, dopodiché lui si infilerà nel letto, imiterà la voce di Buoso e detterà il falso testamento al notaio che giungerà, là. 

Per “regolarità”, Schicchi fa presente ai parenti di Donati che rispetterà le aspirazioni di ognuno però ricorda l’inflessibilità della legge, che condanna all’esilio e al taglio della mano <chi fa sostituzione di persona in testamenti e lasciti, compresi i suoi complici >:

 «Addio Firenze, addio cielo divino
io ti saluto con questo moncherino
e vo randagio come un Ghibellino»


Schicchi lascia al notaio gli ultimi propositi e, una volta dichiarato di lasciare i beni più preziosi (ossia, “la migliore mula di Toscana, l’ambita casa di Firenze e i mulini di Signa” al suo “caro, devoto, affezionato amico Gianni Schicchi”), i parenti protestano urlando rabbiosamente. 

Per cui Schicchi li zittisce canticchiando il “motivo dell’esilio”, agitando la mano a mo’ di moncherino e li caccia dalla casa, ormai sua. 


Sul terrazzino, Lauretta e Rinuccio si abbracciano e ammirano lo scenario, ricordando l’inizio del loro amore. 

Gianni Schicchi sorridendo gradisce con attenzione la loro felicità, soddisfatto dalla sua stessa sottigliezza. 

 

Incisioni più note con: 

José van Dam, Angela Gheorghiu, Roberto Alagna
Juan Pons, Cecilia Gasdia, Jurij Marusin
Alberto Mastromarino, Amarilli Nizza, Andrea Giovanni
Leo Nucci, Nino Machaidze, Vittorio Grigolo 

 

Brani famosi: 

Firenze è come un albero fiorito (Rinuccio)
O mio babbino caro (Lauretta)
Ah! che zucconi! (Gianni Schicchi)
Addio, Firenze, addio cielo divino … (Gianni Schicchi)
Lauretta mia, saremo sempre qui (duetto finale Rinuccio-Lauretta)
Ditemi voi, signori, se i soldi di Buoso potevano finire meglio di così … (Gianni Schicchi, finale). 

 

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Unica opera comica di Puccini – con melodie molto orecchiabili – è anche quella che desta maggiore simpatia, nel “Trittico”.

Il capitale di Buoso Donati è destinato al Convento dei Frati di Santa Reparata che, unicamente per informazione – odiernamente – si festeggia l’8 di ottobre.

Però, i parenti NON intendono perdere tale capitale e, da bravi rapaci, si muovono per trovare una soluzione che li accontenti assieme al loro disprezzo verso il merito della vita e il dramma luttuoso della morte.

Il nipote Rinuccio, interessato ad avere la sua parte per potere sposare Lauretta Schicchi, convince tutti i presenti dell’aiuto che lo stesso Gianni Schicchi può dar loro, esprimendo un inno a Firenze, Culla dell’Arte, e alle zone circostanti che sono vere bellezze della Natura: “Avete torto! … Firenze è come un albero fiorito …”. 

Gianni Schicchi rifiuta; Lauretta e Rinuccio sono delusi e disperati per non potersi sposare al Calendimaggio.

Ma la donna, in genere, è capace di essere scaltra, per cui – psicologicamente – Lauretta attua il “ricatto morale” al padre: “O mio babbino caro …”.  

Idem, psicologicamente, a questo punto, Schicchi accetta di risolvere il problema; risoluzione che diventerà una vera beffa rivolta agli eredi del Donati.

Per cui, Schicchi è condannato da Dante nella bolgia dei falsari per “falsificazione di persona”, ossia per aver imbrogliato gli altri prendendo il posto di Buoso Donati, il Vecchio. 

Infatti, quest’opera è tratta dal canto XXX dell’Inferno dove si racconta del protagonista, inserito da Dante nella bolgia dei falsari:

“E l’Aretin che rimase, tremando/ mi disse: ”< Quel folletto è Gianni Schicchi/ e va rabbioso altrui così conciando … Questa a peccar con esso così venne,/falsificando sé in altrui forma, come l’altro che là sen va, sostenne,/per guadagnar la donna de la torma,/falsificare in sé Buoso Donati,/testando e dando al testamento norma

(E Griffolino d’Arezzo, unico rimasto, tutto tremante, mi disse: “Quello spirito furioso è Gianni Schicchi, e va in giro così arrabbiato conciando in tal modo gli altri”…ella arrivò a commettere atti peccaminosi con lui, camuffandosi in un’altra donna, come fece anche l’altro, Gianni Schicchi, che se ne fugge da quella parte, che osò, per riuscire ad ottenere la più bella cavalla della mandria, fingere di essere Buoso Donati, dettando le norme al notaio e rendendo così legale il testamento”) >.


Molto bello il finale di Gianni Schicchi, dove il protagonista respira di sollievo perché “la masnada” se ne è andata, finalmente, mentre Rinuccio e Lauretta rivedono “la Firenze d’oro” e “la Fiesole bella” seguiti dallo sguardo di Schicchi lieto della loro felicità a cui ha contribuito notevolmente, per cui evidenzia di essere stato “cacciato” all’Inferno: “E così sia”. 

 … e continua nella sua riflessione-constatazione: “Ma con licenza del gran padre Dante, se stasera vi siete divertiti, concedetemi voi l’attenuante”.


Già: per Puccini, la terza cosa importante era proprio quella di fare ridere il pubblico.



Battuto al computer da Lauretta








 

VIDEO DELL’OPERA COMPLETA (edizione anno 1983) diretta da BRUNO BARTOLETTI presso il MAGGIO MUSICALE FIORENTINO.


Cantano:

Gianni Schicchi: Rolando Panerai
Lauretta: Cecilia Gasdia
Zita: Anna Di Stasio
Rinuccio: Alberto Cupido
Betto di Signa: Leonardo Monreale
Simone: Italo Tajo
Amantio di Nicolao:  Franco Calabrese


IL TRITTICO PUCCINIANO: SUOR ANGELICA

  • Agosto 8, 2023 at 5:11 pm

Opera in 1 atto su Libretto di Giovacchino Forzano, musica di Giacomo Puccini

Prima rappresentazione: Teatro “Metropolitan”, New York, 14 dicembre 1918 

Prima rappresentazione italiana: Teatro “Costanzi”, Roma, 11 gennaio 1919, diretta da Gino Marinuzzi, con Gilda Dalla Rizza alla presenza del compositore che ha aggiunto l’aria “Senza mamma” che, in seguito, diverrà famosa.

 


Personaggi: 

Suor Angelica (soprano)
La zia principessa (contralto)
La badessa (mezzosoprano)
La suora zelatrice (mezzosoprano)
La maestra delle novizie (mezzosoprano)
Suor Genovieffa (soprano)
Suor Osmina (soprano)
Suor Dolcina (soprano)
La suora infermiera (mezzosoprano)
Le cercatrici (soprani, coro)
Le novizie (soprani, coro)
Le converse (soprano e mezzosoprano, coro)
Coro interno di donne, ragazzi e uomini

Seconda opera appartenente al “Trittico”, le interpreti della prima rappresentazione sono Geraldine Farrar, Flora Perini e Minnie Egener.

E’ composta solo da personaggi femminili, mentre le voci maschili si odono solo alla fine, nel coro di angeli che portano suor Angelica in Cielo.

Fra le tre opere che compongono il Trittico, è la preferita da Puccini.


Il 1º maggio 1917, a mezzo di lettera, Puccini scrive a Pietro Panichelli (un frate domenicano, suo amico) che – dopo averlo aiutato per le capacità religiose dei suoni di “Tosca” – lo potrebbe aiutare anche qui: «Scrivo un’opera claustrale o monacale. Mi occorrono dunque diverse parole latine ad hoc. La mia scienza non arriva fino… al cielo vostro». 


Puccini è molto legato alla sorella Iginia, la quale è Madre Superiora nel Convento delle Monache Agostiniane della frazione di Vicopelago di Lucca.
 

Lì, Puccini esegue l’opera al pianoforte facendola ascoltare a lei e alle monache, che provano una viva commozione.   

Per scrivere quest’opera, Puccini si avvale dell’aiuto della sorella che lo porta a conoscenza di come si svolge la vita nel convento; conoscenza che riporta fedelmente in questo suo lavoro tutto femminile.

 

Trama: 

Monastero presso Siena: fine del 1600. 

Suor Angelica conduce la vita monastica da sette anni: la sua famiglia aristocratica gliel’ha imposta a causa dell’avere commesso un “peccato d’amore”. 

Il bambino – appena nato – le viene strappato forzatamente e muore dopo cinque anni, ma Angelica non lo sa ancora.


La zia principessa, persona molto fredda e lontana, arriva in parlatorio per comunicare ad Angelica che NON l’ha raggiunta allo scopo di “perdonarla”, ma per pretendere la rinuncia della sua parte patrimoniale per darla in dote alla sorella minore Anna Viola che si sposerà abbastanza presto. 

Angelica ricorda la sua vita passata e, con l’occasione, si rivolge alla zia chiedendo notizie del suo bambino in modo persistente.  

Anaffettivamente, la zia le annuncia che, da oltre due anni, il piccolo è morto, a causa di una malattia seria. 

Angelica tracolla a terra, mentre la vecchia zia, ipocritamente, rende nota una preghiera silenziosa, e si allontana dopo poco che ha ottenuto la firma di rinuncia, mentre, nella suora disperata, si consolida il conseguenziale desiderio acuto e folle di raggiungere il suo bambino, per essere con lui, per sempre, nella morte.  


Per cui, durante la notte, Suor Angelica, esperta in erboristeria, si reca nell’orto del monastero dove raccoglie le erbe per preparare una bevanda letale.

Ne beve pochi sorsi, dopodiché è assalita dal terrore perché si rende conto di essere in peccato mortale, per cui si rivolge alla Vergine affinché le mostri un segno di grazia.

Il miracolo avviene: appare la Madonna che incoraggia il bambino ad andare fra le braccia stese della povera mamma in fin di vita che emette l’ultimo respiro. 

 

Brani celebri: 

Ave Maria (coro)
Il principe Gualtiero vostro padre … Nel silenzio di quei raccoglimenti (duetto tra la Zia Principessa e Suor Angelica)
Senza mamma (romanza di Suor Angelica)
Ah, son dannata! (finale) 

 

Incisioni più note con: 

Victoria de Los Ángeles, Renata Tebaldi, Katia Ricciarelli, Renata Scotto, Joan Sutherland, Lucia Popp, Mirella Freni, Amarilli Nizza, Barbara Frittoli.

 




LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Dei tre atti unici del “Trittico”, Puccini ama “Suor Angelica” più degli altri due perché riguarda il particolare tipo di Amore della protagonista, ossia il grande sentimento di rinuncia e di sacrificio. 

La caratteristica di Suor Angelica è di essere differente dalle altre protagoniste pucciniane che amano colpevolmente, altruisticamente o illusoriamente, ma riescono a gestire la propria vita. 

Però lei E’ COSTRETTA a NON amare perché NON le è permesso, dal momento che è segregata in convento dove espia la “COLPA” commessa alcuni anni prima Per Avere Amato Veramente. 


Purtroppo, secondo le regole dell’epoca, la donna era trattata come un oggetto e punita, NON tenendo conto del suo valore di DONNA sotto tanti aspetti: rischiare la propria vita per crearne un’altra, prendere su di sé il fardello della famiglia, …

Il dolore di Suor Angelica è il dolore di una giovane madre che ha perso il suo bambino da ben due anni e non sa niente perché la zia Principessa “comanda”, “dispone”.  

Infatti, la zia Principessa non è empatica e ha il grande desiderio di “risolvere la rinuncia ai beni” da parte di Angelica in favore della sorella Anna Viola: usanze del tempo, d’accordo, ma che definiscono UNA GRAVE OFFESA ALLA DIGNITA’ PERSONALE di Angelica e, chiaramente – di riflesso – della DONNA, in genere. 

Oggi, si può sporgere denuncia per avere la tutela da parte della Legge, per fortuna.


Tornando ad Angelica: CHI la tiene in vita è la sua personalità materna con il relativo istinto-amore, fino allo scattare della “molla” che – a causa di quanto le viene rivelato dalla zia Principessa – la fa riflettere sulla fine del suo bambino e le fa scatenare la decisione di raggiungerlo, in Paradiso. 


Infatti, poco prima di morire, la straziata Angelica ha l’esaltazione mistica secondo la quale si esprime così:  


. La grazia è discesa, dal cielo – già tutta già tutta m’accende – Risplende! Risplende! Risplende!

. . . . .

. Addio, buone sorelle, addio, addio! – Io vi lascio per sempre. – M’ha chiamata mio figlio!

. . . . .

. Addio, chiesetta! In te quanto ho pregato! – Buona accoglievi preghiere e pianti. – È discesa la grazia benedetta! – Muoio per lui e in ciel lo rivedrò!

 

 Angelica NON E’ UNA PERDENTE perché vivrà sempre col suo bambino.

Opera davvero delicata, possiede l’intermezzo che, assieme a quello di Manon Lescaut, si trova fra i più belli composti da Giacomo Puccini.


Battuto al computer da Lauretta



Il soprano JOAN SUTHERLAND canta “AVE MARIA e CORO”:

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Il soprano RENATA TEBALDI e il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO cantano il duetto “IL PRINCIPE GUALTIERO, VOSTRO PADRE … NEL SILENZIO DI QUEI RACCOGLIMENTI”:   

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HERBERT VON KARAJAN dirige l’INTERMEZZO:

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Il soprano RENATA TEBALDI canta “SENZA MAMMA”:

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Il soprano MIRELLA FRENI e coro cantano “AH! SON DANNATA” e FINALE: 

   

IL TRITTICO PUCCINIANO: IL TABARRO

  • Agosto 8, 2023 at 2:30 pm

Opera in 1 atto su libretto di Giuseppe Adami (tratto da “La houppelande” di Didier Gold), musica di Giacomo Puccini  

Prima rappresentazione: Teatro “Metropolitan”, New York, 14 dicembre 1918

Prima rappresentazione italiana: Teatro “Costanzi” di Roma, 11 gennaio 1919

Personaggi: 

Michele, padrone del barcone, 50 anni (baritono)
Luigi, scaricatore, 20 anni (tenore)
Il “Tinca”, scaricatore, 35 anni (tenore)
Il “Talpa”, scaricatore, 55 anni (basso)
Giorgetta, moglie di Michele, 25 anni (soprano)
La Frugola, moglie del “Talpa”, 50 anni (mezzosoprano)
Un venditore di canzonette (tenore)
Due amanti (soprano, tenore)
Scaricatori, Midinettes (coro)

Prima opera appartenente al “Trittico”, gli interpreti della prima rappresentazione sono il tenore Giulio Crimi nel ruolo di Luigi, Claudia Muzio come Giorgetta, Luigi Montesanto come Michele ed Angelo Badà come Tinca.

«Tutto è conteso, tutto ci è rapito.
La giornata è già buia alla mattina!
Hai ben ragione: meglio non pensare,
piegare il capo ed incurvar la schiena»
(Luigi) 

 

Trama: 

Epoca: 1910 circa, nei bassifondi di Parigi. 


Il tema che apre l’opera è associato alla Senna. 

Lo scenario vede scaricatori e popolane che vivono in riva al fiume. 

L’opera è verista, e la musica è seriamente drammatica, con assenza di melodie orecchiabili.

E’ la più scura delle opere di Puccini e, psicologicamente, si basa sulla dimensione temporale che interessa il fiume che scorre, il passare del tempo, le immagini del tramonto e l’autunno.

Presso la riva della Senna, è ormeggiato il vecchio barcone di Michele, il marito di Giorgetta, donna più giovane di lui di venticinque anni. 

Michele intuisce che il suo legame matrimoniale sta traballando e sospetta che la moglie, attraverso il suo comportamento sempre più inquieto e scostante, lo inganni con un altro uomo. 

Michele ha ragione: Giorgetta corrisponde le attenzioni di Luigi, uno scaricatore giovane di vent’anni che la raggiunge, però, ogni sera ad opera del segnale di un fiammifero acceso, nell’oscurità.  

Giorgetta dice: “Io capisco una musica sola: quella che fa danzare”, ed è la stessa musica che apre il suo appassionato duetto d’amore con Luigi. 

A poco a poco, Michele si disillude, ma non si arrende e stimola la moglie per ridestarle l’antica passione.  Le ricorda il loro bimbo vissuto troppo poco, quando si amavano: erano felici quando Giorgetta e il bambino cercavano rifugio nel suo tabarro. 

Michele prova a stringerla fra le braccia, ma Giorgetta – adducendo una scusa – si ritrae e torna nella sua stanza, aspettando che il marito si assopisca: quindi, lei incontrerà Luigi. 

Ma Michele NON scende nella stanza del barcone, preso a domandarsi chi possa essere il suo rivale, preda del desiderio della vendetta e si accende la pipa.  

Credendo che il segnale luminoso sia del fiammifero di Giorgetta, Luigi sale silenziosamente nel barcone, credendo di trovarci Giorgetta, ma Michele gli è sopra, l’immobilizza e con un urlo lo riconosce; poi lo afferra per la gola, lo obbliga a confessare il suo sentimento e lo strangola.   
Dopodiché, avvolge il corpo nel tabarro. 

Giorgetta torna in coperta a causa di un presentimento, ma Michele – che aveva agito trasportato dall’ira – apre il tabarro lasciando cadere il corpo esanime di Luigi.

 

Brani famosi: 

Hai ben ragione! meglio non pensare (“tirata” di Luigi)
È ben altro il mio sogno (romanza di Giorgetta)
Nulla! Silenzio! (romanza di Michele, nella prima versione: Scorri, fiume eterno)

 

Incisioni più note con: 

Tito Gobbi, Margaret Mas, Giacinto Prandelli.
Robert Merrill, Renata Tebaldi, Mario Del Monaco.
Sherrill Milnes, Leontyne Price, Plácido Domingo.
Ingvar Wixell, Renata Scotto, Plácido Domingo.
Juan Pons, Mirella Freni, Giuseppe Giacomini.
Piero Cappuccilli, Sylvia Sass, Nicola Martinucci.
Juan Pons, Stephanie Friede, José Cura.
Alberto Mastromarino, Amarilli Nizza, Rubens Pelizzari. 

 

 

 


LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Probabilmente, Puccini ama la Francia, in particolare, Parigi: “La bohème”, “Il Tabarro”; “Manon Lescaut”, “La Rondine” (fuori Parigi), mentre il porto dal quale Manon salpa è Le Havre, nella parte Nord di tale Stato).

Per Puccini, l’ambiente è il vero protagonista; il suo interesse è la situazione psicologica che il fiume crea sui personaggi: “Quello che mi interessa è che la signora Senna mi diventi la vera protagonista del dramma“.

Il Tabarro: è un’opera attuale, non molto orecchiabile, tenebrosa, con cose negative che succedono nella vita, ha una vicenda violenta che può essere presente anche ai giorni nostri, nonostante la “fortuna” economica (“boom”) della seconda metà del 1900 che ha dominato la società umana.

Opera “scura”: sicuramente, la più scura musicata da Puccini, al contrario di Butterfly, Turandot, La bohème, …. 

Disperazione, carenza finanziaria, miseria e stanchezza morale: quest’opera potrebbe sembrare una specie di denuncia al potere autoritario per mezzo di un’eventuale immagine della corrente politica della Sinistra vista da parecchi; infatti, la vita di tutti questi uomini è tormentata.

Si tratta di povera gente frustrata, triste che può essere capace di buoni sentimenti, ma che è insoddisfatta, per cui si aggrappa alla “consolazione” alcolica per “dimenticare”, per avere una specie di “gratificazione morale”, ossia uscire dalla solita vita piena di guai, preoccupazioni.
Situazioni, specialmente, provocate, a loro volta, da situazioni infelici e da individui psicopatici narcisisti o affetti da disturbo paranoide di personalità, … 

Osservano regole legali obsolete, mentre vige la vittoria del più forte, senza tenere conto delle ragioni dei più deboli, a differenza della nostra epoca, in cui, ai problemi morali, si ovvia attraverso la terribile droga perché si è approfittato troppo dei Diritti.  


Il Tabarro: un’opera a cui Puccini ha prestato molta attenzione, possedendo una certa sensibilità verso la 
sofferenza umana. 

Sensibilità, la sua, che è quasi di tipo femminile: presente verso tutti, la si nota anche in altre opere come Manon-Des Grieux, La bohème, (tutti: IV atto, in particolare), Tosca (Tosca-Cavaradossi), Madama Butterfly (Cio-Cio-San), Suor Angelica (Angelica), Turandot (Liu’), La fanciulla del West (Minnie), La Rondine (Magda e Ruggero).

All’inizio dell’opera, si odono le voci degli scaricatori che lavorano e che, poi, riceveranno il vino offerto da Giorgetta.

A quel tempo, i Sindacati non avevano ancora sviluppato la loro forza attraverso l’adesione della Classe Lavoratrice e il brindisi degli scaricatori evidenzia lo stato emotivo non allegro dei personaggi.

Per Il Tinca, infatti: “in questo vino affogo i tristi pensieri”. – Ossia, per lui, il vino, “è l’ultima spiaggia”.  

Un organetto stonato accompagna gli scaricatori che ballano: loro “si divertono così”, da povera gente. 

 

Michele: 

Il barcone di Michele è quello tipico francese come ce ne sono stati tanti: vecchio modello, ma caratteristico. 

Michele dovrebbe essere l’unico che “sta bene,” economicamente, ma è tormentato a causa della morte del figlioletto e del sospetto tradimento della moglie, oltre dall’ambiente generale non sereno.
(Chiaramente, non si rende conto che la differenza d’età fra lui e Giorgetta può incrinare i buoni rapporti: oggi, sarebbe criticato come “pseudo-pedofilo”).

L’epilogo di quest’opera è l’omicidio-dramma della gelosia generato dal tradimento di Giorgetta verso il marito: l’assassino-Michele ha la vita peggiorata e si ritroverà solo ad affrontare i suoi guai giudiziari.

 

Giorgetta: 

Giorgetta: sposata a Michele, un uomo che potrebbe essere suo padre, si ritrova fra le braccia di Luigi, un uomo più giovane di lei di cinque anni, e presso il quale cerca soddisfazione sessuale.

Luigi, dipendente da lei, forse, soffre di dipendenza mammista-mammona (oppure sessuale), mettendo in pratica, inconsciamente, il “complesso di Edipo”. 

Riguardo al futuro con Giorgetta: il loro è solo puro fantasticare, senza sicurezza.

Con la Frugola, Giorgetta canta richiamando alla mente qualcosa che allontana dalla concretezza, mentre la Frugola sostiene che l’attesa della morte porta serenità (“e aspettar così la morte, c’è rimedio ad ogni male”): è una sua filosofia personale.

Giorgetta ricorda il periodo bello ed importante della sua vita trascorso nel quartiere di Belleville: Puccini entusiasma in modo armonioso sentimentale, caloroso, travolgente attraverso la melodia più bella di tutta l’opera perché questo ricordo dà sicurezza alla donna, in quanto rifugio mentale spensierato, contrariamente all’ossessione dovuta alla paura di venire scoperti, lei e Luigi.

Poco dopo, si ritrova con Luigi, ossia con “l’evasione-via di fuga” senza sentimento celeste interiore e ricorda la canzone della Frugola: “La liberazione che arriverà”. 

 

Luigi: 

Mentre il Tinca brinda, Luigi esprime brevemente che il dolore e l’inferno che vivono tutti i giorni sulla Terra, brevissima serenità nessuna salvezza: “Hai ben ragione”, ossia il suo inno alla disperazione, “…per noi la vita non ha più valore ed ogni gioia si converte in pena…l’ora dell’amore va rubata…va rubata tra spasimi e paure…tutto è conteso tutto ci è rapito…la giornata è già buia alla mattina”. 

Tali parole sono significative. 

La risposta gli arriva dal Tinca che lo incoraggia a bere.  

 

Il Tinca: 

Nella scena del brindisi vediamo che Il Tinca “risolve” col vino e suggerisce a Luigi di bere per ovviare alla tristezza e all’insoddisfazione. 

 

La Frugola: 

La Frugola è la moglie del Tinca, secondo la quale, “tutto ha la misura di un momento” ma, per lei, donna dall’umore triste, tutto è monotono: rivede la Senna, lo scarico e – chiaramente – le torna la depressione. 

La Frugola che mostra il suo pettine e i suoi oggetti in modo frenetico e delirante, che parla del suo gatto e le cose che raccatta, parlando di morte come “la liberazione che arriverà” (sorta di filosofia): il suo modo di pensare è dovuto all’educazione ricevuta nell’ambiente in cui è vissuta, ossia la famiglia e il fuori famiglia …

Opera verista tarda, da parte di un Puccini diverso dalle sue solite melodie orecchiabili, che intriga e affascina per via del suo dramma di violenza e morte: una storia cruda. 

IL TABARRO è un’opera-capolavoro di umanità e Psicologia, ambientato nella società umana del 1910, ma sempre fortemente attuale: oggi, sono cambiate alcune cose, ma la Storia si ripete attraverso gli eventi. 

E’ naturale provare sensibilità e solidarietà verso i personaggi-povera gente.


La musica, sin dall’inizio, è teatrale ed esprime l’anima dei personaggi dell’opera: si deduce chiaramente che il non più romantico-ma realista Puccini sfrutta la Psicanalisi che si afferma nel periodo di composizione de “Il Tabarro”; cosa che influisce sul teatro lirico e sull’interiorità dei personaggi, evidenziando le sensazioni, gli stati d’animo che rasentano “il nevrotico” e “lo psicotico, l’alienato”, specialmente dopo qualcosa di inguaribile che viene creato nel modo di vivere durante il Primo Conflitto Mondiale.  


E’ importante notare che, sotto l’aspetto psicologico, in quest’opera in un solo atto, si nota lo sconvolgente e straziato ritratto dell’uomo odierno ed evoluto, con le sue paure e le sue psicosi che causano alterazioni nella percezione o nell’interpretazione della realtà: cose che lo fanno sentire prigioniero di un nemico invisibile. 


Puccini, qui, precorre i tempi.

Puccini: un uomo sottile e molto profondo che SA TRASMETTERE.


Battuto al computer da Lauretta










Il tenore JONAS KAUFMANN canta HAI BEN RAGIONE!” MEGLIO NON PENSARE”:  https://youtu.be/YWPUBD4wH9A

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Il soprano MIRELLA FRENI e il tenore GIUSEPPE GIACOMINI cantano “È BEN ALTRO IL MIO SOGNO”:  https://youtu.be/qzIde7YR7Ho

 

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Il baritono PIERO CAPPUCCILI canta la romanza di Michele “NULLA! SILENZIO!” (nella prima versione, era “Scorri, fiume eterno”) :




LA TRILOGIA POPOLARE VERDIANA: LA TRAVIATA

  • Agosto 7, 2023 at 11:09 pm

 

Opera in tre atti e quattro quadri su libretto di Francesco Maria Piave tratto da “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas figlio, che lo stesso autore ha tratto dal suo precedente omonimo romanzo. 

Prima rappresentazione: Teatro “La Fenice” di Venezia, 6 marzo 1853

Esito: insuccesso.

 

Personaggi:

Violetta Valéry (soprano)
Flora Bervoix, sua amica (mezzosoprano)
Annina, serva di Violetta (soprano)
Alfredo Germont (tenore)
Giorgio Germont, suo padre (baritono)
Gastone, Visconte di Létorières (tenore)
Il barone Douphol (baritono)
Il marchese d’Obigny (basso)
Il dottor Grenvil (basso)
Giuseppe, servo di Violetta (tenore)
Un domestico di Flora (basso)
Un commissionario (basso)   

Servi e signori amici di Violetta e Flora, piccadori e mattadori, zingare, servi di Violetta e Flora, maschere

 

Trama: 

Atto I

La casa di Violetta Valèry, in Parigi, è elegante: nella sala di ricevimento, attende gli invitati fra cui Flora Bervoix e il Visconte Gastone de Letorières, il quale le presenta Alfredo Germont che la stima e che, durante la sua malattia di fresca data, aveva chiesto molte volte notizie circa la sua salute.

Per cui, vista la gentilezza di Alfredo, Violetta è risentita verso il Barone Douphol, suo protettore, che non ha avuto simile attenzione verso di lei, risentimento che provoca l’irritazione del  Barone stesso. 


Gastone lancia la proposta di un brindisi in onore del Barone, avendone un rifiuto come risposta. 

L’idea l’assorbe Violetta, Alfredo l’accetta: a tale brindisi, si aggiungono gli altri invitati  (“Libiamo ne’ lieti calici”). 

Violetta conduce una vita allegra per reagire alla salute malferma e invita gli ospiti nella sala accanto; si sente male e si guarda nello specchio che riflette la bianchezza del suo volto, mentre si accorge di Alfredo, rimasto ad attenderla e che le confessa di amarla. 

Violetta, incuriosita, gli chiede da quanto tempo e Alfredo risponde che l’ama da un anno (“Un dì, felice eterea”). 

Violetta non è abituata all’amore vero e gli propone un rapporto d’amiciza, gli porge un fiore che Alfredo, felice,  le riporterà il giorno dopo. 


Gli ospiti se ne vanno e Violetta è meravigliata per avere subito un sussulto interiore dal comportamento umano di Alfredo e, perplessa, è determinata a continuare a vivere come una cortigiana (“Sempre libera”).
     


Atto II – Quadro I    

Da tre mesi, Alfredo e Violetta sono inseparabili, nella casa di villeggiatura della famiglia Germont.

Alfredo è felice (“De’ miei bollenti spiriti”) e inesperto dei problemi che la vita può presentare e, dopo il ritorno di Annina da Parigi (la domestica di Violetta), costei gli risponde che è stata in città per vendere i beni della padrona, allo scopo di sopperire alle loro spese. 

Alfredo si sente in colpa e ritiene di dover pagare tali spese attraverso la sua famiglia (“Oh mio rimorso! Oh infame!”), per cui parte per Parigi. 

Giuseppe, il cameriere di Violetta, le consegna  una lettera da parte di Flora che la  invita alla festa che terrà la sera stessa, dopodiché le annuncia la visita di un signore. 

Non è  il suo avvocato, ma Giorgio Germont, il padre di Alfredo, dal quale riceve l’accusa di voler privare Alfredo delle proprie ricchezze. 

Violetta gli esibisce i documenti che comprovano la vendita dei suoi averi per mantenere amante e spese di casa; Germont capisce che la ragazza è onesta e, pur rendendosi conto della sincerità del sentimento di Violetta per Alfredo, le chiede il “sacrificio” di lasciare Alfredo per salvare i suoi figli dalla mentalità conformista, in particolare, della figlia (“Pura siccome un angelo”). 

Violetta NON potrà MAI sposare Alfredo e riconosce che Germont ha ragione dicendole che               quando il tempo sarà passato, Alfredo si stancherà di lei (“Un dì, quando le veneri”), per cui, stremata, promette di lasciare suo figlio. 


A questo punto, Violetta scrive al barone Douphol e ad Alfredo per portare a conoscenza della decisione presa.

Violetta si allontana da Alfredo facendosi giurare amore da lui (“Amami Alfredo”). 

Poi,  fugge. 


Ricevuto la lettera di Violetta “Alfredo, al giungervi di questo foglio…” , capisce che Violetta lo ha lasciato. 

Notando l’invito di Flora, capisce che Violetta è alla festa, per cui, adirato, vi si reca anche lui, nonostante il padre lo preghi di non farlo (“Di Provenza il mar, il suol”). 
 

Quadro II    

Alla festa, sanno della divisione fra Violetta e Alfredo.

Alfredo rivede Violetta accompagnata dal Barone Douphol, mantiene un contegno indifferente e vince costantemente. 

Giocando, insulta indirettamente Violetta, il Barone si irrita fortemente e lo sfida ad una partita a carte perdendo, mentre Alfredo vince una somma forte. 


Violetta prega Alfredo di andarsene subito perché il Barone potrebbe sfidarlo a duello, ma Alfredo se ne andrà alla condizione che lei lo segua.

Violetta gli risponde che ha giurato al Barone di non rivedere più Alfredo e di amare lo stesso Barone. 

Violetta, disperata, vede che Alfredo dichiara che Violetta ha sacrificato tutto per lui e che, ora, sono testimoni che lui la ripaga. 

Violetta sviene, arriva il padre che lo rimprovera, il Barone sfida a duello Alfredo.   

 

Atto III

La camera da letto di Violetta.

Il preludio riprende le note dei violini del preludio al primo atto.


Violetta rilegge la lettera ricevuta da Giorgio Germont per mezzo della quale la informa dell’arrivo imminente di Alfredo.     

Violetta piange di felicità, ma è cosciente che è troppo tardi (“Addio, del passato bei sogni ridenti”) e teme che il suo amato arrivi tardi per poterla trovare ancora in vita. 

Infatti, il Dottor Grenvil porta a conoscenza Annina che Violetta è in fin di vita (“La tisi non le accorda che poche ore”). 

Inoltre, nelle strade, si festeggia il Carnevale: un fatto allegro contrastante con il dramma di Violetta. 

Arriva Alfredo che le promette di portarla in un luogo affinché si ristabilisca (“Parigi, o cara”), mentre Giorgio Germont, esprime il suo rimorso e dichiara di considerarla una propria figlia. 

Violetta sospira: “Troppo tardi”; lascia ad Alfredo una miniatura col proprio ritratto, suo ricordo anche se incontrerà un’altra. 

Per un momento Violetta sembra riacquistare la vita, ma subito cade morta.  

 

Brani noti: 

Atto I

Preludio
Libiamo ne’ lieti calici – Violetta, Alfredo e coro
Un dì felice, eterea – Alfredo e Violetta
È strano! È strano… Sempre libera degg’io – Violetta 

Atto II

De’ miei bollenti spiriti – Alfredo
Pura siccome un angelo – Germont e Violetta
Che fai? / Nulla / Scrivevi?… Amami Alfredo – Alfredo e Violetta
Di Provenza il mar, il suol, – Germont
Di Madride noi siamo i mattadori- Coro
Mi chiamaste? Che bramate? – Alfredo e Violetta
Qui testimon vi chiamo
Finale 


Atto III

Teneste la promessa – Violetta
Addio, del passato bei sogni ridenti – Violetta
Parigi, o cara – Alfredo e Violetta
Gran Dio! Morir sì giovane – Violetta   

 

Incisioni note:

Mercedes Capsir, Lionel Cecil, Carlo Galeffi Lorenzo Molajoli Columbia
Anna Rosza, Alessandro Ziliani, Luigi Borgonovo Carlo Sabajno La voce del padrone
Adriana Guerrini, Luigi Infantino, Paolo Silveri Vincenzo Bellezza Columbia
Licia Albanese, Jan Peerce, Robert Merrill Arturo Toscanini RCA
Maria Callas, Francesco Albanese, Ugo Savarese Gabriele Santini Cetra
Renata Tebaldi, Gianni Poggi, Aldo Protti Francesco Molinari-Pradelli Decca
Antonietta Stella, Giuseppe Di Stefano, Tito Gobbi Tullio Serafin Columbia
Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Ettore Bastianini Carlo Maria Giulini EMI
Rosanna Carteri, Cesare Valletti, Leonard Warren Pierre Monteux RCA
Maria Callas, Alfredo Kraus, Mario Sereni Franco Ghione EMI
Victoria de los Ángeles, Carlo Del Monte, Mario Sereni Tullio Serafin His Master’s Voice
Anna Moffo, Richard Tucker, Robert Merrill Fernando Previtali RCA
Joan Sutherland, Carlo Bergonzi, Robert Merrill John Pritchard Decca
Renata Scotto, Gianni Raimondi, Ettore Bastianini Antonino Votto Deutsche Grammophon
Montserrat Caballé, Carlo Bergonzi, Sherrill Milnes Georges Prêtre RCA
Pilar Lorengar, Giacomo Aragall, Dietrich Fischer-Dieskau Lorin Maazel Decca
Beverly Sills, Nicolai Gedda, Rolando Panerai Aldo Ceccato EMI
Ileana Cotrubaș, Plácido Domingo, Sherrill Milnes Carlos Kleiber Deutsche Grammophon
Joan Sutherland, Luciano Pavarotti, Matteo Manuguerra Richard Bonynge Decca
Renata Scotto, Alfredo Kraus, Renato Bruson Riccardo Muti EMI
Cheryl Studer, Luciano Pavarotti, Juan Pons James Levine Deutsche Grammophon
Kiri Te Kanawa, Alfredo Kraus, Dmitrij Hvorostovskij Zubin Mehta Philips
Edita Gruberová, Neil Shicoff, Giorgio Zancanaro Carlo Rizzi Teldec
Cecilia Gasdia, Peter Dvorsky, Giorgio Zancanaro Carlos Kleiber Maggio Live
Anna Netrebko, Rolando Villazón, Thomas Hampson Carlo Rizzi Deutsche Grammophon 

 

Trasposizioni televisive e cinematografiche – tra i diversi titoli che ripropongono l’opera ricordiamo:   

Margherita Gauthier (1936) diretto da George Cukor

La traviata (1968) diretto da Mario Lanfranchi, con Anna Moffo, Franco Bonisolli, Gino Bechi ed il coro e l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma diretta da Giuseppe Patanè

La traviata (1983) diretto da Franco Zeffirelli – James Levine/Teresa Stratas/Plácido Domingo/Cornell MacNeil/Axelle Gall/Paolo Barbacini/The Metropolitan Opera Orchestra and Chorus, Deutsche Grammophon DVD – Grammy Award for Best Opera Recording 1984

La traviata – Georg Solti/Angela Gheorghiu/Frank Lopardo/Leo Nucci, 1994 Decca

La traviata a Paris (2000) direttore Zubin Mehta – Eteri Gvazava/José Cura/Rolando Panerai

La traviata (Salisburgo 2005) – Carlo Rizzi/Anna Netrebko/Rolando Villazón/WPO, regia Willy Decker, Deutsche Grammophon

La traviata – James Conlon/Renée Fleming/Rolando Villazón, 2006 Decca

Violetta (2011) regia di Antonio Frazzi

 

Tra i film ispirati all’opera ricordiamo: 

Mi permette, babbo! (1956) diretto da Mario Bonnard
Croce e delizia (1995) diretto da Luciano De Crescenzo
Moulin Rouge! (2001) diretto da Baz Luhrmann   

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

TRILOGIA POPOLARE DI VERDI: 

E’ importante sapere che Verdi, persona sensibile, nelle opere della sua “Trilogia Popolare” ha voluto essere rivoluzionario, presentando tre personaggi abbandonati dalla società a causa di tante ragioni: si tratta di Rigoletto, di Azucena, e di Violetta, tre esseri “esclusi” che, per tale motivo, il Destino ha stabilito il danno irreparabile, nonostante, a tutti i costi, essi vogliano creare qualcosa di bello che riguardi la loro esistenza.

 

Infatti, “La Traviata” è un dramma fortemente psicologico che consta di personaggi complessi e descrive emotivamente i particolari della società umana del tempo. 

“La Traviata” viene composta, in parte, sul lago di Como, a Cadenabbia, nella villa degli editori Ricordi.


L’opera si ispira al romanzo “La dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio che, a quanto pare, a sua volta, si  ispira alla grande passione giovanile avuta con Alphonsine Plessis (Marie Duplessis), prostituta d’alto bordo, deceduta a 23 anni per tisi. 

Qualcuno la definisce “consolatrice intellettuale” di celebri artisti come Alfred De Musset, Franz Liszt e lo stesso Alexandre Dumas. 


La prima rappresentazione de “La Traviata” non consegue successo: la causa probabile è da imputare ad interpreti carenti (qui, fra l’altro, i cantanti devono essere dotati di grandi capacità di attori) e al soggetto ritenuto scandaloso per l’epoca ma, l’anno successivo, al Teatro “San Benedetto” di Venezia, consegue il successo per merito della versione rielaborata, avendo altri interpreti (come Maria Spezia Aldighieri) e la direzione di Verdi.

L’opera riscuote un esito favorevolissimo. 

Opera rivoluzionaria e scabrosa, è voluta fortemente da Verdi – “un moderno” – che ha nuovi interessi verso la forma del melodramma indirizzato alla mentalità del suo tempo, considerando pregiudizi e perbenismi di una società umana che Verdi stesso vive a causa del suo rapporto con Giuseppina Strepponi (donna sposata e separata dal marito).   


Così, Verdi scrive al librettista de “La Traviata”:

< Ti prego dunque di adoperarti affinché questo soggetto sia il più possibile originale e accattivante nei confronti di un pubblico sempre teso a cercare in argomenti inusuali un confine alla propria moralità»  

(Giuseppe Verdi nella lettera a Francesco Maria Piave sulla trama della Traviata). 


Violetta è una cortigiana di lusso ma, essendo l’opera ispirata alla vita di Alphonsine Plessis (Marie Duplessis) e venendo a conoscenza del suo stato di persona orfana e sola al mondo, spinta dalla necessità di provvedere alla sua vita, il valido motivo è riferito alla sfortuna di un povero essere, per cui è opportuno citare che Shakespeare DIFENDE la donna in generale a mezzo dell’inchino che si deve tributare ad una DONNA, chiunque essa sia. 


Verdi è colpito dalle emozioni e dalle sventure di questa giovanissima eroina-cortigiana e ne rimane toccato.    


Verdi comincia ad esprimere il suo interiore attraverso il preludio con musica lontana dallo stile sonante e tonante dei precedenti melodrammi storici e in costume. 

E’ importantissimo citare che è stato chiesto a Rossini che cosa pensa de “La Traviata” e che lo stesso ha risposto: “UN GRANDE VALZER”.    


In tutto il primo atto, segue la dimostrazione festosa del trovarsi in mezzo al trascorrere della vita dove si notano i trilli e la gaiezza al contrario della tristezza, presente nell’ultimo.
  


Qui, si denota il carattere frivolo di Violetta che, pur presentandosi poetico, si mostra leggero e incosciente della possibilità che possano succedere cose sfavorevoli

Infatti, si brinda al vino, all’amore e alle gioie passeggere; sono solamente tutti amici di bisboccia. 


Ma un malore di Violetta disturba l’allegria per cui, sentendosi “… sola, abbandonata in questo popoloso deserto che appellano Parigi …” – resta colpita dalla premura sincera del ‘puro’ Alfredo a cui non importa che Violetta sia una cortigiana: il ‘puro’ Alfredo che ogni giorno si informava sulla sua salute e che lei, durante il brindisi, scopre “poeta”, capace di rinunciare all’amicizia per qualcosa di più vero: 

< Di quell’amor, quell’amor ch’è palpito dell’universo, dell’universo intero, misterioso, misterioso altero, croce, croce e delizia, croce e delizia, delizia al cor. 


Il secondo atto, diviso in due quadri, vede vari eventi incisivi. 

Il primo quadro, è ambientato nella  casa di campagna dei Germont in cui Violetta e Alfredo si sono trasferiti e in cui Germont padre incontra Violetta che porta la ragazza a lasciare Alfredo: si noti l’esplosivo “Amami Alfredo”.  


Il secondo quadro si svolge a Parigi, e mostra un’altra festa in maschera in casa di Flora, durante la quale Alfredo offende pubblicamente Violetta perché la donna – seppur distrutta – gli conferma che ama il Barone Douphol, recitando la parte “della mantenuta”, per cui Alfredo le butta una borsa contenente denaro.  


Il terzo atto vive durante il Carnevale; per Violetta ritorna la nostalgia dell’amore  impossibile perché Alfredo ritorna dopo che il padre, pentito, gli rivela il sacrificio della donna che è consumata dalla tisi. 

Verdi ha musicato tanti padri-baritono: Nabucco, Miller, Rigoletto, Simon Boccanegra, Amonasro, … 

Giorgio Germont è uno di questi, la sua presenza è breve, la sua aria vuole essere consolatrice per il figlio (“Di Provenza il mar, il suol”), ma è un personaggio incisivo la cui natura umana si esprime alla fine, rendendosi conto del male commesso (“Ah mal cauto vegliardo”) correndo da Violetta per accettarla come sposa di suo figlio. 


Massimo Mila (critico musicale e musicologo), concludendo la morte di Violetta: “Un ritratto indelebile è stato impresso nella nostra memoria in una delle più grandi realizzazioni del teatro musicale, quasi morisse un eroe beethoveniano o un Sigfrido”.

In quest’opera, IL VINCENTE E’ L’AMORE. 

 

Violetta:

Una donna giovane che riesce a vivere perché qualcuno provvede a lei. 

Una donna che “VUOLE” vivere perché, fino a quando non ha trovato questo “QUALCUNO”,  ha avuto una vita povera. 

Si “attacca” alla vita perché ha paura del passato, dove ha incontrato traumi: passato che l’aspetta sempre al varco per ritornare a darle sofferenza.  


Conoscendo Alfredo, finalmente, prova la gioia di essere ricambiata nell’amore sentimentale, “si illude” di sposarlo, ma Papà Germont invita la ragazza a troncare la relazione a causa del conformismo e del perbenismo che circolano nella mentalità ristretta della società borghese del tempo. 

Questo atto denota l’egoismo e il cinismo di Giorgio Germont che NON si rende conto che spezza la vita di Violetta che ama davvero suo figlio e che spera di potere avere una certa tranquillità emotiva e non ricadere nella vita già condotta. 


La donna è disperata e si rende conto che non c’è via di scampo, per lei, ma accetta quanto “le impone” Giorgio Germont che, comunque, prova un po’ di empatia, capisce che Violetta NON è una delle solite cortigiane calcolatrici, rimanendone toccato: Violetta salverà l’immagine di Alfredo e, di conseguenza, l’immagine della sorella “pura siccome un angelo” e della famiglia Germont, arrivando ad annullarsi attraverso “Qual figlia m’abbracciate, forte così sarò”. 
 


Violetta ritornerà dal suo antico protettore, ma si ritroverà sola, fino al momento che Alfredo tornerà dopo che il padre, pentito, gli ha spiegato il motivo del comportamento della ragazza che, però, lascierà questa Terra. 

 

Alfredo:  

“Un dì, felice, eterea, mi balenaste innante”: Alfredo, inconsciamente, aveva visto in Violetta ciò che nessun altro è riuscito a cogliere, a percepire: ossia la bellezza di un’anima che soffre senza piangere.

Per cui, trovandosi a vivere in campagna con Violetta, Alfredo, inesperto e ingenuo della vita, pur essendo stato diseredato dal padre, esprime la sua felicità, come se vivesse un bellissimo sogno (“dell’universo immemore io vivo quasi in ciel”); sogno che sarà distrutto dall’arrivo del padre.     
Violetta lo lascierà, ma il suo spirito “vivrà” sempre in tale campagna: “Sarò là, tra quei fior presso a te, sempre”, a differenza della vita parigina dove “è una cortigiana”. 


Alfredo non si rende conto di quanto Violetta gli comunica verbalmente, ma la lettera di Violetta che gli giungerà gli chiarisce che torna dal Barone Douphol. 

Giorgio Germont consola il figlio ricordandogli la Provenza dov’è nato, anche se la cosa sembra inutile. 

 

Giorgio Germont:

Come la società del suo tempo, è schiavo, mentalmente, della REALTA’ DELLE REGOLE SOCIALI.

Trovando Violetta sola, da essere spietato, approfitta della sua sensibilità che, inconsciamente, “cerca” la protezione del proprio padre anche nello stesso Giorgio Germont.

Il quale, Giorgio Germont, la fa sentire “sporca” e “colpevole” dopo che lei ha toccato con mano l’Amore: “Bella voi siete … e giovane”. 


Pur avendo saputo che Violetta sta vendendo i suoi averi per potere mantenere lei e Alfredo, e pur rendendosi conto che lei non ha interessi verso il denaro, Germont si domanda il motivo del suo passato, però i problemi di famiglia gli suggeriscono che, per non rovinare la reputazione dei suoi figli, “è giusto” attuare “il sacrifizio” della rinuncia dal “marchio d’infamia”

Violetta è distrutta, ma Germont, psicologicamente viscido: “Siate di mia famiglia l’angiol consolatore”. 


Ma Germont non è proprio proprio viscido come può sembrare e “si riscatta” perché, nella II parte del II atto, difende Violetta offesa da Alfredo, mentre nel IV atto, si pente della sua azione raccontando tutto ad Alfredo – e accompagnandolo – affinché possa abbracciare la sua amata prima che muoia. 

   

UN’OPERA-CAPOLAVORO DI REALTA’ UMANA E DI ALTA PSICOLOGIA.  


Battuto al computer da Lauretta 

 

 






ARTURO TOSCANINI dirige il PRELUDIO ALL’ATTO I:

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Il tenore FRANCO BONISOLLI, il soprano ANNA MOFFO e il coro cantano “LIBIAMO NE’ LIETI CALICI”:

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Il tenore PLACIDO DOMINGO e il soprano TERESA STRATAS cantano “UN DI’, FELICE, ETEREA”:

.

Il soprano ANNA MOFFO canta “È STRANO! È STRANO … SEMPRE LIBERA DEGG’IO”:

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Il tenore FRANCO BONISOLLI canta “DE’ MIEI BOLLENTI SPIRITI”: 

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Il soprano KATIA RICCIARELLI e il baritono RENATO BRUSON cantano “MADAMIGELLA VALERY? … PURA SICCOME UN ANGELO”:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU e il tenore LUCA CANONICI cantano “AMAMI, ALFREDO!”: 

.

Il baritono RENATO BRUSON canta “DI PROVENZA IL MAR, IL SUOL”: 

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Il coro canta la danza “DI MADRIDE NOI SIAMO I MATTADORI”: 

.

Danza e coro “NOI SIAMO ZINGARELLE”:

.
   
Il tenore PLACIDO DOMINGO e il soprano TERESA STRATAS cantano “DI SPREZZO DEGNO … ALFREDO, ALFREDO, DI QUESTO CORE”: 

.

ARTURO TOSCANINI dirige il PRELUDIO ALL’ATTO III: 

Il soprano PILAR LORENGAR canta “TENESTE LA PROMESSA … ADDIO DEL PASSATO”:

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Il tenore PLACIDO DOMINGO e il soprano TERESA STRATAS cantano “PARIGI, O CARA”:

.

Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “AH! GRAN DIO! MORIR SI’ GIOVANE”: 

 

 

 

 

 



LA TRILOGIA POPOLARE VERDIANA: IL TROVATORE

  • Agosto 6, 2023 at 10:36 pm

 

Opera in 4 parti di Salvadore Cammarano (con revisione di Leone Emanuele Bardare)
da: “El Trobador” di Antonio García Gutiérrez 

Prima rappresentazione: Teatro “Apollo” di Roma, 19 gennaio 1853     

 

Personaggi:

Il conte di Luna, giovane gentiluomo aragonese (baritono)
Leonora, dama di compagnia della principessa d’Aragona (soprano)
Azucena, zingara della Biscaglia (mezzosoprano o contralto)
Manrico, il trovatore, ufficiale del conte Urgel e presunto figlio di Azucena (tenore)
Ferrando, capitano degli armati del conte di Luna (basso)
Ines, ancella di Leonora (soprano)
Ruiz, soldato al seguito di Manrico, messaggero (tenore)
Un vecchio zingaro (basso)
Un messo (tenore)  

Compagne di Leonora e religiose, familiari del conte, uomini d’arme, zingari e zingare (coro) 

 

Interpreti della prima fortunatissima rappresentazione:                                        

Il Conte di Luna (baritono) Giovanni Guicciardi   
Leonora (soprano) Rosina Penco
Azucena (mezzosoprano)  Emilia Goggi
Manrico (tenore) Carlo Baucardé
Ferrando (basso) Arcangelo Balderi
Ines (soprano) Francesca Quadri
Ruiz (tenore) Giuseppe Bazzoli
Vecchio zingaro  (basso) Raffaele Marconi
Messo (tenore) Luigi Fani                      

Scene: Luigi Bazzani, Alessandro Prampolini, Antonio Fornari

Direttore di scena: Giuseppe Cencetti  

Maestro del coro: Pietro Dolfi  

Maestro al cembalo: Giuseppe Verdi (per tre recite), poi Eugenio Terziani  

Primo violino e direttore d’orchestra: Emilio Angelini

 


Trama:

Periodo storico: In Biscaglia e in Aragona, all’inizio del XV secolo.

Parte I – Il duello.

Di notte, nel castello dell’Aljafería di Saragozza. 

Leonora, dama di corte della regina, è amata dal Conte di Luna, che non è corrisposto.

Questi, però, vigila presso la sua porta, ogni notte, sperando di vederla. 

Intanto, Ferrando, il capitano delle sue guardie, racconta a servi e soldati la storia del fratellino del Conte rapito anni prima da una zingara per rivalersi dell’uccisione della madre da parte  del vecchio Conte.
Costei  (“Abbietta zingara”), poi, getta il bambino nello stesso rogo eretto per la madre, il cui fantasma tormenta il castello.
I soldati infervorati vogliono intensamente la morte della zingara.

Leonora, confida alla sua ancella Inés, di essere innamorata di un Trovatore sconosciuto che, ogni notte, sotto le sue finestre, accompagnato dal suo liuto, le canta una serenata (“Tacea la notte placida”): si sono conosciuti durante un torneo, ma il Trovatore poi aveva dovuto fuggire, in quanto seguace del conte di Urgel, nemico del conte di Luna.

Il conte di Luna, saputa la cosa, sente la voce del Trovatore che canta a Leonora:

< Deserto sulla terra,
col rio destino in guerra,
è sola speme un cor
al trovator! >   

Leonora scende e, a causa dell’oscurità, abbraccia il Conte di Luna, anziché il Trovatore che li trova così e crede di essere stato tradito.
Però, la donna gli afferma solennemente il suo amore, provocando l’ira del Conte che  costringe Manrico al duello e a rivelare il suo nome; Manrico, inoltre, è Ufficiale del Conte di Urgel, Leonora sviene.

Parte II – La gitana.

“Vedi le fosche notturne spoglie”: questo coro segna l’inizio del II atto dell’opera e rappresenta l’accampamento alla base di una montagna con gli zingari che lo cantano lavorando, ballando e, anche, brindando.

C’è allegria. 

Ad un certo punto, Azucena si desta dall’incubo periodico che la perseguita e durante il quale rivive il trauma riguardante sua madre fatta morire sul rogo dal vecchio Conte di Luna, accusata di stregoneria: “Stride la vampa”.

Prima di morire, la madre di Azucena l’aveva implorata di vendicarla (“Mi vendica …”), per cui  la stessa Azucena si era impadronita del bambino in fasce del vecchio Conte per bruciarlo, ma la visione della madre morta le aveva causato l’errore di scambio fra il proprio figlioletto e il piccolo di Luna.

Manrico è preso dal dubbio di non essere il figlio vero della zingara – che ritratta tutto – evidenziando che gli è apparso nell’incubo appena avuto: sottolinea che lei, Manrico, lo ha sempre difeso e soccorso, esemplificando il ritorno, da ferito, a seguito del duello col Conte di Luna-figlio.

Circa il duello, Manrico le espone che stava per uccidere il giovane Conte, ma è stato bloccato da una voce celeste (“Mal reggendo all’aspro assalto”), però la madre lo stimola dunque a vendicare sua madre in un nuovo duello e ad ucciderlo, questa volta.  


Il Conte, usando la cattiveria, ha sparso la voce che Manrico è morto per potere conquistare Leonora  che, non amandolo, è determinata a consacrarsi a vita relligiosa. 

Saputa la cosa, il conte e i suoi soldati invadono la cerimonia per sottrarla a tale celebrazione. 

A questo punto, arriva Manrico con i soldati del Conte di Urgel che assalgono e attaccano il castello del Conte di Luna. 

Manrico ne approfitta per portare Leonora fuori pericolo.   

Parte III – Il figlio della zingara.

Un accampamento nei pressi di Castellor. 

I soldati del Conte di Luna sono accampati non lontano dal loro castello, aspettando l’occasione per attaccarlo e riconquistarlo, dal momento che è stato espugnato dal Conte di Urgel e dai suoi. 

Azucena ha visioni di morte riguardanti Manrico, per cui si aggira di nascosto nell’accampamento del Conte di Luna, ma viene catturata da Ferrando che la conduce dal Conte come spia. 


Nonostante gli anni trascorsi, Ferrando riconosce Azucena come la rapitrice e assassina del piccolo di Luna, mentre lei conferma e confessa di essere la madre di Manrico. 

A questo punto, il Conte è raggiante perché la morte della gitana gli darà la vendetta per il fratello ucciso e la vendetta perché Manrico è amato da Leonora.

Manrico e Leonora stanno per sposarsi in segreto all’interno del castello, giurandosi  amore immortale.


Proprio poco prima della cerimonia, Ruiz dà la notizia  della cattura di Azucena che, presto, dovrà salire il rogo come strega: Manrico, di conseguenza, corre a liberare la madre (“Di quella pira”).


Parte IV – Il supplizio. 

Manrico fallisce l’azione e viene imprigionato nel castello di Aljafería, per cui, con Azucena, saranno uccisi all’alba. 


Manrico è prigioniero nella torre dove Ruiz sta conducendo Leonora (“Timor di me?… D’amor sull’ali rosee”) che, poi, incontra e supplica il Conte di Luna di liberare Manrico, mentre  lei, in cambio, è disposta a sposarlo  (“Mira, d’acerbe lagrime”). 

Veramente, il suo piano è di avvelenerarsi, prima di entrare nella torre; piano che attua bevendo il veleno dal suo anello. 


Manrico e Azucena attendono la loro esecuzione in una cella e Manrico cerca di calmare la madre.  

Azucena  già traumatizzata dal supplizio subito da sua madre, è tormentata ed angosciata  perché ha lo stesso destino (“Ai nostri monti ritorneremo”). 

Alla fine, la donna si addormenta sfinita. 


Leonora comunica a Manrico che è libero e insiste affinché si allontani al più presto, ma lui  rifiuta di farlo perché gli risulta evidente che lei lo abbia tradito per ottenere tale soluzione.

Agonizzante, gli conferma la sua fedeltà (“Prima che d’altri vivere”). 


Il Conte, di nascosto, ascolta il dialogo fra Leonora e Manrico e si rende conto che lei lo ha  ingannato. 

Leonora muore fra le braccia di Manrico. 


Per cui, il Conte fa giustiziare il Trovatore e, quando Azucena recupera i sensi, egli le mostra il corpo di  Manrico. 

La  donna è disperata, ma riesce a gridargli:  “Egl’era tuo fratello!” e a rivolgersi alla madre morta: “Sei vendicata, o madre!”, mentre il Conte è sconvolto per avere fatto uccidere il fratello: “E vivo ancor!”. 

 

Brani famosi: 

Di due figli vivea padre beato, aria di Ferrando (Atto I)
Tacea la notte placida, aria di Leonora (Atto I)
Vedi! le fosche notturne spoglie, coro dei gitani (Atto II)
Stride la vampa, canzone di Azucena (Atto II)
Condotta ell’era in ceppi aria di Azucena (Atto II)
Il balen del suo sorriso, aria del Conte di Luna (Atto II)
Ah sì, ben mio, coll’essere, cantabile dell’aria di Manrico (Atto III)
Di quella pira, cabaletta dell’aria di Manrico (Atto III)
D’amor sull’ali rosee, aria di Leonora (atto IV)
Miserere d’una alma già vicina, tempo di mezzo dell’aria di Leonora (atto IV)

 

Incisioni discografiche:  

Bianca Scacciati, Francesco Merli, Enrico Molinari, Giuseppina Zinetti, Corrado Zambelli Lorenzo Molajoli Columbia

Maria Carena, Aureliano Pertile, Apollo Granforte, Irene Minghini Cattaneo, Bruno Carmassi Carlo Sabajno La voce del padrone

Caterina Mancini, Giacomo Lauri Volpi, Carlo Tagliabue, Miriam Pirazzini, Alfredo Colella Fernando Previtali Cetra

Zinka Milanov, Jussi Björling, Leonard Warren, Fedora Barbieri, Nicola Moscona Renato Cellini RCA

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Rolando Panerai, Fedora Barbieri, Nicola Zaccaria Herbert von Karajan EMI

Renata Tebaldi, Mario del Monaco, Ugo Savarese, Giulietta Simionato, Giorgio Tozzi Alberto Erede Decca

Leontyne Price, Richard Tucker, Leonard Warren, Rosalind Elias, Giorgio Tozzi Arturo Basile RCA

Mirella Parutto, Franco Corelli, Ettore Bastianini, Fedora Barbieri, Agostino Ferrin Oliviero De Fabritiis Walhall

Antonietta Stella, Carlo Bergonzi, Ettore Bastianini, Fiorenza Cossotto, Ivo Vinco   Serafin Deutsche Grammophon

Leontyne Price, Franco Corelli, Ettore Bastianini, Giulietta Simionato, Nicola Zaccaria Herbert von Karajan Deutsche Grammophon

Gabriella Tucci, Franco Corelli, Robert Merrill, Giulietta Simionato, Ferruccio Mazzoli Thomas Schippers EMI

Leontyne Price, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Fiorenza Cossotto, Bonaldo Giaiotti Zubin Mehta RCA

Joan Sutherland, Luciano Pavarotti, Ingvar Wixell, Marilyn Horne, Nicolaj Ghiaurov Richard Bonynge Decca

Leontyne Price, Franco Bonisolli, Piero Cappuccilli, Elena Obrazcova, Ruggero Raimondi Herbert von Karajan EMI

Katia Ricciarelli, José Carreras, Jurij Mazurok, Stefania Toczyska, Robert Lloyd Colin Davis Decca

Rosalind Plowright, Plácido Domingo, Giorgio Zancanaro, Brigitte Fassbaender, Evgenij Nesterenko Carlo Maria Giulini Deutsche Grammophon

Antonella Banaudi, Luciano Pavarotti, Leo Nucci, Shirley Verrett, Francesco Ellero d’Artegna Zubin Mehta Decca

Aprile Millo, Plácido Domingo, Vladimir Černov, Dolora Zajick, James Morris James Levine Sony

Angela Gheorghiu, Roberto Alagna, Thomas Hampson, Larissa Djadkova, Ildebrando  D’Arcangelo Fabrizio Callai EMI

Andrea Bocelli, Verónica Villarroel, Elena Zaremba, Carlo Guelfi, Carlo Colombara Steven Mercurio Decca 

 

DVD & BLU-RAY: 

Mario Del Monaco, Leyla Gencer, Ettore Bastianini, Fedora Barbieri, Plinio Clabassi Fernando Previtali Hardy Classics

Plácido Domingo, Rajna Kabaivanska, Piero Cappuccilli, Fiorenza Cossotto, José van Dam Herbert von Karajan TDK

Franco Bonisolli, Rosalind Plowright, Giorgio Zancanaro, Fiorenza Cossotto, Paolo Washington Reynald Giovaninetti Warner Music Vision

Luciano Pavarotti, Éva Marton, Sherrill Milnes, Dolora Zajick, Jeffrey Wells James Levine Deutsche Grammophon

Marcelo Álvarez, Sondra Radvanovsky, Dmitrij Chvorostovskij, Dolora Zajick, Stefan Koćan Marco Armiliato Deutsche Grammophon 

 

Cinema:

1914 Il trovatore Charles Simon,  Stati Uniti d’America

1922 Il trovatore Edwin J. Collins,  Regno Unito   

1949 Il trovatore Carmine Gallone,  Italia   

1972 Le trouvère Pierre Jourdan,  Francia 

Nel film “Senso” (1954) di Luchino Visconti, durante una rappresentazione dell’opera a “La Fenice” di Venezia, alcuni spettatori lanciano immagini di esultanza all’Italia.

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

TRILOGIA POPOLARE DI VERDI:

E’ importante sapere che Verdi, persona sensibile, nelle opere della sua “Trilogia Popolare” ha voluto essere rivoluzionario presentando tre personaggi abbandonati dalla società a causa di tante ragioni: si tratta di Rigoletto, di Azucena e di Violetta, tre esseri “esclusi” che, per tale motivo, il Destino ha stabilito il danno irreparabile, nonostante, a tutti i costi, essi vogliano creare qualcosa di bello che riguardi la loro esistenza.


“Il Trovatore”: è lo stesso Verdi che commissiona a Salvatore Cammarano la riduzione librettistica dal dramma di Gutiérrez.  

Nel 1852, Cammarano muore improvvisamente, appena terminato il libretto, per cui Verdi, per avere alcuni ritocchi, chiede l’aiuto del suo collaboratore, Leone Emanuele Bardare. 


La prima rappresentazione ottiene un grande successo: come scrive Julian Budden, < Con nessun’altra delle sue opere, neppure con il Nabucco, Verdi toccò così rapidamente il cuore del suo pubblico».  >.   


Il trovatore è un’opera scura, buia che trasmette una certa dose di sfiducia. 

Inizia di notte nel palazzo dell’Aljaferia, a Saragozza, mentre Ferrando racconta una squallida storia di ignoranza e di barbarie successa in precedenza. 

Storia che parla di sciagura accaduta fra gli Zingari e il Conte di Luna-padre, di macchinazione, di rappresaglia e di lutti. 


In quest’opera, Verdi conserva l’ambiente notturno, ma ha la capacità di dare molti dualismi vari: zingari-soldati, scena drammatica Azucena-Conte di Luna, tranquillità-rumore delle armi nel convento, amore figlio-madre e sacrificio nel IV atto.
   

Nell’opera, l’azione passa da un punto all’altro della Spagna, ma gli avvenimenti dell’opera si svolgono prevalentemente col buio o all’interno delle costruzioni: per la precisione, il II atto inizia all’alba, nell’accampamento degli zingari, dove i fuochi della notte si fondono con le prime luci del nuovo giorno.

Da evidenziare l’importanza psicologica e fisica del fuoco che, in quest’opera, è presente come “ardore” e come “rogo”: di roghi, ne esistono due e, per la precisione, il primo riguarda la tortura e la morte della madre di Azucena che canta a Manrico “Stride la vampa”, aria intensamente triste, drammatica e coinvolgente.

Manrico chiede ad Azucena di narrare la storia “funesta”; attraverso la toccante “Condotta ell’era in ceppi”, la zingara racconta un vero dramma fisico e psicologico. 

Il secondo rogo riguarda la stessa Azucena per cui, Manrico, prima di correre a salvarla, canta “Di quella pira”. 


Nel IV atto, come ne “La Forza del Destino”, agisce IL DESTINO, specialmente nella IV parte, dove – in questo caso – la gelosia di Manrico fa slittare il tempo e il Conte di Luna si rende conto di essere stato “aggirato” da Leonora che muore per avere assunto il veleno. 

Manrico si rende conto della devozione di tale donna: “E’ mio quest’angelo e io l’osava maledir”.  

E’ UN’OPERA DRAMMATICISSIMA i cui personaggi principali sono perdenti: 

. Il Conte di Luna: perde la donna amata, il fratello appena ritrovato e la pace interiore (“E vivo ancor!”). 

. Eleonora e Manrico perdono la vita, ma sono uniti dalla Morte. 

. Azucena perde la vita, ma ha vendicato la madre. 

 


Azucena:  

Azucena, donna misteriosa, è un’anima bella e, nel III atto, dopo essere stata portata in presenza del Conte, gli risponde: “D’una zingara è costume mover senza disegno il passo vagabondo, ed è suo tetto il ciel; sua patria il Mondo”.

Azucena è una figlia e una madre molto sensibile che ha ricevuto IL MALE da gente che, oggi, verrebbe definita “razzista”; gente che le ha provocato un trauma fortissimo a seguito delle torture e dell’uccisione di sua madre e, nel IV atto, la si vede percorsa da angoscia  perché avrà la stessa fine, povera donna!

Ma, prima  di essere “giustiziata”, vendica la madre attraverso “Egl’era tuo fratello!”.    


Una segnalazione: 

L’Inquisizione Cattolica (attualmente, vigente sotto il nome di “SANT’OFFIZIO”) è stata creata da Paolo III con la bolla papale “Licet ab initio” del 1542 per mantenere e difendere l’integrità della Fede contro la riforma protestante e, a questo scopo, nel 1559, è stato creato l’INDICE DEI LIBRI PROIBITI.

Prima dell’INQUISIZIONE MEDIEVALE (dal 1179 o 1184 alla metà del 1400) istituita da Federico II nel 1231 (Costituzione Inconsutilem), la cui responsabilità era del Papa che nominava direttamente gli inquisitori, il ROGO esisteva già da moltissimo: un esempio è in “NORMA” di Bellini (al tempo dell’Antica Roma) e il rogo era “purificatore”.

Però,  l’ISTITUZIONE CON IL ROGO E LE TORTURE vera e propria è stata dovuta a motivi come: eresie (vedere l’esempio del caso “Galilei”) e, appunto, la “Caccia alle Streghe”.    

 


Manrico:

Manrico è il Trovatore che canta ballate, è creduto da tutti il figlio della gitana Azucena che ama davvero come madre.

Tale affetto si nota anche nel IV atto, dove il desiderio di rivedere le loro montagne è grande: Azucena si illude e Manrico sostiene tale pensiero per tranquillizzare una donna sopraffatta da tante cose negative, ma NON folle. 

Azucena e Manrico: si tratta di un grandissimo esempio di amore materno e amore filiale.


Praticamente, Manrico è un eroe “fuorilegge”, con la violenza del soldato, ma è una persona onesta e, politicamente, è seguace del Conte di Urgel, nemico dei di Luna.   

Ama Leonora di un amore pulito, ma il Destino gli impedisce di sposarla.    

La sua entrata, nel I atto, è a mezzo di un canto che sarà seguito dal duello con il Conte di Luna. 

Manrico è ferito e viene curato da Azucena alla quale racconta che, durante tale duello con il Conte, ha udito la voce “proveniente dal Cielo” che gli diceva  “Non ferir”: da questi fatti, si prevede l’anticipo del nuovo scontro che si concretizzerà. 

Manrico è destinato a rispettare l’azione di “correre”:

. Nel II atto, corre per salvare Leonora dal rapimento organizzato dal Conte di Luna.

. Nel III atto, corre per salvare la madre che cade prigioniera del Conte di Luna e dei suoi armati.

. Infatti, comanda a Ruiz: “Ruiz… va… torna… vola…” e, poi, canta  “Di quella pira”.

(Qualcuno, anni fa, aveva definito Manrico “mammone” perché corre a salvare la madre: dopotutto, LA RAGIONE E’ GRAVE!).  

 


Leonora: 

Il Destino vuole che Leonora, dama della Regina, sia amata contemporaneamente da Manrico e dal giovane Conte di Luna: nel I atto, canta l’aria piena di ricordi (“Tacea la notte placida”).

Lei è la causa inconsapevole della rivalità fra i due uomini. Uomini che, alla fine, poco prima di morire, Azucena rivelerà essere fratelli: infatti, Manrico era il piccolo Garcia, il fratellino del Conte.    

Questa “regal signora”, è donna gentile, dolce e fedele sino alla fine.  

E’ determinata ed è l’icona femminile dell’opera che sogna l’amore di Manrico, un uomo che fa parte della società umana fuori dal suo mondo, ma che è appartenente ad una dinastia importante.
Sogna di unirsi a lui ma, quando sta per farlo, interviene il Destino che, con le sue contrarietà, la costringe a pagare  tale amore attraverso la morte.

 

 

Il Conte di Luna: 

Abbastanza realista, vive con i piedi per terra ed esprime, in particolare, il suo pensiero attraverso l’aria “Il balen del suo sorriso”.

Non è proprio “il cattivo”, anche se, in lui, è sempre vivo il senso di vendetta ma, alla fine, perde la pace, dopo avere saputo che l’uomo che aveva combattuto e fatto uccidere era suo fratello.   

 

 

Ferrando: 

Capo dei soldati, non trascura occasione per raccontare la storia orrida della presunta  morte di Garcia, il bambino minore del  vecchio Conte di Luna. 

Psicologicamente, Ferrando aggiunge una propria dose di calunnia, cosa spiegabile  attraverso usi e mentalità dell’epoca e, oggi, a mezzo della “Sindrome di Procuste”, conosciuta dalla Psicologia.

Battuto al computer da Lauretta 

 



 

 

Il basso CARLO COLOMBARA canta “DI DUE FIGLI VIVEA PADRE BEATO”: 

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Il soprano ANNA NETREBKO canta “TACEA LA NOTTE PLACIDA”:  https://youtu.be/tt7ZpFgxHus

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Il CORO canta “CHI DEL GITANO I GIORNI ABBELLA”: 

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Il mezzosoprano DOLORA ZAJICK canta “STRIDE LA VAMPA”:

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Il mezzosoprano FIORENZA COSSOTTO canta “CONDOTTA ELL’ERA IN CEPPI”:

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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta “IL BALEN DEL SUO SORRISO”: 

 

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Il coro canta OR COI DADI MA TRA POCO: 

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “DI QUELLA PIRA”:

 

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Il soprano ANNA NETREBKO canta “D’AMOR SULL’ALI ROSEE”: 

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Il soprano BARBARA FRITTOLI e il baritono LEO NUCCI cantano il duetto  “MIRA DI ACERBE LACRIME”:

 

 

LA TRILOGIA POPOLARE VERDIANA: RIGOLETTO

  • Agosto 6, 2023 at 5:30 pm

 

Rigoletto è un’opera in tre atti di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratta dal dramma di Victor Hugo “Le Roi s’amuse” (“Il re si diverte”).

Prima rappresentazione: 11 marzo 1851, Teatro “La Fenice” di Venezia.

Esito: grande successo.  


Con “Il trovatore” (1853) e “La traviata” (1853), forma la cosiddetta “Trilogia Popolare” di Verdi. 

 

Personaggi: 

Il Duca di Mantova (tenore)
Rigoletto, suo buffone di Corte (baritono)
Gilda, figlia di Rigoletto (soprano)
Sparafucile, sicario (basso)
Maddalena, sorella di Sparafucile (contralto)
Giovanna, custode di Gilda (mezzosoprano)
Il Conte di Monterone (baritono)
Marullo, cavaliere (baritono)
Matteo Borsa, cortigiano (tenore)
Il conte di Ceprano (basso)
La Contessa di Ceprano (mezzosoprano)
Un usciere di corte (basso)
Un paggio della Duchessa (soprano)
Cavalieri, dame, paggi, alabardieri (coro) 

 

Interpreti della prima rappresentazione:

Il Duca di Mantova (tenore) Raffaele Mirate
Rigoletto (baritono) Felice Varesi  
Gilda (soprano) Teresa Brambilla
Sparafucile (basso) Paolo Damini 
Maddalena (contralto) Annetta Casaloni
Giovanna (mezzosoprano) Laura Saini    
Il Conte di Monterone (baritono) Feliciano Ponz  
Marullo (baritono) Francesco De Kunnerth
Il Conte di Ceprano (basso) Andrea Bellini
Contessa di Ceprano (mezzosoprano)  Luigia Morselli
Matteo Borsa (tenore) Angelo Zuliani
Usciere (tenore) Giovanni Rizzi  
Paggio (mezzosoprano) Annetta Modes Lovati            

Direttore di scena:   Francesco Maria Piave

Maestro del coro:   Luigi Carcano

Maestro al cembalo:   Giuseppe Verdi (per tre recite) 

Primo violino e Direttore d’orchestra: Gaetano Mares 


Scene   Giuseppe Bertoja  
    

 

Trama: 

Epoca: XVI secolo, a Mantova e dintorni.

Atto I:  Nel Palazzo Ducale.

Il Duca usa spesso mischiarsi  in modo anonimo tra la gente e, durante una festa, esterna a Borsa, il suo cortigiano, di essere intenzionato a conquistare una fanciulla che ha visto spesso all’uscita della chiesa (si tratta di Gilda, la figlia del suo buffone di corte).

Il cortigiano gli indica quante dame belle siano presenti e il Duca, un’anima piuttosto immorale e depravata (“Questa o quella per me pari sono”), tenta e lusinga la Contessa di Ceprano, cosa che fa arrabbiare il marito che subisce lo scherno di Rigoletto, il buffone. 


Contemporneamente, Marullo racconta ad altri cortigiani che il gobbo e deforme Rigoletto, ha un’amante per cui, questo argomento, diventa il motivo di vendetta verso il buffone da parte degli “offesi” attraverso il rapimento della donna, ma non sanno che “tale amante” è sua figlia.    


Il Conte di Monterone appare improvvisamente sulla scena e accusa il Duca alla presenza di tutti di avergli sedotto la figlia. 

Rigoletto lo deride, Monterone maledice lui e il Duca che ordina di arrestarlo e Rigoletto, spaventato dalle sue parole, scappa.       


Rigoletto è fortemente sconvolto dall’anatema di Monterone (“Quel vecchio maledivami”) e,  sulla strada di ritorno a casa, incontra Sparafucile, il cui lavoro è “esecutore di assassinii”; sicario che si mette a sua disposizione in caso di necessità. 

Per un certo verso, Rigoletto si sente simile a lui (“Pari siamo”), ricorda la sua vita sfortunata e cerca di estraniarsi mentalmente dalla maledizione appena ricevuta.


A casa, ritrova Gilda, la figlia che non conosce il lavoro di giullare del padre  e  Giovanna, la domestica, a cui raccomanda di vegliare sulla figlia (“Veglia, o donna, questo fiore”), in quanto angosciato dalla paura che la figlia possa essere danneggiata moralmente e fisicamente dal Duca che, purtroppo, è già entrato furtivamente nella casa e osserva tutto di nascosto. 


Rigoletto esce nuovamente da casa e il Duca, sotto le mentite spoglie di uno studente povero, Gualtier Maldé, avvicina Gilda e si dichiara innamorato (“È il sol dell’anima”) , ma viene fermato dalla presenza di qualcuno che si trova nei paraggi. 

Ritrovandosi sola, Gilda ripensa all’amore per il giovane (“Gualtier Maldé… Caro nome…”).    


Pur essendo notte, nei dintorni si aggirano i cortigiani, per effettuare il rapimento dell’ “amante di Rigoletto”. 

Anzi, lo coinvolgono, visto che era tornato indietro a causa di un presentimento, e gli  fanno credere che si tratta del rapimento della Contessa di Ceprano. 

Rigoletto accetta perché si sente sollevato dalla sua paura.  

I cortigiani sono tutti mascherati e lo bendano coprendogli occhi ed orecchi, dopodiché rapiscono Gilda (“Zitti zitti, moviamo a vendetta”).

Quando tutti sono partiti, si rende conto di che cosa è successo e ripensa alla maledizione ricevuta (“Ah, la maledizione!”). 

Atto II

Il Duca, dopo che è tornato a cercare Gilda, rientra nel suo palazzo ed è irritato e avvilito  a causa del rapimento della fanciulla (“Ella mi fu rapita”), ma i cortigiani lo portano a conoscenza  che hanno rapito l’amante di Rigoletto e apprende che questa si trova nel Palazzo: si rende conto che il caso è stato fortunato.


Rigoletto entra nel palazzo e, mostrandosi indifferente, cerca Gilda, mentre viene beffato dai cortigiani presenti ma, una volta capito che sua figlia è nella camera del Duca,  impreca con rabbia contro di loro. 

I cortigiani  sono sorpresi di sapere che hanno rapito sua figlia, ma non gli permettono di recarsi da lei (“Cortigiani, vil razza dannata”).  


Gilda lo raggiunge e gli rende noto che il suo onore è stato infamato. 

Rimasti soli, gli espone che ignorava la vera identità del giovane e che lo ha conosciuto  durante la funzione religiosa festiva (“Tutte le feste al tempio”). 

Rigoletto  la consola con la tenerezza del padre comprensivo quale egli è  (“Piangi, fanciulla”). 

In quel momento, Monterone passa perché viene portato in carcere e si ferma ad osservare  il  ritratto del Duca, convinto  che la sua maledizione non abbia colpito. 

Rigoletto risponde che LUI sarà l’artefice della vendetta  (“No vecchio t’inganni…sì, vendetta”): infatti, HA DECISO di rivolgersi a Sparafucile per commissionargli l’uccisione del Duca.

Atto III

Rigoletto vuole mostrare alla figlia chi è il Duca (sempre amato da Gilda), per cui  la conduce alla locanda di Sparafucile situata sulla riva del fiume Mincio.

Qui, anonimo, si trova il Duca, ammaliato e attirato da Maddalena, la sorella di Sparafucile. 

Di nascosto, Gilda vede il Duca irridere  le donne e gli uomini che si innamorano di loro  (“La donna è mobile”) e corteggiare Maddalena come si era comportato con lei, in precedenza  (“Bella figlia dell’amore”). 


Rigoletto comanda a Gilda di tornare a casa, di indossare abiti maschili  per sua integrità personale e, dopo essersi accordato con Sparafucile, si allontana  dalla locanda. 


Si avvicina il temporale e Gilda, ancora fortemente attratta dal suo amato, torna alla locanda e ascolta il dialogo fra Sparafucile e Maddalena che, incapricciata del Duca, insiste  col fratello perché lo risparmi e uccida Rigoletto quando porterà loro il denaro. 

Sparafucile, “professionalmente”, è serio e vuole rispettare “le sue regole”, ma decide di aspettare sino a mezzanotte e, se arriverà, ucciderà il primo uomo che entrerà nell’osteria (“Se pria che abbia il mezzo la notte toccato”). 

Gilda stabilisce che si sacrificherà al posto del Duca, si finge un mendicante, bussa alla porta della taverna e viene pugnalata. 


Rispettando gli accordi, Rigoletto ritorna alla locanda a mezzanotte e Sparafucile gli consegna il sacco contenente il corpo ucciso.

Rigoletto è soddisfatto di essersi vendicato e sta per gettare il corpo nel fiume quando sente la voce del Duca che arriva da lontano (ripresa de “La donna è mobile”). 

Rabbrividisce e non capisce a chi possa appartenere il corpo nel sacco; quando lo apre vede  con spavento e repulsione Gilda colpita a morte che gli chiede perdono e muore tra le sue braccia (“V’ho ingannato….Lassù in cielo”).


Rigoletto è disperato: la maledizione di Monterone si è concretizzata (“Ah, la maledizione!”). 

 


Brani noti: 

Atto I
Preludio
Questa o quella per me pari sono (ballata del Duca)
Pari siamo (monologo di Rigoletto)
Veglia, o donna, questo fiore (duetto Rigoletto Gilda)
È il sol dell’anima (duetto Duca GildaCaro nome (aria di Gilda) 


Atto II
Ella mi fu rapita!… Parmi veder le lagrime (recitativo ed aria del Duca) 
Potente amor mi chiama (Duca)
Cortigiani, vil razza dannata (invettiva di Rigoletto)
Tutte le feste al tempio (aria di Gilda)
Piangi fanciulla…..Sì, vendetta, tremenda vendetta (duetto Rigoletto Gilda) 


Atto III

La donna è mobile (canzone del Duca)
Bella figlia dell’amore (quartetto: Duca, Maddalena, Rigoletto, Gilda)
V’ho ingannato, colpevole fui (duetto Gilda Rigoletto)

 

Incisioni note: 

Lina Pagliughi Ferruccio Tagliavini Giuseppe Taddei Giulio Neri Angelo Questa Cetra Coro e Orchestra RAI Torino

Mercedes Capsir Dino Borgioli Riccardo Stracciari Ernesto Dominici Lorenzo Molajoli Col. Coro e Orchestra della Scala

Maria Callas  Giuseppe Di Stefano Tito Gobbi Nicola Zaccaria Tullio Serafin Col. Coro e Orchestra della Scala

Hilde Gueden Mario Del Monaco Aldo Protti Cesare Siepi Alberto Erede Decca Coro e Orchestra Accademia Santa Cecilia

Daniela Dessì  Vincenzo La Scola  Giorgio Zancanaro  Paata Burchuladze  Riccardo Muti  Orchestra del Teatro Alla Scala EMI

Leyla Gencer  Gianni Raimondi  Cornell Mac Neil  Josè Augurdat  Argeo Quadri  Orchestra e Coro del Teatro Colon di Buenos Aires  Valentine Records

Beverly Sills  Sherrill Milnes  Alfredo Kraus  Samuel Ramey  Jlius Rudel Ambrosian Opera Chorus & Philharmonia Orchestra Julius Rudel  Riccardo Chailly  Wiener Philharmoniker

Luciano Pavarotti  Joan Sutherland  Sherrill Milnes Martti Talvela  Richard Bonynge London Symphony Orchestra  DECCA  

Neil Shicoff  Edita Gruberova  Renato Bruson  Robert Lloyd  Giuseppe Sinopoli  Orchestra Nazionale di Santa Cecilia Philips

Vittorio Grigolo Julia Novikova  Placido Domingo  Ruggero Raimondi Zubin Mehta Orchestra Sinfonica Nazionale della R.A.I.

Francesco Demuro Nino Machaidze Leo Nucci Marco Spotti  Massimo Zanetti  Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma

 


LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

TRILOGIA POPOLARE DI VERDI:

E’ importante sapere che Verdi, persona sensibile, nelle opere della sua “Trilogia Popolare” ha voluto essere rivoluzionario presentando tre personaggi abbandonati dalla società a causa di tante ragioni: si tratta di Rigoletto, di Azucena e di Violetta, ossia tre esseri “esclusi” che, per tale motivo, il Destino ha stabilito il danno irreparabile, nonostante, a tutti i costi, essi vogliano creare qualcosa di bello che riguardi la loro esistenza.


Presa di mira dalla censura austriaca, all’inizio, l’opera “RIGOLETTO” è una tragedia basata  sul personaggio di un giullare alla corte dei Gonzaga, a Mantova. 

Idem, il dramma “Le Roi s’amuse” di Victor Hugo, viene censurato e, poi, ripresentato solo  nel 1882 circa (dopo cinquant’anni).  

Qui, Hugo, non piace a causa della narrazione circa la corte francese, il disfacimento morale e lo scostumato Re Francesco I. 

Nell’opera, l’azione viene ambientata alla corte di Mantova (corte che, nel periodo della narrazione di Hugo, non esiste più) e il re francese diventa il Duca di Mantova. 

 

Riguardo il titolo, Verdi (nel 1850) scrive al suo librettista Piave che il titolo deve essere obbligatoriamente  “La maledizione” perché il “deus ex machina” è la maledizione verbale  che  si traduce in maledizione psicologica e in maledizione concreta: infatti, Monterone è un ‘povero’ padre alla cui figlia è stato violato l’onore e che viene  schernito da un ‘povero’ buffone di corte che, a sua volta, viene maledetto da questo ‘povero’ padre. 


Il nome viene modificato da Triboletto (traduzione da Triboulet) a Rigoletto, ossia, “Rigoler” che, in lingua francese, significa scherzare.  
 


Sotto l’ASPETTO PSICOLOGICO, l’opera “RIGOLETTO”  E’ DI UNA POTENZA IMMENSA E COMPLESSA.   

Infatti, si tratta di un ARGOMENTO SEMPRE ATTUALE: in effetti, di intrecci simili, ne succedono tutti i giorni, nel Mondo. 


L’opera inizia con il tema della “maledizione”, tema potente: è stata definita “l’opera più completa di Verdi” perché è ricca di melodia, di passioni, di amore paterno e filiale, di tradimento, di Psicologia, di timbri vocali vari. 


E’ considerata un’opera bella di Verdi: in effetti, è coinvolgente, commovente, toccante, appassionante, entusiasmante. 

Verdi ci trasmette il periodo rinascimentale, in cui la cultura e il laicismo evidenziano e mettono in luce l’uomo dopo il periodo medioevale, in cui chi predominava era “il divino”, “il religioso”.   

Fra parentesi, è importante sottolineare che le figure che posseggono una doppia personalità sono una forte attrazione, per Verdi:  lui le ama interiormente e profondamente perché possiedono un’anima sofferente.  

Oltre a Rigoletto, ne sono di esempio Azucena e Violetta, le altre figure fondamentali della  Trilogia Popolare, ossia anime tormentate.  


Attraverso l’opera “Rigoletto”, Verdi dimostra chiaramente il grado di altissimo livello acquisito  e  dove i personaggi esprimono i vari aspetti delle loro caratteristiche interiori  e comportamentali: la melodia esprime la dimostrazione verbale, il sentimento e l’affetto,  l’anima, i desideri e gli impeti, le emozioni, la sensibilità, la dolcezza e la finezza, la lietezza e la beatitudine, le paure, le angoscie, …    

 


Rigoletto: 

Rigoletto: LA SUA “CATTIVERIA” NON RAGGIUNGE LE DIMENSIONI DI QUELLA DEL DUCA perché – pover’uomo – E’ COSTRETTO AD ESSERLO.

In particolare, “se la prende” proprio con Monterone, un altro padre, oltre a difendersi con grande sottigliezza psicologica crudele  verso i cortigiani e ad essere determinato nel prendere la decisione di far sopprimere il Duca di Mantova.       

Il Duca di Mantova, al cui ritratto, nel finale dell’atto secondo, il Conte di Monterone si rivolge mentre viene portato in carcere. 

Lo stesso ritratto a cui Rigoletto, poco dopo, si rivolge con “Sì, vendetta, tremenda vendetta,  di punirti già l’ora s’appressa”. 

A proposito del ritratto del Duca, ricordo il bellissimo film in bianco e nero con  il baritono Tito Gobbi, il tenore Mario Filippeschi, il soprano Lina Pagliughi e la regia di Carmine Gallone.

Rigoletto: personaggio “leone” è, contemporaneamente, fragile.

E’ un disperato. 

 

Infatti, DEVE sacrificare la sua libertà personale per guadagnarsi da vivere in questo modo comico, DEVE ridere per sopravvivere alle sue disgrazie morali che diventano fisiche e finanziarie, ha la paura continua che gli possano insidiare la figlia, è cosciente della sua gobba che lo deforma (gobba dovuta alla scoliosi, gobba  che gli attira le derisioni: a quel tempo, non esistono la radiografia e molte cure che possono aiutare a stare un pochino meglio), sa di essere stato amato dalla moglie “per compassione” (probabilmente, pensa che “Qualcuna doveva pur sposarlo …”). 


In Psicologia, è assodato che, chi scherza sempre, HA LA PAURA INCONSAPEVOLE DI SOFFRIRE; non è proprio il caso di Rigoletto, il cui retaggio NON permesso è  IL PIANTO ESTERIORE, in quanto OBBLIGATO A FARE RIDERE.


Oltre al difetto fisico e al relativo danno antiestetico e sgraziato, Rigoletto prova ostilità  nei confronti della società umana amorale che lo circonda, di cui odia il potere ricco e libero. 

Odia il potere  usato in modo sbagliato che si impone sulla gente debole con provocazione  del dolore morale attraverso la derisione continua che provoca rifiuto e disgusto negli altri.  


Rigoletto ha bisogno di usare la “maschera” crudele e codarda di Buffone di Corte verso la società e la “maschera” del Padre Buono verso Gilda. 

Padre che, comunque, sa essere persona tenera e che si nasconde dietro queste “maschere” perché la sua personalità è ferita profondamente. 

Infatti, Rigoletto conosce perfettamente la corte perversa dove è inserito “per lavoro” e, dentro di sé, ha il pensiero continuo della figlia, pensiero che esterna a Gilda quando torna a casa e non è più “il buffone” freddo e cinico. 

Nonostante tutto, l’anima di Rigoletto è piena di amore e, il duetto con la figlia è struggente, specialmente nel suo ricordo verso la moglie morta (“Quel capo amato”) e l”amore per la figlia (“Il mio Universo è in te”). 


Nel secondo atto, nel palazzo del Duca, dopo la ricerca della figlia, Rigoletto tuona duramente verso i cortigiani,  trasmettendo il suo stato d’animo alquanto risentito-ferito, e indignato, tanto da sembrare l’ esplosione di un cratere vulcanico: 

< Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l’oro sconviene,
ma mia figlia è impagabil tesor >


“Esplosione” che, a poco a poco, scende di tono dal momento che i cortigiani ormai sanno che il rapimento è stato compiuto ai danni suoi e di sua figlia. 

“Esplosione” che si trasforma in una supplica affinché sua figlia gli venga resa “seppur disarmata”, ossia, “ormai senza l’onore”: l’onore,  cosa appartenente agli usi e costumi,  alla mentalità e all’educazione della società umana di quel tempo. 

“Si’, vendetta”: Rigoletto PROMETTE VENDETTA a Gilda che ad un certo punto, lo implora “… Mi tradiva, pur l’amo …”; Gilda si riferisce al Duca che le ha lasciato il nome di Gualtier Malde’ e di averle fatto credere di essere uno studente, per di più, povero.   


Nel terzo atto, dopo il famoso quartetto, Gilda si presenta alla locanda di Sparafucile in abiti maschili, verrà colpita a morte e il sacco contenente il suo corpo – al posto di quello  del Duca di Mantova – viene consegnato a Rigoletto che crede di avere vinto. 

Si sente grande e invaso da una gioia immensa e crudele ma, la voce del Duca che canta la canzone di disprezzo alla donna, lo riporta nella realtà, provocandogli DELUSIONE e DISPERAZIONE.    


Gilda, colpita a morte, è ancora viva e riesce a raccontare al padre che vuole essere con la madre, vista la delusione subita nella sua giovanissima età. 

Si sente tranquilla, ormai, però Rigoletto è in tumulto a causa di UNA TRAGEDIA DELLA MISERIA UMANA. 


E’ importante citare che, dopo che Gilda comunica al padre che lei sarà con la madre, dalla risposta di Rigoletto – accompagnata dalla musica trascinante – si percepisce quanto amore lui abbia per questa unica figlia, ricordo della moglie nobilitata  “che lo ha sposato per compassione”.  

Un grande amore paterno e umano che, per fare giustizia, senza volere, ha provocato la sua stessa tragedia. 


Verdi è patriottico, ama le cose giuste e, in quest’opera, dimostra la lotta alle ingiustizie e al potere oltre i termini e oltre la pietà per i fragili: in questo caso, è Rigoletto il personaggio che gli ha fatto constatare che “Oh, < Le roi s’amuse > è il più gran soggetto che ho trovato finora, e forse il più gran dramma dei tempi moderni”. 


GRANDISSIMA OPERA! UN VERO CAPOLAVORO!   


GRANDE HUGO!  


GRANDE VERDI! 

 


Gilda: 

Il comportamento dell’adolescente Gilda si manifesta attraverso uno stato d’animo ansioso fra speranza e paura per il suo futuro: non ha più il rapporto con l’esempio della madre perché è morta e il rapporto con il padre si presenta un po’ ermetico, dal momento che Gilda non viveva con i genitori, ma è con Rigoletto solamente “da tre lune”, ossia tre mesi  e, comunque, non conosce ancora la città e frquenta solamente il “Tempio”.    

Quindi, non si è ancora manifestata quell’apertura mentale fra padre e figlia che possa gratificare Gilda come persona che decide di sé stessa, che non può manifestare curiosità verso l’amore.

Il suo amore si attiva per il bello e dolce studente Gualtier Maldé (che si scoprirà essere il Duca), amore che la porterà nel letto NON matrimoniale legittimo, ma simbolo “indegno”.

La sua bassa autostima la porta al sacrificio d’amore che la conduce alla morte.    

 
EH, … GLI USI E I COSTUMI CHE INFLUENZANO E INCIDONO SULLA SOCIETA’ UMANA … 

 


Il Duca di Mantova: 

Un personaggio intrigante e interessante, psicologicamente.


E’ importante citare che, SECONDO LA PSICOLOGIA: 

< Ogni personaggio ha un proprio aspetto fisico, caratteriale, ideologico, sociale, culturale ecc…Questi sono fondamentali per permettere al lettore di comprendere a fondo la figura di cui si sta narrando: aspetto fisico, aspirazioni ideali, condizioni sociali ed economiche, conoscenze culturali, tratti psicologici e stati d’animo >.

Fin da subito, risulta evidente che il Duca di Mantova è simile a Don Giovanni di Mozart e, ad ogni modo, secondo quanto risulta in Psicologia, “La caratterizzazione psicologica evidenzia la mentalità di un personaggio e comprende il suo stato  emotivo, il suo ragionare, i motivi delle sue azioni, la sua condotta verso la società umana, la sua mimica, la sua movenza”. 

Se è vero che “Mozart e Da Ponte riescono ad addentrarsi in tutto ciò che può rendere esplicita la personalità di Don Giovanni”, è anche vero che, qui, Piave e Verdi rendono  bene l’idea della personalità dissoluta e immorale del Duca di Mantova, della cattiveria sua e dei cortigiani. 

Tutta gente con un aspetto fisico bello, gente appartenente ad un ceto sociale elevato, gente colta ed istruita. 


In particolare, Il Duca di Mantova odia e disprezza la donna: “forse”, nessuno gli ha mai detto che è stato PARTORITO PROPRIO DA UNA DONNA . . .    


Non empatico, anaffettivo, è l’uomo che comanda, che ha tutto ai propri piedi,  … 

La donna e gli altri “sono solamente OGGETTI da usare”, “sono COSE INANIMATE”, sono “COMPARSE”. 


Senza dubbio, è frustrato (ossia, vanificato da qualche trauma), il cui complesso di inferiorità – per reazione – gli fa assumere il complesso di superiorità.  


Spavaldo, gode i piaceri della vita unitamente, forse, alla paura  delle congiure e degli intrighi di palazzo. 

Potrebbe essere perché, di solito, questi tipi di persone possono “reagire” così alla paura interiore.  


Il Duca ha un comportamento seduttivo, in generale; in particolare, ha frasi dolci e convincenti verso Gilda-“donna celeste”, la cui personalità inconsciamente – idem – vuole “abbattere”. 


Confronta l’amore con la potenza, il trono, dal momento che, certamente, si tratta di persona insicura, con poca autostima, ossia poca fiducia in sé stesso, tanto da “dover dimostrare al mondo che “cosa è capace di fare” come reazione.
 


Mi chiedo se – il seguire Gilda fino a casa e, poi, introdursi attraverso l’uscio “socchiuso” – sia dovuto a quello che, oggi, è stato identificato come “stalking” e “violazione di domicilio”. 

Sicuramente, si tratta di ossessione incontrollabile di “voler possedere” per sentirsi qualcuno.


“Ella mi fu rapita”: all’inizio del II atto, il Duca ha un momento di riflessione secondo cui  NON sembra essere l’egoista privo di empatia, perché Gilda ha la facoltà inconscia “quasi di trarlo a virtù”: è colei che è stata capace di destargli “costanti” affetti. 

(Chiaramente, si tratta di una cosa passeggera, nel Duca, perché la sua personalità guasta è radicata in lui: NON può cambiare).  


E, ad ogni modo, la vita del Duca viene salvata da Gilda e Maddalena, due esseri umani che appartengono al genere femminile da lui tanto odiato.
 

 


Sparafucile: 

E’ un bravo, un sicario prezzolato per “lavori su commissione” che, verso  il suo lavoro, possiede una certa “deontologia”: infatti, è abbastanza restìo a cedere alla preghiera della sorella ma, poi, l’accontenta “appellandosi” alla “sostituzione di persona” attraverso il primo che si presenterà alla locanda dopo mezzanotte. 

 


Maddalena: 

Maddalena: donna che pratica l’amore mercenario, aiuta il fratello adescando “i clienti”.

Oggi, sarebbe oggetto di “denuncia per adescamento”, ma – qui – risulta chiarissimo che tutto è a causa della povertà  di quel  tempo in cui bisognava “arrangiarsi” anche con alcuni tipi di lavori per sopravvivere: cosa attuale, comunque.

La sua è una parte breve, ma incisiva in quanto s’innamora del Duca in incognito (“Apollo”)  e convince il fratello ad uccidere un altro al posto suo, cambiando gli eventi.

 


La Contessa di Ceprano: 

La Contessa di Ceprano, dall’apparizione brevissima, risponde al Duca che, a forza,  deve “seguire lo sposo che volge a Ceprano”, però sembra essere l’unica donna che resiste al nobile, il quale ne è attratto a causa di ciò che non riesce ad avere come reazione conseguenziale all’essere abituato ad avere tutto, ossia “il proibito”.

Battuto al computer da Lauretta 

 




      

 

RICCARDO MUTI dirige il PRELUDIO: 

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 Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta la Ballata del Duca “QUESTA O QUELLA PER ME PARI SONO”:

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Il baritono INGVAR WIXELL canta il monologo di Rigoletto “PARI SIAMO” e il duetto con il soprano EDITA GRUBEROVA “FIGLIA! – MIO PADRE”: 

 

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Il baritono INGVAR WIXELL con il soprano EDITA GRUBEROVA canta “VEGLIA, O DONNA, QUESTO FIOR”: 

 

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI e il soprano EDITA GRUBEROVA cantano il duetto “È IL SOL DELL’ANIMA”: 

 

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Il soprano EDITA GRUBEROVA canta “CARO NOME”: 

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “ELLA MI FU RAPITA … PARMI VEDER LE LAGRIME”:

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “POSSENTE AMOR MI CHIAMA”: 

 

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Il baritono INGVAR WIXELL canta l’Invettiva di Rigoletto “CORTIGINI, VIL RAZZA DANNATA”:

 

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Il soprano EDITA GRUBEROVA canta “MIO PADRE! TUTTE LE FESTE AL TEMPIO”: 

 

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Il baritono INGVAR WIXELL e il soprano EDITA GRUBEROVA cantano “PIANGI FANCIULLA … SI’, VENDETTA, TREMENDA VENDETTA”:

https://youtu.be/t0U0BYsGafw

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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “LA DONNA E’ MOBILE”:

https://youtu.be/-UdKxIxTUZQ

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Il mezzosoprano VICTORIA VERGARA, il tenore LUCIANO PAVAROTTI, il soprano EDITA GRUBEROVA e il baritono INGVAR WIXELL cantano il Quartetto “BELLA FIGLIA DELL’AMORE”:

https://youtu.be/-OqzO6cT9Vw

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Il soprano EDITA GRUBEROVA e il baritono INGVAR WIXELL cantano il duetto “CHI E’ MAI? … MIA FIGLIA!” – V’HO INGANNATO, COLPEVOLE FUI”:

 

TOSCA DI GIACOMO PUCCINI

  • Agosto 6, 2023 at 2:19 pm


Tosca è un’opera in tre atti su Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica tratto da “La Tosca” di Victorien Sardou (dramma rappresentato per la prima volta il 24 novembre 1887 al Théatre de la Porte-Saint-Martin di Parigi, il cui successo è legato soprattutto all’interpretazione di Sarah Bernhardt).

Prima rappresentazione: Teatro “Costanzi” di Roma, 14 gennaio 1900.  


Personaggi: 

Floria Tosca, celebre cantante (soprano lirico spinto)
Mario Cavaradossi, pittore (tenore lirico spinto)
Il barone Scarpia, capo della polizia (baritono drammatico)
Cesare Angelotti (basso cantante)
Il Sagrestano (basso)
Spoletta, agente di polizia (tenore)
Sciarrone, gendarme (basso
Un carceriere (basso)
Un pastorello (voce bianca) 


Cast della prima assoluta, direttore Leopoldo Mugnone: 

Floria Tosca (soprano) Hariclea Darclée  
Cavalier Mario Cavaradossi (tenore) Emilio De Marchi  
Il barone Scarpia (baritono) Eugenio Giraldoni   
Cesare Angelotti (basso) Ruggero Galli  
Il Sagrestano (basso) Ettore Borelli  
Spoletta (tenore) Enrico Giordani 
Sciarrone (basso) Giuseppe Gironi  
Un carceriere (basso) Aristide Parasassi 
Un pastore (voce bianca) Angelo Righi   

Direttore: Leopoldo Mugnone 



Trama:   

Periodo storico: Roma, giugno 1800.


Atto I:     

Poco dopo la Battaglia di Marengo, la Prima Repubblica Romana cade con conseguente atmosfera tesa seguita agli avvenimenti rivoluzionari successi in Francia. 

L’inizio dell’opera è solenne e preannuncia Scarpia, il Capo della Polizia Papalina.   

Il bonapartista Conte Angelotti, ex console della Repubblica Romana, è evaso dalla prigione di Castel Sant’Angelo e si nasconde nella Basilica di Sant’Andrea della Valle: qui, la marchesa Attavanti, sua sorella, ha preparato degli indumenti femminili per evitare il riconoscimento.
Arrivato in chiesa, a causa dell’operato del Sagrestano, Angelotti è costretto a nascondersi nella Cappella di sua sorella.

Il Sagrestano brontola mentre ripulisce gli strumenti del pittore che, dopo poco, arriva per riprendere il lavoro al ritratto che sta dipingendo. 

Mario Cavaradossi ha ritratto di nascosto la Marchesa Attavanti, ma confronta i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri con Tosca (“Recondita armonia”).   

Il sacrestano se ne va e Cavaradossi si accorge di Angelotti, suo buon conoscente e di cui approva il credo politico. 

Mentre entrambi preparano la fuga, arriva Floria Tosca, l’amante di Cavaradossi, per cui Angelotti è costretto a nascondersi nuovamente nella cappella. 

Cavaradossi non può rivelarle quanto sta succedendo, dal momento che Tosca potrebbe rivelare la presenza di Angelotti, in confessione.
Tosca espone al suo Mario quanto desidera, per quella sera (Non la sospiri la nostra casetta…), ma riconosce la marchesa Attavanti come la Maddalena del dipinto e fa una scenata di gelosia al pittore che, faticosamente, riesce a tranquillizzarla e a salutarla (Qual occhio al mondo…),  

Angelotti e Cavaradossi riprendono il loro dialogo e il secondo si offre di proteggerlo presso la sua villetta. 

Un colpo di cannone rende nota la fuga del prigioniero da Castel Sant’Angelo e Cavaradossi stabilisce di accompagnare Angelotti per coprirlo travestito da donna. Purtroppo, dimenticano il ventaglio nella cappella.  

Non è vero che, a Marengo, l’Austria ha vinto su Napoleone, ma la notizia allieta il Sagrestano che vuole ringraziare, organizzando il Te Deum con il coro di bambini. 

Il barone Scarpia, capo della polizia papalina, arriva all’improvviso perché insegue Angelotti e nutre forti sospetti su Mario, come bonapartista. 
Per poterlo incriminare e incarcerare come complice di Angelotti, cerca di interessare Tosca che è ricomparsa per avvertire Mario che dovrà cantare a Palazzo Farnese per celebrare il fatto bellico (“Ed io venivo a lui tutta dogliosa…”).
Servendosi del ventaglio trovato nella cappella degli Attavanti, Scarpia provoca, ad arte, la gelosia ossessiva di Tosca che cade nel trabocchetto tesole dal poliziotto.   
Tutto questo, nonostante sia stata appena tranquillizzata da Mario, perché crede che si sia verificato un incontro clandestino fra Cavaradossi e la Marchesa: per cui promette di ritrovarli.

Atto II:

Scarpia è nel suo appartamento e sta cenando mentre, al piano superiore di Palazzo Farnese, alla presenza del Re e della Regina di Napoli, è in atto il festeggiamento che si svolge per celebrare la battaglia vinta.

Tosca è stata seguita fino alla villetta di Mario da Spoletta e dai suoi gendarmi che la vedono uscire poco dopo dal momento che lei stessa si è resa conto di avere commesso un errore di comportamento geloso.  

Dopo la perquisizione della casa del pittore, lo arrestano per non avere trovato Angelotti.   
Cavaradossi è condotto da Scarpia e interrogato: rifiutando di svelare il nascondiglio di Angelotti viene torturato. 
Dopo poco che Tosca ha cantato al piano superiore, Scarpia la chiama e le fa sentire le grida lamentose di Mario.   
Logorata, Tosca riferisce a Scarpia che il nascondiglio di Angelotti è nella villetta e Scarpia ripete, in presenza di Cavaradossi: “Il pozzo nel giardino!”.    
Cavaradossi si sente tradito da Tosca e, subito dopo, il messo annuncia che la notizia della vittoria austriaca era falsa, dal momento che Napoleone ha sconfitto i nemici, a Marengo.   
Mario si esalta alla notizia della vittoria e Scarpia rende subitanea la sua condanna a morte per fucilazione.   

Più tardi, Scarpia viene a sapere che Angelotti di è suicidato all’arrivo degli sbirri nella villetta, per cui ordina l’impiccagione del corpo del Conte accanto a Cavaradossi.  

Tosca è disperata e chiede a Scarpia la grazia per il suo Mario: la grazia ci sarà alla condizione che lei gli si conceda, per cui, provando orrore, si rammarica tristemente (“Vissi d’Arte”) e, da persona forte, si ritrova a supplicare l’inflessibile Scarpia, al quale “DEVE” CEDERE.  

Scarpia chiama Spoletta e, d’accordo con lui, tranquillizzano Tosca che la fucilazione sarà inscenata con i fucili caricati a salve: “Come facemmo col Conte Palmieri”). 
Dopodiché, raccomandato a Spoletta che non vuole essere disturbato, scrive il salvacondotto per Tosca e Cavaradossi in modo che raggiungano il Porto di Civitavecchia e si avvicina a Tosca affinché rispetti il patto ma, lei, avendo trovato un coltello sulla tovaglia, lo uccide. 

Poi, s’impossessa del salvacondotto strappandolo dalle mani di Scarpia e, con pietà posa due candelabri ai suoi lati, un crocifisso sul suo petto e se ne va. 

Atto III: È l’alba.

Si sente un canto in dialetto romanesco da parte di un pastorello.   

Cavaradossi sta per essere giustiziato e scrive a Tosca la sua estrema lettera d’amore, però la interrompe perché ripensa intensamente al loro rapporto attraverso l’aria “E lucevan le stelle”.

Di sorpresa, Tosca arriva e gli racconta di essere stata costretta ad uccidere il poliziotto, gli esibisce il salvacondotto e lo porta a conoscenza della finta fucilazione, per cui scherza anche sul fingere in modo veritiero di morire per ingannare tutti. 

Ma Tosca si agita e si scombussola perché Cavaradossi è stato fucilato realmente e, rincorsa dagli sbirri a causa del ritrovamento del corpo inerte di Scarpia, grida “O Scarpia, avanti a Dio!” e si getta nel vuoto.


Brani più noti:

Recondita armonia   
Quale occhio al mondo può star di paro    
Tre sbirri… una carrozza… presto!… seguila   
Va’ Tosca! Nel tuo cuor s’annida Scarpia!   
Ella verrà… per amor del suo Mario!   
Orsù, Tosca, parlate / Non so nulla! / Non vale   
Vissi d’arte, vissi d’amore   
E lucevan le stelle… e olezzava   
Amaro sol per te m’era morire   
O dolci mani mansuete e pure   
E non giungono… Bada!…   
Son pronto / Tieni a mente… al primo   
Com’è lunga l’attesa! 

 

Incisioni note:  

Maria Caniglia, Beniamino Gigli, Armando Borgioli, Ernesto Dominici, Giulio Tomei – Oliviero De Fabritiis

Renata Tebaldi, Giuseppe Campora, Enzo Mascherini, Dario Caselli, Fernando Corena – Alberto Erede

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Tito Gobbi, Franco Calabrese, Melchiorre Luise – Victor De Sabata

Antonietta Stella, Gianni Poggi, Giuseppe Taddei, Ferruccio Mazzoli, Leo Pudis – Tullio Serafin

Renata Tebaldi, Mario Del Monaco, George London, Silvio Maionica, Fernando Corena – Francesco Molinari Pradelli  

Birgit Nilsson, Franco Corelli, DietrichFischer-Dieskau, Silvio Maionica, Alfredo Mariotti – Lorin Maazel 

Mirella Freni, Luciano Pavarotti, Sherrill Milnes, Richard Van Allan, Italo Tajo – Nicola Rescigno

Katia Ricciarelli, José Carreras, Ruggero Raimondi, Gottfried Hornik, Fernando Corena – Herbert von Karajan

Carol Vaness, Giuseppe Giacomini, Giorgio Zancanaro, Piero De Palma, Danilo Serraiocco, Alfredo Mariotti            – Riccardo Muti

Angela Gheorghiu, Roberto Alagna, Ruggero Raimondi, Maurizio Muraro, Enrico Fissore – Antonio Pappano    

 

Adattamenti e video:

Tosca (film 1918)

Tosca (film 1941) 

Avanti a lui tremava tutta Roma (film del 1946) 

Tosca, film-opera diretto da Carmine Gallone (1956) 

La Tosca, film diretto da Luigi Magni con musiche di Armando Trovajoli (1973)

Tosca, film per la televisione del 1976 con Raina Kabaivanska nella parte della protagonista, Plácido Domingo come Mario Cavaradossi, Sherrill  Milnes nella parte del barone Scarpia, Alfredo Mariotti e diretto da Bruno Bartoletti per la regia di Gianfranco De Bosio  Decca.  

Tosca: James Conlon/Luciano Pavarotti/Shirley Verrett/MET, regia Tito Gobbi,   

1978 Decca Tosca (reg. Franco Zeffirelli, live MET) – Giuseppe Sinopoli/Plácido Domingo/Hildegard Behrens, 

1985 Deutsche Grammophon Tosca, nei luoghi e nelle ore di Tosca – film diretta TV (Rai Uno 1992), regia Giuseppe Patroni Griffi, orchestra diretta da Zubin Mehta; Plácido Domingo: Cavaradossi; Catherine Malfitano: Tosca; Ruggero Raimondi: Scarpia.Tosca,film-opera diretto da Benoît Jacquot (RAI uno  

2001) Tosca- Amore disperato, opera moderna diretta da Lucio Dalla  

(2003) Tosca- Paolo Carignani/Emily Magee/Jonas Kaufmann, 2008 Decca  

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:  


“La Tosca”, dramma di Sardou, “viene rappresentato al “Teatro dei Filodrammatici” di Milano nel 1889 e colpisce Puccini al punto di volerne ricavare un’opera; per cui lo comunica a Giulio Ricordi che, a sua volta, ne parla con Sardou il quale non rifiuta ma si dimostra distaccato circa la cosa. 

La stesura del libretto viene autorizzata a Ricordi che la passa ad Alberto Franchetti per avere conseguito un grande successo per la sua opera “Cristoforo Colombo”, però Franchetti rinuncia dopo qualche mese e Ricordi affida il lavoro a Puccini.  

Ostacoli e considerazioni portano la prima rappresentazione di “Tosca” al Teatro “Costanzi” di Roma, il 14 gennaio 1900, in presenza del presidente del Consiglio Luigi Pelloux e della regina Margherita di Savoia. 

Nonostante la serata nervosa e il direttore d’orchestra – Leopoldo Mugnone – sia obbligato ad  interrompere l’esecuzione e ricominciare da capo, nonostante la critica si aspetti un’opera conforme a “Manon” e a “La bohème”, “Tosca” si assicura un posto in repertorio, arrivando ad essere messa in scena nei maggiori teatri lirici della Terra. 

In quest’opera (la più drammatica di Puccini) i fatti apprensivi si centralizzano su Tosca-Scarpia-Cavaradossi, disegnando i loro profili caratteriali e l’amore dei due amanti preso di mira dal poliziotto. 
Infatti, l’introduzione dell’opera segna la forte solennità che preannuncia il barone Scarpia e la sua personalità viscida, la melodia si distingue particolarmente nei duetti tra Tosca e Mario e nelle tre romanze “Recondita armonia”, “Vissi d’arte”, “E lucevan le stelle”, che rallentano la tensione, mentre la massima drammaticità la riscontriamo nel secondo atto, dove il protagonista è proprio Scarpia. 

E’ un caso drammatico che evidenzia la gelosia, la costrizione morale, la menzogna, la tortura, la crudeltà, la vendetta, la punizione.

 

Tosca: 

Tosca: una donna non comune dal carattere dolce – forse, a volte, un po’ fragile ma anche forte – risoluta ed empatica (“ad accarezzar fanciulli … a coglier rose …), con emozioni passionali e fisiche.  

E’ anche una Signora, nell’anima, una Signora Artista della Musica, in quanto artista sensibile, oltre a possedere umiltà.    

Tosca NON SA che Scarpia SA GIA’ che verrà perduta dalla sua stessa gelosia morbosa, ma il Barone – a causa del suo credersi “il centro dell’universo” – NON si rende conto che questa donna pretende fedeltà dal suo uomo per cui NON SE LA SENTE DI SOTTOSTARE ad un NARCISISTA MALIGNO/PERVERSO e, quindi – appena le capita di vedere il coltello, sulla tovaglia, DECIDE DI UCCIDERE il poliziotto DOPO AVERE RICEVUTO IL SALVACONDOTTO FIRMATO DALLO STESSO SCARPIA.

Poi, in un atto di pietà, Tosca pone i due candelabri ai lati di Scarpia-morto NON senza avere constatato, senza provare rimorso: “E AVANTI A LUI TREMAVA TUTTA ROMA”. 


Tosca: un’eroina che ha fatto il possibile per salvare se stessa e il suo uomo dal ricatto ma, alla fine, sarà felice con lui nell’Altro Mondo.

 


Mario Cavaradossi: 


Lavora come pittore nella Chiesa di Santa Maria della Valle, ma vive la società che è attorno a lui con una certa indifferenza, da persona giovane e da artista qual è: infatti, è amante dell’Arte e, nel primo atto, celebra tale Arte per mezzo della bellezza delicata e aggraziata della DONNA attraverso l’aria “Recondita armonia”.
Aria in cui confronta la donna bionda, con gli occhi azzurri del quadro che sta dipingendo, con Floria Tosca, bruna, con “l’occhio nero” della tipica bellezza italiana.  

Inizialmente, non è un eroe; non è nemmeno un patriota.
Però sa aiutare il suo prossimo: infatti, si trova faccia a faccia col Conte Angelotti appena evaso da Castel Sant’Angelo, dove era prigioniero liberale-democratico e lo supporta nascondendolo presso casa sua, una villetta con il pozzo dalla quale potrà fuggire.  

A seguito di questo, si scoprirà che Cavaradossi è capace di riconoscere i suoi impulsi democratici e per cui la sua personalità diventerà eroica e patriottica: lo si comprende dalla sua resistenza alla tortura per non rivelare il nascondiglio dell’amico Conte Angelotti.   

Cavaradossi è vittima del meccanismo mentale di Scarpia e viene fucilato: per avere amato il suo prossimo, paga con la vita.  



Scarpia:
   

La scena del “Te Deum”, scena significativa perché mette in risalto la “rabbia in corpo” di Scarpia, segue immediatamente il suo ordine al fido Spoletta di pedinare Tosca per arrivare ad arrestare i Bonapartisti: infatti, Scarpia è il Deus ex Machina e il maligno Capo della Polizia Pontificia che si serve soprattutto della GELOSIA di Tosca per arrivare ai suoi scopi; in questo caso, a mezzo del ventaglio trovato in chiesa.  

Sotto l’aspetto psicologico, Scarpia è un personaggio molto interessante: vissuto e cresciuto con l’educazione e la mentalità del tempo, i fattori ambientali lo portano a rincorrere IL POTERE ed è “L’UOMO CHE COMANDA e TUTTO GLI E’ PERMESSO”.

Scarpia è un approfittatore del maschilismo dell’epoca e della sua carica lavorativa presso lo Stato Pontificio per mostrare la sua “potenza” e la sua ambizione smisurata: infatti, da essere viscido, agisce per proprio interesse personale, è narcisista maligno manipolatore perverso.
E’  “un fragile”, ma sembra che non sappia molto giudicarsi per ciò che è realmente. 

Desidera pazzamente Tosca ma, interiormente sadico, NON sa amare le donne perché  è un essere insicuro e frustrato che – inconsciamente – vuole sottomettere la personalità femminile.
NON sa soddisfare e NON saprebbe farlo, specialmente, verso una donna INNAMORATISSIMA del suo uomo.  

Come Iago, in “OTELLO” di Verdi, anche Scarpia vola molto in alto, ma – COME PER ICARO – LA CERA DELLE ALI SI SCIOGLIE E LO FA PRECIPITARE ROVINOSAMENTE: PER LUI, IL POTERE TERMINA.   
 

Per cui, a seguito della sua morte: 

. Scarpia: il fido Spoletta e il gendarme Sciarrone lo piangeranno perché non avranno più il loro “protettore”. 

. Scarpia: la sua presenza si aggira vittoriosa, nel III atto, anche dopo morto, come se fosse un fantasma.

. Scarpia muore per mano di Tosca, ma E’ il VINCITORE su tutti.

. Scarpia è il personaggio più bello dell’opera: senza di lui, “Tosca” non esisterebbe.



Cesare Angelotti: 

Angelotti non è un perdente perché Scarpia avrà il suo corpo freddo, ma NON la sua anima: Scarpia, soprattutto, da sadico mentale, non lo potrà torturare e uccidere.   




Vittoriano Sardou ha scritto “La Tosca”, i librettisti Luigi Illica (molto patriottico) e Giuseppe Giacosa hanno saputo trarre l’argomento validamente, esprimendo molto bene la psicologia dell’opera per la musica interiormente divina di Puccini che ha conferito splendore e che l’ha consacrata come capolavoro.


Battuto al computer da Lauretta







 


Il tenore MARIO LANZA canta “RECONDITA ARMONIA”: 

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Il soprano RAINA KABAIVANSKA e il tenore PLACIDO DOMINGO cantano il duetto dal I atto “QUALE OCCHIO AL MONDO PUO’ DI STAR DI PARO” : 

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Il baritono SHERRIL MILNES e il coro cantano “Tre sbirri… una carrozza… presto!… seguila” e “TE DEUM”:   https://youtu.be/FHOJCdfBFQg 

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “VISSI D’ARTE, VISSI D’AMORE”: 

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “E LUCEVAN LE STELLE”: 

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Il soprano MARIA CALLAS e il tenore GIUSEPPE DI STEFANO cantano il duetto dal III atto “O DOLCI MANI MANSUETE E PURE”:

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Il soprano RAINA KABAIVANSKA e il tenore PLACIDO DOMINGO cantano IL FINALE:

 

SAMSON ET DALILA di CAMILLE SAINT-SAËNS 

  • Agosto 4, 2023 at 5:23 pm

 

Opera in tre atti e quattro quadri su libretto di Ferdinand Lemaire tratto da un fatto biblico.  

Musica di Camille Saint-Saëns   

Fonte: Bibbia

 

Prima rappresentazione: Teatro Granducale di Weimar, 2 dicembre 1877 (in lingua tedesca)

Prima rappresentazione italiana: Teatro “Pagliano” di Firenze, 26 marzo 1892

Prima rappresentazione francese: Rouen, 23 marzo 1890 (in lingua francese)

 


Personaggi:


Dalila (mezzosoprano)
Samson (tenore)
Il sommo sacerdote di Dagon (baritono)
Abimelech, satrapo (basso)
Un vecchio ebreo (basso)
Un messaggero (tenore)
Due Filistei (tenore e baritono)
Ebrei, Filistei (coro)

 

I primi interpreti: 

Sansone, tenore, Franz Ferenczy
Dalila, mezzosoprano o contralto, Auguste von Müller
Sommo Sacerdote di Dagon, baritono, Hans von Milde
Abimélech, satrapo di Gaza, basso, Dengler
Primo Filisteo, tenore, Karl Knopp
Secondo Filisteo, basso, Felix Schmidt
Messaggero filisteo, tenore, Winniker
Vecchio ebreo, basso, Adolf Henning
Ebrei, Filistei = coro 

Direzione: Eduard Lassen 

 

Trama: 

Epoca: In Palestina, intorno al 1150 a.C.

Atto I: Una piazza nella città di Gaza, in Palestina, davanti al tempio di Dagon.

Gli Ebrei chiedono aiuto al Signore perché sono oppressi dai Filistei (“Dieu! Dieu d’Israel”).

Sansone li esorta a credere pienamente nel Signore perché  lui riuscirà a liberarli presto  dalla schiavitù (“Arretez, o mes frères!”). 

Il satrapo Abimelech schernisce gli Ebrei e il loro Dio (“Qui donc élève ici la voix?”) e viene ucciso da Sansone (“C’est toi que sa bouche invective…..”), per cui il suo seguito fugge in una direzione, mentre Sansone e i suoi fuggono nell’altra.   

Il Gran Sacerdote, rendendosi conto dell’uccisione di Abimelech, comanda la sterminazione degli Ebrei (“Que vois je? Abimelech! Frappé par des esclaves!”), quando un messaggero comunica che gli Ebrei, guidati da Sansone, stanno saccheggiando il raccolto, per cui si rifugia nelle montagne, mentre gli Ebrei ringraziano il Signore (“Hymne de joie…”).

Dalila esce dal tempio assieme ad altre sacerdotesse filistee (“Voici le printemps…..”), e  usa l’astuzia affinché i Filistei si rivalgano sugli Ebrei e celebra la vittoria di Sansone dicendogli di amarlo e invitandolo ad accompagnarla nella valle di Soreck (“Je viens célébrer la victoire…..”).

Nonostante sia incerto tra diversi sentimenti e i richiami di un vecchio saggio ebreo che lo ha avvertito della doppiezza e della falsità di Dalila, Sansone  la segue nella sua casa. 

 

Atto II: La valle di Soreck, in Palestina. 

In attesa dell’arrivo di Sansone, Dalila prega Dagon, il Dio dei Filistei, perché  lei possa aiutare il suo popolo contro gli Ebrei (“Samson, recherchant ma présence…”, “Amour, viens aider ma faiblesse”) e, al Gran Sacerdote  (“J’ai gravi la montagne…”), a cui confida il suo programma (“Qui….. déjà par trois fois…”), Dalila giura la soppressione di Sansone.

Giunge Sansone, quasi pentito di non avere ascoltato i consigli circa il fare attenzione a Dalila: Dalila che lo irretisce nella scena della seduzione (“Mon coeur s’ouvre à ta voix…”), facendo capitolare il giovane che, però, non vuole portarla a conoscenza del segreto della sua forza. 

Dalila fa la preziosa, lo fa sentire in colpa e vile per non amarla, per cui torna a casa. 

Si manifesta l’ira di Dio attraverso un forte temporale.

Sansone è lacerato dalla passione (“En ces lieux, malgré moi…..”), per cui pensa che sia giusto seguire la donna che, dopo poco tempo, chiama gli sbirri del Gran Sacerdote che circondano la casa e lo incarcerano. 

 

Atto III: 

Scena I: Nella prigione di Gaza, Sansone gira la macina.

Sansone, privo della forza donatagli dai capelli e accecato, nel carcere, costretto a girare  la macina da mulino (un lavoro svolto dagli asini), prega affinché gli Ebrei non si vengano a trovare nelle sue stesse condizioni (“Vois ma misère, helas!”).

Inoltre, Ebrei prigionieri lo maledicono a causa di Dalila  (“Samson, qu’as tu fait de tes frères?”) . 

Scena II: Interno del Tempio di Dagon.

Sansone viene portato nel tempio di Dagon nel quale un’orgia incontrollata (“Baccanale”) rende onore alla vittoria filistea e subisce lo scherno del Gran Sacerdote che lancia una sfida: “prega” il Dio ebreo affinché renda la forza a Sansone (“Salut! Salut au juge d’Israel!….. “),.

Nel tempio, tutti lodano ed esaltano Dagon, che ritengono il solo ed effettivo dio assoluto, mentre Dalila (alquanto cinica e crudele) e la calca popolare si beffano di Sansone che, pregato Dio di rendergli “gli occhi, la forza e la vittoria” per un istante, chiede l’aiuto di un ragazzino per farsi accompagnare presso le due colonne portanti del tempio dove, idem,  prega Dio di ridargli la sua forza per provocarne il crollo, per cui tutti quelli che si trovavano al suo interno moriranno assieme allo stesso Sansone.

 

Brani famosi:

Dieu! Dieu d’Israël! (Coro, Atto I)
Printemps qui commence (Dalila, Atto I)
Amour, viens aider ma faiblesse (Dalila, Atto II)
Mon cœur s’ouvre à ta voix (Dalila, Atto II)
Baccanale (Atto III) 

 

Discografia (selezione):

Jon Vickers, Rita Gorr, Ernest Blanc   Georges Prêtre   EMI
Plácido Domingo, Elena Obraztsova, Renato Bruson   Daniel Barenboim Deutsche Grammophon
José Carreras, Agnes Baltsa, Jonathan Summers Colin Davis Philips
Placido Domingo, Waltraud Meier, Alain Fondary Myung-whun Chung EMI  

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Fin dalla sua comparsa sulla Terra, l’uomo ha sentito il bisogno di credere in qualcosa di superiore.
Ogni popolo crede e prega a suo modo. 

“Samson et Dalila” è un melodramma suggerito dall’episodio biblico di Sansone e Dalila dove presenziano misticismo e sensualità, Ebrei e Filistei con il rispettivo Dio. 

La trama dell’opera racconta di Dalila, la seduttrice e incantatrice che consegna Sansone,  il prode Ebreo, ai suoi avversari Filistei: Sansone che, però, si riscatterà implorando il vero Dio a mezzo di «Signore, ricordati di me! Dammi forza per questa volta soltanto!». 

Giugno 1870: Liszt è direttore artistico del teatro  di  Weimar e dà la disponibilità a Saint-Saens per la prima rappresentazione di “Samson et Dalila” che ottiene un grande successo; impresa che, differentemente, risulta più difficile in Francia.     

Inizialmente, doveva essere un oratorio che seguiva “Samson Agonistes” di Milton,  “Samson” scritto da Voltaire per Rameau, “Samson” di Haendel.

Pare che il libretto di Lemaire  abbia avuto anche lo “zampino” del musicista, un buon letterato.     

Il debutto dell’opera avviene in lingua tedesca (Simson und Delila) il 2 dicembre 1877 al Teatro “Granducale” di Weimar, con Hans Feodor von Milde (Oberpriester), sotto la direzione di Eduard Lassen.

Esito: grande successo. 

Ma il pubblico non è altrettanto entusiasta dopo l’esecuzione avvenuta in lingua francese il 23 marzo 1890, a Rouen.     
Dopo questi inizi, l’opera  diventerà  la creazione lirica più famosa di Saint-Saëns, entrando nel repertorio lirico dei maggiori teatri del mondo.    

La musica dei compositori francesi è raffinata.

Oltre a questo, Saint-Saens è un maestro di musica delicato: Sansone ha una parte tenorile melodica e lirica e, a Dalila, viene dato il timbro di mezzosoprano e il ruolo del personaggio con volontà molto forte e capace di “condurre”. 

La fonte di “Sansone e Dalila” è ispirata dal libro dei Giudici dell’Antico Testamento.

Saint-Saens, nel 1866, decide di musicare un Oratorio, dove Il “voto di castità” infranto da  Sansone, rappresenterebbe  il risveglio della società francese dopo gi anni libertini e corrotti  sotto il dominio di Napoleone III.

E’ un’opera-“cavallo di battaglia” di Fiorenza Cossotto, Agnes Baltsa, Grace Bumbry, Shirley Verrett e Anita Rachvelishvili.

 

Sansone:   

Isacco (figlio di Abramo e Sara), come San Giovanni il Battista, nasce quando i genitori sono avanti negli anni.

Così è anche per Sansone: la madre Mara è sterile e il padre Manoach (della Tribù di Dan) non hanno discendenti, per cui, questo tipo di figli nati tardi e concepiti da madre sterile è un dono divino perché tali figli sono coloro che vengono consacrati a Dio per tutta la vita. 

Infatti, l’Angelo del Signore predice a Mara che partorirà un figlio che libererà il loro popolo dai Filistei.   

Sansone è un Giudice, ossia un Governatore, e scopre che il padre ha fatto sposare la moglie filistea al compagno di nozze, per cui stabilisce di vendicarsi bruciando il raccolto della popolazione nemica la quale, saputo che il motivo è il matrimonio tradito, danno fuoco alla donna e al padre.

Perdendo la moglie, Sansone attua un massacro presso i Filistei, dopodiché si rintana  nella caverna della rupe di Etam. 

Quindi, tremila Giudei si comportano falsamente verso Sansone che, trovato una mascella d’asino, la usa come arma e uccide mille uomini. 

Il luogo è Ramat-Lechi (che significa <la parte alta della mascella>). 

Sansone, in Ebraico, significa “piccolo sole” ed è l’Eletto da Dio, personaggio con la  predisposizione “solare”: infatti, in Ebraico, si dice “Shemesh” che, tradotto, significa “Sole”, mentre la sua  origine è Bet-Shemesh, ossia “la casa del sole”.

Fin dal ventre materno, il puro Sansone riceve delle direttive che insegnano ciò che dovrà adottare fra cui una dieta simbolica, evitare alcoolici e cibi non appartenenti alla legge biblica.

E’ una missione secondo la quale dovrà mantenere il voto del «nazireato» (dall’ebraico nazir, “consacrato”) che impone  di  non tagliarsi i capelli come segno della devozione secondo  virilità (la capigliatura) e, quindi, l’obbligo della sua persona dedicata a Dio. 

I capelli di Sansone indicano la sua forza, sono raccolti in sette trecce e sono simili ai raggi solari.

Ricevendo la sua grandissima forza dai propri capelli, Sansone pratica gesti e atti addirittura soprannaturali.

Questa forza lo rende invincibile e anche simbolo di virilità, facendone un campione: infatti, uccide un leone a mani nude, uccide mille Filistei con una mascella di asino e riesce a demolire la porta della città di Gaza. 

I capelli rivestono importanza per quanto riguarda forza e potere in parecchie culture, nei diversi periodi della Storia.  

Sansone, < giudice-governatore > di Israele, combatte con i Filistei, avversari potenti – e il  tutto – è raccontato nei capitoli 13-16 del libro biblico dei Giudici.

Purtroppo, la sua forza fisica NON è pari alla sua forza mentale perché, interiormente, ha la fragilità di un bambino.

Nella Bibbia (Vecchio Testamento), lo dimostra quando si sente gratificato per le sue tante conquiste femminili che, per la verità, “lo canzonano”. 

Lo dimostra, chiedendo l’intervento del padre di prendergli per moglie un donna che gli piace, MA che ha visto una sola volta: è il tipico essere che non si è mai sacrificato per conquistare la ricompensa morale.  

Lo dimostra con immaturità e inesperienza verso le donne, cedendo alle insistenze di Dalila quasi “per non essere più disturbato”, senza riflettere neppure un istante sulle conseguenze negative.  

Questa “arrendevolezza” è la debolezza che porterà alla sua cattura da parte dei Filistei, sarà accecato e “utilizzato” quale divertimento per il popolo.

La cecità esterna è il primo sacrificio che lo trasforma e che lo porta alla consapevolezza dopodiché, di conseguenza, acquisisce la capacità di “vedere” attraverso il proprio interiore, per cui Sansone “paga” per una rinuncia per la quale intraprende un sacrificio: una rinuncia sul piano inconscio che corrisponde ad una “perdita” sul piano fisico.

Lentamente, diventa un prode: la “rinuncia obbligata” ai suoi capelli gli fa perdere l’energia fisica, ma gli sviluppa una “modificazione interiore” che lo porterà all’altra rinuncia consapevole, ossia il sacrificio a mezzo della sua stessa vita riguardante l’incarico che gli è stato affidato da Dio per concretizzarsi (oggi, diremmo: rinuncia cosciente all’infantilismo, al narcisismo).

 

Dalila: 

Il suo nome deriva da “Lajlah”, ossia “la notte”.      

E’ sacerdotessa del loro Dio: Dagon.

In lingua ebraica, il nome del dio Dagan diventa Dagon ed è  conosciuto  anche come Zagan, importante divinità cananaica della fertilità e del raccolto, padre di Baal.  

Il suo aspetto: uomo che spunta da una spiga di grano oppure come uomo barbuto dalla  forma di pesce nella parte inferiore del corpo. 

Ha alcune similarità con Oannes, considerato il patrono dei fattori e degli agricoltori.   

Psicologicamente, Dalila è un essere devastante e spiritualmente basso, è sadica per cui  non le importa di infliggere il dolore agli altri: infatti, SA di essere affascinante e si serve di questo suo ascendente per distruggere la forza fisica e morale di Sansone.

Dalila è lasciva, incline alla sensualità, alla licenziosita’, con fascino erotico anche vocale: nell’opera lirica di Saint-Saëns, canta l’aria seduttiva dolcissima, affascinante, trascinante “Mon Coeur s’ouvre a’ ta voix”, un’aria grandiosa, subdola e serpeggiante, che priva Sansone delle poche forze spirituali che gli rimangono.

Il duetto d’amore vive durante una scena di tempesta e la melodia simboleggia l’ira divina perché, qui, Sansone perde purezza e forza: musicalmente, è un momento alto.   

Abile nella riuscita, consegue la vittoria su Sansone che aveva combattuto i Filistei in maniera crudele, bruciando le messi, devastando, assogettando gli stessi Filistei in modo pesante: Dalila gli fa pagare l’offesa.

(Oggi, è possibile ricordare le lotte femministe ma, a differenza di sentimenti, Dalila la si potrebbe descrivere come un bullismo femminile).  

Donna dannosa e perfidamente falsa, con  fascino e cognitività mentali alquanto grandi, con sangue freddo, usa tutto ciò per arrivare ad un’unica finalità: la vendetta verso l’essere umano maschio e prendersi una rivincita, un “riscatto”.

Quale campione di Israele, Sansone è scomodo ai Filistei e, come tale, ostacola i loro disegni, per cui pensano alla sua soppressione per mezzo della sua non molto convincente fama di donnaiolo, per cui l’unica maniera è di indebolirlo per mezzo di una donna: la sua debolezza è inversamente proporzionale alla capacità cerebrale di dominare di Dalila in età sessualmente attiva e “mescolandosi” con altri, sua capacità di cui si serve con lo scopo di “castigare” tutto il genere maschile.


Da traumatizzata, Dalila E’ LA “PUNIZIONE” ed è aggressiva, per cui attua la “VENDETTA-CASTIGO” – che lei stessa RAPPRESENTA – sul genere maschile attuata attraverso modi e condotte che, a volte, psicologicamente, infragiliscono gli uomini, li portano ad essere  docili, cedevoli; li sopraffa “evirandoli”  dalla forza fisica e dalla validità di supremazia sul genere femminile. 

A mezzo dei suoi capelli, Sansone simboleggia la forza e la virilità del maschio.

Ma, emotivamente, è facilmente manipolabile e influenzabile e, data la sua inesperienza verso il mondo femminile, Dalila lo priva della sua capigliatura-simbolo, ossia della sua “forza”, delle sue “possibilità”. 

Dalila agisce in base alla mentalità e alle usanze di quel tempo, ma la cosa è corrente in tutte le società maschiliste di oggi.

Dalila è stimata e remunerata dai Filistei per distruggere Sansone ma, nella sua capacità psichica, è presente la necessità interiore radicata di rivalersi su un ruolo che può avere per altre vie. 

Seduttrice per sete di vendetta, di denaro e di potere, “sa condurre”: per la sua opera di seduzione su Sansone, infatti, riceve mille e cento sicli d’argento.  

A quel tempo, la donna è oggetto di piacere dell’uomo a scopo di matrimonio-gestione patrimoniale ma, oggi, le femmine hanno un certo “rendersi mascoline”per mezzo  dell’esibizione con comportamenti di stile maschile.

Dalila, dopotutto, per denaro, per vendetta o per potenza, è spia e aiuta il proprio popolo che adora i suoi Dei e su cui, però, alla fine, vince Geova, attraverso Sansone-caduta del Tempio di Dagon.

 

Donna intelligente, non credo che sia poi da aborrire tanto.   

Psicologicamente, Dalila è un bellissimo personaggio ed è molto intrigante.

 

OPERA-COLOSSO BIBLICO,  IL TENORE MARIO DEL MONACO LA RITENEVA UNA DELLE CINQUE OPERE PIU’ IMPORTANTI DA LUI INTERPRETATE. 

Battuto al computer da Lauretta 

 



 

 

Il tenore JOSE’ CARRERAS e il mezzosoprano AGNES BALTSA cantano “DIEU! DIEU D’ISRAEL!”: 

 

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Il mezzosoprano ELINA GARANCA canta “PRINTEMPS QUI COMMENCE”:

https://youtu.be/iukfCKDvzeo

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Il mezzosoprano OLGA BORODINA canta “AMOUR, VIENS AIDER MA FAIBLESSE”:

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Il mezzo soprano ELINA GARANCA canta “MON COEUR S’OUVRE à TA VOIX”:   

   
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JAMES LEVINE dirige il “BACCANALE”: 

 

 

 

 

 

I PAGLIACCI di RUGGIERO LEONCAVALLO

  • Agosto 4, 2023 at 3:41 pm

 

Opera in due atti su libretto e musica di RUGGERO LEONCAVALLO. 

Tratta da un fatto realmente accaduto. 

Prima rappresentazione: 21 maggio 1892 al Teatro “Dal Verme” di Milano.


Interpreti:  della prima rappresentazione: 

Canio/Pagliccio (tenore) Fiorello Giraud
Nedda/Colombina (soprano) Adelina Stehle
Tonio/Taddeo (baritono) Victor Maurel
Beppe/Arlecchino (tenore) Francesco Daddi
Silvio (baritono) Mario Roussel 

Direttore:i Arturo Toscanini.

Trama:

Periodo storico: la Festa dell’Assunzione (periodo: tra il 1865 e il 1870).

Per un’opera, solitamente, si scrive una premessa (come facevano Lully  e Gluck), o si prepara  un’esposizione che spiega chiaramente (come Wagner, Busoni ed altri), ma non è il caso di Leoncavallo che ha musicato le sue idee presentandole come “prologo” dell’opera “I Pagliacci” (“Si può?, si può?”): idee piuttosto chiare per chi ascolta

Tonio, personaggio importante, rivela al pubblico il “proposito del poeta”: presentare personaggi reali con sentimenti veri alla “commedia dell’arte” e, con il sipario sceso, attraverso la bellissima melodia introduttiva del prologo, non nasconde che, dietro la maschera del “clown”, si nasconde l’anima triste e malinconica dei commedianti; forse, la tristezza dello stesso Leoncavallo.

La piccola compagnia teatrale è mobile ed è formata dal capocomico Canio, da Nedda (sua moglie) e da  Tonio e Beppe (due commedianti); arriva in un paesino del Sud Italia.

Il deforme Tonio ama Nedda (stanca di una vita di tipo vagabondo, sogna una vita residente) e, in principio, è rispettoso, con lei ma, respinto dalla donna, diventa malvagio e vendicativo, per cui avverte Canio del tradimento da parte della stessa Nedda con Silvio (un contadino del luogo).

Canio li scopre, ma Silvio fugge senza essere riconosciuto.  

Canio vorrebbe colpire la moglie, ma Beppe raccomanda l’inizio della commedia perché il pubblico è presente. 

Canio è possessivo e si rende conto di essere di età molto maggiore di Nedda, ma l’ama intensamente. 

Canio è turbato, ma DEVE truccarsi per lo spettacolo (“Vesti la giubba”) e, attraverso “Ridi Pagliaccio”, il suo dolore viene evidenziato drammaticamente considerando che – in scena – DEVE recitare la “sua” parte di marito ingannato.  

La recitazione di Canio/Pagliaccio sta nell’interpretare un marito tradito, ma la finzione diventa realtà (“No, Pagliaccio non son”) e rinfaccia a Nedda/Colombina la sua non riconoscenza, facendole presente che il suo amore è diventato odio a causa di gelosia.

Nedda, intimidita, reagisce conservando un tono da recitazione e, provocata, reagisce con durezza. 

Beppe capisce che le cose sono cambiate, ma non può intervenire perché Tonio, glielo impedisce. 

Il pubblico è attratto dal cambiamento da farsa in dramma ma, troppo tardi, si rende conto che non si tratta più di creazione scenica. 

Nedda si rifiuta di dire il nome dell’amante e Canio la accoltella a morte. 

Silvio, fra il pubblico, accorre sul palco per aiutarla, ma trova la stessa fine.   

Rivolgendosi al pubblico, Canio stabilisce che  “La commedia è finita!”: all’inizio, era la battuta beffarda e compiaciuta di Tonio/Taddeo al pubblico, ma – poi – è passata a Canio come prassi esecutiva abituale.   

 


Brani noti:  

“Si può?”, Tonio (Prologo)
“Son qua, ritornano!”, Coro (Atto I)
“Qual fiamma avea nel guardo”, Nedda (Atto I)
“Vesti la giubba”, Canio (Atto I)
“Canzone di Arlecchino”, Beppe (Atto II)
“No, Pagliaccio non son”, Canio (Atto II)



Incisioni: 

Alessandro Valente, Adelaide Saraceni, Apollo Granforte, Leonildo Basi, Nello Palai Carlo Sabajno
Francesco Merli, Rosetta Pampanini, Carlo Galeffi, Gino Vanelli, Giuseppe Nessi Lorenzo Molajoli
Beniamino Gigli, Iva Pacetti, Mario Basiola, Leone Paci, Giuseppe Nessi Franco Ghione
Richard Tucker, Lucine Amara, Giuseppe Valdengo, Clifford Harvuot, Thomas Hayward Fausto Cleva
Jussi Björling, Victoria de los Ángeles, Leonard Warren, Robert Merrill, Paul Franke Renato Cellini
Mario Del Monaco, Clara Petrella, Afro Poli, Aldo Protti, Piero De Palma Alberto Erede
Giuseppe Di Stefano, Maria Callas, Tito Gobbi, Rolando Panerai, Nicola Monti Tullio Serafin
Mario Del Monaco, Gabriella Tucci, Cornell MacNeil, Renato Capecchi, Piero De Palma Francesco Molinari Pradelli
Gianni Poggi, Aureliana Beltrami, Aldo Protti, Walter Monachesi, Alfredo Nobile Ugo Rapalo
Franco Corelli, Lucine Amara, Tito Gobbi, Mario Zanasi, Mario Spina Lovro von Matačić
Carlo Bergonzi, Joan Carlyle, Giuseppe Taddei, Rolando Panerai, Ugo Benelli Herbert von Karajan
James McCracken, Pilar Lorengar, Robert Merrill, Tom Krause, Ugo Benelli Lamberto Gardelli
Plácido Domingo, Montserrat Caballé, Sherrill Milnes, Barry McDaniel, Leo Goeke Nello Santi
Luciano Pavarotti, Mirella Freni, Ingvar Wixell, Lorenzo Saccomani, Vincenzo Bello Giuseppe Patanè
José Carreras, Renata Scotto, Kari Nurmela, Thomas Allen, Ugo Benelli Riccardo Muti
Plácido Domingo, Teresa Stratas, Juan Pons, Alberto Rinaldi, Florindo Andreolli Georges Prêtre
Luciano Pavarotti, Daniela Dessì, Juan Pons, Paolo Coni, Ernesto Gavazzi Riccardo Muti
José Cura, Barbara Frittoli, Carlos Álvarez, Simon Keenlyside, Charles Castronovo Riccardo Chailly

 

Videografia:

Mario Del Monaco, Gabriella Tucci, Aldo Protti, Attilio D’Orazi, Antonio Pirino Giuseppe Morelli

Plácido Domingo, Teresa Stratas, Juan Pons, Alberto Rinaldi, Florindo Andreolli Georges Prêtre Franco Zeffirelli Philips

Luciano Pavarotti, Teresa Stratas, Juan Pons, Dwayne Croft, Kenn Chester James Levine Franco Zeffirelli, Fabrizio Melano DG

 



 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:  

Un’opera magica con personaggi tristi, nonostante Nedda sogni attraverso la sua “ballatella” e la gente rida per la comicità della commedia.

Un’opera attuale e realista, un dramma umano che si svolge nella verde zona sulle montagne appenniniche di Montalto, in Calabria.   

Un’opera in cui la mentalità è quella della seconda metà dell’ ‘800, quando “non esistono i diritti” ma esiste il “delitto d’ onore” (in Italia, abrogato nel 1981).

Un’opera con un pizzico di folclore e dove tutto comincia dalla derisione di Nedda verso Tonio per autodifendere un suo diritto che “sente” di avere.

 


Tonio:   

E’ un soggetto infido e servile ma, all’inizio, Tonio/Taddeo considera la parità di sentimenti fra la gente “normale” e gli artisti girovaghi.

Ciò che, pare, non è per Canio.    

Taddeo di estrazione sociale bassa, complessato cosciente della sua deformazione fisica, SA essere vendicativo, sottile e subdolo nel manipolare Canio, mentalmente.

Da artefice della conseguenza drammatica alla sua vendetta, impedisce persino che Beppe salvi Nedda dall’ira di Canio, in scena. 

SA compiere atti cattivi perché la sua cattiveria è dovuta, infatti, al suo complesso d’inferiorita’ e alla sua frustrazione, complesso che gli procura sofferenza interiore di rabbia e odio verso gli altri. 

 


Nedda: 

Nedda, innamorata e giovane, si abbandona ai suoi sogni, (“Stridono lassù”).

È sempre osservata da Tonio che viene respinto dalla donna perché innamorata di Silvio.

NON è colpa sua se s’innamora di un uomo che le si addice principalmente per l’età, a differenza del marito che potrebbe essere suo padre: Nedda ha i suoi diritti, MA – chi comanda – sono la mentalità e le leggi del tempo.

Tonio, complessato a causa della sua deformazione (Silvio, incoscientemente, lo soprannomina “Tonio, lo scemo”, nonostante il serio timore di Nedda), è capace di provare un sentimento sincero nei confronti della donna e, nel contempo, realizza di essere “lieto” che gli venga offerta l’occasione di aiutare Canio a “fare giustizia”; tale sentimento che gli provoca gelosia lo porterà a vendicarsi e causerà la tragedia, nonostante la resistenza di Nedda verso Silvio (nel duetto ” Non mi tentar”) e nonostante gli sia appartenuta.    
Ma si riprende e l’amore trionfa: fuggiranno assieme. 

Nedda, in un processo al giorno d’oggi, sicuramente verrebbe assolta. 

 


Canio:

Canio: con età molto maggiore di Nedda, l’aveva raccolta orfana, sfamata e sposata “dandole un nome”.

NON sa capacitarsi di perdere la giovane moglie che lui ama, forse, morbosamente.

NON sa capacitarsi che la sua anima NON accetti la sfida vigente secondo la mentalità e le leggi del 1800. 

NON gli resta altro che chiedere alla moglie “il nome dell’amante” secondo l’argomento simile della commedia-spettacolo.      

Canio: veridicità, specialmente, in “Recitar”, verso il finale dell’opera.  

Canio si rende conto, lucidamente, che “la commedia è finita”: morta Nedda, la sua vita – ormai – non ha più scopo perché Nedda RAPPRESENTAVA una cosa reale e positiva di sopravvivenza; LUI l’aveva raccolta e sfamata (oggi, sarebbe come una specie di badante).  

Nedda era più giovane di lui e RAPPRESENTAVA il suo aiuto a vivere, praticamente: COSA IMPORTANTE.    

 

 

Silvio: 

Silvio è malinconico e, quando convince Nedda a fuggire, il duetto estasiato ed incantato ha le basi nel secondo atto di “Tristano e Isotta” di Richard Wagner.

Se è vero che “Tristano e Isotta” è chiamata anche “l’opera degli sguardi” perché l’amore fra i due era nato prima di bere il filtro d’amore, è anche vero che Leoncavallo – in gioventù, appassionato di Wagner – si richiama al compositore tedesco. 

 


Il pubblico:

Il pubblico si commuove per la veridicità della commedia che si conclude in tragedia-dramma della gelosia che porta Canio ad uccidere Nedda e Silvio: “La commedia è finita”.


Battuto al computer da Lauretta  









Il baritono SALVATORE SASSU canta “ SI PUO’ “ (PROLOGO): 

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Il tenore CARLO BERGONZI e CORO cantano “SON QUA, RITORNANO!”:   

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Il soprano ANNA MOFFO “ QUAL FIAMMA AVEA NEL GUARDO … STRIDONO LASSU’ ” (aria delle Campane): 

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU e il baritono DMITRI HVOROSTOVSKY cantano il duetto “DECIDI IL MIO DESTIN”: 

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l tenore MARIO DEL MONACO canta “RECITAR … VESTI LA GIUBBA”:

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Il tenore BENIAMINO GIGLI canta “O, COLOMBINA” (“Canzone di Arlecchino”):

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Il tenore MARIO DEL MONACO e il soprano GABRIELLA TUCCI cantano “No, Pagliaccio non son” e finale:

 

 

 

 

 

 

OTELLO di GIUSEPPE VERDI

  • Agosto 4, 2023 at 1:45 pm


Opera in 4 atti su libretto di Arrigo Boito tratto dalla tragedia “Othello” (1603) di William Shakespeare 

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala” di Milano, 5 febbraio 1887, nel periodo della “Stagione di Carnevale e Quaresima”.  

Esito: grande successo. 

 

In seguito, Verdi opera alcune modifiche alla partitura per la versione francese (Danze) che va in scena al “Théâtre de l’Opéra” di Parigi come “Othello”, il 12 ottobre 1894. 

Il libretto viene tradotto dallo stesso Boito e da Camille du Locle. 

  

Personaggi:

Otello, moro, generale dell’Armata Veneta (tenore)
Iago, alfiere (baritono)
Cassio, capo di squadra (tenore)
Roderigo gentiluomo veneziano (tenore)
Ludovico, ambasciatore della Repubblica Veneta (basso)
Montano, predecessore d’Otello nel governo dell’isola di Cipro (baritono)
Un araldo, (basso)
Desdemona, moglie d’Otello (soprano)
Emilia, moglie di Iago (mezzosoprano) 

Coro 

Primi interpreti:

Otello (tenore) Francesco Tamagno
Desdemona (soprano) Romilda Pantaleoni  
Iago (baritono) Victor Maurel
Emilia (mezzosoprano) Ginevra Petrovich   
Cassio (tenore) Giovanni Paroli 
Roderigo (tenore) Vincenzo Fornari
Lodovico (basso) Francesco Navarrini
Montano (baritono) Napoleone Limonta     
Un Araldo (basso) Angelo Lagomarsino

Direttore e inventore del macchinismo: Luigi Caprara 

Maestro del coro: Giuseppe Cairati 

Concertatore: Giuseppe Verdi 

Direttore d’orchestra: Franco Faccio 

Secondo violoncello dell’orchestra: Arturo Toscanini

Trama: 

Atto I

L’esterno del castello. Una sera con forte temporale.

La nave di Otello, il generale dell’Armata Veneziana, ha difficoltà ad attraccare, per cui ufficiali, soldati e popolazione di Cipro assistono atterriti al difficile approdo. 

Otello, “Il Moro”, dichiara la sua vittoria contro i Musulmani: «Esultate! L’orgoglio musulmano sepolto è in mar; nostra e del ciel è gloria! Dopo l’armi lo vinse l’uragano!».

L’alfiere Iago odia profondamente Otello perché ha nominato Cassio luogotenente al posto dello stesso Iago. 

Roderigo – gentiluomo veneziano – è innamorato di Desdemona e viene avvicinato da Iago che gli fa conoscere il proprio odio per il Moro e gli fa credere che anche Cassio provi passione per la donna.
Ad entrambi conviene rovinare Cassio.

Iago istiga Cassio a bere che, ubriaco, cede alla provocazione di Roderigo, duellando, e Montano, ex governatore di Cipro, viene ferito per fermarli.
Il rumore fa accorrere Otello che punisce Cassio, degradandolo.

Giunge Desdemona e il Moro ordina a tutti di allontanarsi. 

Otello e Desdemona si sono sposati segretamente; in questo duetto, Otello rivive i momenti burrascosi della sua vita e i momenti dolci dell’inizio del loro amore. 

La notte che seguirà sarà angelica.   

Atto II: Una sala terrena del castello.

Il “ragno” Iago continua ad intessere la sua trama: dopo avere consigliato a Cassio di ricorrere a Desdemona per perorare la sua causa, a poco a poco persuade il Moro che fra Cassio e sua moglie sia in atto un amore.

Desdemona NON SA che cosa Iago stia preparando e, rivolgendosi ad Otello, distrattamente, lascia cadere il fazzoletto donatole dal marito come pegno d’amore. 

Emilia, ancella di Desdemona, lo raccoglie ma le viene subito sottratto da Iago, suo marito. 

Iago racconta ad Otello che Cassio, in sogno, rivolgeva parole tenere a Desdemona e di aver visto il fazzoletto nelle mani dell’ufficiale.
La cosa provoca l’ira furibonda e la gelosia di Otello che giura punizione.

Atto III: La grande sala del castello.

Gli ambasciatori di Venezia stanno recandosi a Cipro, a bordo di una galea. 

Otello chiede a Desdemona di fasciargli la fronte col fazzoletto che le aveva regalato.
Desdemona si accorge di averlo perduto e, confusa, non può farlo; inoltre, l’insistere nella perorazione verso Cassio, fanno incollerire Otello che insulta e scaccia la sua sposa, in lacrime. 

Per fornire una prova del tradimento di Desdemona, Iago organizza un incontro con Cassio, mentre Otello origlia nascosto: pensa di capire il senso pur non sentendo le parole che, per la verità, intendono Donna Bianca.
Cassio proferisce il nome di Desdemona e sorride, tenendo in mano il famoso fazzoletto che Iago aveva già fatto arrivare nell’abitazione di Cassio, all’oscuro di tutto. 


La galea veneziana approda nel porto assieme allo squillo di tromba e al colpo di cannone-segnale mentre, con Iago, decide di uccidere la moglie adultera. 

Nella sala con dignitari, gentiluomini e dame, Desdemona è turbata ma presenzia alla cerimonia accompagnata da Emilia. 

L’Ambasciatore della Repubblica Veneta rende noto il messaggio del Doge che richiama Otello a Venezia; Cassio gli succederà a Cipro. 


Lodovico prega Otello di consolare Desdemona piangente, ma il Moro è convinto che il dolore della donna confermi il tradimento.
Non riuscendo a padroneggiare i suoi impulsi, la butta a terra.
I presenti sono sbigottiti e agghiacciati; Otello ordina loro di andarsene, e maledice Desdemona.
Una paurosa crisi convulsiva, lo fa cadere a terra svenuto. 

Fuori del palazzo, si inneggia al «Leon di Venezia», ma il feroce Iago deride: «Ecco il Leone!». 

Atto IV: La camera di Desdemona.

Desdemona ha un triste presentimento e, si prepara per la notte. Emilia, come sempre, l’assiste.
Desdemona canta “La canzon del salice” e, prima di addormentarsi, recita l’Ave Maria. 

Otello entra silenzioso in camera della moglie; le si avvicina; la bacia.
Desdemona si sveglia e Otello le dice che la sua morte è vicina, per cui chieda perdono al cielo per i suoi peccati.
Desdemona tenta di difendersi ma Otello la soffoca con il suo stesso cuscino.
Emilia entra appena in tempo per ascoltare le ultime parole della morente: «Al mio signor mi raccomanda… Muoio innocente…». 

Otello dichiara che Desdemona lo ha tradito, per cui Emilia gli rivela che Cassio ha ucciso Roderigo.
Poi, Emilia grida anche: «Otello uccise Desdemona!».
Tutti accorrono.
Emilia smaschera Iago rendendo noto l’inganno del fazzoletto. Iago fugge davanti a tutti, inseguito dai soldati. 

Tutto è stato reso lampante e Otello si pugnala, cadendo sul corpo della moglie.
Muore baciandola per l’ultima volta.  

Brani noti: 

Esultate!, sortita di Otello (Atto I)
Innaffia l’ugola!…Chi all’esca ha morso, Brindisi (Atto I)
Già nella notte densa, duetto, Otello e Desdemona (Atto I)
Credo in un Dio crudel, monologo, Jago (Atto II)
Sì, pel ciel marmoreo giuro, cabaletta, Otello e Jago (Atto II)
Dio ti giocondi, o sposo, duetto, Otello e Desdemona (Atto III)
Dio! Mi potevi scagliar, monologo, Otello (Atto III)
Questa è una ragna, terzetto tra Jago, Cassio ed Otello(Atto III)
Canzone del salice (Piangea cantando), Desdemona (Atto IV)
Ave Maria, preghiera di Desdemona (Atto IV)
Niun mi tema, monologo, Otello (Atto IV) 

Incisioni più note: 

Ramón Vinay, Herva Nelli, Giuseppe Valdengo;
Mario Del Monaco, Renata Tebaldi, Aldo Protti
Jon Vickers, Leonie Rysanek, Tito Gobbi
Mario Del Monaco, Renata Tebaldi, Aldo Protti
James McCracken, Gwyneth Jones, Dietrich Fischer-Dieskau
Jon Vickers, Mirella Freni, Peter Glossop
Carlo Cossutta, Margaret Price, Gabriel Bacquier
Placido Domingo, Katia Ricciarelli, Justino Díaz
Placido Domingo, Barbara Frittoli, Leo Nucci
Jonas Kaufmann, Maria Agresta, Marco Vratogna
Jonas Kaufmann, Federica Lombardi, Carlos Alvarez

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Quest’opera, curata meticolosamente, ha pagine musicali forti e vigorose ma, anche, pagine pervase di dolcezza, come, ad esempio, la “Canzone del salice” e l’ “Ave Maria”, il bacio prima di uccidere Desdemona da parte di Otello “esasperato” da Iago: infatti, nel II atto, Jago instilla il dubbio atroce, provocando così la massima ira di Otello a causa della sua gelosia verso Cassio e Desdemona.

Da parte di Otello, si tratterebbe di uxoricidio premeditato o a causa di rabbia accumulata di cui Iago “è il mandante morale”.  

Desdemona PERDE la vita però, umanamente, NON È PERSONALITÀ PERDENTE perché viene RIABILITATA da Otello, dopo la sua uccisione: Otello prova RIMORSO ma, inconsapevolmente, questo momento “LO LIBERERA’ DAL SUO TORMENTO” visto che uccide anche sé stesso. 

NON è una bella consolazione, certamente: si tratta di una TRAGEDIA PSICOLOGICA E UMANA. 

Desdemona: 

Desdemona ha appena sposato Otello in gran segreto ed è donna che possiede una dolcezza infinita, specialmente durante il duetto d’amore del I atto, dove esprime la sua anima angelica, dolce, pura, buona, innocente, generosa; e, dove al termine, Otello dimostra il suo essere poetico e innamorato citando “Venga la morte! E mi colga nell’estasi di quest’amplesso il momento supremo!”, “Le Pleiadi ardenti” e “Venere splende”.

È una donna moralmente pulita e NON si può pensare all’infedeltà perché è il tipo di donna buona, di donna che ama, di donna rassegnata, di donna che è portata alla rassegnazione anche verso il comportamento di Otello: la si nota, specialmente, durante la recitazione dell’Ave Maria, quando si prepara per dormire.

Otello: 

Per quanto riguarda la GELOSIA ESAGERATA, psicologicamente, è classificata una MALATTIA: ai tempi di Otello, la donna è SUBORDINATA all’uomo e, fra parentesi, in Italia, la moglie NON si può più picchiare dal 1963, mentre il Delitto d’onore NON esiste più dal 1981, per cui, quando la gelosia mostra insistenza e maniacalità, è consigliabile rivolgersi a personale sanitario per avere aiuto psicologico.

“Otello” è “UN PERDENTE” perché, la sua, è la storia della diminuzione della capacità interiore di vivere appartenente ad un’anima generosa, nobile, che viene affascinata da un’altra moralmente guasta e malvagia fino ad organizzare l’uccisione della propria moglie.

Un’anima generosa aiutata dalla stessa anima malvagia: infatti, il suo comportamento di “innamorato geloso patologico” è scatenato dalla sua fragilità mentale e psicologica, per cui crede Desdemona capace di complottare verso di lui.

Oggi, si direbbe che certi soggetti che attuano tali azioni estreme possano sviluppare paranoie che portano delirio, disperazione e a terminare la relazione a mezzo di stalking (pedinamento del proprio partner o incarico all’agenzia investigativa), origliare alle porte, omicidi e suicidi. 

Iago: 

La psicologia scientifica moderna nasce nella seconda metà dell’Ottocento, ma Shakespeare, da grande psicologo innato, presenta Iago come un PERSONAGGIO STRAORDINARIO, sicuramente il più interessante dell’opera, reso comprensibile molto bene dal librettista Arrigo Boito, grande letterato.

Verdi collocherebbe Iago all’età di 28 anni circa e potrebbe risultare strano che lo stesso Iago sappia avere la capacità di riconoscere la propria personalità: infatti, il definito da Otello “onesto Iago”, SA di essere SCELLERATO, DEMONIACO, interiormente. 

La sua riflessione è CAPACE DI REALTA’; soprattutto nel suo brano, il “CREDO”, si presenta come lo scellerato che non giustifica le sue azioni ma riesce a spiegare il significato, ossia il concetto: Iago E’ COSCIENTE DI CIO’ CHE E’. 

Infatti, in questo brano, Iago riesce a riassumere sé stesso: un essere DISTRUTTIVO, DEVASTANTE  INCONTROLLATO DALLA SUA PERSONALITA’ e, nel III atto, è soddisfatto di essere riuscito ad abbattere, psicologicamente, l’anima di Otello; a lui si rivolge beffardo: “Ecco il Leon!”. 

I “segnali” della DIVERSITA’ MENTALE e della DIVERSITA’ SOCIALE hanno creato il suo orgoglio e l’eterna invidia per il suo prossimo, arrivando a creargli addirittura quella che, oggi, la Psicologia chiama “SINDROME DI PROCUSTE”, ossia “LA MALATTIA DEGLI INVIDIOSI”: “PORRE GLI ALTRI IN CATTIVA LUCE”. 

Chiarendo un po’ meglio: la PAURA della “diversità” è composta da un complesso di emozioni negative che proviamo, < trovandoci davanti a persone con differenze rispetto alle nostre (opinioni, etnia, religione, orientamento sessuale [attrazione emozionale sessuale di una persona verso un individuo di sesso opposto, dello stesso sesso, o verso entrambi i sessi]) >. 

NON si tratta di credere che il disprezzo per il “diverso” sia solo a causa di cattiveria e mancanza di umanità perché la nostra mente umana – inconsapevolmente – cerca sempre di autotutelarsi dal mondo esterno: ossia, SAREBBE BENE cercare di CAPIRE I MOTIVI dei comportamenti altrui. 

Per cui, pur appartenendo esteriormente al genere umano, con un comportamento indifferente e disinvolto, da persona che possiede grande fascino e che piace, Jago – interiormente – è NATO PER FARE IL MALE, avvalendosi di astuzia, di potere di simulare, di rendere reale, di aspetto che trasmette fiducia, di modi che persuadono, riuscendo a dominare gli altri, di “aggirare l’ostacolo” (Otello, Cassio, Roderigo, Desdemona, Emilia sono sue “pedine”), tanto da diventare il “deus ex machina” dell’opera, in quanto rende inafferrabili le sue trame machiavelliche perché nascoste dalla “maschera” dell’onestà, ma che conducono ad un finale tragico. 

Ad esempio, nel duetto con Otello, Jago racconta IL “SOGNO” (sempre, comportandosi “pur non dando peso”): copia la voce suadente di Cassio, ricordando “Il rio destino impreco che al Moro ti donò”.  

Spesso, Otello viene indicato come “moro” (non si sa se come Arabo o del Nord-Africa), ma ciò sottolinea la diversità da una razza ad un’altra. 

Di tutto ciò, Otello HA PAURA e s’infuria come reazione. 

Iago NON possiede EMPATIA ed è, sicuramente, affetto da NARCISISMO MALIGNO MANIPOLATORE PERVERSO: è UN VAMPIRO EMOTIVO che SI NUTRE DELL’ENERGIA INTERIORE DEL SUO INTERLOCUTORE.

SALE FINO IN CIELO, MA I RAGGI DEL SOLE SCALDANO LA CERA CON CUI LE ALI SONO APPICCICATE AD “ICARO” che CADE E PERDE: anche Iago avrà una brutta fine.

Iago: grande e affascinante personaggio, psicologicamente.

LUI È L’OPERA “OTELLO” perché È il “DEUS EX MACHINA” DI TALE VICENDA. 

 

Concludendo:

Otello e Iago sono due personaggi molto diversi fra loro: Otello, valido guerriero della “Serenissima” della fine del 1400, anima nobile, “L’EROE” che è innamorato della sua neo-moglie e  che è invidiato da Iago per il ruolo che ricopre e per avere sposato la donna che anche lui avrebbe voluto.

Anche Emilia, Cassio e Roderigo sono tutte vittime di Iago. 

Emilia, dama di Desdemona, percepisce l’angoscia e l’incredulita’ della sua padrona, durante la “Canzone del salice”: Emilia è un essere comprensivo.
Emilia conosce l’animo maligno del marito che “comanda e tiene sotto controllo”, ma NON del tutto: solo alla fine, si rende completamente conto di come egli sia veramente, per cui “testimonia” assieme a Cassio.


Battuto al computer da Lauretta








Il tenore MARIO DEL MONACO canta “ESULTATE!”

 

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Il baritono TITO GOBBI canta IL BRINDISI, “INNAFFIA L’UGOLA! … CHI ALL’ESCA HA MORSO” : 

 

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Il tenore MARIO DEL MONACO e il soprano ROSANNA CARTERI cantano il duetto d’amore “GIA’ NELLA NOTTE DENSA”: 

 

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Il  baritono RENATO CAPECCHI canta il monologo di Iago “CREDO IN UN DIO CRUDEL”: 

 

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Il tenore MARIO DEL MONACO e il baritono RENATO CAPECCHI cantano “SI’, PEL CIEL MARMOREO GIURO: 

 

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Il soprano ROSANNA CARTERI e il tenore MARIO DEL MONACO  cantano “DIO TI GIOCONDI, O SPOSO”: 

 

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Il tenore … canta il monologo di Otello “DIO! MI POTEVI SCAGLIAR”: 

 

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Il soprano ROSANNA CARTERI canta la “CANZON DEL SALICE”:   

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Il soprano ROSANNA CARTERI canta “AVE MARIA”: 



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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “NIUN MI TEMA” e finale dell’opera: 

                                                                              

  

NORMA di VINCENZO BELLINI

  • Agosto 3, 2023 at 8:38 pm

 

Opera-tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani tratto da “Norma, ou L’infanticide” di Alexandre Soumet (6 aprile 1831)

Musica Vincenzo Bellini

 

Epoca di composizione settembre – novembre 1831

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala”di Milano, 26 dicembre 1831 

 

Personaggi:   

Pollione, proconsole di Roma nelle Gallie (tenore)
Oroveso, capo dei druidi (basso)
Norma, druidessa, figlia di Oroveso (soprano)
Adalgisa, giovane ministra del tempio di Irminsul (soprano)
Clotilde, confidente di Norma (soprano)
Flavio, amico di Pollione (tenore)
Due fanciulli, figli di Norma e Pollione (recitanti)
Druidi, Bardi, Eubagi, sacerdotesse, guerrieri e soldati galli 

 

Cast 26 dicembre 1831:

Direttore: Alessandro Rolla

Norma, (soprano), Giuditta Pasta
Adalgisa, (soprano), Giulia Grisi
Pollione, (tenore), Domenico Donzelli
Oroveso, (basso), Vincenzo Negrini
Clotilde, (soprano), Marietta Sacchi
Flavio, (tenore), Lorenzo Lombardi

 


Trama: 

Epoca storica: al tempo dell’invasione romana delle Gallie.

(Il soggetto richiama il mito di Medea). 

Atto I

Foresta consacrata al dio Irminsul: qui, i Druidi esaltano la liberazione dalla sottomissione di Roma. 

Il proconsole romano Pollione, addentrato nel bosco sacro gallico, confessa al suo amico Flavio che si è innamorato di Adalgisa, una giovanissima sacerdotessa del Dio Irminsul (“Meco all’altar di Venere”) e di voler lasciare Norma (pur temendo la sua vendetta), la figlia di Oroveso e sacerdotessa druidica che, all’insaputa di tutti, ha partorito due figli suoi e che fa custodire da Clotilde.

Durante la riunione gallica, Norma esprime che ha saputo dagli Dèi che non è ancora giunta l’ora della rivolta contro Roma, la quale dovrà cadere, ma non a causa dei Druidi. 

Durante il rito sacro, tranquillizza i presenti attraverso la famosa preghiera alla Luna:
< Casta Diva, che inargenti  queste sacre antiche piante, a noi volgi il bel sembiante, senza nube e senza vel >.  

I Druidi si sono allontanati e, rimasta sola, Adalgisa incontra Pollione che la convince ad abbandonare i Galli e la loro religione per vivere a Roma con lui (“Va, crudele, al Dio spietato”).   

Volendo confidarsi con Norma circa l’avere mancato al suo voto di castità, senza riferire il nome dell’uomo che ama, Adalgisa racconta il primo incontro (“Sola, furtiva, al tempio”), ma viene sciolta dai voti perché, in lei, Norma rivede sé stessa e le sue emozioni.

Pollione arriva mentre  Norma, saputo che il suo amato è lui, in preda al furore, la  mette in guardia circa l’infedeltà dell’uomo (“Oh, non tremare, o perfido”) e racconta della sua relazione col proconsole, mentre Adalgisa – sentendosi ingannata – rifiuta di seguirlo a Roma.

Norma è richiamata alla riunione dei Druidi, Pollione se ne va irritato e Adalgisa informa la stessa Norma che intende rinunciare all’amore.

Atto II

Nella sua abitazione, Norma, traumatizzata da quanto ha saputo, medita di vendicarsi uccidendo i suoi due bambini, ma riflette grazie al suo istinto di madre.

Determinata ad uccidersi, chiede ad Adalgisa di prendersi cura dei soi figli portandoli a Roma (“Deh, con te, con te li prendi”), dopo avere contratto il matrimonio con Pollione. 

Però, Adalgisa la dissuade e promette di adoperarsi presso Pollione perché ritorni a lei, confermando la sua rinuncia all’uomo, mentre Norma le assicura amicizia senza fine. 

Oroveso comunica ai Galli che Pollione partirà e che il nuovo proconsole sarà più pericoloso  ma, dal momento che Norma non ha ancora annunciato la rivolta, invita tutti a pazientare per insorgere (“Ah, del Tebro al giogo indegno”).

Norma s’illude nel ripensamento di Pollione, ma Clotilde non le nasconde che il proconsole è determinato a portare Adalgisa a Roma.

Norma, essendo sempre stata contraria che il suo popolo attuasse rivolte, ascolta la sua illusione-speranza non concretizzata che la spinge a riunire i Druidi per dichiarare guerra a Roma.
Quindi, batte lo scudo di Irminsul per annunciare ai Galli  la ribellione verso Roma (“Guerra! Guerra!”), dopodiché Oroveso le chiede il nome della vittima del sacrificio proprio quando Pollione viene scoperto dopo essersi introdotto nello spazio riservato alle sacerdotesse, allo scopo di rapire Adalgisa.

Norma sta per uccidere Pollione ma, impietosita, dice di volerlo interrogare. Chiede a tutti di allontanarsi e offre la salvezza della vita al proconsole imponendogli di lasciare Adalgisa (“In mia man alfin tu sei”) ma, avendone un rifiuto, ucciderà i loro due figli e manderà Adalgisa al rogo.

Pollione accetta e Norma prende coscienza che la “colpa” di Adalgisa è la sua, per cui si autodenuncia e ordina che venga eretto il rogo, mentre Pollione si accorge della grandezza e generosità di Norma e decide di seguirla. 

In segreto, Norma confessa a Oroveso di essere madre e lo prega di prendersi cura dei bambini (“Deh, non volerli vittime”) che sono custoditi da Clotilde.

 

Brani celebri:   


Atto I  

Sinfonia
Coro d’Introduzione – Ite sul colle
Recitativo e Cavatina Pollione
Recitativo – Svanir le voci!
Cavatina – Meco all’altar di Venere
Coro – Norma viene
Recitativo e Cavatina Norma
Recitativo – Sediziose voci
Cavatina – Casta Diva
Recitativo e Duetto Pollione e Adalgisa
Recitativo – Sgombra è la sacra selva
Duetto – Va’, crudele, al Dio spietato  

Finale I
Recitativo – Vanne, e li cela entrambi
Duetto Norma e Adalgisa – Sola, furtiva, al tempio
Terzetto Norma, Adalgisa e Pollione – Ah! Di qual sei tu vittima

Atto II

Introduzione
Recitativo – Dormono entrambi
Duetto Norma e Adalgisa – Deh! con te, con te li prendi…
Coro – Non partì?… Finora è al campo
Recitativo e Sortita Oroveso
Recitativo – Guerrieri! a voi venirne
Sortita – Ah! del Tebro al giogo indegno  

Finale II
Recitativo – Ei tornerà
Coro – Guerra, guerra! le galliche selve
Recitativo – Né compi il rito, o Norma?
Duetto Norma e Pollione – In mia man alfin tu sei
Recitativo – Dammi quel ferro
Duetto Norma e Pollione – Qual cor tradisti, qual cor perdesti
Scena ultima – Deh! non volerli vittime

 

Incisioni:  

Gina Cigna, Giovanni Breviario, Ebe Stignani, Tancredi Pasero

Vittorio Gui  Orchestra e Coro dell’EIAR di Torino     Warner Music    

Maria Callas, Mario Filippeschi, Ebe Stignani, Nicola Rossi-Lemeni       Tullio Serafin   Orchestra e coro del Teatro alla Scala   EMI   

Maria Callas, Franco Corelli, Christa Ludwig, Nicola Zaccaria    Tullio Serafin  Orchestra e coro del Teatro alla Scala   EMI  

Joan Sutherland, John Alexander, Marilyn Horne, Richard Cross           Richard Bonynge   London Symphony Orchestra e Chorus RCA Victor/Decca Records    

Elena Souliotis, Mario Del Monaco, Fiorenza Cossotto, Carlo  Cava        Silvio Varviso   Orchestra e coro dell’Accademia di Santa Cecilia          Decca Records    

Montserrat Caballé, Plácido Domingo, Fiorenza Cossotto, Ruggero Raimondi   Carlo Felice Cillario  London Philharmonic Orchestra e Ambrosian Chorus   RCA Victor   

Beverly Sills, Enrico Di Giuseppe, Shirley Verrett, Paul Plishka  James Levine  

New Philharmonia Orchestra e John Alldis Choir           Deutsche Grammophon   

Montserrat Caballé, Jon Vickers, Josephine Veasey, Agostino Ferrin     Giuseppe Patané          Dreamlife   

Renata Scotto, Giuseppe Giacomini, Tatiana Troyanos, Paul  Plishka      James Levine National Philharmonic Orchestra e Ambrosian Opera Chorus    Sony Classical Records   

Joan Sutherland, Luciano Pavarotti, Montserrat Caballé, Samuel Ramey          Richard Bonynge  Orchestra e coro della Welsh National Opera    Decca Records    

Cecilia Bartoli, John Osborn, Sumi Jo, Michele Pertusi  Giovanni Antonini Orchestra La Scintilla e International Chamber Vocalists          Decca Records

 

Registrazioni dal vivo:

Maria Callas, Kurt Baum, Giulietta Simionato, Nicola Moscona Guido  Picco      Città del Messico            Melodram  

Maria Callas, Mirto Picchi, Ebe Stignani, Giacomo Vaghi   Vittorio Gui       Londra Legato Classic   

Maria Callas, Franco Corelli, Elena Nicolai, Boris Christoff         Antonino Votto Trieste Melodram

Maria Callas, Mario del Monaco, Ebe Stignani, Giuseppe Modesti         Tullio Serafin    Roma   Fonit Cetra   

Maria Callas, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Nicola Zaccaria    Antonino Votto     Orchestra e coro del Teatro alla Scala di Milano            Teatro alla Scala, 7 dicembre   Arkadia    

Maria Callas, Gianfranco Cecchele, Fiorenza Cossotto, Ivo Vinco          George Prêtre  Parigi    Eklipse    

Montserrat Caballé, Placido Domingo, Fiorenza Cossotto, Ruggero   Raimondi   Carlo Felice Cillario       Milano            MYTO   

Montserrat Caballé, Jon Vickers, Josephine Veasey, Agostino Ferrin     Giuseppe Patanè  Orchestra e coro del Teatro Regio di Torino      

Teatro romano di Orange, 27 luglio      Opera d’Oro   

Grace Bumbry, Giuseppe Giacomini, Lella Cuberli, Robert Lloyd           Michael Halasz  Orchestra Sinfonica di Bari, Coro Amici della Polifonia e Voci per la Musica       Palazzo Ducale, Martina Franca            Dynamic    

Renata Scotto, Ermanno Mauro, Margherita Rinaldi, Agostino Ferrin    Riccardo Muti Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino          Teatro Comunale di Firenze      Lyric Distribution Inc., Myto   

Jane Eaglen, Vincenzo La Scola, Eva Mei, Dimitri Kavrakos[18]            Riccardo Muti  Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino          Teatro Dante Alighieri, Ravenna           EMI

DVD & BLU-RAY (selezione)

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Norma è una tragedia lirica tratta da “Norma, ou L’infanticide” di Louis-Alexandre Soumet, è composta in quasi tre mesi ed è rappresentata al Teatro “Alla Scala” di Milano il 26 dicembre 1831, inaugurando così la “Stagione di Carnevale e Quaresima” del 1832.   

Esito: insuccesso dovuto a poblemi di esecuzione e ad una claque nemica di Bellini e del soprano Giuditta Pasta.     

Sapendo che avrebbe dovuto musicare l’opera per l’apertura della Stagione Lirica del famoso teatro di Milano, Bellini si rivolge al suo amico librettista Felice Romani, la cui scelta considera il cast che comprende il prestigio di Giuditta Pasta sia come cantante, sia come attrice, cucendole il libretto su misura, eccellente interprete di ruoli drammatici.  

E’ importante ricordare che il libretto, tratto dal lavoro di Soumet, basato sulla tragedia greca, Romani lo rende più umano, romantico e più attuale, nel tempo.          


Le due protagoniste della “prima” sono i soprani: 

. Giulia Grisi interpreta Adalgisa, soprano  romantico, dal timbro chiaro e in grado di sostenere buoni acuti.

.  Giuditta Pasta, in origine, contralto, poi spostata verso il registro di soprano, interpreta Norma.

 

Nota è l’ammirazione di Wagner per quest’opera, la cui grande notorieità rende Bellini immortale, mentre la decima scena del Secondo Atto, “In mia mano alfin tu sei”, è una sorpresa e una grande gioia per lo tesso Wagner che, come altri, apprezza molto l’introduzione al secondo atto (che Chopin prende come base per il suo studio n. 7, op. 25, per pianoforte).   


Le arie di “Norma” di Bellini hanno ispirato alcune composizioni, fra cui, per pianoforte e altri strumenti: 

Fantasia “Réminiscences de Norma” di Franz Liszt, Grande “Fantaisie et Variations” sur des motifs de l’opéra Norma di Sigismund Thalberg, il “Thême favori” de la Norma de Bellini varié variazioni di Friedrich Kalkbrenner, “Grandes fantaisies”-studio pianistico su “Casta Diva” di Fryderyk Chopin (grandissimo ammiratore di Bellini), fantasia sulla Norma per violino e orchestra di Henri Vieuxtemps; Giovanni Bottesini per contrabbasso e pianoforte;  Jean-Baptiste Arban: variazioni per cornetta e pianoforte.

Una fantasia a grande orchestra “Omaggio a Bellini” è stata creata da Saverio Mercadante ed è ispirata dai temi della Norma.    

 

Norma:

“Norma” è simile a “Medea”, tragedia greca di Euripide ma, a differenza della Maga, non uccide i suoi figli.

Nell’opera, si nota il suo rapporto “pubblico” durante i riti e le riunioni, mentre il suo rapporto “privato” presenta affetti personali e passioni che riguardano la stessa Norma, Adalgisa e Pollione. 

E’ sacerdotessa dei Druidi, popolo celtico, amante della Natura, fedele al Dio Irminsul e  pregano la Luna/Diva bianca e casta affinché una rivolta si realizzi verso Roma, per cui le riunioni si svolgono alla sua luce.

Entrambi i rapporti vengono uniti quando Norma permette al padre e al popolo di conoscere i suoi drammi personali, i suoi conflitti, diventando un’eroina che evita il sangue dei suoi figli e sacrificandosi a mezzo del rogo purificatore: da un fatto personale, la situazione diventa un fatto pubblico.


Psicologicamente, la statura morale di Norma è al di sopra degli altri personaggi, in quanto è sacerdotessa del culto celtico e conduce il suo popolo, è madre e sa amare ardentemente Pollione agisce sempre in presenza di cori o di altri personaggi in una vicenda che racconta la relazione segreta e l’istinto amorevole materno, oltre alla falsità di Pollione, la diversità di società culturale.  


La sua vocazione è stata infranta a causa dell’amore per il proconsole romano che la rende  madre di due figli e tale cosa le provoca il dramma emotivo religioso e il tormento di una donna innamorata, gelosa, e l’amore per i figli. 

Desta interesse il finale con l’unione dei due innamorati nella morte e l’anima generosa che non accusa Adalgisa ma sé stessa, affrontando il sacrificio della Morte. 

Norma è un anima bella.

 

Pollione: 

Secondo l’epoca in cui l’opera viene ambientata, Pollione desta l’interesse femminile, però  la sua falsità lo porta ad ingannare due donne.

Al giorno d’oggi, esiste il divorzio e una logica di ragionamento secondo cui una donna ingannata dal proprio uomo CHIEDE SODDISFAZIONE ATTRAVERSO LE VIE LEGALI. 

Pollione non prova il senso di colpa verso Norma, ma “si redime” alla fine.

 

Adalgisa: 

Adalgisa, come Norma, è una vittima di Pollione.

Ha la forza di respingerlo dopo che Norma gli ha raccontato chi è Pollione. 

NORMA: MELODRAMMA AFFASCINANTE, E’ LA PIU’ NOBILE OPERA LIRICA DELLA PRIMA META’ DELL’ ‘800.

 

Battuto al computer da Lauretta






 

RICCARDO CHAILLY dirige la SINFONIA:   

 .

Il basso CESARE SIEPI e il coro cantano “ITE SUL COLLE, O DRUIDI”: 

.
 

Il tenore MARIO DEL MONACO canta MECO ALL’ALTAR DI VENERE:

 

.
 

Il soprano MARIA CALLAS canta “CASTA DIVA”: 

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Il soprano GERALDINE CHAUVET e il tenore MANRICO TEDESCHI cantano “SGOMBRA E’ LA SACRA SELVA” (Pollione e Adalgisa):

Il mezzosoprano Cecilia Bartoli,  il soprano Sumi Jo, il tenore John Osborn cantano il terzetto “OH! DI QUAL SEI TU VITTIMA”:   https://youtu.be/4UdRwc9CIrg

.

Il soprano MARIA CALLAS e il mezzosoprano CHRISTA LUDWIG cantano “DEH! CON TE LI PRENDI”: 

.

Il soprano DANIELA DESSI’ e CORO cantano “GUERRA! GUERRA! LE GALLICHE SELVE”:

Il soprano MARIA CALLAS e il tenore MARIO DEL MONACO cantano “In mia man alfin tu sei”:   

.

Il soprano MARIA CALLAS, il mezzosoprano CHRISTA LUDWIG, il tenore FRANCO CORELLI, il basso NICOL ZACCARIA cantano “QUAL COR TRADISTI, QUAL COR PERDESTI, … DEH, NON VOLERLI VITTIME”:   https://youtu.be/onmB8U6J5Dk

 

NABUCCO  di  GIUSEPPE VERDI 

  • Agosto 3, 2023 at 5:53 pm

 

Opera in IV parti su libretto di Temistocle Solera, tratto da “Nabuchodonosor”, dramma di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornue, musica di Giuseppe Verdi.

Prima rappresentazione: Teatro “La Scala” di Milano, 9 marzo 1842 con Giorgio Ronconi e Giuseppina Strepponi. 

 

Personaggi:

Nabucco, re di Babilonia (baritono)
Ismaele, nipote di Sedecia re di Gerusalemme (tenore)
Zaccaria, gran pontefice degli Ebrei (basso)
Abigaille, schiava, creduta figlia primogenita di Nabucco (soprano)
Fenena, figlia di Nabucco (mezzosoprano)
Il Gran Sacerdote di Belo (basso)
Abdallo, vecchio ufficiale del re di Babilonia (tenore)
Anna, sorella di Zaccaria (soprano)

Gli interpreti principali della prima rappresentazione: 

Nabucodonosor (baritono) Giorgio Ronconi
Ismaele (tenore) Corrado Miraglia
Zaccaria (basso) Prosper Dérivis
Abigaille (soprano) Giuseppina Strepponi
Fenena (mezzosoprano) Giovannina Bellinzaghi       

 

Trama: 

Epoca storica: intorno al 587 circa a.C.

Parte I: Gerusalemme,

Nel Tempio di Gerusalemme, i Leviti e il popolo lamentano la sorte degli Ebrei, assediati dal re di Babilonia, Nabucodonosor.   
Il profeta Zaccaria incoraggia piuttosto irruentemente la sua gente presentando un prezioso ostaggio, Fenena, figlia
di Nabucodonosor, che affida in custodia ad Ismaele, nipote del re di Gerusalemme.
Il giovane ama la prigioniera, la vuole liberare e fuggire con lei perché, in passato, mentre si trovava a Babilonia, era prigioniero ed era stato liberato proprio da Fenena. 

Giunge Abigaille, idem innamorata di Ismaele e minaccia la sorella di riferire al padre, ma tacerà se Ismaele rinuncerà a Fenena e amerà la stessa Abigaille. 

Nabucodonosor, a capo del suo esercito, è deciso a saccheggiare Gerusalemme, e Zaccaria, per fermarlo, minaccia di uccidere Fenena: Ismaele riesce a consegnarla salva, nelle mani di Nabucodonosor che sfoga la sua ira imprigionando gli Ebrei e facendo incendiare il Tempio di Salomone. 

Parte II: L’empio.

Abigaille trova una pergamena che attesta le sue umili origini di schiava.
Nabucco nomina reggente Fenena, che ordina di liberare tutti gli Ebrei.
Abigaille accetta il consiglio del Sacerdote di Belo di impossessarsi della corona.   

Zaccaria, prigioniero degli Assiri in Babilonia con tutto il suo popolo sollecita Iddio a parlare attraverso il suo labbro e incontra Fenena che ha deciso di convertirsi al Dio degli Ebrei.
I Leviti maledicono Ismaele perché li ha traditi, ma Anna, sorella di Zaccaria, lo difende: il giovane infatti ha salvato un’Ebrea, perché la figlia del re nemico, Fenena, si è convertita alla “Legge”.   

Nabucco è creduto morto in guerra e Abigaille pretende da Fenena la corona, ma il re ritorna e se la riprende.   
Deride il Dio di Babilonia, che avrebbe spinto i Babilonesi a tradirlo, e il dio degli Ebrei, (Jehova).
Esige di essere adorato come l’unico Dio, un fulmine scende sulla sua testa e la corona cade mentre il re comincia a mostrare segni di follia.
La corona viene subito raccolta da Abigaille che si autonomina regina a difesa dell’Assiria. 

 

Parte III: La profezia.      

Il Gran Sacerdote di Belo consegna ad Abigaille la sentenza di condanna a morte degli Ebrei, e la regina si finge incerta sul da farsi.
All’arrivo di Nabucco, spodestato, dà ordine di ricondurlo nelle sue stanze.
Lo invita a porre il suggello regale sulla sentenza di morte degli Ebrei.
Nabucco la accontenta, ma subito vede il nome di Fenena nell’elenco dei condannati; Abigaille, implacabile, afferma che nessuno potrà salvarla e gli ricorda di essere anch’essa sua figlia, ma il re conferma la sua vera condizione di schiava.
Abigaille fa a pezzi la pergamena che attesta la sua origine.
Il re chiama le sue guardie ma esse lo arrestano, obbedendo alla nuova regina.
Preda di confusione e impotenza, Nabucco chiede perdono ad Abigaille e invoca pietà per Fenena. 

Sulle sponde dell’Eufrate gli ebrei, sconfitti e prigionieri, ricordano con nostalgia e dolore la cara patria perduta (coro: “Va’, pensiero, sull’ali dorate”).

Il Pontefice Zaccaria li incita a non piangere come femmine imbelli e profetizza una dura punizione per il loro nemico: il Leone di Giuda sconfiggerà gli Assiri e distruggerà Babilonia. 

Parte IV: L’Idolo infranto.

Nabucco, tornato in sé, si affaccia alla loggia e vede con raccapriccio Fenena in catene.
Disperato e rendendosi conto di essere prigioniero, si inginocchia al Dio di Giuda invocando il suo aiuto e chiedendogli perdono.
Subito, sopraggiunge il fedele ufficiale Abdallo con un numero di soldati, che gli offre la spada (“Il brando tuo”) e l’aiuto a riconquistare il trono. 

Nel corteo degli Ebrei, Zaccaria conforta Fenena e la fanciulla si prepara a godere delle gioie celesti. 

Nabucco, alla testa delle sue truppe, ordina di infrangere la statua di Belo e, miracolosamente, «l’idolo cade infranto da sé»: tutti gridano al «divino prodigio». 

Nabucco concede la libertà agli Ebrei e ordina al popolo d’Israele di costruire un tempio per il suo Dio grande e forte, “il solo degno di essere adorato”. 

Mentre tutti, Ebrei ed Assiri, s’inginocchiano invocando l’«Immenso Jehova», entra Abigaille sorretta da due guerrieri: la donna si è avvelenata e chiede il perdono degli uomini e di Dio prima di morire.
Zaccaria rivolge a Nabucco l’ultima profezia: «Servendo Jehova, sarai de’ regi il re!».

 

Brani noti: 

Sinfonia
D’Egitto là sui lidi, cavatina di Zaccaria (parte I)
Mio furor, non più costretto, (finale parte I)
Ben io t’invenni, o fatal scritto!… Anch’io dischiuso un giorno, recitativo e aria di Abigaille (parte II)
Vieni, o Levita, preghiera di Zaccaria (parte II)
S’appressan gli istanti, finale (parte II)
Donna, chi sei? duetto tra Nabucco e Abigaille (parte III)
Va, pensiero, sull’ali dorate, coro degli ebrei (parte III)
Dio di Giuda! preghiera di Nabucco (parte IV) 

 

Incisioni note: 

Gino Bechi, Maria Callas, Luciano Neroni, Amalia Pini, Gino Sinimberghi Vittorio Gui Warner Classic

Paolo Silveri, Caterina Mancini, Antonio Cassinelli, Gabriella Gatti, Mario Binci Fernando Previtali Fonit Cetra

Ettore Bastianini, Margherita Roberti, Paolo Washington, Miriam Pirazzini, Gastone Limarilli Bruno Bartoletti Myto

Cornell MacNeil, Leonie Rysanek, Cesare Siepi, Rosalind Elias, Eugenio Fernandi Thomas Schippers MetOpera

Ettore Bastianini, Mirella Parutto, Ivo Vinco, Anna Maria Rota, Luigi Ottolini Bruno Bartoletti G. O. P.

Tito Gobbi, Elena Souliotis, Carlo Cava, Dora Carral, Bruno Prevedi Lamberto Gardelli Decca

Giangiacomo Guelfi, Elena Souliotis, Nicolaj Ghiaurov, Gloria Lane, Gianni Raimondi Gianandrea Gavazzeni Nuova Era

Matteo Manuguerra, Renata Scotto, Nicolaj Ghiaurov, Elena Obrazcova, Veriano Luchetti Riccardo Muti EMI

Piero Cappuccilli, Ghena Dimitrova, Evgenij Nesterenko, Lucia Valentini Terrani, Plácido Domingo Giuseppe Sinopoli Deutsche Grammophon

Paolo Gavanelli, Monica Pick-Hieronimi, Paata Burchuladze, Anna Schiatti, Gilberto Maffezzoni Anton Guadagno Koch Schwann

Renato Bruson, Marija Hulehina, Ferruccio Furlanetto, Elena Zaremba, Fabio Armiliato Daniel Oren Valois

Leo Nucci, Dimitra Theodossiou, Riccardo Zanellato, Anna Maria Chiuri, Bruno Ribeiro Michele Mariotti  C Major

Amartüvshin Enkhbat, Saoia Hernández, Michele Pertusi, Annalisa Stroppa, Ivan Magrì Francesco Ivan Ciampa Dynamic

 

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

Nabucco (il titolo originale completo è “Nabucodonosor”) è la terza opera lirica di Giuseppe Verdi ed è quella che ne ha decretato il successo, consacrandolo quale “Simbolo dell’Unità d’Italia”.


Secondo una critica:     

“È stata spesso definita come l’opera più risorgimentale di Verdi, poiché gli spettatori italiani dell’epoca avevano la condizione politica simile a quella degli Ebrei soggetti al dominio babilonese. Questa interpretazione però fu il risultato di una lettura storiografica retroattiva che, alla luce degli avvenimenti storici occorsi, volle sottolineare in senso risorgimentale l’attività artistica del compositore.

La lettura fu incentrata soprattutto sul famosissimo coro” Va’, pensiero, sull’ali dorate”, intonato dal popolo ebraico, ma il resto del dramma è invece incentrato sulle figure drammatiche dei Sovrani di Babilonia Nabucodonosor II e della sua presunta figlia Abigaille”.   

Dopo il fiasco di “Un giorno di regno” e la morte della moglie e dei due figlioletti, Verdi si ritrova vittima del rifiuto psicologico di comporre musica, ma l’impresario Bartolomeo Merelli gli propone un libretto scritto da Temistocle Solera intitolato “NABUCCO”.

 

Verdi rimane molto colpito e accetta volentieri di musicare l’opera.

Nel 1841 viene completata la partitura musicale e, il successivo 9 marzo 1842, l’opera viene rappresentata al Teatro “Alla Scala” di Milano con felicissima accoglienza da parte del pubblico e della critica. 

E’ importante ricordare anche che Nabucco debutta con grande successo al Teatro “Alla Scala” di Milano, alla presenza di Gaetano Donizetti. 

Secondo quanto scritto da qualche storico musicale, “Il librettista Solera aderì alla battaglia risorgimentale da posizioni neoguelfe, circostanza che potrebbe giustificare la collocazione di un’autorità di tipo religioso, l’inflessibile pontefice Zaccaria, a capo della fazione ebraica”.



L’azione si svolge a Gerusalemme, a Babilonia e sulle sponde del fiume Eufrate, nel 587 a.C. circa.   
Ha per sfondo la guerra dei Babilonesi, guidati dal Re Nabucodonosor contro gli Ebrei e i Leviti (ossia, gli appartenenti alla tribù di Levi), popolazione che NON ha MAI perso la propria identità, neppure al giorno d’oggi. 

Presenziano gli eventi di guerra, le rivalità amorose, i tradimenti: il tutto termina con la liberazione degli Ebrei, mentre Nabucco, convertito, dichiara la Gloria di Jehova.  

 

Nabucco: 

E’ UN “VINCITORE”, dal momento che, una volta svegliatosi dall’incubo e rinsavito, il senno ritornato gli fa CAPIRE che IL DIO DEGLI EBREI E’ PIU’ FORTE DEL SUO ESSERSI VOLUTO ERIGERE AD ESSERE SUPERIORE: “NON SON PIU’ RE, SON DIO!”.

Si prostra al Dio di Israele per il quale Fenena, la vera figlia, avrebbe dovuto essere sacrificata e che, grazie al piegarsi di Nabucco, continuerà a vivere.   

Infatti, nel IV atto, Nabucco canta: “Dio degli Ebrei, perdono” seguito da “Dio di Giuda, l’ara, il tempio a te sacrati …”. 

 

Zaccaria: 

Nel II atto, mentre è prigioniero, sua è “LA PREGHIERA”: brano fantastico commovente e intriso del forte “credo religioso”.

Aria preceduta da un passo orchestrale splendido, in cui emerge solo il violoncello.   

Nel III atto, grazie al suo “POTERE” mistico, SCUOTE gli Ebrei che, a mezzo dello splendido coro “Vah, pensiero …”, sulle rive del fiume Eufrate, esprimono la nostalgia per la loro patria lontana, li “solleva” dalla tristezza a mezzo delle parole “Oh, chi piange? Di femmine imbelli … Chi solleva lamenti all’Eterno?”. 

Zaccaria promette, profetizzando, che il Leone di Giuda vincerà Babilonia.  

Ebbene, sì, questo coro stupendo, il più famoso nella storia dell’opera Lirica, E’ UN LAMENTO: qui vengono ricordati, con nostalgia e dolore, i Vati che ammutoliscono attraverso la loro arpa d’oro pendente dal salice e che ricorda i tempi andati, il fiume Giordano, le Torri atterrate di Sionne (ossia Gerusalemme: si chiamava così dal nome del Colle Sion). 

E’ importante evidenziare che per il testo di questo coro, il più famoso dell’opera, «Va’, pensiero», cantato dagli Ebrei resi schiavi, il librettista Temistocle Solera si è ispirato al Salmo biblico 137: «Lungo i fiumi di Babilonia ci sedemmo angosciati in memoria della patria. Con le lacrime appendemmo le nostre cetre sopra i salici. In quell’esilio, parole di canto ci chiedevano i nostri carcerieri, inni di giubilo i nostri oppressori. No! Come potremmo cantare le lodi del Signore in terra straniera, senza evocare il dramma di Gerusalemme? Come potremmo dimenticare la nostra città? Il suo ricordo è al di sopra di ogni gioia».

Anche Salvatore Quasimodo si è ispirato, nella sua poesia: “E come potevamo noi cantare”, riferendosi chiaramente al periodo della tirannia nazifascista nel nostro Paese.  

Infatti, Quasimodo scrive: “E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto anche le nostre cetre erano appese. Sussurravano lievi al triste vento”.  

«Va pensiero» è famosissimo in tutto il Mondo ed è una delle musiche italiane più conosciute accanto alla Marsigliese, a Lily Marlène, a We are theworld, a Les feuilles mortes…    

 

Abigaille: 

Come Nabucco e Zaccaria, rincorre “IL POTERE”, ma la vera PERDENTE è Abigaille a causa del suo NON essere figlia biologica di Nabucco che le provoca il desiderio di rivalsa.

Infatti, Abigaille rimane traumatizzata dal ritrovamento del “fatal scritto” che prova la sua nascita NON di sangue reale e, che lei NON sa, potrebbe avere sempre portato ad un comportamento non troppo nobile (la Genetica ha sempre “parlato” per chiunque).   

Il sentimento di RIVALSA la porterà a suicidarsi a mezzo di avvelenamento, nell’ultimo atto. 

Psicologicamente, Abigaille è una personalità incisiva. 

 

. Vocalità di Abigaille. 

La parte di Abigaille è molto difficile: il soprano è drammatico e di grandissima potenza; le difficoltà tecniche sono rilevanti ed evidenziano il carattere predisposto all’ira da parte di tale donna.    

Tra le più celebri Abigaille spiccano Maria Callas, Anita Cerquetti, Elena Souliotis, Ghena Dimitrova, Maria Dragoni, Marija Guleghina e Ekaterina Metlovama.  

 

Fenena: 

Figlia biologica di Nabucco che si converte alla religione del suo Ismaele, possiede la vocalità di un mezzosoprano morbido ed è stata interpretata da mezzosoprani come Giulietta Simionato, Fiorenza Cossotto e Lucia Valentini Terrani.

 

Ismaele:

E’ l’amato di Fenena, conosciuto in Babilonia quale Ambasciatore.

Pur essendo coraggioso, viene maledetto dai Leviti perché si credono traditi, ma viene difeso da Anna, sorella di Zaccaria, che li informa che il giovane ha salvato un’Ebrea: infatti, la figlia di Nabucco-nemico, si è convertita alla religione di Jehova. 

 

Abdallo: 

Ufficiale fedele a Nabucco, assieme ad un gruppo di soldati, lo aiuta nella riconquista della sua corona, a differenza del Grande Sacerdote di Belo che è fedele ad Abigaille.

Opera molto corale, Nabucco “è, praticamente, tutta un coro”.

Verdi dimostra la sua sensibilità, la sua attrazione inconscia verso la popolazione, specialmente sofferente, ossia il suo altruismo, la sua empatia.



Battuto al computer da Lauretta











ARTURO TOSCANINI dirige la SINFONIA:

LOUIS BUSKENS dirige il CORO DEI LEVITI “GLI ARREDI FESTIVI”:

 

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Il  basso ILDAR ABDRAZAKOV canta “D’EGITTO, LA’, SUI LIDI”: 

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Il soprano MARIA GULEGHINA canta “BEN IO T’INVENNI, O FATAL SCRITTO”: 

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Il basso CARLO COLOMBRA canta “VIENI, O LEVITA”: 

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Il baritono RENATO BRUSON, il soprano GHENA DIMITROVA, il tenore BRUNO BECCARIA, il soprano RAQUEL PIEROTTI cantano “S’APPRESSAN GL’ISTANTI”: 

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Il baritono GINO BECHI e il soprano MARIA CALLAS cantano “DONNA CHI SEI?”:   

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RICCARDO MUTI dirige il coro “VA, PENSIERO, SULL’ALI DORATE”:   https://youtu.be/MBYmhYxEvUM


Il baritono PIERO CAPPUCCILLI canta “DIO DI GIUDA” (PREGHIERA DI NABUCCO):

MANON LESCAUT di GIACOMO PUCCINI

  • Agosto 3, 2023 at 5:07 pm

Manon Lescaut è un’opera in quattro atti su libretto di Luigi Illica, Giuseppe Giacosa, Marco Praga, Domenico Oliva, Ruggero Leoncavallo, Tito Ricordi e lo stesso Puccini. 

Fonti: “Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut” di Antoine François Prévost.   

Prima rappresentazione: Teatro Regio, di Torino, 1º febbraio 1893 con, primi interpreti,  Cesira Ferrani e Giuseppe Cremonini Bianchi.

Genere: dramma lirico Musica Giacomo Puccini.

 

Personaggi:     

Manon Lescaut (soprano)
Il Cavaliere Renato Des Grieux, studente (tenore)
Lescaut, Sergente della Guardia del Re (baritono)
Geronte di Ravoir, tesoriere generale (basso)
Edmondo, studente (tenore)
Un  lampionaio (tenore)
Un musico (mezzosoprano)
Un oste (basso)
Il maestro di ballo (tenore)
Sergente degli Arcieri / Sergente di Parigi (basso)
Il Comandante di Marina (basso)
Un parrucchiere (mimo) 

    

Trama:

Epoca: Seconda metà del secolo XVIII. 


Atto I: Amiens, una locanda nel piazzale in prossimità della Porta di Parigi.    

Qui, alcuni studenti, borghesi e ragazze scherzano sugli argomenti amore e giovinezza. 

Fra gli studenti, Renato Des Grieux, mostra indifferenza verso l’amore (“L’amor? Questa tragedia, ovver commedia, io non conosco!”).    


Arriva una carrozza che sosta per il cambio dei cavalli.
Da qui, scendono Manon Lescaut (la cui vita proseguirà in convento per decisione della famiglia che la ritiene piuttosto vivace e capricciosa), il fratello Lescaut (Sergente della Guardia del Re), Geronte di Ravoir (tesoriere generale del Re) e altri viaggiatori. 

Vedendo Manon, Des Grieux ha “il colpo di fulmine” e, appena Manon resta sola, le si avvicina; al ritorno di Lescaut, promettono di rivedersi.   

Intanto, Lescaut organizza di rapire la sorella affinché  lei diventi l’amante di Geronte di Ravoir, vecchio danaroso banchiere così, anche lui beneficerà. 

Edmondo, l’amico di Des Grieux, ascolta il dialogo e lo informa, per cui organizzano una mossa contraria: Renato rapirà Manon, precedendo il banchiere. 

Des Grieux convince faticosamente Manon a fuggire assieme in carrozza, gli studenti li salutano, Geronte smania e medita vendetta, mentre Lescaut, conoscendo la sorella, SA che NON sosterrà una vita senza pretese.    

 

Atto II:  A Parigi.    

Nella casa di Geronte: il salotto elegantissimo.  

Lescaut aveva ragione e Manon lo ha raggiunto per diventare l’amante del vecchio banchiere.
E’ abituata a prepararsi per ricevimenti, durante i quali balla e canta.
Però, ormai, si annoia e prova nostalgia per il giovane Des Grieux; a questo punto, il fratello chiama di nascosto Des Grieux a palazzo.  

Terminato l’ultimo ricevimento, Manon è sola e, nella sua camera, entra a forza Des Grieux: fra loro, la passione ritorna.
Des Grieux è arrabbiatissimo, ma Manon lo seduce facilmente.  

Purtroppo, all’improvviso, arriva Geronte che, nonostante – attraverso uno specchio – Manon gli faccia presente quanto il banchiere sia maggiore di lei, saluta con :  “Arrivederci… e a presto!”.
Des Grieux la sollecita a fuggire subito, ma Manon non percepisce il pericolo.
Interviene anche il fratello che la mette in guardia che è stata denunciata e, mentre tenta di ritrovare un po’ di gioielli tenuti nella stanza, le guardie la trattengono come ladra e infedele. 

Atto III:  Piazzale presso il porto di Le Havre e caserma con una cella.

È notte.
Manon è incarcerata nella prigione di Le Havre assieme ad altre donne di malaffare; da qui, l’alba seguente sarà imbarcata in una nave che andrà negli Stati Uniti.
L’azione per scansare tale esilio non riesce a Lescaut, per cui Des Grieux supplica il comandante della nave allo scopo che lo imbarchi insieme a lei. Il comandante è commosso dalle sue lacrime e gli permette di partire come mozzo per il viaggio d’oltreoceano.  

 

Atto IV: Una landa sterminata ai confini della Nuova Orléans, nell’America del Nord.  

Manon e Des Grieux si spostano senza meta prestabilita attraverso un terreno arido, esausti.
Manon è stata imprudente molte volte per cui, questa volta, sono fuggiti.
Manon è stanca e non riesce a proseguire anche a causa della zona senz’acqua.
Il suo amante Des Grieux le è sempre stato fedele ma NON può aiutarla.
E’ disperato  e piangente e può solo ascoltare le ultime parole di Manon che spira fra le sue braccia.

 

Brani noti: 

Donna non vidi mai, romanza di Des Grieux (atto I)
In quelle trine morbide, romanza di Manon (atto II)
Tu, tu, amore? Tu?!, duetto tra Manon e Des Grieux (atto II)
Intermezzo orchestrale, viaggio a Le Havre (atto III)
Sola… perduta… abbandonata, aria di Manon (atto IV)

 


Incisioni: 

Maria Zamboni, Francesco Merli, Lorenzo Conati, Attilio Bordonali, Giuseppe Nessi, Lorenzo Molajoli, Columbia

Renata Tebaldi, Mario del Monaco, Mario Borriello, Fernando Corena, Piero De Palma, Armando Giannotti, Francesco Molinari Pradelli, Decca  

Licia Albanese, Jussi Björling, Robert Merrill, Mario Carlin, Franco Calabrese, Anna Maria Rota, Jonel Perlea, RCA   

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Giulio Fioravanti, Dino Formichini, Franco Calabrese, Fiorenza Cossotto, Tullio Serafin, EMI  

Montserrat Caballé, Plácido Domingo, Vincente Sardinero, Noël Mangin, Robert Tear, Peter Klein, Bruno Bartoletti, EMI  

Mirella Freni, Plácido Domingo, Renato Bruson, Kurt Rydl, Robert Gambill, Giuseppe Sinopoli            Deutsche Grammophon  

Raina Kabaivanska, Giuseppe Giacomini,Nelson Portella, Ljubomir Djakovski, Giancarlo Luccardi, Cristina Anghelakova, Angelo Campori, RCA  

Kiri Te Kanawa, José Carreras, Paolo Coni,Italo Tajo, William Matteuzzi, Riccardo Chailly, Decca         

Mirella Freni, Luciano Pavarotti, Dwayne Croft, Giuseppe Taddei, Ramón Vargas, Cecilia Bartoli, James Levine,  Decca 

Marija Hulehina, José Cura, Lucio Gallo, Luigi Roni, Marco Berti, Riccardo Muti, Deutsche Grammophon   

 

Cinema:    

. Manon Lescaut, film-opera del 1939 con Alida Valli e Vittorio De Sica, regia di Carmine Gallone.   

. Gli  amori di Manon Lescaut, film del 1954 con Myriam Bru e Franco Interlenghi, regia di Mario Costa (utilizza la musica di Puccini).

. Sembra che John Williams si sia ispirato all’intermezzo del 3° atto di quest’opera per il celebre tema musicale di Star Wars.

 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Il libretto di Manon Lescaut è Ispirato al romanzo scritto nel 1731 dall’abate Antoine François Prévost “Storia del cavaliere Des Grieux e di Manon Lescaut”, mentre l’opera viene composta fra il 1889 e il 1892.
Infatti, nel 1889, Puccini è impegnato con il rifacimento di “Edgar”, con la composizione di “Manon Lescaut” (eccetto l’ultimo atto), la riduzione de “I Maestri Cantori di Norimberga”, su richiesta di Ricordi  (per cui va a Bayreuth ad ascoltare l’opera di Wagner che, con “Tristano e Isotta” e “Parsifal” è fra le sue predilette).     
Quindi, nell’ottobre 1892, l’opera è pronta.   

Manon Lescaut è la terza opera di Puccini, gli apre la strada da percorrere, è considerata il suo primo lavoro operistico soggettivo e la sua partitura viene modificata da Puccini più volte, dalla prima rappresentazione dell’opera fino a poco prima di decedere. 

Da non dimenticare quanto è risaputo:

< Lo stesso soggetto aveva già ispirato la Manon Lescaut di Daniel Auber (Daniel-François Esprit Auber), rappresentata a Parigi, Opéra-Comique, 23 febbraio 1856 e, soprattutto, la Manon di Jules Massenet (Parigi, Opéra-Comique, 19 gennaio 1884).

Secondo quanto raccontato, < Quando Marco Praga gli fece notare che avrebbe dovuto affrontare il confronto con la fortunata opera di Massenet, Puccini rispose: “Lui la sentirà alla francese, con cipria e i minuetti. Io la sentirò all’italiana, con passione disperata” >.


“Manon Lescaut”, opera attuale, affascinante e melodiosa, formata anche da alcuni autoimprestiti di musiche che Puccini aveva già composto, è definita “PURA PASSIONE” dal suo compositore (all’epoca, trentacinquenne) alla “prima” rappresentazione al Teatro “Regio” di Torino del 1° febbraio 1893.
    

E’ stato riconosciuto che “la bravura con cui Manon è stata orchestrata, non viene superata nelle sue opere seguenti e che Puccini utilizza tutti i valori stilistici che gli permettono di creare un’opera verista che possa colpire subito”.

Infatti, Manon suggerisce a Puccini qual è il suo percorso musicale da seguire, in futuro.  


Quindi:

. PURA PASSIONE per l’amore che lega Manon e Des Grieux.      

. PURA PASSIONE per quest’opera che sarà chiamata “il primo capolavoro di Puccini”.         

. PURA PASSIONE per perfezionare l’opera attraverso nove varianti (dal 1893 fino al 1924), il cui libretto – oltre ai sei librettisti – passa a Giuseppe Adami e a Ricordi che, a quanto pare,  stampa la prima edizione senza i nomi degli autori.     

. PURA PASSIONE per la trama semplice e coerente.      

. PURA PASSIONE perché conosce molto bene la tecnica di Wagner (Puccini ama tre sue opere, in particolare: Tristano e Isotta, I Maestri Cantori di Norimberga e Parsifal) e a lui si ispira per lo stile amoroso del duetto del secondo atto.      

. PURA PASSIONE circa la scrupolosità con cui Puccini SA calarsi nell’interiore dei protagonisti.   

. PURA PASSIONE: addirittura, su Mercurio, a Puccini, è stato dedicato un cratere chiamato col suo nome.  

 

Manon Lescaut: 

Manon, bella, sensuale, inebriante, volubile e leggera, possiede un carattere irrequieto, per il quale si deduce che lei stessa sia la causa dei suoi  guai, ossia che questo sia il motivo secondo il quale la famiglia Lescaut impone a Manon di entrare in convento.

E’ accompagnata dal losco fratello Lescaut che la promette al vecchio banchiere Geronte di Ravoir, ma la cosa non riesce perché lo studente Des Grieux batte tutti sul tempo.

Come previsto dal fratello, Manon non sopporta la povertà e accetta la vita agiata e ricca offerta dal banchiere, facendo mercato della sua passione per Des Grieux che, comunque, si evidenzia sotto forma di nostalgia e che incontra nuovamente.

Ama Des Grieux, ma non quanto lui ama lei. 

Nel II atto, Manon viene perdonata da Des Grieux e, qui, compare con frequenza il  “Tristan-Akkord” (evidenzia l’importanza del legame amore-morte), riferimento adottato e affermato nella Giovane Scuola Italiana con la quale, praticamente, termina il Romanticismo e inizia il Verismo a cui appartengono Puccini, Mascagni, Leoncavallo, Giordano, Cilea, Catalani, Franchetti).

Come già detto sopra, “può essere lei stessa la causa dei suoi guai”: infatti, Antoine François Prévost, lo scrittore francese che l’ha concepita, la definisce “una peccatrice senza malizia”, ossia la personificazione incosciente e scriteriata del male.

Chi la conosce è condotto inevitabilmente alla distruzione a causa del suo forte potere di seduzione, mentre Puccini, alla prima rappresentazione, nel 1893, così definisce la sua terza opera: “La bella, voluttuosa e tragica Manon Lescaut”.       

Manon senza dubbio è affetta da qualche disagio psichico: sicuramente, si tratta di un disturbo d’ansia e di preoccupazione che si manifesta in modo eccessivo e che non riesce a padroneggiare, per cui – secondo la Scienza Medica – le conseguenze potrebbero manifestarsi con insoddisfazione, difficoltà di concentrazione, tensione muscolare, stanchezza, sonno agitato: tutto ciò le porta un forte danno.  

Ad esempio, il Disturbo Oppositivo Provocatorio è una forma di comportamento ripetitivo negativo, sfidante-irritante, ribelle ed avverso nei confronti di chi possiede autorevolezza.

Si manifesta con perdita di controllo, liti con gli adulti, resistenza e rifiuto di rispettare richieste o regole delle persone più grandi, suscettibilità o fastidio a causa degli altri, essere dispettoso o vendicativo.      

I rischi che facilitano la comparsa del Disturbo Oppositivo Provocatorio  possono essere provocati da:

. Essere stato abusato o trascurato.

. Disciplina particolarmente severa o inconsistente.

. La mancanza di supervisione. 

. Genitori con una storia di ADHD, Disturbo Oppositivo Provocatorio o problemi  di comportamento.

. Instabilità familiare.

. Cambiamenti stressanti che invalidano il senso di coerenza di un bambino aumentano il rischio di comportamento dirompente.

 Le manifestazioni del disturbo si manifestano nell’ambiente familiare ma possono essere evidenti anche a scuola o nella comunità.  

 

Renato Des Grieux:

Psicologicamente, Manon è la protagonista, nonostante Des Grieux, Lescaut e Geronte, rivestano ruoli di un certo peso.

Des Grieux è un puro e l’amore per Manon gli ottenebra la mente, per cui tronca i rapporti con la sua facoltosa famiglia e si impoverisce alquanto per avere “scelto” Manon.

Innamoratissimo di Manon, la supporta sempre assieme ai guai che lei stessa causa per sua  incoscienza, noncuranza; quando ritrova Manon è arrabbiatissimo, però – fra i due – è lui l’unico ad essere capace di perdonare e di riprendere.

Des Grieux è persino capace di autoesiliarsi per stare accanto alla “sua” donna fino all’ultimo, anche dopo l’abbandono di costei dovuto alla brama di denaro, fino a rassegnarsi disperatamente, alla fine.  

Il comportamento continuamente onesto di Des Grieux, verso Manon, potrebbe far  pensare al “mammismo” o alla sindrome dell’abbandono, ossia alla paura di perdere una persona o di restare soli (cosa alquanto diffusa, nella popolazione umana).     

La psicologa e psicoterapeuta Cristina Lanza, su miodottore.it., spiega che questa sindrome comprende un insieme di “sintomi e sensazioni di disagio/paura/angoscia innescati dall’assenza (reale o solo minacciata, temporanea o definitiva) dell’altra persona, verso cui si è strutturata una vicinanza affettiva e vissuta come una riedizione di esperienze abbandoniche della propria infanzia”. 

Infatti, il vivere nella propria infanzia queste situazioni continue, avvia e immagazzina ansie, paura di restare senza l’altra persona e un senso di incertezza che si possono trascinare nella vita adulta. 

Tutto ciò, se è forte o continuo, può provocare depressione abbandonica.    


Pare  che la storia Manon-Des Grieux sia originata da una vicenda realmente esistita nella vita di Prévost: infatti, lo scrittore e Des Grieux presentano somiglianze attraverso la predisposizione religiosa e il volere vivere la vita pienamente; coinvolgimento in scandali e riaccostamento alla Chiesa dove Prévost diventa abate.

 


Sergente Lescaut:  

Lescaut non è il protagonista, ma il suo ruolo è basilare.

Da persona poco raccomandabile qual è, vuole dare la sorella al vecchio banchiere così anche lui gode di una vita “comoda”, ma si riabilita un po’ quando organizza l’incontro di Manon e Des Grieux nel palazzo di Ravoir e quando vuole scansare l’esilio della sorella.  

Lescaut, con la sorella “punita” per la sua irrequietezza e iperattività a mezzo della destinazione alla vita conventuale, è una persona anaffettiva (sicuramente, in modo patologico), priva di correttezza morale, per cui  il suo comportamento è, chiaramente,  una reazione conseguenziale della vita trascorsa in famiglia per lui e la sorella, ma con la differenza che la donna non era considerata importante quanto l’uomo (ancora oggi, si usa dire, che “l’uomo porta i pantaloni”).

 

Geronte di Ravoir:  

E’ un personaggio comprimario importante ed è un vecchio banchiere bavoso vendicativo che, oggi, verrebbe definito pedofilo e denunciato-condannato, vista e considerata la differenza d’età fra lui e la giovinetta Manon.

A Geronte, la propria immagine viene presentata da Manon attraverso uno specchio, per cui, a causa della propria cattiveria, provoca le disavventure della stessa Manon e di Des Grieux, arrivando alla deportazione in America.

 

Battuto al computer da Lauretta







 

Il tenore GIUSEPPE DI STEFANO canta “DONNA NON VIDI MAI SIMILE A QUESTA”:

 

Il soprano ANNA NETREBKO canta “IN QUELLE TRINE MORBIDE”: 

 

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Il soprano KRISTINE OPOLAIS e il tenore JONAS KAUFMANN cantano il duetto d’amore “TU? TU? AMORE, TU?” (E SCENA DELLA SEDUZIONE): 

 

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HERBERT von KARAJAN dirige L’INTERMEZZO DEL III ATTO:

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Il soprano MIRELLA FRENI canta “SOLA, PERDUTA, ABBANDONATA”:





 

MADAMA BUTTERFLY di GIACOMO PUCCINI

  • Agosto 3, 2023 at 3:32 pm

Madama Butterfly è un’opera in tre atti (inizialmente, due) su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica tratto da un lavoro di David Belasco, a sua volta tratto da un breve racconto di John Luther Long. 

Nello spartito e nel libretto l’opea è definita “tragedia giapponese” ed è dedicata alla regina d’Italia Elena di Montenegro. 


Prima rappresentazione: Teatro alla Scala di Milano, il 17 febbraio 1904 (stagione di Carnevale e Quaresima).
Esito: insuccesso.

Seconda rappresentazione con modifiche apportate: 28 maggio 1904 – Teatro Grande di Brescia
Esito: grande successo.

Personaggi: 

Madama Butterfly / Cio Cio-san (soprano)
B. F. Pinkerton, tenente della Marina degli Stati Uniti (tenore)
Suzuki, servitrice di Cio Cio-san (mezzosoprano)
Sharpless, console degli Stati Uniti a Nagasaki (baritono)
Goro, nakodo (tenore)
Lo zio Bonzo (basso)
Il Principe Yamadori (tenore)
Kate Pinkerton (mezzosoprano)
Lo zio Yakusidé (baritono)
Il commissario imperiale (basso)
L’ufficiale del Registro (basso)
La zia (soprano)
La cugina (soprano)
La madre (mezzosoprano)
Dolore (bambino, mimo)
Parenti, amiche e amici di Cio-Cio-San, servi 

Primi interpreti dei personaggi principali: 

Cio-Cio-San (soprano) Rosina Storchio
Pinkerton (tenore) Giovanni Zenatello
Sharpless (baritono) Giuseppe De Luca                             

Direttore: Cleofonte Campanini

 

Trama:

Epoca storica: Nagasaki, inizio 1900.

Atto I:

Il tenente Pinkerton è con il console americano Sharpless ed è in attesa della giovanissima sposa giapponese, un’adolescente incontrata per mezzo di Goro, un sensale di matrimoni (oggi, noi lo chiameremmo “agente matrimoniale”): la fanciulla è figlia di un nobile costretto a suicidarsi “con onore”  su comando dell’imperatore; nobile che, chiaramente, da anni, non può più provvedere a moglie e figlia.

L’unico legame ritenuto valido da Pinkerton è quello con una compatriota e incoraggia il console a brindare al matrimonio futuro americano; da farfallone, gli esprime le proprie intenzioni sui legami che vorrebbe contrarre: “Lo yankee vagabondo”, afferma, “affonda l’ancora alla ventura… la vita ei non appaga se non fa suo tesor i fiori di ogni plaga …”. 

Infatti, Pinkerton è un avventuriero che conosce il diritto di abbandonare la moglie anche dopo un solo mese di matrimonio, secondo le consuetudini del Paese.

Il nome della ragazza quindicenne è Cio-Cio-San (Madama = San; Farfalla = Cho-Cho) che, in lingua inglese, diventa Butterfly, nome col quale viene chiamata dopo le nozze per fissare la fedeltà al marito. 

Anche Cho Cho-San desidera queste nozze perché, caduta in disgrazia dopo la morte del padre, potrà riscattarsi dal lavoro di geisha per mezzo del matrimonio. 

Durante la cerimonia, lo zio bonzo disereda la ragazza che, per sposare Pinkerton, ha ripudiato la propria religione e il proprio nome per convertirsi al Cristianesimo. 

A Butterfly non importa perché è innamorata del marito appena sposato e gli esprime che è “rinnegata e felice”. 

Atto II:

Pinkerton è ritornato negli Stati Uniti d’America da tre anni, lasciando vivere Butterfly e Suzuki nella casa che lui aveva comprato in occasione del loro matrimonio.
Casetta che sta degradando, mentre le finanze lasciate da Pinkerton stanno per terminare.

Secondo Suzuki l’uomo non tornerà, ma Butterfly, è tenace ed è certa che il marito tornerà.

Un giorno, Sharpless va a trovare Butterfly per rendersi conto delle condizioni finanziarie; capisce che lei si illude e le suggerisce di prendere in considerazione la corte del principe Yamadori, che vorrebbe sposarla seriamente. 

Butterfly si considera ancora legata a Pinkerton e rifiuta il consiglio di Sharpless, mostrandogli il bambino generato da Pinkerton, prima che partisse: Butterfly lo ha nascosto a tutti, compreso il marito. 

Se Pinkerton non tornasse, come donna esclusa dalla sua famiglia, ridiventerebbe geisha per mantenere il figlio, destino a cui lei preferisce la morte.

Cho Cho-San, scrutando sempre l’orizzonte, vede apparire la nave “Abramo Lincoln”, quella del suo amato Pinkerton. 

E’ certa che sia tornato per lei, per cui è raggiante e, con Suzuki, para a festa la casa per accoglierlo meritatamente; con Suzuki e il bambino lo aspettano per tutta la notte, ma invano.  

Atto III:

Notte insonne: Butterfly è delusa e rassegnata.

Ma, mentre riposa, Pinkerton si reca presso la loro casa in compagnia di Sharpless e di Kate, la giovane moglie da lui sposata regolarmente in America.

L’ufficiale dice a Suzuki che è deciso a portarsi il bambino negli U.S.A. per educarlo secondo gli usi occidentali.
Il velo illusorio cade dagli occhi di Butterfly e fa cadere la felicità tanto sognata.
Decide di farsi da parte, silenziosamente.

Quindi, affida il figlio a Pinkerton e Kate, lo benda e lo fa sedere dietro un paravento. 

Nella penosa e dolorosa scena finale, Butterfly si colpisce al collo con lo stesso pugnale con cui il padre si è ucciso.
Pinkerton vuole chiederle perdono, ma la trova morta, mentre il bambino è bendato, gioca con una bambola e una bandierina americana e non i rende conto di nulla. 

Brani famosi: 

Dovunque al mondo, aria di Pinkerton (atto primo)
Quanto cielo! Quanto mar!, entrata di Butterfly con coro femminile (atto primo)
Viene la sera … Bimba dagli occhi pieni di malìa … Vogliatemi bene, un ben piccolino, duetto tra Butterfly e Pinkerton (atto primo)
Un bel dì, vedremo (atto secondo)
Coro a bocca chiusa (atto secondo)
Addio fiorito asil (atto terzo)
Tu, tu piccolo Iddio! (atto terzo)

 

Incisioni più note con: 

Rosetta Pampanini, Toti Dal Monte, Renata Tebaldi, Maria Callas, Anna Moffo, Mirella Freni, Montserrat Caballé, Renata Scotto, Angela Gheorghiu. 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

Verso la fine della seconda metà del 1800, viene creato un Gruppo di musicisti post-wagneriani che appartiene alla corrente verista, la “Giovine Scuola Italiana”: Mascagni, Leoncavallo, Giordano, Cilea, Franchetti e – all’inizio – Puccini.

Praticamente, siamo alla fine dell’Opera Romantica dalla quale Puccini presto trova e percorre una strada sua.      

Dopo avere musicato cinque opere, Puccini incontra la piccola geisha Cio-Cio-San (Onorevole Farfalla).
Infatti, nel luglio 1900, Puccini si trova a Londra per la prima di “Tosca” là e, una sera, andando ad assistere alla rappresentazione di “Madama Butterfly” di David Belasco, al “Duke of York’s Theatre”, nonostante non conosca la lingua inglese, viene colpito dallo strale amoroso verso il personaggio della piccola geisha.   

Puccini compone “Madama Butterfly” a Torre del Lago, con interruzioni a causa di un incidente d’auto e problemi vari.   

Puccini ama l’esotismo ed è convintissimo del valore del soggetto e della personalità della piccola geisha, per cui si documenta instancabilmente e in modo particolareggiato su musiche, usi e costumi nipponici.
Ha l’aiuto di una famosa attrice di là, Sada Yacco, e della moglie dell’Ambasciatore giapponese, in Italia, facendosi descrivere usi e costumi del popolo orientale. 

I costumi, al debutto alla Scala di Milano, sono disegnati da Giuseppe Palanti.   

Purtroppo, la prima al Teatro “La Scala”, nel febbraio 1904, cade clamorosamente (sembra a causa di boicottaggio), ma Puccini è caparbio e, nel maggio 1905, dopo appropriate modifiche, l’opera, al Teatro “Grande” di Brescia, consegue un esito trionfale venendo, poi, rappresentata in tutti i teatri del Mondo.


Il sensibilissimo Puccini sceglie i suoi libretti convinto che: “
Se non mi tocca il cuore non c’è niente da fare”.

Così parla a Butterfly: “Piccola creatura mia, io amo le anime che piangono senza urlare e soffrono con amarezza tutta intima”.   

Puccini ama l’esotismo e, la predilezione per questa sua opera è talmente grande che chiama “Cio-Cio-San” la sua nave; nave che solca le acque del Lago di Massaciuccoli e del Mare di Viareggio.   


Questo esempio femminile lascia un forte segno nella psiche di Puccini che, più tardi, creerà il simile personaggio di Liù, nell’incompiuta “Turandot”. 

 

Da notare che, in quest’opera:

. L’inno nazionale degli Stati Uniti d’America che compare svariate volte all’interno dell’opera, in realtà, ai tempi di Puccini è l’inno della Marina degli Stati Uniti d’America.

Ma, nel 1931, tale inno, con una risoluzione del congresso, diventa l’inno nazionale statunitense.

. L’ assolo di Yakusidé, lo zio ubriacone di Butterfly: non viene eseguito e, soprattutto, il concertato a cui appartiene, non viene mai eseguito.

 

Butterfly:   

Cio-Cio-San è adolescente e un po’ bambina, ha paura di soffrire e lo dice a Pinkerton, durante il bellissimo duetto d’amore del I atto: “Vogliatemi bene, un bene piccolino”.

E’ una nobile e dolcissima ragazza quindicenne che ha “dovuto” prostituirsi per mantenere se stessa e sua madre, dal momento che il padre si è ucciso su comando dell’imperatore. 

Sposando Pinkerton, Butterfly conosce i suoi diritti di moglie, ma non possiede la giusta quantità di fiducia in sé stessa, anche dopo che lo zio la rinnega perché lei si converte alla Fede del marito in modo pio. 

Butterfly si sente “rinnegata e felice”.
Suzuki e Sharpless tentano di aprirle gli occhi, ma cedono di fronte alla sua convinzione testarda di persona che necessita di affetto: infatti, la perdita del padre, quando era bambina, l”ha traumatizzata. 


Butterfly, la notte prima che Pinkerton ritorni nella loro casetta dopo anni, la cosparge di fiori e si veste con l’abito da sposa indossato il giorno del matrimonio: organizza una specie di Festa.

Dopo avere organizzato l’accoglienza per “il suo Pinkerton”, non riesce a dormire perché la tanta felicità sembra farle male, pur trepidando e abbandonandosi al sogno ad occhi aperti.


Vedendo Kate e, rendendosi conto che è stata un giocattolino nelle mani di Pinkerton, non si lamenta, si dà la morte, facendosi da parte “con onore” e lasciandogli il bambino che è figlio suo ma – soprattutto – E’ IL FIGLIO DELL’UOMO CHE AMA.

Butterfly SA provare il Sentimento d’Amore anche con l’atto estremo: l’intenzione ferma di suicidarsi fa sembrare Butterfly fredda, interiormente, però, è pervasa da mille cose ed è decisa. 

Viene interrotta dall’arrivo del bambino, ma riesce ad allontanarlo per poi colpirsi a morte, nella gola, con lo stesso pugnale di suo padre.

Butterfly non ha la mente manipolata al punto di ritrovarsi come “una bambola rotta”, ma diventa ugualmente “una bambola rotta” a causa del rendersi conto, dopo il ritorno di Pinkerton, che il suo sogno si è frantumato; si rende conto di essersi illusa in modo caparbio, si rende conto di non essere mai stata amata.  

 

Quest’opera tratta un’ILLUSIONE che sfocia in tragedia, ma Butterfly NON è una perdente: Butterfly HA CONQUISTATO L’IMMORTALITA’, attraverso la Musica di Puccini.

Puccini E’ Butterfly, dal momento che ha saputo calarsi benissimo nel personaggio di Cio-Cio-San. 


__________________________ 

 

A questo punto, ritengo opportuno fare presente qualcosa di importante che si può collegare alla vicenda di Butterfly:  

. Fortunatamente, Cio-Cio-San non è vissuta nel periodo recente della guerra in Vietnam, dove i soldati statunitensi appartenenti alle basi stanziate a Bangkok e a Pattaya frequentavano prostitute tailandesi anche con la violenza fisica, lasciandole incinte: Butterfly si riabilita sposandosi secondo l’uso giapponese ma, da parte di Pinkerton, si tratta sempre di violenza psicologica e fisica su un’adolescente, su una donna, su un essere umano.

. Ad esempio, esistono, le “Ragazze Thai”: fra loro, si trovano brave ragazze che si affidano ad un uomo che le possa proteggere, ma esistono anche le ragazze che si offrono o che vengono spinte dalla famiglia per pagare i debiti di giochi stipulati con la mafia thailandese (qui, vendono anche i propri figli), molte delle quali “lavorano” nei Go-go-bar a luci rosse e rosa di Bangkok, Pattaya, Phuket, Koh Samui.
Sottostanno agli ordini di una maîtresse e sono molto abili nel comportarsi da vittime per scucire parecchi soldi ai clienti, raccontando che “svolgono tale tipo di lavoro perché la famiglia è povera, il tetto di casa è crollato ed è da rifare, …” ma, a loro, interessano i soldi.
Per non molti euro (valuta pregiata per quel Paese), sono disposte a tenere compagnia per un’ora, per tutta la notte o, addirittura, per l’intero periodo di soggiorno.

. Si possono trovare spettacoli strani (anche transessuali), nei Go-go-bar: qui, si trovano le Thai Lady Bar, i Ladyboy, i Trans Thailandesi e le lesbiche, … 

. Il mio titolo di studio è “Maturità Professionale per Operatore Turistico”, per cui consiglio di fare attenzione alle sorprese e di ascoltare le comunicazioni da parte di un’Agenzia di Viaggi seria che, a mezzo del suo Accompagnatore, si comporta regolarmente e avverte i propri clienti dei pericoli nei quali potrebbero incorrere. 

Infatti, sembra che, lì, sia ancora vivo il turismo sessuale, pur essendo in forte calo dalla fine degli anni ’90.

. I degenerati uomini “virtuosi” occidentali che cercano donne thai, uomini “virtuosi” che, con la loro doppia personalità, si trasformano in “Dottor Jeckyll e Mister Hyde”, facendo credere di essere bravi padri di famiglia, bravi nonni, invece, sono persone-“Centro dell’Universo” interiormente vuote, insoddisfatte che – inconsapevolmente – vogliono “dimostrare” e “raccontare” per sentirsi qualcuno e abbattere la personalità femminile (anche verso bambine e bambini, nei bordelli infantili: quindi, pedofili).
Questo, sicuramente, a seguito di azioni negative subìte non si sa quando; azioni che provocano la fuoriuscita della loro rabbia in corpo da placare.
(SE Pinkerton fosse vissuto in questo periodo, credo che questo tipo di turismo gli sarebbe calzato a perfezione).

. E’ importante citare che, da vent’anni a questa parte, la Thailandia si sta sviluppando economicamente.
Sono aumentati i posti di lavoro e si è verificata la diminuzione della Prostituzione, dell’AIDS e della pedofilia grazie anche alle Associazioni Internazionali che ritenevano la Thailandia un Paese moralmente degradato e alle leggi varate e fatte rispettare in modo ferreo dallo Stato Thailandese (Covid, a parte). 

 

Detto quanto sopra, chiudo questo SCRITTO IN DIFESA DI BUTTERFLY, DELLA DONNA E DEI BAMBINI. 

 

Pinkerton: 

Fin da subito, la personalità di questo ufficiale della Marina americana si presenta come cinica e immatura, egocentrica-egoista, tendente a ciò che gli conviene, NON preoccupandosi dei sentimenti altrui, illudendo, umiliando, provocando sofferenze nelle “vittime” psicologiche scelte inconsciamente.

“Vittime” che non possiedono una fiducia in sé stesse sufficiente per reagire.      

Pinkerton è un “macho” del suo tempo: narcisista interiormente vuoto, mentalmente sadico, anaffettivo. 

Infatti, la tendenza convinta a contrarre il matrimonio tradizionale con una compatriota – nell’attesa – gli ha fatto scattare il meccanismo psicologico di “diritto di avventure”.   

Pinkerton è conquistato dalla finezza di Cio-Cio-San ed è risaputo che le geishe affascinano il maschio occidentale, creando curiosità e soddisfazione.  

Ma è anche vero che, nel duetto d’amore, al termine del I atto, constata verso sé stesso “Questo giocattolino è mia moglie”: in effetti, il suo comportamento verso Butterfly è proprio come se fosse rivolto ad un giocattolo che può rompere quando non gli piace più.

(Parecchi uomini come lui trattano la donna così, per cui anche ai giorni nostri – come conseguenza a vari tipi di traumi – possono esistere donne che, idem, possiedono una percentuale di narcisismo, ma i dati dimostrano che le percentuali maschili sono maggiori di quelle femminili).  

NON è tutta colpa di Pinkerton, ma dei fattori ambientali in cui è cresciuto: famiglia ed extra famiglia.

Può avere ricevuto parecchie concessioni, dai genitori (studi, sport), ma NON ciò di cui aveva più bisogno: l’amore. 

Per cui è internamente vuoto e arido; pensa – inconsciamente – che tutto gli sia dovuto e si nutre dell’energia emotiva di chi gli sta di fronte.   

Però, nel III atto, come per miracolo, riesce a rendersi conto del male creato a causa della sua aridità (“Addio, fiorito asil …”).   


Nell’opera, il vero PERDENTE, è proprio il narcisista Pinkerton perché il suo comportamento è proprio di personalità che “NON SI RENDE CONTO”, oppure “NON SI VUOLE RENDERE CONTO, INCONSCIAMENTE PER AUTODIFESA VERSO QUALCOSA O QUALCUNO”: infatti, Sharpless, da uomo equilibrato, con empatia, insiste per far riflettere il marinaio: “E’ un facile vangelo che fa la vita vaga ma che intristisce il cor”).

 

Suzuki: 

Serva di Butterfly da prima del matrimonio, è religiosa e prega, oltre ad essere buona e paziente.

Con Sharpless, cerca di disilludere Butterfly e, quando arriva Kate, la moglie americana di Pinkerton, è colpita tristemente a causa del dolore che “la piccina” proverà; ossia, Suzuki conosce bene la fanciulla per cui “assorbe come una spugna” la tragedia umana della ragazza.  

 

Sharpless: 

Sharpless, Console degli Stati Uniti in Giappone, conosce abbastanza il carattere vanitoso e superficiale di Pinkerton e lo avverte educatamente che “ella ci crede”.

E’ comprensivo ed umano nei confronti di Cio-Cio-San: a differenza di Pinkerton, Sharpless dimostra di possedere empatia.
Sharpless è un uomo di buon senso, equilibrato, responsabile.
Sharpless è “un saggio”.

A lui il destino affida il compito di avvertire Butterfly (“… nella stagione del pettirosso …”) che Pinkerton ha una nuova moglie, ma non riesce a farlo perché l’entusiasmo, la speranza e l’ansia della giapponesina lo frenano. 

 

Goro: 

E’ un “nakodo”, ossia un intermediario matrimoniale che fa conoscere stranieri e donne del luogo: “sol cento yen”.

Infatti, anche Butterfly e Pinkerton si conoscono grazie a lui, mentre lo stesso Goro organizza il loro matrimonio ‘momentaneo’.

Da bravo “agente matrimoniale”, Goro è molto professionale, non è invadente, ma – giustamente – informa circa l’abitazione giapponese, la servitù, e non disturba il colloquio fra il console e l’ufficiale americano pur proponendo a Pinkerton un legame ‘di convenienza’: “Se Vostra Grazia mi comanda, ce n’ho un assortimento”.

Davvero, “Gran perla di sensale”, lo definisce Pinkerton.

Gli presenta “L’imperial Commissario, l’Ufficiale, del registro, i congiunti”, e si avvale del suo potere per far tacere il chiasso provocato dai parenti di Butterfly, Yakusidé in testa (lo zio ubriacone). 

Goro è un eccellente professionista, che segue attentamente tutta la cerimonia perché non si presentino spiacevoli imprevisti (purtroppo, l’intervento di Yakusidé produce negatività). 

Goro diventa invadente solamente nel II atto, quando Suzuki e Butterfly sono costrette a malmenarlo fino a farlo scappare per avere accompagnato il Principe Yamadori da Butterfly, luogo dove le sottopone la norma contrattuale, giapponese, che “… per la moglie, l’abbandono al divorzio equiparò”, ma Butterfly obietta ingenuamente con le clausole della legge del ‘suo’ Paese: gli Stati Uniti.
Rischiando la coltellata da Butterfly, Goro risponde “dicevo solo che là in America, quando un figlio è nato maledetto, trarrà, sempre reietto, la vita fra le genti!”.

Goro: agisce unicamente per il proprio interesse.  E’ diplomatico ed è una personalità tossica, psichicamente. 

Moltissime persone sono come lui in qualsiasi Paese e in qualsiasi epoca: spesso, sono definite “truffatrici”. 

Goro, psicologicamente, è una personalità interessante. 

 

Il Principe Yamadori: 

La parte del Principe Yamadori è breve, ma dimostra che tale uomo possiede grande rispettabilità e conosce bene sia la tradizione giapponese sia la civiltà americana.

Pare capire bene la disgrazia di Butterfly, verso cui prova un sentimento sincero, la quale si ostina: “Già legata è la mia fede”. 

Butterfly considera Goro e Yamadori “persone moleste”, per cui il Principe la saluta in modo commovente: «Addio. Vi lascio il cuor pien di cordoglio: ma spero ancor» … “Ah! Se voleste”. 

Butterfly: «Il guaio è che non voglio…».     

Concludendo: Yamadori è, senza dubbio, una persona buona nel vero senso della parola.

Lo zio Bonzo: 

Ha una parte brevissima che si trova nel primo atto: maledice Cio-Cio-San per avere rinnegato fede e cultura giapponesi e avere abbracciato la religione del marito americano.

MADAMA BUTTERFLY: UNA TRAGEDIA MUSICALE, UMANA E PSICOLOGICA CREATA IN MODO ALTO.



Battuto al computer da Lauretta





 

Il tenore MARCELLO GIORDANI canta “DOVUNQUE AL MONDO”:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “QUANTO CIELO! QUANTO MAR!”:

 

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I soprano MIRELLA FRENI e il tenore PLACIDO DOMINGO cantano “VIENE LA SERA … BIMBA DAGLI OCCHI PIENI DI MALIA”: 

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Il soprano RENATA TEBALDI canta “UN BEL DI’ VEDREMO”: 

 

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ETTORE GRACIS dirige il CORO A BOCCA CHIUSA (ATTO II) presso il Teatro “LA FENICE” di Venezia:  https://youtu.be/RWo6MZ4QuRg  

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “ADDIO, FIORITO ASIL”: 

 

Il soprano RENATA TEBALDI canta “TU, TU, PICCOLO IDDIO”: 





LOHENGRIN di RICHARD WAGNER

  • Agosto 1, 2023 at 2:05 pm

Opera lirica in tre atti – libretto e musica di Richard Wagner. 

Prima rappresentazione al “Gross Herzoegliches Hofftheater” di Weimar, 28 agosto 1850

 

Personaggi:

Enrico l’Uccellatore, re di Germania (basso)
Lohengrin (tenore)
Elsa di Brabante (soprano)
Goffredo, duca di Brabante, suo fratello (ruolo muto)
Federico di Telramondo, conte di Brabante (baritono)
Ortruda, sua moglie (soprano)
L’araldo del Re (basso o baritono)
Quattro nobili di Brabante (tenori e bassi)
Quattro paggi (soprani e contralti)
Nobili sassoni, turingi e brabantini, dame, vassalli, servi  

 

Primi interpreti:

Lohengrin, Karl Beck
Elsa di Brabante, Rosa von Milde
Ortruda, Josephine Fastlinger
Federico di Telramondo, Hans Feodor von Milde
Enrico l’Uccellatore, August Höfer
L’araldo del Re, August Ferdinand Pätsch 

Direzione orchestrale: Franz Liszt
Regia: Eduard Genast
Scenografia: Angelo Quaglio 

 

Trama: 

Periodo storico: Medioevo, prima metà del X secolo.

Quest’opera è fiabesca e si nota che lo stile del suo compositore è completamente diverso dai musicisti italiani come Verdi, Bellini, Puccini, …

Il colore dominante è il BIANCO: irradia SPLENDORE.

Quanto è  accaduto prima della scena iniziale costituisce il motivo-base dell’opera, per cui è opportuno spiegare che il vecchio Duca di Brabante ha affidato la tutela di Elsa e Goffredo (suoi eredi)  al Conte Federico di Telramondo.

Federico avrebbe dovuto sposare Elsa ma, a seguito della sua ACCUSA verso la fanciulla di avere ucciso il fratello Goffredo rivendicando l’eredità del ducato, ha ricevuto – come risposta dalla stessa Elsa – la decisa rinuncia al matrimonio.

Ragione per la quale ha sposato la discendente di un ceppo di prìncipi pagani, Ortruda; principi che hanno sempre adorato divinità con poteri magici, per cui è importante sottolineare che Ortruda, al contrario di Lohengrin, crede nei vecchi Dei pagani: infatti, fra questi due personaggi, esiste la diversità di “CREDO RELIGIOSO”, ossia di  un argomento fondamentale da tenere ben presente e che, in effetti, evidenzia la scena maggiore della stessa Ortruda, ossia quella in cui lei – disperata – chiede  aiuto a Wotan e a Freia per attuare la sua vendetta, proprio perché osserva la religione pagana.  

Quindi, per vendicare l’ “affronto” subìto dal marito per il mancato matrimonio con Elsa e per ereditare il ducato, Ortruda trasforma Goffredo in un cigno, convincendo Federico ad accusare la pura e angelica Elsa di fratricidio.  

 

ATTO I: 

Sulla riva del fiume Schelda, stanno i Brabantini: sono invitati dal Re Enrico-l’Uccellatore  a tenersi pronti nella difesa verso gli Ungari.

Essendo in previsione che la battaglia avvenga entro due giorni e, per ristabilire la pace, chiede l’aiuto del Conte Federico di Telramondo, definito “ UN MODELLO DI VIRTU’ “. 

Il Re incoraggia Elsa a difendersi contro l’accusa di fratricidio da parte di Telramondo la quale gli racconta un suo sogno: si sentiva sola, indifesa, per cui aveva implorato l’aiuto di Dio che, come risposta, materializzava un cavaliere dall’armatura smagliante che giurava di combattere in sua difesa.

Telramondo NON ritratta l’accusa fatta, per cui il Re “voglia permettere” un duello per  risolvere la “questione davanti a Dio” che egli sosterrà con chiunque voglia difendere l’onore di Elsa. 


Lohengrin arriva su una piccola barca trascinata da un cigno candido: la sua armatura è d’argento e risplende.
Poi, si accomiata dal cigno: “Mercè! Mercè, cigno gentil!”.

Il cavaliere rende noto a tutti che Elsa è innocente e che l’accusa di Telramondo è falsa; chiede ad Elsa di diventare sua moglie, ma ESIGE la PROMESSA che lei NON gli chieda mai chi è e da dove sia venuto: in caso contrario, sarà costretto ad abbandonarla per sempre.

Lohengrin vince Telramondo, ma non lo uccide, Elsa e Lohengrin vengono portati in trionfo, Telramondo cade ai piedi di sua moglie sconfitto e disonorato.  

 

Atto II: 

Nella scena altamente wagneriana, vedendo la fragilità emotiva del marito, Ortruda è ANGOSCIATA INTERIORMENTE, lo titola di VILE e gli fa presente che  “Il  cavaliere dovrebbe rivelare il suo nome, affinché il potere avuto ad opera dell’inganno possa cadere”.

Psicologicamente, Ortruda riesce ancora a sottomettere Federico che viene preso da un desiderio di rivalsa, per cui agiscono subito affinché Elsa venga presa dal forte tarlo del dubbio: fingendosi vittima, Ortruda le comunica il pentimento di Telramondo e insinua che Lohengrin possa amare senza incertezza, nonostante venga eletto a Protettore del  Brabante e sposi Elsa. 

Infatti, fra la folla, quattro vecchi vassalli di Telramondo, diffondono la notizia della battaglia imminente con gli Ungari, per cui Telramondo si erige ad accusatore di Lohengrin per STREGONERIA, MAGIA NERA. 

 

Nella cattedrale, il coro del corteo è interrotto dall’intervento di Ortruda, che, con un subitaneo cambiamento di atteggiamento, sfida Elsa attraverso “MOTIVI VALIDI” secondo i quali suo marito era grandemente onorato, in patria, mentre Lohengrin NON sembra puro e NESSUNO  LO CONOSCE. 

Le accuse di Ortruda vengono respinte da tutti i presenti, Elsa si stringe a Lohengrin, appena arrivato assieme al Re per le nozze. 

Qui, Federico accusa Lohengrin di menzogna, chiedendogli: “Nome, rango e meriti io gli domando! Possa egli smentire l’inchiesta!”.  

 

Atto III: 

Elsa non è felice completamente a causa del dubbio inculcatole da Ortruda e Lohengrin si rende conto che Elsa è ormai in balia del dubbio: “Elsa, come ti vedo tremare!”.

A seguito dell’irruzione di Telramondo nella stanza dei due sposi, Elsa porge la spada a Lohengrin che lo uccide.

Sulla riva della Schelda, stanno il Re, la corte, la bara con il corpo di Telramondo.

Lohengrin giunge e rende noto, addolorando tutti, che non può più essere il protettore  che proviene dal Castello di Monsalvato nel quale è custodito un calice – il GRAAL – dove è raccolto il sangue di Cristo, calice portato lassù da una schiera di Angeli e sorvegliato da un gruppo di cavalieri che hanno il compito di proteggere chi necessita di aiuto.

Ogni anno, una colomba rinnova il potere del calice.  

Parsifal, suo padre, è il re del Castello ed egli si chiama Lohengrin.  

Riappare la barchetta trascinata dal cigno; Lohengrin, addolorato, si accomiata da Elsa, si inginocchia pregando sommessamente e una colomba bianca vola sopra la barca.

Ortruda grida che il cigno è il fratello di Elsa che lei stessa ha stregato. 

Lohengrin scioglie la catena che lega il cigno il quale, dai flutti, emerge nei panni di un fanciullo vestito d’argento e balza sulla riva del fiume.

Lohengrin sale sulla barca trascinata, questa volta, dalla colomba bianca ed Elsa invoca Lohengrin, ma cade morta al suolo.

 

Brani noti:   

Preludio atto I
“Einsam in trüben Tagen”, (“Sola in tristi giorni”, ossia il “Sogno di Elsa) atto I
Wenn ich im Kampfe für dich siege, “Se in campo io vinco per te”  atto I
Euch lüften, die mein Klagen, “A voi arie, che il mio lamento”
Inizio della 4ª scena (Processione di Elsa alla cattedrale)
Preludio atto III
Treulich geführt, “Fedelmente guidati” (Coro  e marcia nuziale)
Das süsse Lied verhallt, “Il dolce canto muore” (Duetto d’amore)
Höchstes Vertraun, “D’altissima fiducia”
Ingresso del re Enrico
In fernem Land, “Da voi lontan, in sconosciuta terra ” (Racconto del Graal)
Mein lieber Schwan… O Elsa! Nur ein Jahr an deiner Seite, “Mio caro cigno… O Elsa! Un anno solo al tuo fianco” (Addio di Lohengrin) 

 

Incisioni note:

Eleanor Steber, Wolfgang Windgassen, Josef Greindl     Joseph Keilberth Coro e Orchestra di Bayreuth   Decca 

Annelies Kupper, Lorenz Fehenberger, Otto Von Rohr   E. Jochum Coro e Orchestra Radio Bavarese   DGR

  1. Cunitz, R. Schock, G. Frick   Wilhelm Schuechter Coro e Orchestra Radio Amburgo   VDP 


Video: 

Placido Domingo, Robert Lloyd, Cheryl Studer, Hartmut Welker, Dunja Vejzovic, Georg Tichy   Claudio Abbado Coro e Orchestra dell’Opera di Stato di Vienna   RM Arts 1990

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:    


Richard Wagner è un intellettuale che esercita un ruolo incisivo sulla cultura europea del 1800, svecchiando decisamente  il teatro musicale e influenzando il pensiero psicologico di parecchi stati europei, fra cui Jung e destando l’ammirazione di Baudelaire, D’Annunzio, Nietzsche (da estimatore, passato, poi, a denigratore), Alban Berg.  


Per Wagner, “Lohengrin”, ossia “Il Cavaliere del Cigno”, è una grand opéra romantica  nello stile “fiaba con finale tragico”.
Lohengrin è un’opera allegorica e complessa che, a differenza di altri lavori di Wagner (il cui fine è la  “la redenzione”), è l’unica che termina con il senso di rimpianto. 


Nella vita, Wagner, come artista, si sente isolato e Lohengrin è il personaggio-immagine della sua situazione personale solitaria: come Lohengrin, Wagner necessita di affetto e comprensione da parte del mondo umano.  

Allora, in base all’interpretazione di poesie e di documenti storici a cui si ispira, allude all’ “artista assoluto”, in modo psicologico e filosofico. 

Infatti, appare chiaro che Lohengrin vuole essere amato da Elsa per come lui è, senza  rendere conto della sua estrazione sociale.  
Lohengrin-“artista” simboleggia l’opposto di Telramondo, il cavaliere che rappresenta il “conformismo borghese” accettato dalla legge e che, con Ortruda, genera l’ombra del dubbio che, lentamente, si annida in Elsa, provocando il suo allontanamento da Lohengrin il quale ritiene meno importante il legame fra il Cristianesimo iniziale e il Paganesimo.  


Quanto sopra viene visto dai nostri occhi mortali come storia fiabesca “normale” ma, in effetti, il concetto di Wagner è profondo, psicologico, sociologico e filosofico perché pone Ortruda come “maga” della religione pagana; maga che diventa la “reazionaria” contro quanto attuato dal “rivoluzionario” Lohengrin. 

Però, reazionaria e rivoluzionario non riescono a realizzare i loro sforzi perché l’ “artista”, ossia qualsiasi essere umano in generale, “non viene riconosciuto” e il reazionario “non viene giustficato dalla Storia”. 


La spiegazione è intricata, però la Psicologia e la Filosofia aiutano in tale cosa insegnandoci che è giusto operare dei cambiamenti per “uscire” da dove siamo rimasti bloccati, cambiamenti  che ci facciano avanzare di nuovo e avere spazio nel  cuore, nella mente, fisicamente. 

Tutto questo affinché NON ci venga impedito di ottenere quello che vogliamo bloccando il nostro sviluppo personale, allontanando le fonti di sofferenza: consolazioni false e mancanza di autostima. 


Wagner contrappone il Mondo puro dei Cavalieri del Graal e il Mondo cupo dei Maghi Pagani.   


Scrivendo trama e libretto, Wagner compie “un lavoro da certosino” perché riunisce e  assembla storie come la “Saga di Lohengrin”, il “Parzival” di Eschenbach (sviluppando la storia di Lohengrin, il figlio del Cavaliere del Graal), arrivando ad un solo argomento coerente e ben definito filosoficamente e psicologicamente, trasportato nell’epoca medioevale.
 


Wagner crea l’opera “Lohengrin” e cita gli Dei pagani che anticipano particolari psicologici dei nostri tempi abbastanza recenti, opera in cui si riflettono la vita e il pessimismo del compositore.   
Infatti, da scontento qual è, per Wagner, “il mondo moderno” dell’epoca è insignificante, per cui dà per certo che il protagonista sarà sconfitto: infatti, Lohengrin-personaggio profetico non può coesistere con la realtà sociale in cui viene a trovarsi. 

Quindi, il debole Re Enrico rappresenta il Re Federico Guglielmo IV che tende alla soppressione  della democraticità della corrente del filosofo Hegel; re che stipula la “Santa Alleanza” con il reazionario Zar Nicola I, per cui Wagner ipotizza il concetto di “amore” e lo rende constrastante con la realtà del suo tempo. 

Il fiuto di Wagner dimostra che amore e liberazione-riscatto sono il contrario delle lotte di potere nella società in cui vive, società che usa l’amore per puro calcolo: Lohengrin usa l’amore e la verità per essere capito ed amato per suo diritto personale e sta per raggiungere l’obiettivo prefisso quando Elsa, come gli esseri umani, usa l’amore e la verità entro un certo arco di tempo (la prima notte di nozze) per chiedere a Lohengrin chi è veramente. 


Sicuramente, qualcuno non ha mai capito il motivo per cui Lohengrin non vuole svelare la sua identità, per cui si chiede perché tale motivo possa sembrare sciocco: motivo che rappresenta il transito verso il  “vero punto centrale dell’esistenza umana”. 

Passaggio che riguarda la solitudine di Lohengrin ed Elsa, figure fondamentali per poter mostrare gli attacchi all’immagine umana; immagine dell’uomo-Lohengrin che sarebbe guaribile dall’amore di una donna, nonostante la macchinazione della demoniaca Ortruda che rappresenta il “calcolo politico”, la “borghesia reazionaria”. 


Wagner sceglie l’ “allegoria dell’artista” che ha necessità di essere compreso per  mezzo del sentimento “amore”, sentimento che non trova nella società “moderna” in cui vive, per cui Elsa (ama l’artista/Lohengrin) diventa distruttiva inconsapevolmente, in quanto “riflessione/curiosità” che, inconsciamente e gravemente, non rispetta la libertà e la vita altrui. 

Dopotutto, Lohengrin si reca da lei come difensore ed Elsa rappresenta la sua parte emotiva inconscia.    

Per Wagner, i Cavalieri del Graal rispecchiano la “comunità degli artisti”, mentre  il Calice del Sacro Graal rappresenta, secondo Feuerbach, “Il cuore condotto alla ragione”, un regno che per Wagner è sinonimo di amore e libertà.    

Per cui, secondo Wagner (che può sembrare utopistico): “Gli artisti  sono degli esseri mortali con il dono del fuoco dell’intuizione divina e sono coloro che, sostenuti dalla fede del Genio in sé, la cui forza non è eguagliata da alcuni, con straordinaria sofferenza dispiegano gli enigmi dell’esistenza per rivelarla all’umanità. – Il bisogno più urgente e più forte dell’uomo perfetto e artista è di comunicare sé stesso in tutta la pienezza della sua natura all’intera comunità: l’artista che, ‘nella solitudine silenziosa’, fa nascere la sua opera, sente l’impulso divino alla comunicazione e ha bisogno della comunità degli uomini per suffragare il suo ruolo di guida”. 


Wagner descrive quest’uomo come uomo perfetto, il cui problema è quello dell’artista moderno, ossia nel suo rapporto con la società del suo tempo. 

Infatti, Wagner ha capito che “L’artista nutre la speranza che gli altri gli tributino onore e gloria, restandone deluso e incompreso: l’artista, se gli domanderete se la maggior  parte degli uomini d’arte ha capito i suoi sforzi migliori, risponderà alla vostra domanda con un profondo sospiro”. 


Nel 1800, la società borghese amareggia, scontenta e annienta l’artista, esigendo che – praticamente – le necessità suggerite dalla moda e non dai bisogni artistici – provochino la frustrazione dell’artista stesso che reagisce “trasformandosi” in mito-artefice di un’arte libera.   


Per cui, come conseguenza, ricerca sempre la comprensione da parte della comunità di cui fa parte dal momento che, come Wagner sostiene, “Chi è isolato non è libero. E’ limitato e suddito in seno all’indifferenza; libero è l’uomo sociale perché l’amore lo rende indipendente. 

Il bisogno di amare è insito ‘nell’anelito vitale dell’uomo poiché solo ciò che si ama si può comprendere e amare: significa riconoscere altri e, nello stesso tempo, riconoscere se stessi.”

 

Quindi, Wagner, essendo artista e pensatore, è cosciente di provare interesse-avversione verso la società moderna, la cui scienza e il cui ragionamento del guadagno, hanno operato una scissione fra uomo e natura, dal “puramente umano”, modificando l’aspetto artistico causando declino: “Ecco l’arte del nostro mondo civilizzato! La sua vera essenza è l’industria, il suo fine morale il guadagno, il suo pretesto estetico la distrazione delle noie. 

Finché ci sarà una società basata sulla logica del guadagno, del potere e guidata dalle leggi della scienza sarà impossibile creare una comunità di uomini uniti nella necessità e nell’amore che rende l’uomo partecipe eliminando egoismi e solitudini”. 


Situazione di grande attualità, in quanto la Storia si ripete. 

 

Lohengrin: 

Lohengrin, il Cavaliere del Cigno, è l’uomo che fa sognare chi vive in una dimensione “normale”. 

Nell’opera wagneriana, impersona il difensore ideale dei deboli e scende per accorrere in aiuto di Elsa di Brabante che diverrà sua moglie. 


Ma, secondo Wagner, è il puro innocente, il semi-dio che vive con i Cavalieri del Graal che simboleggiano la “comunità degli artisti” che la società borghese vuole distruggere a mezzo del potere e della logica del guadagno rappresentati da Ortruda e Telramondo. 


Ortruda instilla il dubbio in Elsa che rivolge la domanda fatidica a Lohengrin circa la sua vera personalità ed è deluso dal comportamento della neo-moglie, per cui è costretto a raccontare pubblicamente la sua origine divina e a ripararsi “nella sua solitudine” tornando fra i Cavalieri del Graal, ossia la “comunità degli artisti” rappresentata dallo stesso Graal.
 

 

Elsa: 

. Elsa è una fanciulla dolce, con sentimenti puri, in cui Lohengrin/artista cerca di “redimersi”. 

Viene travolta dagli eventi: la falsa accusa da parte di Telramondo è basilare per gli avvenimenti che seguiranno.    


Secondo la tragedia wagneriana, Elsa è collocata fra Storia e Mito e vive in una realtà fantastica diversa di cui non si rende conto perché è innocente  ingenua, per cui si fa raggirare da Ortruda e Telramondo che, dopo averla accusata di fratricidio, le faranno perdere l’amore di Lohengrin.
 


Lohengrin, nonostante abbia natura di uomo-dio, intende essere amato come uomo terreno, per cui – all’inizio – non manifesta ad Elsa la sua personalità individuale; la quale Elsa rimane incuriosita dal non poter possedere il suo uomo sotto tutti gli aspetti e renderà irrealizzabile il loro rapporto nel mondo sociale proprio quando vuole attuare il loro amore.


Lohengrin si rende conto che “sbalordimento della comunità” e “senso di voler superare” arrivano fin dentro Elsa; quindi si rende conto che non è capito, ma solamente “venerato”, per cui si sente obbligato a rendere nota la sua  divinità. 

 

Ortruda e Telramondo:

E’ importante citare Ortruda e Telramondo perché simboleggiano la borghesia, i suoi usi e costumi, le sue capacità politiche che non c’entrano con l’amore umano verso il prossimo.

Borghesia che impedirà, a Lohengrin-artista-dio, la possibilità  di creare una “comunità” nuova, inerente necessità e spirito, attraverso il guadagno, l’avidità di potere.

. Ortruda è un personaggio corrotto, distruttivo, che trama per riscattare l’onore di Federico di Telramondo, suo marito, idem persona immonda, immatura e insicura.

Persona che VUOLE IL POTERE, pur essendo debole, fragile: infatti, E’ SUA MOGLIE CHE “AGISCE” PER TUTTO. 

Wagner sostiene:  “Ortrud è una donna che non conosce l’amore. Con ciò tutto è detto. Sua natura è la politica. Un uomo politico è ripugnante, ma una donna politica è atroce. Questa atrocità io dovevo rappresentare. Essa è una reazionaria, una donna rivolta esclusivamente all’antico e perciò nemica ad ogni novità”. 


. Ortruda è un tassello importante, nell’opera, perché LEI è il “Deus ex Machina” che conduce la vicenda dell’opera (iniziando con la trasformazione in cigno di Goffredo). 

LEI è “la vera protagonista”, nel secondo atto: qui, è  importante evidenziare, musicalmente, che il soprano-interprete DEVE “SAPERE COMANDARE” la tendenza della sua voce e conferirle il giusto stile creato da Wagner attraverso l’aria estremamente difficile e complessa fin da subito per mezzo degli acuti iniziali. 


Dal duetto con Telramondo, si denota la malvagità di Ortruda che lo seduce con l’inganno,  arrivando al suo obiettivo di ottenebrargli la mente affinché odio e vendetta distruggano “i due innocenti”. 

 

 

OPERA-CAPOLAVORO, MAGICA, FORTEMENTE IMPEGNATA PSICOLOGICAMENTE, FILOSOFICAMENTE, SOCIOLOGICAMENTE, POLITICAMENTE. 

E’ UN PENSIERO PER QUANTO RIGUARDA LA RAPPRESENTAZIONE ALLEGORICA ATTRAVERSO IL  ‘PENSIERO ALTO WAGNERIANO VERSO LA SOCIETA’ UMANA DEL SUO TEMPO’. 


Battuto al computer da Lauretta

 

 

ARTURO TOSCANINI dirige il PRELUDIO ALL’ATTO I: 

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Il soprano MARIA CANIGLIA canta “SOLA NEI MIEI PRIM’ANNI” (SOGNO DI ELSA):

 

Il tenore AURELIANO PERTILE canta “MERCE’ CIGNO GENTIL”: 

 

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Il baritono ALDO PROTTI e il mezzosoprano LAURA DIDIER cantano TI LEVA, ANDIAM” DAL II ATTO:

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HERBERT von KARAJAN dirige il PRELUDIO ALL’ATTO III:

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Il CORO POLIFONICO DELLA CITTA’ DI VENTIMIGLIA esegue la “MARCIA NUZIALE”: 

 .

Il tenore AURELIANO PERTILE canta DA VOI LONTAN IN SCONOCIUTA TERRA: 

 

 

 

GIOVANNA D’ARCO di GIUSEPPE VERDI

  • Luglio 31, 2023 at 9:12 pm

Opera in tre atti su libretto di Temistocle Soliera, tratto parzialmente dal dramma di Friedrich Schiller “Die Jungfrau von Orléans”, musica di Giuseppe Verdi 

Prima rappresentazione al Teatro “Alla Scala”, di Milano 15 febbraio 1845 

Personaggi:

Carlo VII, re di Francia (tenore)
Giovanna, figlia di Giacomo (soprano)
Giacomo, Pastore in Domrémy (baritono)
Delil, Ufficiale del re (tenore)
Talbot, supremo comandante degli inglesi (basso)    

Ufficiali del Re, Borghigiani, Popolo di Reims, Soldati francesi, Soldati inglesi, Spiriti eletti, Spiriti malvagi, Grandi del regno, Araldi, paggi, fanciulle, Marescialli, Deputati, Cavalieri e Dame, Magistrati, Alabardieri, Guardie d’onore (Coro) 

Primi interpreti: 

Giovanna (soprano) Erminia Frezzolini
Carlo VII (tenore)  Antonio Poggi
Giacomo (baritono) Filippo Colini
Delil (tenore) Napoleone Marconi
Talbot (basso) Francesco Lodetti 

 

Trama:

Epoca storica: in Francia, circa nel 1429.   

 

Prologo:

Carlo VII di Francia, comunica che intende rinunciare al trono in favore del re d’Inghilterra perché, la Vergine, in sogno, gli ha comandato di posare armi ed elmo nel bosco. 

Carlo racconta questo sogno e viene a sapere che, proprio là, c’è una cappellina, per cui vi si reca.  

Nel piccolo ovile vicino, abitano Giacomo e la figlia Giovanna che è demoralizzata per non potere combattere per la Francia che, lentamente, viene assoggettata agli Inglesi.  

Tornata a casa, si addormenta e, durante il sonno, vede gli spiriti malvagi che la tentano convincendola a vivere la sua vita giovane; sempre, in sogno, la luna, mostra a Giovanna gli spiriti Eletti, i quali le predicono l’avverarsi del desiderio di combattere: combatterà, ma non dovrà provare alcun affetto terreno. 

Si sveglia e va alla cappellina dove trova l’elmo, le armi e il Re.

A questo punto Giovanna indossa l’elmo, la corazza e, con le armi in pugno, informa il re che libererà la Francia. 

Giacomo, vedendo la scena, crede che il Re con l’aiuto del demonio sia riuscito a soggiogare sua figlia; mentre Giovanna si allontana, Carlo inizia a provare amore per lei. 

 

Atto I

Scena I: Luogo roccioso presso Reims.

I soldati inglesi sono sconfitti dopo tante affermazioni belliche per cui, con il loro comandante Talbot decidono di fuggire.  

Giacomo li incontra ed espone loro il motivo delle loro disfatte. 

 

Scena II: I giardini della reggia di Reims. 

Qui, è in corso la festa per la vittoria, ma Giovanna decide di ritornare alla propria abitazione, nel bosco. Carlo la raggiunge e le confessa il suo amore, «puro e spirituale».

Giovanna rifiuta ma, poco dopo, confessa di contraccambiare l’amore del re per cui prova una specie di vaneggiamento perché le anime celesti le citano la sua rinuncia per poter vestire la corazza. 

Nella basilica entreranno il re per l’incoronazione e Giovanna per l’omaggio.

Carlo prega per Giovanna, la quale vede gli spiriti malvagi esultanti per la vittoria contro di lei, donna combattente.

Atto II: Piazza di Reims con la cattedrale di S. Dionigi.

La folla inneggia a Giovanna, mentre giunge la processione composta da Ufficiali del Re, Grandi del regno, Araldi, Marescialli, Deputati con altri grandi personaggi e, alla fine, Carlo e Giovanna che entrano nella basilica, mentre, poco distante, Giacomo si sente padre tradito.

Carlo, incoronato RE, uscito dalla cattedrale, informa che tale luogo sacro sarà intitolato a Giovanna.

In presenza di tutti Giacomo accusa la figlia di essere vincolata al Maligno. 

Giovanna ama Carlo in modo terreno, ma puro, però non sa come giustificarsi: maledetta da tutti (tranne che dal Re) la fanciulla si getta nelle braccia del padre per la cui mentalità esiste il rogo purificatore.

Atto III: Giovanna è prigioniera in una fortezza inglese. 

E’ in atto la battaglia e Giovanna crede che il Re sia assediato dalle truppe nemiche.

Giacomo entra da lei che lo prega di rompere le sue catene e, pur avendo amato per un attimo Carlo, è sempre rimasta fedele a Dio.

Ora, Giacomo crede nella purezza della figlia, rompe le catene e la sprona a combattere contro gli Inglesi per cui, arrivata nel mezzo della battaglia, combatte con Carlo e riescono a scacciare i nemici.

Giacomo è pentito ed è perdonato dal Re, ma Delil dichiara che Giovanna è morta. 

Molto addolorato, Carlo vede il corteo che trasporta la salma dove, per brevissimo tempo, Giovanna riconosce il Re, il padre e domanda la “sua” bandiera. 

Dopodiché, vede calare la Vergine Maria e trapassa ad Altro Mondo, accolta dagli Spiriti Eletti. 

 

Brani noti: 

Sinfonia
Sotto una quercia parvemi (atto I)
Pondo è letal, martiro, cavatina e cabaletta di Carlo (atto I)
Sempre all’alba ed alla sera, cavatina di Giovanna (atto I)
Son guerriera che a gloria t’invita, trio di Giovanna, Carlo e Giacomo (atto I)
O fatidica foresta, romanza di Giovanna (atto II)
Vieni al tempio e ti consola, duetto di Giovanna e Carlo (atto II)
Amai, ma un solo istante, duetto di Giovanna e Giacomo (atto III)



Incisioni note:

Renata Tebaldi, Carlo Bergonzi, Rolando Panerai Alfredo Simonetto Pantheon
Renata Tebaldi, Gino Penno, Ugo Savarese Gabriele Santini Legato Classics
Montserrat Caballé, Plácido Domingo, Sherrill Milnes James Levine EMI
Katia Ricciarelli, Flaviano Labò, Mario Zanasi Carlo Franci Foyer
Anna Netrebko, Francesco Meli, Plácido Domingo Paolo Carignani Deutsche Grammophon
Jessica Pratt, Jean-François Borras, Julian Kim Riccardo Frizza Dynamic



Videografia: 

Susan Dunn, Vincenzo La Scola, Renato Bruson Riccardo Chailly Kultur
Svetla Vassileva, Evan Bowers, Renato Bruson Bruno Bartoletti Unitel Classica
Jessica Pratt, Jean-François Borras, Julian Kim Riccardo Frizza Dynamic
Vittoria Yeo, Luciano Ganci, Vittorio Vitelli Ramon Tebar Major

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

E’ un argomento appassionante che ha ispirato artisti di vari settori: scrittori, pittori, scultori, musicisti, teatro, registi cinematografici, …  

Riconosciuta BEATA dalla Chiesa Cattolica, il 18 aprile 1909, dopo cinquecento anni dalla morte, GIOVANNA D’ARCO è LA PATRONA DI FRANCIA. 

Grande personaggio medioevale, Giovanna aveva una personalità angelica, pregava e si confessava più volte, tanto era devota.

Inoltre, aveva LE VISIONI di Santa Caterina, Santa Margherita, San Michele Arcangelo.    

Persona dalla psiche complessa, era molto caritatevole e, all’età di tredici anni cominciava a sentire “LE VOCI” CELESTIALI: con il grado di Medicina otorinolaringoiatrica raggiunto oggi, queste “VOCI” potrebbero ricondurre agli “ACUFENI”, ossia i rumori avvertiti in modo intermittente o continuo nell’orecchio di un paziente, quando non esiste uno stimolo acustico: ronzio, tintinnio, fischio, sibilo. Possono essere derivati dal flusso vascolare che si verifica in prossimità dell’orecchio medio, e possono comparire a causa di un’irregolarità che colpisce la coclea, il nervo acustico, conseguenze di malattie cardiovascolari (aterosclerosi), infezioni (otite media, labirintite, meningite neurosifilide), invecchiamento e uso di farmaci ototossici, ostruzione del condotto uditivo a mezzo di tappo di cerume, mentre il ronzio può essere di origine tumorale o lesioni del sistema nervoso centrale che coinvolgono le vie uditive.

Ecco: tenuto a chiarire queste cause importanti, inoltre, è da sottolineare che, nel 1400-1500, NON SI SAPEVA che la SEGALE fosse preda di un fungo parassita: la SEGALE CORNUTA  che, nel Medioevo, aggrediva le graminacee, provocava reazioni del tipo di intossicazioni alimentari che portavano all’amputazione degli arti, alla morte e, chiaramente, a quanto pare, anche ai RUMORI ACUSTICI di cui ho parlato sopra, oltre a qualche squilibrio psichico, qualche condizione psicotica. 

Inoltre, Giovanna, da bambina (da particolari conosciuti sulla sua vita) risulterebbe essere stata TRAUMATIZZATA, assistendo – dal suo nascondiglio – allo STUPRO effettuato sulla sorella da parte degli Inglesi.

Era stata colpita da questo GRAVE turbamento emotivo che, agli occhi dei genitori (che, a quanto pare, NON sapevano della violenza), risultava la semplice conseguenza della formazione dovuta all’età della “tempesta ormonale”.  

TUTTO INFLUISCE NELLO SVILUPPO DI UNA PERSONALITA’.  

E, comunque, GIOVANNA MERITA SEMPRE IL RISPETTO SOTTO TUTTI GLI ASPETTI CHE SI DEVE AD UNA DONNA. 


E’ opportuno citare una rappresentazione importante di “GIOVANNA D’ARCO”: 

. Inaugurazione della Stagione Lirica del Teatro “ALLA SCALA” di Milano del 7 dicembre 2015: “GIOVANNA D’ARCO”  viene rappresentata in questo Teatro 150 anni dopo la sua “ultima” a “La Scala”. 

. Le scene iniziale e finale sono ambientate alla fine del 1800 e rappresentano un nosocomio con la stanzetta di Giovanna dove presenziano la stufa, il letto, l’armadietto su cui è appoggiata la statuina che rappresenta una Madonnina da giardino (con cui Giovanna sa tenere un dialogo), una sedia-poltrona. La cattedrale di Reims, alta otto metri e mezzo, domina il terzo atto, esprimendo la fede religiosa.

. Allievo del Dottor Charcot de “La Salpetrière” di Parigi, (un uomo molto sensibile, umanamente), Sigmund Freud – in questo periodo (la sua opera, “Die Traumdeutung”, è del 1899) – ha già raggiunto una certa capacità di analisi psichica, sulle persone, per cui l’opera – rappresentata sotto l’aspetto psicologico – EVIDENZIA L’ ATTUALITA’ DEI PROBLEMI: in questo caso, una giovane, il cui padre non riesce a capirla. 

(Problemi esistenti DA SEMPRE, nella nostra società umana, ma che sono stati portati ad una conoscenza mondiale, in generale, nel ventesimo secolo, dove i cosiddetti “DEMONI-SPIRITI MALIGNI” della sessualità femminile non vengono più ritenuti un disonore: FINALMENTE! ).

. Per cui, la Giovanna di questa rappresentazione, forse ben inquadrata psicologicamente, è psicotica a causa dei suoi conflitti interiori: NON è la guerriera combattente sul campo di una battaglia terrena materiale, ma una “GUERRIERA” combattente INTERIORMENTE che possiede la passione per il suo Credo religioso, che ambisce alla “guerra santa e alla purezza”, all’amore casto verso Carlo VII. 

Giovanna cede al sentimento per il suo Re, per cui Giacomo, il padre – che, nel II atto le chiede in modo autoritario e per ben tre volte “Non sacrilega sei tu?” (frase-imprecazione, in quanto si tratta di un problema personale di Giovanna: la verginità fisica) – evidenzia la minore importanza dei “demoni mentali” dai normali “demoni dell’Amore sentimentale e sessuale”: importanza che traumatizza Giovanna fino a sentirsi in colpa e a provare rimorso e pentimento; fino a morire a causa di dolore e disagio psichico.

. Freud ha reso importante “IL SOGNO”. 

Infatti, qui, in questa edizione scaligera, oniricamente, le “visioni” si mescolano con la realtà esteriore della sua camera e con la realtà verso il padre. 

Giovanna ha il desiderio di fuggire dalla sua stanza che, simbolicamente, rappresenta il “soffocamento” psicologico da parte del padre e della società umana. 

Per fare meglio capire al pubblico, compaiono video di battaglie; sogna di amare Carlo, per cui appaiono amplessi erotici e, quando inizia a intravedere la sua morte compaiono nuvole azzurre del cielo.

. Francesco Meli è realista, nonostante il pesante costume d’oro che lo avvolge tutto, mentre – in sostituzione di Carlos Alvarez, indisposto – viene apprezzato il Giacomo di Devid Cecconi, baritono fiorentino.  


Ho ritenuto opportuno citare questo SPETTACOLO che, al Teatro “Alla Scala”, E’ “CENTRATO” E DESTA ENTUSIASMO.

Fra le grandi Giovanne del 900: Tebaldi, Ricciarelli, Caballé, Netrebko , mentre le pagine corali sono entusiasmanti. 

Il ruolo di Giovanna è stato interpretato da altre cantanti di fama internazionale come June Anderson e Mariella Devia. 

Una ripresa dell’opera in tempi moderni è avvenuta, conseguendo grande successo, al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, nel luglio 2013 in cui, a vestire i panni dell’eroica Giovanna, è stata Jessica Pratt.  


Battuto al computer da Lauretta










RICCARDO MUTI dirige la SINFONIA:

.

Il soprano Maria Agresta canta “QUI! QUI!… DOVE PIU’ S’APRE … O FATIDICA FORESTA:   

 

 

LA GIOCONDA di AMILCARE PONCHIELLI

  • Luglio 31, 2023 at 5:48 pm

Opera in 4 atti su libretto di Tobia Gorrio (pseudonimo e anagramma di Arrigo Boito) tratto da “Ange, tyran de Padoue” di Victor Hugo,

Prima rappresentazione: Teatro “Alla Scala” di Milano,  8 aprile 1876   

Direzione orchestrale: Franco Faccio  

 

Versioni successive: 

18 ottobre 1876, Teatro Rossini, Venezia
24 gennaio 1877, Teatro Apollo, Roma
27 novembre 1879, Politeama Genovese, Genova 

 

Personaggi:

La Gioconda, cantatrice (soprano)
Laura Adorno, genovese (mezzosoprano), moglie  di
Alvise Badoero, uno dei capi dell’Inquisizione di stato (basso)
La Cieca, madre della Gioconda (contralto)
Enzo Grimaldo, principe genovese (tenore)
Barnaba, cantastorie (baritono)
Zuàne, regatante (basso)
Un cantore (basso)
Isèpo, scrivano pubblico (tenore)Un pilota (alto)

Barnabotti – Arsenalotti – Senatori – Pregadi – Gentiluomini – Gentildonne – Maschere (arlecchini, pantaloni, bautte) – Popolo – Marinai – Mozzi – Monaci de’ Frari – Cavalieri della compagnia della calza – Cantori (coro)

Mazzieri – Scudieri – Scherani – Trombettieri – Dalmati – Mori – Il cancellier grande – Un regatante – Il consiglio dei dieci – Sei caudatari – Un nostromo – Un mastro delle vele – Un servo moro – Il doge (comparse)

 

Il debutto, le successive versioni e rappresentazioni si svolgono così: :      

. Prima rappresentazione: 8 aprile 1876, Teatro alla Scala
(direttore: Franco Faccio)

Ponchielli, durante le prove, si dichiara soddisfatto della compagnia, particolarmente del basso Maini e del tenore spagnolo Julián Gayarré (noto in Italia come Giuliano Gayarre).
Addirittura, per Gayarre, riesce a prevedere il successo nel brano del secondo atto “Cielo e mar!”, brano bissato, insieme al preludio.

Previsione che si avverò, dato che la sera della prima fu questo uno dei due pezzi bissati, insieme al preludio.

 

. Seconda versione: 18 ottobre 1876, Teatro Rossini
(direttore Franco Faccio)

 

. Terza versione: 24 gennaio 1877, Teatro Apollo (direttore Luigi Mancinelli)


. Quarta versione: 27 novembre 1879, Politeama Genovese
(direttore Gialdino Gialdini)

Le quattro versioni: 

La Gioconda, soprano,: Maddalena Mariani Masi  

Laura Adorno, mezzosoprano: Marietta Biancolini Rodriguez, Eulalia Kadmina, Filippina von Edelsberg,  Flora Mariani De Angelis

Alvise Badoèro, basso: Ormondo Maini, Ormondo Maini, Ladislao Miller, Édouard de Reszke

La Cieca, contralto: Eufemia Barlani-Dini, Amelia Sbolgi, Amelia Sbolgi, Giuditta Celega

Enzo Grimaldo, tenore: Julian Gayarré, Enrico Barbacini, Enrico  Barbacini, Francesco Marconi

Barnaba, baritono: Gottardo Aldighieri, Giuseppe Kaschmann, Augusto Parboni, Gustavo Moriani                          

Zuàne, basso: Giovanni Battista Cornago, Abulcher Leoni, Achille Cardos, Giacomo Origo

Un cantore, basso: Giovanni Battista Cornago, Abulcher Leoni, Achille Cardos, Giacomo Origo

Isèpo, tenore: Amedeo Grazzi, Salvatore De Angelis, Emanuele Dall’Aglio

Un pilota, basso: Giovanni Battista Cornago,Giovanni Battista Panari    

 

Riportando le notizie circa l’ultima versione: 

< “La Scala”, il 12 febbraio 1880, quattro anni dopo il debutto: si raccoglie un autentico trionfo con la quinta e definitiva versione con la Mariani Masi, Elvira Demi come cieca, Elisabeth Leawington come Laura, Francesco Tamagno come Enzo, Francesco Marconi come Isèpo, Gustavo Moriani come Barnaba e Giovanni Ordinas come Alvise e Zuàne/cantore/pilota/barnabotto. 

 

Poco per volta Ponchielli era riuscito a trovare la giusta misura e adattare il raffinato ma cerebrale libretto di Boito, alla propria vena musicale più autentica, calda e fluente, rimpiazzando, tagliando e aggiungendo interi episodi >.  

 

Trama:  

Epoca: Venezia, XVII secolo.

 

Atto I – La bocca del leone. 

Palazzo Ducale di Venezia: nel suo cortile, presenzia la Scala dei Giganti, mentre dal portico della Carta, si arriva alla Basilica di San Marco attraverso un ingresso di grande dimensione. 

Sono presenti anche lo scrittoio di uno scrivano e una bocca di leone di marmo con la scritta: “Denontie secrete per via d’inquisizione contra cada una persona con l’impunita secreteza et benefitii giusto alle leggi “.  

 

Il popolo, in festa, si dirige alla regata (“Feste! Pane!”). 

Barnaba – finto cantastorie – è una spia del Consiglio dei Dieci e, di nascosto, vede Gioconda e la madre (la Cieca) che vanno in chiesa (“Figlia, che reggi il tremulo piè”). 

< Gloria a chi vince il palio verde >, dice il popolo, al termine della regata ma, purtroppo, Zuàne, il partecipante, perde. 

In modo subdolo, il dubbio gli è penetrato da Barnaba per mezzo della sua accusa alla Cieca (“La vidi staman gittar sul tuo legno un segno maliardo, un magico segno … la tua barca sarà la tua bara!”). 

Come è già successo infinite volte,  tale calunnia viscida si diffonde tra la gente: in questo caso, se la prende con la povera donna. 

Gioconda ed Enzo non riescono a sottrarla alla furia della folla (“Assassini, quel crin venerando rispettate! “), quando appaiono Laura Adorno (amata da Enzo) e suo marito Alvise Badoero, nobile inquisitore della Repubblica Serenissima di Venezia. 

Laura prega il marito, di salvare la Cieca che – grata – dona a  Laura un rosario (“A te questo rosario, che le preghier aduna… ti porterà fortuna”).   

Allontanata la folla, Barnaba chiama Enzo col suo nome, lo tranquillizza  che non lo nominerà e che Laura fuggirà con lui, nella notte.

Da spia potente, Barnaba rende nota ad Enzo, agghiacciato, la sua reale personalità attraverso il brano “Sono il possente demone del Consiglio dei Dieci”, esternandogli anche che ha fatto tutto ciò affinché Gioconda lo ami.  

Poi, rimasto solo, Barnaba detta ad Isépo, il suo scrivano,  l’accusa verso Laura ed Enzo e la inserisce nella bocca del leone (“O monumento! “) non sapendo di essere osservato e udito da Gioconda e da sua madre.

La gente in festa entra nel cortile intonando < Carneval! Baccanal! > e una furlana, ma tutto  è  interrotto dai fedeli della basilica, dopodiché la gente stessa è sollecitata da un barnabotto ad inginocchiarsi e a pregare durante i vespri («Tramonta il sol… udite il canto del vespro santo, prostrati al suol»).

Gioconda, è disperata (“Tradita! Ohimè, io soccombo! ” e “O cor, dono funesto “, per cui la madre la consola come meglio può; però la ragazza è decisa, idem, a salire sulla nave di Enzo, nella notte.  

 

Atto II – Il rosario.

Nella notte, presso la bocca della laguna di Venezia detta ” la bocca della Fusina “, Hècate , il  brigantino, è in attesa e i suoi marinai lavorano e cantano una marinaresca. 

Il finto pescatore Barnaba spia la nave di Enzo mentre avverte il brigantino tramite il fido Isépo e intona la barcarola con la quale fa amicizia con i pescatori  (“Pescator, affonda l’esca!”). 

Enzo veglierà durante la notte, per cui manda sotto coperta i marinai, mentre aspetta ansioso che Laura arrivi (“Cielo e mar”).

Lo stesso Barnaba gli porta Laura presso il  brigantino, attraverso una barca, mentre pronuncia un augurio sinistro che allarma la donna, ma che tranquillizza Enzo (“Eppure quello  è l’uomo che ci aperse il paradiso!”) e restano assieme fino al tramonto della luna, dopodiché Enzo la fa accompagnare a casa. 

Laura è sola, preoccupata e scoraggiata per cui si rivolge alla Madonna  (“Stella del marinar”). 

Gioconda si presenta (“E’ un anatema!”), aggredendo verbalmente la rivale e avvertendola di fuggire.  

Laura reagisce forte (“L’amo come il fulgor del creato!”), per cui Gioconda l’avverte che suo marito sta arrivando sopra una barca (“Là è il tuo consorte!”). 

Per reazione di Laura allo spavento e come richiesta d’aiuto alla Madonna a mezzo del  rosario, la conseguenza è alzarlo: qui, Gioconda la riconosce come salvatrice di sua madre, e la aiuta a fuggire. 

Laura le chiede il nome (“Ma mi dirai chi sei?”) e Gioconda risponde: “Son la Gioconda”,  risponde l’altra.

Barnaba si rende conto della fuga di Laura (“Maledizion! Ha preso il vol!”), consigliando ad Alvise di seguire la barca sulla quale la donna fugge.

Ad Enzo, ritornato, Gioconda dice che Laura ha avuto paura (“Vedi là, nel canal morto? Un navil che forza il corso? Essa fugge… il suo rimorso fu più forte dell’amor!”), suscitando la riprovazione e l’ira di Enzo che vuole inseguire Laura ma che è fermato da Gioconda che lo avverte del pericolo delle galee veneziane, per cui incendia la sua nave. 

Atto III – La Ca’ d’Oro. 

Scena I: Una camera nella Ca’ d’Oro. 

“Si, morir ella de’!”: così canta Alvise Badoero che si vuole vendicare terribilmente della moglie Laura che, lui decide, si darà la morte lei stessa a mezzo di un veleno, durante le danze della festa che si tiene a palazzo.  

Chiama Laura, non mostra la sua collera, ma abbozza scherzoso al suo tradimento (“Bella così madonna, io non v’ho mai veduta”), per cui Laura gli chiede il motivo di tale comportamento (“Dal vostro accento insolito cruda ironia traspira”). 

Alvise, sentendosi provocato, le urla che deve morire subito avendone come risposta “Morir, morir è troppo orribile” ma, insensibile, Alvise le indica la sua bara. 

Fuori, i gondolieri intonano “La gaia canzone fa l’eco languir e l’ilare suono si muta in sospir” la cui ultima nota segnerà il termine dell’ingestione del veleno.

Gioconda è l’angelo che, nascostamente, la salva a mezzo della sostituzione attraverso un narcotico.  

Bevuto il liquido soporifero, Laura  si distende sul catafalco della camera mortuaria. 

Alvise, arrivato a controllare, nota la boccetta vuota e si persuade che Laura è morta, mentre Gioconda è scossa e riflette sul fatto che ha salvato la sua rivale per lo stesso uomo amato da entrambe: “Io la salvo per lui, per lui che l’ama”.

Scena II: sontuosa sala attigua alla camera mortuaria, sala dov’è in atto una festa durante la quale gli invitati inneggiano alla Ca’ d’Oro e dove è predisposto lo spettacolo della “Danza delle Ore”.  

Barnaba arriva e accusa nuovamente di stregoneria la Cieca.    

Fuori, risuona il suono della campana dei moribondi, per cui Barnaba porta a conoscenza Enzo che Laura è morta (“Un’agonia? Per chi?… Per Laura!”) e che, turbato fortemente, di conseguenza, rivela la sua identità a tutti. 

Quindi, Alvise lo fa arrestare anticipandogli angoscia e tormento. 

A questo punto, Alvise mostra il corpo di Laura. 

Enzo è addolorato e Gioconda sussurra a Barnaba “Se lo salvi e adduci al lido, laggiù presso al Redentor, Il mio corpo t’abbandono, o terribile cantor.”

 

Atto IV – Il canal Orfano

Dall’atrio di un vecchio palazzo cadente, nell’isola della Giudecca, si vedono laguna e piazza San Marco con l’illuminazione a festa, oltre ad un’immagine della Madonna e una croce appesa al muro.

Un tavolo, un canapè con vari ornamenti per Gioconda con una lucerna, una lanterna, un veleno, un pugnale.

Una buia calle.   

Gli amici cantori portano il corpo di Laura a Gioconda, che li prega di cercare la Cieca,  scomparsa e che, rimasta sola, valuta la soluzione del suicidio (“Suicidio! In questi fieri momenti”).

Gioconda, per un attimo, pensa a Laura: “Se spenta fosse!!! Siam sole… è notte… profonda è la laguna…”, ma è bloccata da voci che giungono dal vicino canale e che dicono “Eh! dalla gondola, che nuove porti? – Nel Canal Orfano ci son dei morti!”. 

 

Enzo è liberato da Barnaba grazie a Gioconda, ma è disperato e vuole uccidersi per raggiungere Laura, ma Gioconda lo tranquillizza dicendogli che l’ha sottratta alla camera funeraria della Ca’ d’Oro.   

Enzo s’arrabia e sta per uccidere Gioconda (“Oh, gioia, m’uccide!”) alloché Laura si risveglia  e  lo chiama per nome.  

Laura rivela a Enzo che Gioconda le ha salvato la vita, per cui Enzo la benedice.   

 

Gioconda rinnova la benedizione su Laura da parte della madre, fa fuggire Enzo e Laura in direzione di Aquileia a mezzo di una barca, avendone la loro benedizione. 

 

Disperata, Gioconda vuole uccidersi con la spada, ma ripensa alla madre e all’accordo con Barnaba che le si para davanti quando sta per darsela a gambe.  

La cantatrice ha promesso il suo corpo a Barnaba in cambio della liberazione di Enzo: deve pagare il prezzo.

Lo lusinga un po’ (“Vò farmi più gaia… più fulgida ancora…”) e cade a corpo morto sulla spada (“Volesti il mio corpo, demon maledetto? E il corpo ti do!”).

Il beffato Barnaba  si vendica dicendole che ha ucciso sua madre (“Ier  tua madre m’ha offeso… io l’ho affogata!”), però Gioconda è  deceduta (“Non ode più!”), per cui Barnaba grida rabbioso e scappa attraverso le calli.

 

Brani noti:

Atto I: La bocca del leone

Preludio
Coro d’introduzione Feste! Pane!
Scena e Terzettino
Scena E cantan su lor tombe!
Terzettino Gioconda, la Cieca e Barnaba Figlia che reggi il tremulo pie’
Recitativo – Coro della Regata e Sommossa – Romanza
Recitativo L’ora non giunse ancor
Coro della Regata e Sommossa Gloria a chi vince!
Romanza della Cieca Voce di donna o d’angelo
Scena e Duetto
Scena Enzo Grimaldo
Duetto Enzo e Barnaba Pensi a Madonna Laura
O grido di quest’anima
Scena, Recitativo e Monologo
Scena e recitativo Maledici? Sta ben…
Monologo Barnaba O monumento!
Finale I – Coro, Forlana e Preghiera
Coro Carneval! Baccanal!
Furlana (I, 9)
Preghiera Angele Dei
Arioso O cor, dono funesto

Atto II: Il Rosario

Marinaresca, Recitativo e Barcarola
Marinaresca Ho! He! Fissa il timone!
Recitativo Chi va là?
Barcarola Barnaba Pescator, affonda l’esca
Recitativo, ripresa della Barcarola e Romanza
Recitativo e ripresa della Barcarola Sia gloria ai canti dei naviganti
Romanza Enzo Cielo! e mar!
Scena e Duetto
Scena Ma chi vien
Duetto Laura Enzo
Tempo d’attacco Deh! non turbare con ree paure
Tempo di mezzo Ma dimmi come, angelo mio, mi ravvisasti?
Cantabile Laggiù nelle nebbie remote
Scena e Romanza di Laura
Scena E il tuo nocchiero
Romanza di Laura Stella del marinar!
Duetto
E’ un anatema!
Duetto Gioconda-Laura L’amo come il fulgor del creato
Scena e Duetto-Finale II
Scena Il mio braccio t’afferra!
Duetto-Finale II Gioconda Enzo Laura! Laura, ove sei?
Tu sei tradito!

Atto III: La Ca’ d’oro

Scena ed Aria
Scena Sì, morir ella de’
Aria Alvise Là turbini e farnetichi
Scena e Duetto
Scena Qui chiamata m’avete?
Duetto Laura Alvise Morir! è troppo orribile
Scena e Serenata
Scena E già che ai nuovi imeni
Serenata La gaia canzone
O madre mia
Scena, Ingresso dei Cavalieri e Coro
Scena e Ingresso dei Cavalieri Benvenuti, messeri
Coro S’inneggi alla Ca’ d’oro
Recitativo e Danza delle Ore
Recitativo Grazie vi rendo
Danza delle Ore
Sortono le ore dell’Aurora (Moderato)
Le Ore dell’Aurora (Andante poco mosso)
Sortono le Ore del giorno
Danza delle Ore del giorno (Moderato)
Sortono le Ore della sera
Sortono le Ore della notte (Moderato, Andante poco mosso, Allegro vivacissimo
Scena e finale III – Pezzo concertato
Scena Vieni! – Lasciami!
Pezzo concertato D’un vampiro fatale    


Atto IV: Il Canal Orfano

Preludio, Scena ed Aria
Preludio
Scena Nessun v’ha visto?
Aria Gioconda Suicidio!
Duettino, Scena e Terzetto
Ecco il velen di Laura
Duettino Gioconda-Enzo Gioconda! – Enzo! sei tu!
Scena Enzo! – Mio Dio!
Terzetto A te questo rosario
Scena e Duetto finale
Scena Ora posso morir
Duetto finale Gioconda Barnaba Ebbrezza! delirio!  

 

Incisioni note:

Giannina Arangi-Lombardi, Alessandro Granda, Ebe Stignani, Gaetano Viviani, Corrado Zambelli, Camilla Rota Lorenzo Molajoli Columbia

Maria Callas, Gianni Poggi, Fedora Barbieri, Paolo Silveri, Giulio Neri, Maria Amadini    Antonino Votto       Cetra

Anita Cerquetti, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Ettore Bastianini, Cesare Siepi, Franca Sacchi       Gianandrea Gavazzeni   Decca

Zinka Milanov, Giuseppe Di Stefano, Rosalind Elias, Leonard Warren, Plinio Clabassi, Belén Amparán Fernando Previtali RCA

Maria Callas, Pier Miranda Ferraro, Fiorenza Cossotto, Piero Cappuccilli, Ivo Vinco, Irene Companeez Antonino Votto EMI

Renata Tebaldi, Carlo Bergonzi, Marilyn Horne, Robert Merrill, Nikola Gjuzelev, Oralia Domínguez Lamberto Gardelli Decca

Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Agnes Baltsa, Sherrill Milnes, Nicolaj Ghiaurov, Alfreda Hodgson Bruno Bartoletti Decca

Éva Marton, Giorgio Casellato Lamberti, Livia Budai, Sherrill Milnes, Samuel Ramey, Anne Gjevang Giuseppe Patané Sony

Violeta Urmana, Plácido Domingo, Luciana D’Intino, Lado Ataneli, Roberto Scandiuzzi, Elisabetta Fiorillo Marcello Viotti EMI  

 

Videografia:

Eva Marton, Plácido Domingo, Ludmila Šemciuk, Matteo Manuguerra, Kurt Rydl, Margarita Lilowa Adam Fischer Arthaus

Deborah Voigt, Richard Margison, Elisabetta Fiorillo, Carlo Guelfi, Carlo Colombara, Ewa Podleś Daniele Callegari TDK

Andrea Gruber, Marco Berti, Ildikó Komlósi, Alberto Mastromarino, Carlo Colombara, Elisabetta Fiorillo Donato Renzetti Dynamic   

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 


Grand Opéra. 
 

A Ponchielli, che avrà la cattedra di composizione presso il Conservatorio di Milano (tra i suoi allievi futuri della “Giovine Scuola Italiana”: Giacomo Puccini, e Pietro Mascagni), viene proposto il libretto tratto da “Ange, tyran de Padoue” di Victor Hugo, per il quale Boito lo adatta inserendo il personaggio di Barnaba e fornendo un differente aspetto degli altri. 

Ponchielli ammira moltissimo Boito, ma nutre moltissimi dubbi sulla risposta eventualmente sfavorevole da parte del pubblico, dal momento che lo stesso Ponchielli – scrivendo all’amico musicista Achille Formis, il 3 giugno 1875 –  si definisce incontentabile e di non avere più idee, per cui chiede varie volte a Boito di modificare il libretto, mentre ritiene difficile consegnare il lavoro per il periodo di Carnevale, oltre a qualche pezzo da aggiungere come la “Danza delle Ore” che verrà composta a Milano.

Durante le prove, Ponchielli è soddisfatto degli artisti, particolarmente del basso Maini e del tenore spagnolo Julián Gayarré (noto in Italia come Giuliano Gayarre) il cui brano “Cielo e mar!” è bissato.  

L’esito è un successo enorme e le chiamate degli artisti al proscenio sono 27.  

La partitura – essendo stata consegnata in ritardo – permette la rappresentazione solo per quattro serate per via della chiusura della stagione lirica de “La Scala” e, da maggio, Ponchielli modifica alcune parti.

Attraverso anche questa seconda versione, al Teatro “Rossini” di Venezia, il 18 ottobre 1876,  diretta da Faccio, ottiene un grande successo.  

Vengono attuate altre modifiche e, il 12 febbraio 1880, idem a “La Scala”, Ponchielli e la sua opera trionfano per mezzo della quinta e ultima versione. 

 

Gioconda: 

Secondo le critiche, “La Gioconda” è considerata il Grand Opéra italianao più rappresentativo, il cui merito è riconosciuto al musicista e al librettista, entrambi  esistenti nel periodo in cui viveva il movimento moderno della “Scapigliatura”, mentre il linguaggio dei personaggi dell’opera è tipico di Boito.

Gioconda è una bella persona dotata di sincerità, di candore, di grande abnegazione che sacrifica il suo amore per Enzo, favorendo l’uomo e la sua rivale: “rivale” che ha salvato sua madre dalla ferocia popolare fatta serpeggiare dalla perfidia di Barnaba.

Svolge il lavoro di cantatrice, uno dei lavori dell’epoca e, con Barnaba e Alvise, è una figura di spicco dal momento che annulla i loro piani avvertendo Enzo e Laura dell’agguato architettato da Barnaba, sostituisce il veleno col narcotico, e si uccide per non cedere allo stesso Barnaba, l’uomo che si illude di averla.

Però, come Enzo e Laura finisce nella “ragna che tesse la sua tela”. 

Gioconda, eroina boitiana, è preda della solitudine emotiva provocata dalla vita, ma è Una Signora perché non si lascia sfuggire parole di autocommiserazione verso la povertà della sua infanzia e verso la povertà attuale che coinvolge lei e la madre, per la quale povertà  “Viviam cantando ed io canto a chi vuol le mie liete canzoni”. 

Possiede un carattere forte che non le permette di lasciarsi minacciare da Barnaba e di non cedere alla sua rivale (“Ed io l’amo siccome il leone ama il sangue, ed il turbine il vol”).  

 

Barnaba: 

Con Gioconda ed  Enzo, appartiene ai tre personaggi-base dell’opera.

Personaggio machiavellico, interessante e fortemente intrigante, è “IL CATTIVO” ASSOLUTO dell’opera: opera che, per la precisione, si dovrebbe intitolare “Barnaba”, visto e considerato il suo ruolo importantissimo.

 La cattiveria è sempre esistita: danneggia la psiche o il corpo fisico della persona-bersaglio di attacchi e, in alcuni periodi, è dilagata arrivando ad un alto grado di aggressività attraverso la sua forma di comportamento malvagio, perfido, affinché porti danno o dolore ai nostri simili, attraverso un’azione subdola e ostile.

Oggi, la Psicologia spiegherebbe il sentimento di Barnaba anche come la Sindrome di Procuste, ossia “la calunnia”:  viene diffusa in modo che il suo creatore riesca a dimostrare  il suo modo di vedere l’altra persona, la quale ne riceverà danno”. 

In questo caso, parlando di Barnaba: Gioconda, Enzo, Laura provano un qualcosa di importantissimo, che permette loro di stabilire le relazioni e di decidere in merito, ma finiscono con l’essere legati a lui. 

Arrigo Boito, il librettista dell’opera, ha già scritto il libretto di “Mefistofele”, l’opera da lui stesso musicata dove il demonio indossa abiti da cavaliere ma, ne “La Gioconda” (il libretto è firmato Tobia Gorrio, anagramma di Arrigo Boito), il Mefisto entra in Barnaba, uomo-demone non soprannaturale, ma con personalità cinica e manipolatrice maligna perversa.  

Un applauso ad Arrigo Boito, letterato finissimo che ha saputo creare il personaggio di Barnaba in modo stupendo.

Ponchielli giudica Barnaba una figura “odiosa, antipatica, ma originale”: infatti, Boito anticipa Jago-calunniatore, il personaggio che sa tramare e che  – nella romanza “O monumento” –  ricorda molto il “Credo” di Jago.  

“O monumento”: è il monologo rabbioso, furente e diabolico, monologo dove rende nota  l’illogica e incoerente organizzazione del governo di Venezia rivolgendosi al leone marmoreo, ossia il monumento-simbolo di Venezia.

< O monumento!
< Regia e bolgia dogale! Atro portento!
< Gloria di questa e delle età future; ergi fra due torture il porfido cruento.
< Tua base i pozzi, tuo fastigio i piombi, sulla tua fronte il volo dei palombi, i marmi e l’ôr.
< Gioia tu alterni e orror con vece occulta, quivi un popolo esulta, quivi un popolo muor.
< Là il doge, un muto scheletro coll’acìdaro in testa; sovr’esso il Gran Consiglio, la signoria funesta; sovra la signoria, più possente di tutti, un re: la spia.
< O monumento! Apri le tue latèbre, spalanca la tua fauce di tenèbre, s’anco il sangue giungesse a soffocarla!
< Io son l’orecchio e tu la bocca: parla.


Da notare: 

“Sovra la signoria, più possente di tutti, un re: la spia”.

Il re-spia: ossia, lo stesso Barnaba; ossia, il “Destino” che decide e organizza per tutti.

Ma, proprio chi lui tenta di beffare, si rende presto conto della sua natura ingannatrice, al contrario di Jago in “Otello” di Verdi che appare individuo onesto e incapace di fare del male.

Barnaba  è intelligente, è un’anima catastrofica ed è una spia spietata e crudele del governo di Venezia per cui sa e controlla tutto attraverso il suo sguardo attento e “sempre, in allarme”, indossando abiti trasandati e portandosi la chitarra quale strumento di cantastorie.

Si mostra seducente e affascinante, oltre a possedere la “funesta faccia da mistero”: un garbato narcisista maligno e perverso che tiene in mano le redini della situazione che riguarda Gioconda, Enzo, Laura, tre esseri costretti a soccombere al suo ricatto che, pur essendo coscienti di avere a che fare con “il Male” e “la Morte”, cadono nella “ragna” che lui intesse.

Enzo non si fida di Barnaba, ma “deve” fidarsi per incontrare Laura, arrivando persino a maledirlo come una specie di “autodifesa protettiva”, mentre Laura nota “un infernal sorriso” unito alla voce sinistra.

Gioconda si rivolge alla “Vergine santa” per esorcizzare il Barnaba-incarnazione del  Demonio e “l’orribile sua faccia”: infatti, a differenza di Jago che sa mascherare bene il suo essere, l’aspetto di Barnaba è indice del suo aspetto guasto, spiritualmente. 

Barnaba è abituato ad osservare con attenzione e, per proprio vantaggio, è capace di convincere psicologicamente l’essere umano a realizzare il proprio desiderio.

Barnaba è in grado di descriversi: “E mentre s’erge il ceppo o la cuccagna, fra due colonne tesse la sua ragna Barnaba, il cantastorie; e le sue file sono le corde di questo apparecchio”. – “Con lavorìo sottile e di mano e d’orecchio colgo i tafàni al volo per conto dello stato”.  – “E mai non falla l’udito mio”.  
Infatti, Barnaba, sadico ed esaltato mentalmente, “manovra” le situazioni per arrivare ad avere la bellissima Gioconda (“Coglier potessi solo per le mie brame e tosto una certa vaghissima farfalla!” – “Sovr’essa stendere la man grifagna”); cosa che succederà se Gioconda non si ucciderà, “raggirandolo” attraverso il proprio suicidio. 

Barnaba, con sadismo, rivela all’orecchio di Gioconda che, il giorno prima, ha affogato sua madre e, accortosi che “non ode più”) è percosso da “un grido soffocato di rabbia”. 

Barnaba è solamente  infatuato di Gioconda (la cui personalità emotiva vuole abbattere) e NON sa amare perché è schiavo della cattiveria che lo spinge a fare male solo per il gusto di farlo (male che gli si ritorce contro).

Si rende conto ma non ne capisce il motivo: “Un genio arcano/ verso il mal mi trascina”.

Psicologicamente,  è stato riconosciuto che un individuo può comportarsi come se un altro fosse dentro di lui e agisse al suo posto: Barnaba è un “grande pericolo” e potrebbe anche soffrire di “Disturbo dissociativo dell’identità” e, ai giorni nostri, sarebbe aiutato da un medico psicoterapeuta. 

 

Enzo Grimaldo: 

E’ un principe genovese, uomo sincero che fa onore al suo sangue nobile: è incapace di azioni basse ed è legatissimo alla sua coscienza ineccepibile.

Infatti, non possiede cattiveria che porti alla vendetta, al sadismo, a gravi difetti come per Barnaba: Enzo è un puro e un esempio importante è dato dal suo intervento eroico in favore della Cieca, nel primo atto, salvataggio che si risolverà positivamente grazie alla sua amata Laura.

Purtroppo, desiderando risolvere le difficoltà, non capisce e sottovaluta il sacrificio compiuto da Gioconda, specialmente alla fine, prima che Laura si risvegli, momento in cui Gioconda si rifiuta di svelargli il nascondiglio dove giace Laura addormentata, per cui Enzo la minaccia col pugnale, oltre a salutarla sbrigativamente per andarsene con Laura.  

Diffida di Barnaba e accusa Alvise Badoero per avere compiuto l’uxoricidio sulla persona della moglie (che, nessuno di loro lo sa, viene salvata da Gioconda per mezzo del narcotico).

 

Laura: 

Donna dolce, fragile, ha paura che, Enzo, il suo unico bene, le venga strappato, in particolare, quando incontra Gioconda, al buio.

Ma, poi, Gioconda la riconosce per mezzo del rosario che sua madre ha donato a Laura con gratitudine e benedicendola. 

Barnaba fa da delatore al marito che, come castigo, le infligge sofferenze atroci, arrivando a comandarle di avvelenarsi: TERRIBILE!

Ma, grazie all’altruismo di Gioconda, verrà ricongiunta ad Enzo.

 

Alvise Badoero: 

Alvise Badoero, personaggio-tiranno, uno dei capi dell’inquisizione, vendicativo, è cosciente di potere comandare e decidere anche sulla vita della moglie Laura della quale si vuole vendicare a seguito del di lei “inganno coniugale” per cui è “indispensabile” lavare il “disonore” dell’adulterio e per cui “si darà la morte lei stessa”.

Non è uomo delicato ed è subdolo mostrandosi scherzoso del tradimento di Laura (“Bella così madonna, io non v’ho mai veduta”) che lascia Laura stupita dall’insolito complimento del marito.

Allora, Alvise, interpretando la cosa come una sfida, le urla che deve morire e le mostra la sua bara. 

Alvise: arrivato alla cattiveria a causa degli usi, costumi e mentalità della sua epoca e della sua famiglia, è pur sempre “un cattivo” a causa dei subentrati egoismo, mancanza di impegno morale, narcisismo, senso di superiorità, sadismo.

Da cattivo e da imperfetto morale, espone sfacciatamente il catafalco su cui Laura si stenderà per morire, mentre viene eseguita la famosa e scintillante “Danza delle ore” e gli ospiti si rendono conto che hanno a che fare con un tarato mentale.  

 

La moglie Laura lo lascierà e scapperà con l’uomo che ama e Alvise rimarrà punito dalla sua stessa arroganza e dalla sua stessa prepotenza: comportamenti psichicamente pericolosi in quanto dovuti a fragilità interiore. 

 

La Cieca:   

Chiaramente, figura importante, la si vede nel primo atto, nella scena tumultuosa della “ribellion”, nella quale Enzo e Laura si prodigano per aiutarla contro la plebe scatenata dalla calunnia di Barnaba.

E’ sorretta dalla figlia (“Figlia che reggi il tremulo piè”), ma è importante attraverso il legame psicologico con Gioconda, la figlia che sorregge moralmente e, anche se a volte non si vede in scena, si percepisce l’alito della sua presenza. 

 

Vincitori e Vinti: 

Enzo e Laura sono i veri vincitori perché vivranno il loro sogno d’amore.

Fra i perdenti, Gioconda e la madre raggiungono la pace eterna dopo avere perduto la vita: loro,  il rabbioso Barnaba e Alvise-“tiranno” sono i veri perdenti.



UN GRAND-OPÉRA. UN CAPOLAVORO. 

Battuto al computer da Lauretta   


 



GIANANDREA GAVAZZENI dirige il PRELUDIO ALL’ ATTO I: 



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Il soprano LUCILLE UDOVICH e il mezzosoprano LUISA BARTOLETTI cantano il duetto “FIGLIA CHE REGGI IL TREMULO PIE’: 

 

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Il mezzosoprano FRANCA SACCHI canta la ROMANZA DELLA CIECA,  “VOCE DI DONNA O D’ANGELO”:



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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta il Monologo di Barnaba, “O MONUMENTO!”: 



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ANTONINO VOTTO dirige il  CORO CETRA DELL’ORCHESTRA SINFONICA DELLA R.A.I. di TORINO, Forlana e Preghiera FINALE ATTO I: 



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Il baritono ETTORE BASTIANINI canta la Barcarola, “ PESCATOR, AFFONDA L’ESCA”: 

 

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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “CIELO E MAR”: 

 


Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO e il tenore MARIO DEL MONACO cantano il duetto “LAGGIU’, NELLE NEBBIE REMOTE”:

 

 

Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO canta “STELLA DEL MARINAR”: 

 

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Il soprano ANITA CERQUETTI e il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO cantano il duetto  “L’AMO COME IL FULGOR DEL CREATO: 

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO e il basso CESARE SIEPI cantano “QUI CHIAMATA M’AVETE?”: 

 

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ANTONIO PAPPANO dirige il BALLETTO “LA DANZA DELLE ORE”: 

 

MARIO DEL MONACO, GIULIETTA SIMIONATO, ANITA CERQUETTI E CORO cantano “AH, IL COR MI SI RAVVIVA”:

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Il soprano ANITA CERQUETTI canta “SUICIDIO!”: 

 

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Il soprano ANITA CERQUETTI e il baritono ETTORE BASTIANINI cantano il duetto finale,  “EBBREZZA! DELIRIO!”:






L’ELISIR D’AMORE di GAETANO DONIZETTI

  • Luglio 30, 2023 at 10:30 pm

Opera giocosa in due atti su libretto di Felice Romani tratto da “Le Philtre” di Eugène Scribe 

Prima rappresentazione: Teatro della Cannobiana, Milano, 12 maggio 1832.  

 

Personaggi: 

Adina, ricca e capricciosa fittavola (soprano )
Nemorino, coltivatore, giovane semplice, innamorato di Adina (tenore)
Belcore, sergente di guarnigione nel villaggio (baritono)
Il dottore Dulcamara, medico ambulante (basso buffo)
Giannetta, villanella (soprano) 

Cori e comparse: villani e villanelle, soldati e suonatori del reggimento, un notaio, due servitori, un moro 

 

Primi interpreti: 

Adina (soprano) Sabina Heinefetter
Dulcamara (basso) Giuseppe Frezzolini
Belcore (baritono) Henry Bernard Dabadie
Nemorino (tenore) Giovan Battista Genero
Giannetta (soprano) Marietta Sacchi

Direzione:  Alessandro Rolla

 

Trama: 

Epoca: L’azione ha luogo in un villaggio dei paesi baschi, alla fine del XVIII secolo.

Atto I

Mentre i mietitori stanno riposando all’ombra, la loro fittavola Adina è in disparte che legge un libro riguardante la storia di Tristano, Isotta e del filtro che aiuta la principessa ad innamorarsi dell’eroe.

Nemorino è un contadino povero che ama Adina, ma non riesce a dichiararle il proprio amore (“Quanto è bella, quanto è cara”).

Su richiesta dei contadini, Adina legge a voce alta che, innamorato della regina Isotta, Tristano si avvale di un filtro magico che lo aiuta a catturare il suo amore (“Della crudele Isotta”).

Nemorino sogna la concretizzazione di questo elisir soprannaturale mentre, nel paesino, arriva il sergente Belcore per arruolare giovani che prestino il servizio militare.

Belcore corteggia e vuole sposare Adina (“Come Paride vezzoso”) la quale desidera riflettere un pochino, mentre il duetto tra Adina e Nemorino vede il loro scambio di opinioni riguardanti l’amore che, per lei, non esiste (“Chiedi all’aura lusinghiera”).

Il Dottor Dulcamara, truffatore, si spaccia per medico famoso ed esibisce ai paesani i suoi preparati prodigiosi  (“Udite, udite, o rustici”).

Nemorino gli cerca l’elisir che produce l’innamoramento, per cui l’imbroglione gli dà una bottiglia di vino “Bordeaux” per uno zecchino che, dopo un giorno, farà effetto (Dulcamara sarà già lontano da quel villaggio: ambiguo, approfitta dell’ingenuo Nemorino). 

 Nemorino si ubriaca per cui la reazione lo fa diventare sciolto e spigliato mostrandosi  distaccato verso Adina che, da persona sempre al centro dell’attenzione, rimane piuttosto seccata che lui corteggi altre ragazze per cui, per ripicca, accetta la proposta di matrimonio di Belcore, il sergente che partirà il giorno dopo.

Quindi, il giorno stesso si sposeranno. 

Per cui, Nemorino, sapendo che l’elisir farà effetto il giorno dopo, intende persuadere Adina di aspettare il giorno seguente, ma la ragazza non lo ascolta e si allontana assieme a Belcore.  

 

Atto II

Durante i preparativi delle nozze Adina-Belcore, costei e Dulcamara ad un tratto, cantano la barcarola a due voci (“Io son ricco e tu sei bella”).

Per colpire l’anima di Nemorino a causa della sua “insensibilità”,  Adina dice al notaio di celebrare il matrimonio la sera, in presenza del contadino.

Nemorino vuole acquistare un altro “elisir” però, essendo rimasto senza soldi,  si arruola tra i soldati di Belcore per essere retribuito (“Ai perigli della guerra”) e, praticamente, viene allontanato dallo stesso sergente.

Arriva Giannetta che diffonde la notizia  che uno zio di Nemorino, deceduto da poco, gli ha lasciato un’eredità (“Nemorino ha ottenuto una grande eredità. E’ possibile?”).

Nemorino, Adina e Dulcamara non sanno nulla: le ragazze del paese intraprendono il  corteggiamento verso Nemorino che, a questo punto, crede che il loro comportamento sia dovuto all’elisir.

Adina prova gelosia e lo stesso Dulcamara resta sbalordito e meravigliato e comincia a credere seriamente che  il suo prodotto sia realmente portentoso.

Adina viene a sapere da Dulcamara della vendita a Nemorino dell’elisir, per cui si rende conto che lui l’ama davvero (“Quanto amore! Ed io spietata”).

Vedendo una lacrima negli occhi di Adina, Nemorino ha la certezza che anche lei lo ama (“Una furtiva lagrima”).

Il contratto di arruolamento di Nemorino viene riacquistato e consegnato a Nemorino che, così, resterà nel paese. 

Ma il ragazzo è amareggiato e desidera una dichiarazione d’amore esplicita: dichiarazione che, non arrivando, lo spinge a volersene andare. 

Quindi, Adina cede e dichiara di amarlo (“Prendi, per me sei libero”).

Belcore, facendo buon viso a cattivo gioco, si rassegna e dice che troverà qualche altra ragazza da corteggiare in altri paesi, mentre Dulcamara parte tutto allegro e beato per la riuscita vittoriosa del suo elisir (“Ei corregge ogni difetto”). 

 

Struttura dell’opera:

Atto I

Preludio e Introduzione Bel conforto al mietitore
Quanto è bella, quanto è cara
Come Paride vezzoso (Coro, Giannetta, Nemorino, Adina, Belcore)
Scena e Duetto Una parola, o Adina… Chiedi all’aura lusinghiera (Nemorino, Adina)
Coro e Cavatina Che vuol dire codesta sonata?… Udite, o rustici (Dulcamara)
Recitativo, scena e Duetto Ardir! Ha forse il cielo… Voglio dire, lo stupendo (Nemorino, Dulcamara)
Recitativo e Finale Primo Caro elisir sei mio!… Esulti pur la barbara…Signor sergente… Adina, credimi… Fra lieti concenti (Nemorino, Adina, Belcore, Giannetta, Coro) 

 

Atto II

Coro d’Introduzione e Barcarola a due voci Cantiamo, facciam brindisi (Adina,Dulcamara, Belcore, Giannetta)
Scena e Duetto Oh me infelice… Venti scudi? (Nemorino, Belcore)
Coro Saria possibile? (Giannetta)
Quartetto Dell’elisir mirabile (Nemorino, Giannetta, Coro, Adina, Dulcamara)
Duetto Quanto amore! Ed io spietata (Adina, Dulcamara)
Romanza Una furtiva lagrima (Nemorino)
Recitativo e Aria Prendi, per me sei libero (Adina)
Aria e Finale Secondo Alto, fronte… Ei corregge ogni difetto (Belcore, Adina, Dulcamara, Nemorino, Coro, Giannetta) 

 

Brani noti:

Atto I:

Quanto è bella, quanto è cara! cavatina di Nemorino
Benedette queste carte…elisir di si perfetta di si rara qualità! aria di Adina con coro
Come Paride vezzoso cavatina marziale di Belcore
Chiedi all’aura lusinghiera duetto di Adina e Nemorino
Udite, udite, o rustici! cavatina di Dulcamara
Ardir, ha forse il cielo…voglio dire lo stupendo elisir duetto di Nemorino e Dulcamara
Esulti pur la barbara duetto di Adina e Nemorino 

 

Atto II:

“Ai perigli della guerra” duetto di Nemorino e Belcore
“Quanto amore! Ed io, spietata” duetto di Adina e Dulcamara
“Una furtiva lagrima” romanza di Nemorino
“Prendi, per me sei libero” aria di Adina 

 

Incisioni note:

Nicola Monti, Margherita Carosio, Tito Gobbi, Melchiorre Luise Gabriele Santini           La voce del padrone

Giuseppe Di Stefano, Hilde Güden, Renato Capecchi, Fernando Corena Francesco Molinari Pradelli       Decca

Luigi Alva, Rosanna Carteri, Rolando Panerai, Giuseppe Taddei Tullio Serafin    EMI 

Nicolai Gedda, Mirella Freni, Mario Sereni, Renato Capecchi     Francesco Molinari Pradelli       EMI 

Carlo Bergonzi, Renata Scotto, Giuseppe Taddei, Carlo Cava    Gianandrea Gavazzeni/Isabella Quarantotti            HardyClassic 

Luciano Pavarotti, Joan Sutherland, Dominic Cossa, Spiro Malas          Richard Bonynge          Decca 

Plácido Domingo, Ileana Cotrubaș, Ingvar Wixell, Geraint Evans          John Pritchard  Sony 

José Carreras, Katia Ricciarelli, Leo Nucci, Domenico Trimarchi Claudio Scimone          Philips Records 

Gösta Winbergh, Barbara Bonney, Bernd Weikl,Rolando Panerai          Gabriele Ferro  Deutsche Grammophon 

Luciano Pavarotti, Kathleen Battle, Leo Nucci, Enzo Dara         James Levine   Deutsche Grammophon 

Roberto Alagna, Mariella Devia, Pietro Spagnoli, Bruno Praticò Marcello Viotti  Erato 

Roberto Alagna, Angela Gheorghiu, Roberto Scaltriti, Simone Alaimo  Evelino Pidò     Decca 

 

Videografia:

Ferruccio Tagliavini, Alda Noni, Paolo Montarsolo, Arturo La Porta        Alberto Erede              VAI

Carlo Bergonzi, Renata Scotto, Carlo Cava, Giuseppe Taddei    Gianandrea Gavazzeni  Isabella Quarantotti            Hardy 

Luciano Pavarotti, Judith Blegen, Sesto Bruscantini, Brent Ellis Nicola Rescigno Nathaniel Merrill           Pioneer Artists 

Luciano Pavarotti, Kathleen Battle, Enzo Dara, Juan Pons        James Levine   John Copley     DG 

Roberto Alagna, Angela Gheorghiu, SimoneAlaimo, Roberto Scaltriti   Evelino Pidò     Frank Dunlop   Decca 

Aquiles Machado, Valeria Esposito, ErwinS chrott, Enrico Marrucci

Anna Netrebko, Ildebrando D’Arcangelo, Leo Nucci   Alfred Eschwé  Otto Schenk     Erato 

Raùl Hernandez, Silvia Dalla Benetta, Alex Esposito, Damiano Salerno Alessandro De Marchi   Alessio Pizzech            Dynamic 

Peter Auty,  Ekaterina Siurina, Luciano Di Pasquale, Alfredo Daza          Maurizio Benini Annabel Arden Opus Arte 

Rolando Villazón, Miah Persson, Ildebrando D’Arcangelo, Roman Trekel           Pablo Heras-Casado            Rolando Villazón           Deutsche Grammophon 

 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

La famiglia di Donizetti è poverissima per cui Gaetano può frequentare le “lezioni caritatevoli” di Musica che vengono impartite dal Maestro Giovanni Simone Mayr, il quale  ha modo di notare l’attitudine dell’allievo di cui cura la formazione; formazione che lo condurrà nella strada del successo. 

Nonostante le prime opere mostrino influenze rossiniane, Donizetti si presenta originale conferendo Romanticismo e Psicologia ai personaggi che lo rendono considerato e stimato fra i musicisti della prima metà dell’Ottocento e precursore di Verdi.    

Con la piena maturità artistica, si libera  dal punto di riferimento rossiniano  e crea opere con soggetti umano-psicologici che provocano commozione e divertimento, fra cui  “L’elisir d’amore”, opera teatralmente romantica che contiene comicità, tristezza e amarezza, mentre le personalità psicologiche dei personaggi vengono tracciate con delicatezza e finezza. 

Il librettista Felice Romani trae il libretto da “Le Philtre” che Eugène Scribe aveva scritto per il compositore Daniel Auber, l’anno prima. 

Donizetti svolge il lavoro in quattordici giorni e Romani solamente in sette, circa  il testo. 

Riuscita: grande modello di opera comica dell’ ‘800. 

Si tratta di un melodramma carino di tipo allegro che include anche il lato struggente,  specialmente in “Una furtiva lagrima”.

Il successo della “prima” presenta trentadue repliche ininterrotte. 

 

Nemorino: 

Ragazzo interiormente “fanciullo” e ingenuo, viene ingannato ed è deriso per la sua innocenza.

E’ un “escluso”, ma soffre realmente, oltre ad essere umile, onesto e con l’anima nobile.

Anima che emoziona attraverso la celeberrima romanza “Una furtiva lagrima”. 

 

Adina:

Donna emancipata e moderna per il suo tempo, pur essendo capricciosa e volitiva, per paura di soffrire è riluttante ad una relazione duratura nel tempo, ma è capace di amare profondamente e sinceramente. 

 

Dulcamara: 

Personaggio ambiguo, il “Dottore” approfitta di Nemorino vendendogli un inesistente “elisir d’amore” promettendogli che l’effetto lo sortirà il giorno dopo, proprio quando sarà già lontano dal  villaggio e non potrà essere oggetto di “castigo”.

Però, nello stesso tempo, pur essendo un ciarlatano, Dulcamara, inconsapevolmente, aiuta gli indecisi a superare le paure e ad immettersi nella via che porta alla felicità: Nemorino ne è un esempio.

 

Belcore: 

Soldato presuntuoso, cerca di liberarsi allontanando “il rivale” Nemorino che vuole arruolare, ma la cosa non riesce, per cui corteggerà altre ragazze in altri paesi.

Battuto al computer da Lauretta

 






Il tenore LUCIANO PAVAROTTI canta “QUANTO E’ BELLA, QUANTO E’ CARA”:

 



Il baritono TITO GOBBI canta ”COME PARIDE VEZZOSO”:


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Il soprano STEFANIA BONFADELLI e il tenore GIUSEPPE FILIANOTI cantano “CHIEDI ALL’AURA LUSINGHIERA”:



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Il baritono GIUSEPPE TADDEI canta “UDITE! UDITE, O RUSTICI!”:





Duetto Adina-Nemorino, “Esulti pur la barbara”: 

 

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Duetto di Adina e Dulcamara”Quanto amore! Ed io spietata”:



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Il tenore LUCINO PAVARITTI canta “UNA FURTIVA LAGRIMA”:



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Il soprano RENTA SCOTTO canta “PRENDI. PRENDI, PER ME SEI LIBERO”:

 

DON GIOVANNI di WOLFGANG AMADEUS MOZART

  • Luglio 30, 2023 at 5:09 pm

Don Giovanni (titolo originale: “Il dissoluto punito, ossia il Don Giovanni, K 527”)  è un’opera in due atti su libretto di Lorenzo da Ponte tratto dai lavori di Tirso de Molina e Giovanni Bertati (“Don Giovanni, ossia Il convitato di pietra”). 

Musica di Wolfgang Amadeus Mozart.

Prima rappresentazione: Teatro degli Stati Generali di Praga 29 ottobre 1787.
Prima rappresentazione in Italia: Teatro Valle di Roma, 11 giugno 1811.
Versioni successive: Burgtheater di Vienna, 7 maggio 1788.  

 

Personaggi:   

Don Giovanni (baritono o basso)
Il Commendatore (basso profondo)
Donna Anna (soprano)
Don Ottavio (tenore)
Donna Elvira (soprano)
Leporello (basso-baritono o basso)
Masetto (baritono o basso)
Zerlina (soprano) 

Contadine e contadini, servi, suonatori e coro di sotterra (coro)

 

Trama:

Epoca: indeterminata, fra il XVI e il XVIII secolo. 


Atto I   

Don Giovanni, mascherato, entra nella casa di Donna Anna allo scopo di conquistarla, lasciando il suo servo Leporello ad attenderlo.

Leporello si lamenta: “Notte e giorno faticar“.

Donna Anna crede che sia Don Ottavio, il suo fidanzato, ma si accorge della sostituzione di persona, per cui riesce ad allontanare l’uomo; che, in giardino, ritrova il suo servo.

Il Commendatore, padre di Donna Anna, è insospettito, dice alla figlia di chiamare aiuto e sfida a duello il nobile Don Giovanni che, quasi subito, uccide l’anziano uomo.  

Leporello e il suo padrone sono costretti a dileguarsi al più presto.

Trovando il padre morto, Donna Anna perde i sensi; Don Ottavio le presta aiuto e s’impegna a vendicare, in ogni modo, la morte del Commendatore. 


Don Giovanni cerca nuove conquiste e, mentre parla con Leporello, scorge – in lontananza – una fanciulla sola e le si avvicina accorgendosi, poi, che si tratta di Donna Elvira, una sua conoscenza conquistata ed abbandonata pochi giorni prima.

La donna è innamoratissima e lo cerca, per cui Don Giovanni è fortemente imbarazzato e, aiutato dalla distrazione che Leporello provoca alla donna, si allontana mentre Elvira s’infuria.

A questo punto, Leporello ritiene di raccontarle chi sia Don Giovanni, stendendo il catalogo delle sue conquiste: 640 in Italia, 231 in Germania, 100 in Francia, 91 in Turchia e in Spagna 1003. 


Donna Elvira è sconvolta dalla rivelazione ma vuole caparbiamente fare pentire Don Giovanni.


Don Giovanni e Leporello vanno a vedere Zerlina e Masetto che si stanno sposando e che vengono festeggiati da alcuni contadini.

Scatta la molla inconscia che “comanda” a Don Giovanni di insidiare e ingannare la giovane sposina.   


Leporello sta corteggiando alcune invitate e, su ordine di Don Giovanni,  viene allontanato da Masetto e dagli altri paesani. 

Masetto è contrariato, però riesce a contenersi. 


Don Giovanni, rimasto solo con Zerlina, la esorta a seguirlo cortesemente  e le promette di sposarla.

Proprio quando la ragazza è sul punto di cedere all’adescamento di Don Giovanni, arriva improvvisamente Donna Elvira: è  arrabbiatissima, per cui  la avvisa dei propositi del  malintenzionato e la conduce via. 


A questo punto, arrivano Donna Anna e Don Ottavio che chiedono aiuto proprio a Don Giovanni  per ritrovare l’omicida sconosciuto del Commendatore.

Donna Elvira nuovamente denuncia di non credere a Don Giovanni che la accusa di essere folle.


Dopo il commiato di Don Giovanni e Donna Elvira, Donna Anna esprime a Don Ottavio che ha riconosciuto dalla voce di Don Giovanni il massacratore del padre, per cui  gli ricorda l’impegno di vendicarne la morte.  

Don Ottavio ritiene giusto consolare Donna Anna, prima di arrestare Don Giovanni che, per sedurre Zerlina, ordina a Leporello di preparare una grande festa di matrimonio.

Zerlina chiede perdono a Masetto. 


Giunge Don Giovanni che li invita a ballare con gli altri paesani.

Qui, si ritroveranno Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira mascherati mentre Don Giovanni ordina a Leporello di invitarli, senza sapere i loro proponimenti.

Durante il ballo dei contadini, Leporello intrattiene  Masetto mentre Don Giovanni  danza con Zerlina e la conduce in disparte per possederla forzatamente.   

Da fuori scena, si sente gridare Zerlina, per cui gli invitati si precipitano per proteggerla.

Don Giovanni tenta di accusare Leporello di volere usare violenza, ma Donna Elvira, Donna Anna e Don Ottavio, gettano le maschere, lo accusano esplicitamente e, con Masetto, Zerlina e agli altri paesani, cercano di bloccarlo. 

Ma Don Giovanni e Leporello sono in grado di darsi alla fuga.  

 

Atto II   

Di fronte alla casa di Donna Elvira, la mattina dopo.

Troviamo Don Giovanni e Leporello che  parlano piuttosto vivacemente (“Eh, via, Buffone”) e, dopo le accuse ingiuste da parte di Don Giovanni, Leporello vorrebbe allontanarsi da lui che, però,  gli offre del denaro per una nuova impresa: lo scambio di abiti fra entrambi, così Leporello, distraendo Elvira, favorirà Don Giovanni che corteggerà la sua cameriera.  

Donna Elvira, si affaccia alla finestra (“Ah, taci ingiusto core”), illudendosi che Don Giovanni-Leporello travestito si sia “redento” verso di lei, per cui si allontanano, mentre Don Giovanni canta la serenata alla cameriera.


Arrivano Masetto, contadini e contadine: sono tutti  armati per uccidere Don Giovanni. 

Protetto dal suo travestimento, Don Giovanni riesce a far allontanare tutti, salvo Masetto (“Metà di voi qua vadano”): lo aveva privato delle armi con un sotterfugio e, rimasto solo con lui,  Don Giovanni lo malmena. 

Dopodiché,  se ne va.

Zerlina, passando di lì, assiste il marito con il quale decide di catturare Don Giovanni e Leporello (infatti, Masetto crede di essere stato picchiato da lui, mentre Zerlina gli canta “Vedrai carino”). 


Intanto, Leporello (sempre, col travestimento di Don Giovanni) non sa più come liberarsi di Donna Elvira che vuole fuggire con il nobile senza attirare l’attenzione, mentre Donna Anna, Don Ottavio, Zerlina e Masetto, servi, contadini e contadine si muovono per ucciderlo. 

Fortunatamente, Leporello  riesce a far conoscere la propria identità  (“Sola sola in buio loco”) però, Zerlina lo incolpa di aver malmenato Masetto, Donna Elvira di averla aggirata e Don Ottavio e Donna Anna di averli traditi.

Leporello spiega a tutti di non sapere nulla  e che non ha colpa di tradimento dal momento che gira da un’ora con Donna Elvira.  

Dopodiché, scappa (“Ah, pietà signori miei”).      


Don Ottavio è sempre più determinato a consegnare Don Giovanni alla giustizia e parte per fare giustizia (“Il mio tesoro”).

Masetto va alla ricerca di Don Giovanni, Zerlina ritrova Leporello per ucciderlo perché non gli crede e, ingannandola, Leporello fugge nuovamente (“Per queste tue manine”).

La ragazza lo insegue assieme a Donna Elvira, ma Masetto rende noto che Leporello è innocente in quanto ha visto Don Giovanni negli abiti del suo servo.

Zerlina e Masetto partono in cerca di Don Giovanni e Donna Elvira si ritrova con amarezza e rabbia, per l’amore che prova ancora per Don Giovanni e, contemporaneamente, il desiderio di vendetta (“In quali eccessi” e “Mi tradì quell’alma ingrata”). 


Intorno alle  due di notte.

Don Giovanni, rifugiato nel cimitero, attende Leporello che, una volta arrivato, gli racconta quanto gli è accaduto e che avrebbe fatto meglio a non accettare la sua offerta di soldi. 

Don Giovanni ride di gusto ma, all’improvviso, si leva una voce sinistra e intimidatoria: «Di rider finirai pria dell’aurora».

Sbalorditi e sbigottiti, riodono la voce cupa e scura: «Ribaldo, audace, lascia ai morti la pace». 

 

È la statua funebre del Commendatore a parlare e, se Leporello trema, Don Giovanni non è intimorito e la deride. 

Ordina a Leporello, terrorizzato, di invitarla a cena (“Oh statua gentilissima”): la statua accetta attraverso un  mostruoso “Sì”.   

 

Palazzo del Commendatore: di notte.

Don Ottavio chiede a Donna Anna se è sicura di sposarlo. 

Donna Anna lo ama moltissimo ma il dolore per la perdita del padre le permetterà di sposarlo solo quando Don Giovanni sarà fermato (“Non mi dir”).  

Don Ottavio e i suoi amici puniranno l’uccisore del Commendatore, ma nessuno è a conoscenza dell’invito di Don Giovanni. 


Nel palazzo di Don Giovanni, tutto è pronto per la cena e Don Giovanni si siede a mangiare.

Don Giovanni ascolta brani da opere compresa l’aria di Figaro “Non più andrai farfallone amoroso”  da “Le nozze di Figaro” del medesimo Mozart  (“Già la mensa è preparata”).

Improvvisamente, appare Donna Elvira che, implorando ancora una volta che Don Giovanni si penta (“Ultima prova dell’amor mio”), viene cacciata, mentre grida terrorizzata.

Su ordine di Don Giovanni, Leporello va a vedere che cosa stia succedendo fuori, ma grida e torna  terreo e scosso: alla porta è apparsa la statua del Commendatore che viene accolta sfrontatamente  da Don Giovanni. 

La statua entra (“Don Giovanni a cenar teco”), mentre Leporello insiste affinché il suo padrone fugga. 

A sua volta, “Il convitato di pietra” invita Don Giovanni a cenare da lui: gli porge la mano.  

Temerario e imprudente, Don Giovanni accetta e stringe la mano fredda della statua, rifiutando fino all’ultimo di pentirsi.

La furia del Commendatore, genera foschia, fiamme e terremoto e Don Giovanni cerca la fuga dal suo destino, però precipita nelle fiamme dell’inferno.  

 

Gli altri personaggi con servi, contadini e contadine sono pronti ad arrestarlo, ma Leporello riferisce l’orribile scena appena avvenuta.

Don Giovanni è appena stato punito, Donna Anna ha il cuore ancora soffocato, Masetto e Zerlina vanno a cena con i loro amici, Donna Elvira si ritira in convento perché non ha più l’unico uomo che ha amato e Leporello va a cercare un nuovo padrone che sia migliore.

 

I personaggi che, dopo aver cantato il concertato finale (“Questo è il fin di chi fa mal”), si allontanano in direzioni diverse, dopodiché il sipario si chiude. 

 

Versione cinematografica: 

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Don Giovanni (film 1979).

Oltre che in numerose versioni da teatro, è possibile vedere “Don Giovanni” di Mozart nella versione cinematografica prodotta dal regista Joseph Losey e diretta dal Maestro Lorin Maazel.

Un interessante riferimento all’opera viene fatto nel racconto breve di E.T.A. Hoffmann “Don Juan”, dedicato al suo compositore prediletto, poi adattato in un film di Ricard Carbonell nel suo cortometraggio “Don Giovanni” (2006).

L’ultimo libero adattamento del mito, nel quale viene ricreato l’ambiente di Mozart, è il film “Io, Don Giovanni” di Carlos Saura.

 

Brani celebri: 

Ouverture
Notte e giorno faticar – Leporello in Atto I, Scena I
Madamina, il catalogo è questo – Leporello in Atto I, Scena V
Là ci darem la mano – Don Giovanni e Zerlina in Atto I, Scena IX
Ah, fuggi il traditor – Donna Elvira in Atto I, Scena X
Don Ottavio … Or sai chi l’Onore – Donna Anna nel Atto I, Scena XIII
Dalla sua pace – Don Ottavio nel Atto I, Scena XIV
Fin ch’han dal vino – Don Giovanni in Atto I, Scena XV
Batti, batti, o bel Masetto – Zerlina in Atto I, Scena XVI
Deh, Vieni alla finestra – Don Giovanni in Atto II, Scena III
Vedrai, carino – Zerlina in Atto II, Scena VI
Il mio tesoro – Don Ottavio nel Atto II, Scena X
In quali eccessi … Mi tradì quell’alma ingrata – Donna Elvira in Atto II, Scena XI
Crudele? Troppo mi spiace … Non mi dir – Donna Anna nel Atto II, Scena XIII
Don Giovanni, a cenar teco m’invitasti – Don Giovanni, Leporello e Commendatore nell’Atto II, scena XVII

 

Incisioni discografiche (selezione):

John Brownlee, Salvatore Baccaloni, Ina Souez, Kolomon von Pataky, Luise Helletsgruber, Audrey Mildmay, Roy Henderson, David Franklin Fritz Busch EMI

Tito Gobbi, Erich Kunz, Ljuba Welitsch, Anton Dermota, Elisabeth Schwarzkopf, Irgmard Seefried, Alfred Poell, Josef Greindl   Wilhelm Furtwängler EMI

Giuseppe Valdengo, Sesto Bruscantini, Birgit Nilsson, Anton Dermota, Sena Jurinac, Alda Noni, Walter Berry, Gottlob Frick    Karl Böhm    Golden Melodram

Cesare Siepi, Fernando Corena, Elisabeth Grümmer, Léopold Simoneau, Lisa Della Casa, Rita Streich, Walter Berry, Gottlob Frick    Dimitri Mitropoulos    Sony Classical

Cesare Siepi, Fernando Corena, Suzanne Danco, Anton Dermota, Lisa Della Casa, Hilde Güden, Walter Berry, Kurt Böhme Josef Krips Decca

Eberhard Wächter, Giuseppe Taddei, Joan Sutherland, Luigi Alva, Elisabeth Schwarzkopf, Graziella Sciutti, Piero Cappuccilli, Gottlob Frick Carlo Maria Giulini EMI

Cesare Siepi, Geraint Evans, Leyla Gencer, Richard Lewis, Sena Jurinac, Mirella Freni, Robert Savoie, David Ward Georg Solti Living Stage

Nicolaj Ghiaurov, Walter Berry, Claire Watson, Nicolai Gedda, Christa Ludwig, Mirella Freni, Paolo Montarsolo, Franz Crass Otto Klemperer EMI

Dietrich Fischer-Dieskau, Ezio Flagello, Birgit Nilsson, Peter Schreier, Martina Arroyo, Reri Grist, Alfredo Mariotti, Martti Talvela Karl Böhm Deutsche Grammophon

Gabriel Bacquier, Donald Gramm, Joan Sutherland, Werner Krenn, Pilar Lorengar, Marilyn Horne, Leonardo Monreale, Clifford Grant Richard Bonynge Decca

Nicolai Ghiaurov, Sesto Bruscantini, Gundula Janowitz, Alfredo Kraus, Sena Jurinac, Olivera Miljakovic, Walter Monachesi, Dimiter Pektov Carlo Maria Giulini Arkadia

Ingvar Wixell, Wladimiro Ganzarolli, Martina Arroyo, Stuart Burrows, Kiri Te Kanawa, Mirella Freni, Richard Van Allan, Luigi Roni Colin Davis Philips

Bernd Weikl, Gabriel Bacquier, Margaret Price, Stuart Burrows, Sylvia Sass, Lucia Popp, Alfred Šramek, Kurt Moll Georg Solti Decca

Samuel Ramey, Ferruccio Furlanetto, Anna Tomowa-Sintow, Gösta Winbergh, Agnes Baltsa, Kathleen Battle, Alexander Malta, Paata Burchuladze Herbert von Karajan Deutsche Grammophon

Thomas Hampson, László Polgár, Edita Gruberová, Hans Peter Blochwitz, Roberta Alexander, Barbara Bonney, Anton Scharinger, Robert Holl Nikolaus Harnoncourt Teldec

Håkan Hagegård, Gilles Cachemaille, Arleen Augér, Della Jones, Nico van der Meel, Barbara Bonney, Bryn Terfel, Kristin Sigmundsson Arnold Östman L’Oiseau-Lyre

William Shimell, Samuel Ramey, Cheryl Studer, Frank Lopardo, Carol Vaness, Suzanne Mentzer, Natale De Carolis, Jan-Hendrik Rootering Riccardo Muti Emi

Thomas Allen, Simone Alaimo, Sharon Sweet, Francisco Araiza, Karita Mattila, Marie McLaughlin, Claudio Otelli, Robert Lloyd Neville Marriner Philips

Ferruccio Furlanetto, John Tomlinson, Lella Cuberli, Uwe Heilmann, Waltraud Meier, Joan Rodgers, Michele Pertusi, Matti Salminen Daniel Barenboim Erato

Bo Skovhus, Alessandro Corbelli, Christine Brewer, Jerry Hadley, Felicity Lott, Nuccia Focile, Umberto Chiummo, Umberto Chiummo Charles Mackerras Teldec

Bryn Terfel, Michele Pertusi, Renée Fleming, Herbert Lippert, Ann Murray, Monica Groop, Roberto Scaltriti, Mario Luperi Georg Solti Decca

Simon Keenlyside, Bryn Terfel, Carmela Remigio, Uwe Heilmann, Soile Isokoski, Patrizia Pace, Ildebrando D’Arcangelo, Matti Salminen Claudio Abbado Deutsche Grammophon

Peter Mattei, Gilles Cachemaille, Carmela Remigio, Mark Padmore, Véronique Gens, Lisa Larsson, Till Fechner, Gudjon Oskarsson Daniel Harding Virgin Classics

Johannes Weisser, Lorenzo Regazzo, Olga Pasichnyk, Kenneth Tarver, Aleksandrina Pendačanska, Sunhae Im, Nikolaj Borchev, Alessandro Guerzoni René Jacobs Harmonia Mundi

Ildebrando D’Arcangelo, Luca Pisaroni, Diana Damrau, Rolando Villazón, Joyce Didonato, Mojca Erdmann, Konstantin Wolff, Vitalij Kowaljow Yannick Nézet-Séguin Deutsche Grammophon

Dimitris Tiliakos, Vito Priante, Myrtò Papatanasiou, Kenneth Tarver, Karina Gauvin, Christina Gansch, Guido Loconsolo, Mika Kares Teodor Currentzis Sony Classical

DVD (selezione)     

Ruggero Raimondi, José van Dam, Edda Moser, Kenneth Riegel, Kiri Te Kanawa, Teresa Berganza, Malcolm King, John Macurdy Lorin Maazel Joseph Losey CBS

Samuel Ramey, Ferruccio Furlanetto, Anna Tomowa-Sintow, Gösta Winbergh, Julia Varady, Kathleen Battle, Alexander Malta, Paata Burchuladze Herbert von Karajan Michael Hampe Sony Classical

Thomas Allen, Claudio Desderi, Edita Gruberová, Francisco Araiza, Ann Murray, Suzanne Mentzer, Natale De Carolis, Sergej Koptchak Riccardo Muti Giorgio Strehler Opus Arte

Carlos Álvarez, Ildebrando D’Arcangelo, Adrianne Pieczonka, Michael Schade, Anna Caterina Antonacci, Angelika Kirchschlager, Lorenzo Regazzo, Franz-Josef Selig Riccardo Muti Roberto De Simone TDK

Bryn Terfel, Ferruccio Furlanetto, Renée Fleming, Paul Groves, Solveig Kringelborn, Hei-Kyung Hong, John Relyea, Sergej Koptchak James Levine Franco Zeffirelli Deutsche Grammophon

Rodney Gilfry, László Polgár, Isabel Rey, Roberto Saccà, Cecilia Bartoli, Liliana Nikiteanu, Oliver Widmer, Matti Salminen Nikolaus Harnoncourt Jürgen Flimm Arthaus

Thomas Hampson, Ildebrando D’Arcangelo, Christine Schäfer, Piotr Beczała, Melanie Diener, Isabel Bayrakdarian, Luca Pisaroni, Robert Lloyd Daniel Harding Martin Kusej Decca

Simon Keenlyside, Anton Scharinger, Eva Mei, Piotr Beczala, Malin Hartelius, Martina Jankova, Reinhard Mayr, Alfred Muff Franz Welser-Most Sven-Erich Bechtoff EMI Classics

Ildebrando D’Arcangelo, Andrea Concetti, Myrtò Papatanasiou, Marlin Miller, Carmela Remigio, Manuela Bisceglie, William Corrò, Enrico Giuseppe Iori Riccardo Frizza Pier Luigi Pizzi Unitel Classica

Peter Mattei, Bryn Terfel, Anna Netrebko, Giuseppe Filianoti, Barbara Frittoli, Anna Prohaska, Štefan Kocán, Kwangchul Youn Daniel Barenboim Robert Carsen Deutsche Grammophon

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

E’ UN’OPERA FORTEMENTE PSICOLOGICA e ALL’AVANGUARDIA, ESSENDO RAPPRESENTATA NEL 1787.

Commissionata dall’imperatore Giuseppe II, è la seconda delle tre opere buffe che Mozart scrive su libretto di Da Ponte, librettista che attinge ad alcune fonti dell’epoca ed è considerata uno dei capolavori di Mozart, della Musica e della Cultura dell’Occidente.

Consta di due atti ed è classificata come dramma giocoso, ma chiamata da Mozart “opera buffa” e con pezzi seri riferiti a Donna Anna e a Don Ottavio.  

E’ importante citare le due versioni di:
< Il Teatro degli Stati di Praga

. L’opera, in scena per la prima volta a Praga il 29 ottobre 1787, ha un esito felice, per cui Mozart è entusiasta: “L’opera è andata in scena con il successo più clamoroso possibile”.

. La sera del 3 novembre, la quarta recita, devolve l’incasso «a beneficio del compositore» e molti insistono perché Mozart si fermi a Praga affinché gli si possa commissionare una nuova opera.

L’impresario Guardasoni scrive a Da Ponte: “Evviva Da Ponte! Evviva Mozart! Tutti gli impresari, tutti i virtuosi devono benedirli! Finché essi vivranno, non si saprà mai cosa sia la miseria teatrale”.

 

. Nel maggio successivo l’opera viene rappresentata a Vienna, al Burgtheater, per il cui pubblico conservatore Mozart opera tagli e modifiche in modo che l’opera termini dopo la caduta di Don Giovanni all’inferno.   

 

< Burgtheater di Vienna

. Non è cosa certa ma – sembra – Mozart, sceglie, probabilmente, di concludere l’opera nella tonalità di inizio dell’ouverture. 

La disputa tra i sostenitori della partitura praghese e quelli della partitura viennese nasce quasi immediatamente e, anche in tempi moderni, ritroviamo le scelte di entrambe le partiture, disputa risolta dai membri della Neue Mozart-Ausgabe e, comunque, la versione  più spesso usata dai direttori d’orchestra è la praghese.   

 

< Rappresentazioni a Praga e a Vienna

. A Praga, 29 ottobre, 1787 (Direttore: Wolfgang Amadeus Mozart)

. A Vienna, 7 maggio 1788 (Direttore: Wolfgang Amadeus Mozart)

Don Giovanni (basso/baritono) Luigi Bassi, Francesco Albertarelli
Il Commendatore (basso profondo) Giuseppe Lolli, Francesco Bussani
Donna Anna (soprano) Teresa Saporiti, Aloysia Weber Lange
Don Ottavio (tenore) Antonio Baglioni, Francesco Morella
Donna Elvira (soprano/mezzosoprano) Catarina Micelli, Katherina Cavalieri
Leporello (basso/basso-baritono) Felice Ponziani, Francesco Benucci
Masetto (basso/baritono) Giuseppe Lolli, Francesco Bussani
Zerlina (soprano/mezzosoprano) Caterina Bondini Saporiti, Luisa Laschi Mombelli

Coro: Contadini, contadine, servi, musicisti, coro di Demoni. 

Katherina Cavalieri (Donna Elvira) è stata la prima Konstanze in “Il ratto dal serraglio”, Francesco Benucci (Leporello) il primo Figaro in “Le nozze di Figaro”, e Aloysia Weber-Lange, la cognata di Mozart, ha cantato spesso nelle sue opere liriche.




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Don Giovanni:     

Approfondendo la personalità complessa del “superuomo” Don Giovanni, si denota la molteplicità di aspetti di una mente che ha sempre interessato studiosi della Psicologia e della Critica, oltre ad avere ispirato scrittori e musicisti, in particolare Mozart-Da Ponte che hanno creato una cosa singolare, meravigliosa e – soprattutto – impareggiabile.

Non sembra la tipica persona affetta da “disturbo paranoide di personalità”, secondo il quale  la persona tende, senza alcuna  motivazione concreta, a interpretare le parole e le azioni degli altri come minacciose e consapevoli, umilianti o malevole: infatti, spesso, la persona paranoide è polemica e particolarmente suscettibile alle critiche alle quali  risponde soprattutto con rabbia.

Invece, Don Giovanni è una tipica anima delle persone psicopatiche ed è un personaggio affascinante che “vuole competere” con le tradizioni sociali e i principi morali fondamentali; è un personaggio per il quale ciò che conta è vivere senza pensare al futuro e agisce senza pensare che le sue azioni non avranno  contraccolpi: infatti, è bugiardo, è un traditore, opportunista che si serve delle persone, è anaffettivo perché non ha rispetto per i sentimenti altrui.    

Ma, nonostante tutto questo, non si prova odio o antipatia, per lui  (risulta chiaro che si tratta di un’opera con molte sfumature ed equivoci): il suo comportamento negativo  (parlantina, falsità, tradimenti, opportunismo, truffe, mancanza di empatia e di responsabilità) è dettato dall’inconsapevolezza propria di uno psicopatico “lucido”.      

Lo psicopatico NON è capace di amare e la sua emotività è alquanto povera.

Può essere concitato, può avere entusiasmo, pianto, ira esagerata, può iniziare argomenti  non meditati sui suoi guai: osservandolo con attenzione ci si rende conto che non si tratta di  sentimento, ma di scioltezza di parola.    

Spiegando meglio, il Disturbo Psicopatico (o psicopatia) consta di comportamenti antisociali durevoli che iniziano nell’infanzia; disturbo che si mostra a mezzo di una serie di fattori interpersonali, affettivi e comportamentali:

Loquacità/fascino superficiale: lo psicopatico, conversatore piacevole, è abile a  raccontare storie poco credibili ma convincenti, per farsi elogiare.

Senso grandioso del Sé: possiede un’opinione elevata del proprio valore.

Bisogno di stimoli/propensione alla noia: lo psicopatico si annoia velocemente, per cui cerca di reagire con il comportamento o emotivamente  assumendo condotte rischiose.

Menzogna patologica: ha una considerevole immediatezza e disinvoltura nel mentire.

Manipolatorietà: SA truffare, ingannare o manipolare gli altri, per raggiungere uno scopo personale vantaggioso.

Assenza di rimorso/senso di colpa: il disturbo psicopatico si può manifestare con mancanza di ansia ed angoscia per gli esiti negativi del proprio operato.

Affettività superficiale: spesso, le emozioni sono finte ed istrioniche, superficiali, passeggere, frettolose.

Deficit del controllo comportamentale: la persona psicopatica può diventare irritabile o collerica e, da frustrata, avere maniere aggressive verbali o violente.

Impulsività: questo disturbo può provocare mancanza di riflessione, programmazione e intenzionaltà.

Don Giovanni: iperattivo psicologicamente e fisicamente, “fugge” sempre: in effetti,  “ha sempre molta fretta”, come se non avesse tempo a disposizione, per cui non si ferma troppo nello stesso luogo o con le stesse persone e non racconta di sé a differenza di come fanno gli altri personaggi.

Inoltre, psicologicamente, adotta sempre una maschera diversa a seconda del proprio interlocutore con cui, al momento del rapporto iniziale, si rende conto immediatamente di cosa l’interlocutore stesso si aspetta da lui, per cui si regola di conseguenza e per cui gli viene accordato immediato affidamento unito ad una certa dose di innalzamento, elevazione: cose  che lo collocano al di sopra di ogni sfiducia e paura.

Don Giovanni adotta questo tipo di tattica: ad esempio, a nessuno viene il dubbio che lui abbia ucciso il Commendatore e, infatti, è Donna Anna che riconosce la voce, per cui le prime reazioni di Don Ottavio sono la sorpresa e il rifiuto mentale (la cosa gli sembra incredibile) fino alla metà del secondo atto, quando si convincerà.

Per quanto riguarda Zerlina: nonostante Donna Elvira l’abbia avvertita, concede la sua  fiducia e non si rende conto fino al momento che Don Giovanni cerca di stuprarla.

Don Giovanni è arrogante e, fin dall’inizio dell’opera, psicologicamente,  “si nasconde  sotto mentite spoglie” per il proprio fine: “amicizia” con Donna Anna e Don Ottavio, il continuo scambio d’identità con il suo servo Leporello (segnale emotivo che rappresenta lo scaricare sugli altri i propri torti, segnale che rivela la particolarità del suo rapporto con lui con cui è sempre stato sincero).

La sua “maschera” è il modo che gli permette di controllare gli altri per poter avere “il potere” su di loro: questo, per sapere come reagire ad un’eventuale “minaccia” che rappresentano (forse, il rifiuto, l’abbandono che avrebbe subìto fin da piccolo).

La maschera di don Giovanni è “la parola”, ossia  la sua arma verso gli altri e la sua difesa dagli altri.

Principalmente, Don Giovanni conquista, seduce e si difende attraverso il suo comportamento verbale: il suo parlare intrigante gli permette di essere maestro nella conquista, per ferire, per fingere e, soprattutto, per eclissarsi.  

Sfida le potenze celesti e la morale comune per cui, fino all’ultimo, rifiuta di pentirsi, di fronte alla statua del Commendatore (ossia “il giustiziere divino”) e alla inviolabilità della sua morte, evidenziando la sua caparbietà con la sua immaturità e i demoni dell’Inferno dove precipita sono quelli della sua mente.

A questo punto, risulta evidente che Don Giovanni è affetto anche da “cattiveria” il cui fattore D (“dark” = Fattore Oscuro della Personalità) rende noto che “La cattiveria può essere una forma di comportamento o azione crudele o meschina volta a provocare, in modo volontario o involontario, danno o dolore, al prossimo. Comporta la manifestazione più o meno aperta o subdola di ostilità”.

 

Gli aspetti psicologici che caratterizzano il Fattore D sono: 

 

. Egoismo. 

La prima caratteristica del fattore D è l’egoismo. 

La persona egoista è una persona eccessivamente determinata verso i propri interessi (anche a danno degli altri).  

. Machiavellismo. 

Termine derivante dal famoso autore dell’opera “Il principe”, è tipico delle persone manipolatrici, dalla mentalità strategica e spregiudicata; persone determinate che antepongono sempre i propri interessi. 

. Assenza di etica e di senso morale. 

. Narcisismo.

Allo stesso modo di Narciso, innamorato della sua immagine rispecchiata, il narcisista è determinato verso sé stesso, tanto da non vedere gli altri. 

La propria ammirazione eccessiva è completamente rivolta sul proprio benessere. 

. Superiorità psicologica. 

Un’altra caratteristica interessante è quella della superiorità psicologica, secondo la quale la persona cattiva è convinta di essere migliore, di meritare  trattamenti speciali diversi da quelli riservati agli altri. 

La persona giustifica i propri atti sulla base di questa profonda e radicata convinzione. 

. Psicopatia. 

Caratteristica che presenta un deficit nell’affettività, scarsa empatia, poca sensibilità, tendenza a mentire, impulsività. 

. Sadismo. 

Tendenza a imporre dolore agli altri esseri viventi attraverso aggressioni di vario genere, da quella psicologica a quella sessuale, traendo piacere da questo comportamento.  

Tali azioni generano nella persona sadica una sensazione di piacere e di dominio, persona che non si pone troppi problemi nel causare dolore agli altri. 

. Interessi sociali e materiali. 

La persona è costantemente alla ricerca di un tornaconto economico e morale (riconoscimento sociale, successo, acquisizione di beni materiali e ricchezze),  

. Malevolenza (Perfidia). 

Propensione al male e tendenza all’ostilità in atti di diverso tipo  (aggressioni fisiche, abusi, furti, umiliazioni, ecc. …). 

Le ricerche hanno messo in evidenza che coloro che riportano elevati punteggi in tali caratteristiche hanno anche un alto valore del Fattore D.

Don Giovanni: sicuramente, ha avuto un cattivo rapporto con la madre o con chi doveva occuparsi di lui, fin da piccolo (zia, nonna, tata), per cui è stato trascurato nell’affetto e nell’attenzione da PERSONE NON IN GRADO DI RASSICURARE, PROTEGGERE.

Don Giovanni è un narcisista maligno manipolatore perverso che nutre un rapporto di amore-odio nei confronti della madre, per cui ODIA LA DONNA, IN GENERE, e LA VUOLE “ABBATTERE” COLPENDO COMPULSIVAMENTE LA SUA PERSONALITA’ ATTRAVERSO LE DONNE CHE CONOSCE.


Certamente, la sua autostima è bassa e si sente sicuro solamente se è convinto di esercitare pienamente il suo potere seduttivo sulle donne. 

Infatti, il suo piacere non è costituito dall’oggetto (ossia, l’ennesima donna che ha conquistato), ma il godimento-compensazione del “successo” ottenuto a seguito della seduzione, godimento-compensazione contro la sua depressione di una certa imponenza.   

Per cui, NON è in grado di amare tutte le donne che conquista, (per la sua necessità continua di seduzione, è improbabile che rimanga fedele ad una sola partner, a prescindere dal rango delle “sue vittime”); nelle quali donne – inconsciamente – “vuole” abbattere la personalità della madre: le avvicina e le lascia dopo pochissimo = infatti, nel famoso catalogo steso da Leporello (il suo servo), viene espresso “Ma in Ispagna son già 1003” (ossia, le donne spagnole conquistate dalla sua personalità narcisistica e “buttate via” senza soddisfarle troppo).

NON si rende conto che TEME DI RIMANERE SOLO: cosa che si rende concreta da parte di chi “LO ABBANDONA”.

Infatti, le sue relazioni sono brevi, superficiali, senza una vera partecipazione affettiva per cui la sua personalità lo porta alla conquista angosciante.  

Tutte le sue “prede” hanno il “dovere” di “sfamare” momentaneamente il bisogno infinito di ammirazione narcisistica, bisogno frustrato quando era piccolo. 

Don Giovanni NON si rende conto di TEMERE INCONSCIAMENTE la sua QUASI CERTA OMOSESSUALITA’ INTERIORE proprio a causa del suo narcisismo maligno di manipolatore perverso (sotto l’aspetto psicologico).

Il Complesso di Don Giovanni corrisponde al femminile Complesso di Messalina (vedere “Carmen”) ma, al contrario, Don Giovanni termina l’atto, senza lasciarlo in sospeso.

 

Lorenzo da Ponte è il librettista che HA SAPUTO ESPRIMERE il testo per l’opera di Mozart.  

Mozart HA SAPUTO ESPRIMERE attraverso la Musica.  

Tirso de Molina e Giovanni Bertati hanno steso la GRANDE BASE su cui poggiare l’ESPRESSIONE DI QUESTO CAPOLAVORO PSICO-MUSICALE.   


Dal mio scritto su Mozart:

L’opera “Don Giovanni” è considerata da tutti uno dei massimi capolavori di tutti i tempi, non solo dell’arte musicale, ma anche psicologicamente, essendo caratteristica con le incredibili comicità e tragedia. 

Opera in cui il protagonista, Don Giovanni, all’inizio personalità negativa, nell’ultima parte, si eleva assurdamente ad una “dignità eroica” in cui il suo ostinato e coraggioso rifiuto di pentirsi (pur avvicinandosi la dannazione eterna minacciatagli dalla statua soprannaturale semovente del commendatore) rappresenterebbe il simbolo di rivolta laica e illuministica contro il soprannaturale. 

 



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Gli altri personaggi dell’opera:    

La distinzione psicologica evidenzia la mentalità di un personaggio e racchiude in sé  il suo stato emotivo, il suo ragionare, i motivi delle sue azioni, la sua condotta, …

Mozart e Da Ponte riescono ad addentrarsi in tutto questo e a rendere esplicita la personalità di Don Giovanni, personaggio nobile degenerato, “abbassandolo” di ceto per investirlo della funzione del basso buffo settecentesco, nonostante un bell’aspetto fisico, un certo ambiente sociale e un certo livello culturale.

“Don Giovanni”, opera seria-buffa/tragedia-commedia, con la statua del Commendatore-deus ex machina dalla predisposizione quasi “soprannaturale” che diffonde correttezza, viene definita da Da Ponte come “dramma giocoso con il conseguente proseguimento del titolo, ovvero “Il dissoluto punito”.  

Infatti:

Ricoprono parti serie: Don Ottavio, Donna Anna e il Commendatore.
Ricopre la parte di “mezzo carattere”: Donna Elvira.
Ricoprono le parti comiche: Leporello, Zerlina e Masetto. 

 

Leporello:

Leporello (basso ai limiti del buffo) è un personaggio che, quasi sempre, si trova tra lo scherno, l’arroganza, la mancanza di rispetto verso il padrone Don Giovanni al quale, ad ogni modo, deve stare sottomesso per guadagnarsi da vivere.

E’ il primo personaggio che compare sulla scena e canta un’aria da basso comico, un’aria un po’ sillabata, attraverso la quale  rivela sé stesso: è stato lasciato fuori da Don Giovanni che “sta seducendo”.

Rende subito noto che nutre dei sentimenti discordanti verso Don Giovanni: lo odia e, contemporaneamente, lo ammira.

L’ammirazione  prevale tanto da provocargli l’accettazione più o meno cosciente di tante incoerenze che gli vengono obbligate.

Inoltre, il rapporto tra Don Giovanni e Leporello è strettissimo: Don Giovanni, si confida con lui da amico e gli permette grosse libertà; Leporello si lamenta, si irrita parecchio e protesta per lo sfruttamento che riceve, ma non cambia padrone perché intuisce che Don Giovanni possa essere affetto da disagi psichici e non può stare senza di lui su cui appoggiarsi per non crollare. 

 

Donna Anna, Don Giovanni, Don Ottavio:   

Dopo il termine dell’aria di Leporello, appaiono Don Giovanni e Donna Anna (è la prima donna ad apparire in scena) donna che, da subito, risulta una personalità passionale e risoluta, sue doti  che vengono dimostrate  dal suo inseguimento dell’uomo che voleva approfittare di lei, uomo che non conosce: infatti, Don Giovanni è appena apparso e già si nasconde; coprendosi il volto, le dice “Chi son io tu non saprai”.

Sempre, nel primo atto, figura lo splendido duetto Donna Anna-Don Ottavio “Fuggi, crudele, fuggi”, che viene confrontato con altri duetti-gioiello dell’opera seria come – ad esempio –  il duetto Cesare-Cleopatra, mentre, da “Don Giovanni”,  sono da segnalare “Non mi dir, bell’idol mio” e “Mi tradì quell’alma ingrata”, dove Mozart usa la coloratura in senso profondamente drammatico.

Don Giovanni fugge passando sul corpo morto del Commendatore, la cui figlia, Donna Anna, afflitta e irata a causa del non avere più una figura paterna che la protegga, è costretta a sposare Don Ottavio, per cui fa giurare al fidanzato di vendicarla.

Don Ottavio promette a Donna Anna  «Un ricorso vo’ far a chi si deve, e in pochi istanti vendicarvi prometto». 

Secondo alcuni critici, la serietà di Don Ottavio lo rappresenta come il “fidanzato modello”, ama Donna Anna sinceramente e non la forza a sposarlo, ma si spazientisce al termine  dell’opera dove Donna Anna lo rassicura attraverso il  rondò “Non mi dir bell’idol mio”. 

 

Donna Elvira e Zerlina: 

Dopo Donna Anna e Don Ottavio, Don Giovanni e Leporello incontrano, inaspettatamente,   Donna Elvira.

Di Burgos, Donna Elvira – dopo soli tre giorni di matrimonio con Don Giovanni – viene abbandonata  e, ora, lo rincorre.

Testardamente, vuole fare capire a Don Giovanni quanto sia sbagliato il suo comportamento, ma NON SA che una personalità NON può cambiare e può migliorare solo con l’aiuto della Psicologia (a quel tempo, scienza non ancora scoperta). 

Però, è un personaggio di grandissima importanza perché possiede energia e vitalità  psicologiche, ideologiche, quasi simili a quelle di don Giovanni e Leporello.

E’ innamorata di Don Giovanni e prova “pietà”, nonostante sia infuriata con lui, lo insulti e lo minacci di morte: la stessa “pietà” che la porta a calarsi nell’ “armatura di difesa” del marito che si comporta scelleratamente e indifferentemente. 


Tutto ciò è avvertito istintivamente da Leporello, ma Donna Elvira SA tutto questo e la cosa impaurisce e turba Don Giovanni che la schiva per questo motivo (Don Giovanni HA PAURA della moglie). 

Leporello spiega a Donna Elvira – attraverso la celebre “Aria del catalogo” – come il nobile abbia incontrato molte donne. 

 

Leporello, assieme a Don Giovanni, arriva ad una festa di matrimonio di contadini.
Zerlina, la sposa, attira subito l’attenzione di Don Giovanni. 

Donna Elvira provoca l’insuccesso di Don Giovanni che (attraverso la voce) viene riconosciuto da donna Anna, la quale  si accorda  con Elvira e Ottavio per sorprenderlo sul fatto; non conoscendo il complotto, Don Giovanni, ritenta per mezzo di un’altra festa comprendente anche Zerlina.

Qui, Don Giovanni canta l’ “Aria dello champagne” per mezzo della quale viene evidenziata e ripetuta in modo quasi ossessivo (come se questo fosse il suo unico scopo di vita): “Ah, la mia lista, doman mattina, d’una decina devi aumentar, devi aumentar, devi aumentar…” 

Alla festa, quando Don Giovanni circuisce  Zerlina, intervengono Donna Anna, Don Ottavio e Donna Elvira che lo sbugiardano; Don Giovanni tenta invano di incolpare Leporello che si sente compromesso e danneggiato, però la sua ammirazione verso il padrone resta stabile.   

 

Zerlina-Masetto:

Zerlina e Masetto appartengono  alle figure contadine, figure che trasmettono al pubblico valori onesti e corretti. 

Zerlina cede due volte all’adulazione tentatrice di Don Giovanni, ma sa anche essere furba. 

Infatti, si finge ingenua per avere ciò che vuole: prima don Giovanni, poi Masetto quando è convinta che Don Giovanni sia diventato irraggiungibile; poi, nuovamente Don Giovanni quando si ripresenta. 

Ad un certo punto, si toglie la mascherina della contadinella ingenua, per cui sarà presso Masetto, uomo con la personalità ferma e decisa, ma uomo ingenuo, geloso e collerico, possessivo verso Zerlina che si sente “soffocata” e per cui si sente attratta da Don Giovanni, conseguenzialmente.

Masetto, comunque, è disposto anche a fare a botte con Don Giovanni/Leporello travestito, visto e considerato che capisce subito che è un impostore che si avvale della propria classe sociale, e per cui non gli si sente inferiore; anzi, moralmente, si ritiene migliore di lui.

 

Il Commendatore: 

Nel primo atto – dopo Leporello, Don Giovanni, e Donna Anna – arriva il Commendatore, ossia il padre di Donna Anna: è un personaggio incisivo perché, quando compare, si verificano svolte decisive degli avvenimenti.

L’uccisione del Commendatore segna l’inizio del poco tempo rimasto a Don Giovanni per vivere, l’inizio dell’inseguimento da parte di Donna Anna e Don Ottavio, l’inizio della corsa contro il tempo di Leporello e Donna Elvira per salvarlo dall’autodistruzione inconscia.

Contrariamente a Don Giovanni, il Commendatore è un padre di famiglia (Don Giovanni non lo è e non  sarebbe mai stato capace di esserlo), rappresenta l’ordine sociale e, forse, “il potere divino” che Don Giovanni combatte.

Nel finale dell’opera, il Commendatore offre a Don Giovanni l’estrema  possibilità di salvezza che il nobile rifiuta altezzosamente: il pentimento.  

Don Giovanni RIFIUTA IL PENTIMENTO PER SETTE VOLTE, per cui la statua del  Commendatore  sottolinea: “Ah, tempo più non v’è”. 

Nel pavimento, si apre una profonda apertura infuocata e forze orrende e spaventose afferrano Don Giovanni che urla mentre lo trascinano all’Inferno.   

 

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Nell’ultima scena, tutti i personaggi commentano: “Questo è il fin di chi fa mal, e dei perfidi la morte alla vita è sempre ugual”: sembra una purificazione emotiva.

Certamente, non si tratta di un’opera buffa: comincia con un’uccisione e termina con la morte del protagonista che, vista la mal parata, “ritiene preferibile” morire LIBERO con l’aureola del martire.

 

Battuto al computer da Lauretta

 






OUVERTURE:   



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Il basso FERRUCCIO FURLANETTO canta “NOTTE E GIORNO FATICAR”: 





Il basso FERRUCCIO FURLANETTO canta “MADAMINA IL CATALOGO E’ QUESTO”: 



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TERZETTO, “AH TACI INGIUSTO CORE”: 



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Il basso DIMITRIS TILIAKOS e il soprano  ARIANNA VENDITTELLI cantano il duetto “LA’, CI DAREM LA MANO”: 



Il tenore JUAN DUEGO FLOREZ canta “DALLA SUA PACE”: 

 

Il soprano LUCIA POPP canta “BATTI BATTI, O BEL MASETTO”:



.

“EH, VIA, BUFFONE-AH TACI INGIUSTO CORE-DEH, VIENI ALLA FINESTRA”:  

 

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Il soprano LUCIA POPP canta “VEDRAI, CARINO”:


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Il tenore ANTON DERMOTA canta IL MIO TESORO INTANTO: 


.

Il soprano MARIA CALLAS canta MI TRADI’ QUELL’ALMA INGRATA:


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SCENA FINALE:  


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FINALE, “QUESTO E’ IL FIN DI CHI FA MAL”: 

 

CAVALLERIA RUSTICANA di PIETRO MASCAGNI

  • Luglio 29, 2023 at 9:24 pm

Opera in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga.  

Prima rappresentazione: Teatro Costanzi di Roma, 17 maggio 1890

 

Personaggi e interpreti della prima rappresentazione:    

Turiddu, giovane contadino (tenore) Roberto Stagno
Santuzza (soprano) Gemma Bellincioni
Lucia, madre di Turiddu (contralto) Federica Casali
Alfio, carrettiere (baritono) Gaudenzio Salassa
Lola, moglie di Alfio (mezzosoprano) Annetta Guli 

 

Trama:     

Epoca storica: a Vizzini, in Sicilia, alla fine del secolo XIX, nella mattinata di Pasqua.   


E’ l’alba.  

All’inizio dell’opera, il sipario è chiuso, ma si sente la serenata destinata a Lola, moglie di compare Alfio, un carrettiere di mezza età.

Lola era stata l’innamorata di Turiddu ma, durante il suo servizio militare, si era spazientita di attendere e aveva sposato Alfio.   

Turiddu, tornato dopo essere stato soldato, pur amando sempre Lola, per puntiglio, si è fidanzato con la giovane Santuzza, che lo ama appassionatamente, ma riprende il rapporto clandestino con la sua ex fidanzata.

Si ha il lento risveglio del paese e tutti si preparano per la festa pasquale e Lucia, che detiene l’osteria, prepara il vino per il raduno dopo la messa, presso di lei.

Lucia invita Santuzza ad entrare in casa, ma la ragazza rinuncia, dicendole che Turiddu l’ha sedotta e la trascura.

Inoltre, Santuzza sa che Turiddu non è andato a Francofonte a comperare del vino perché lo ha visto presso la casa di Lola.   

Passa Alfio col suo carretto, con altri paesani, e canta la sua vita felice e la fedeltà della moglie, oltre ad accennare di avere visto Turiddo fuori di casa sua, la sera precedente.

Arriva anche Turiddu, che saluta Santuzza come se niente fosse.

Lei lo accusa delle infedeltà, lui si arrabbia alquanto e arrivano al duetto appassionato a seguito della collera di Turiddu che le grida: “dell’ira tua non mi curo”.

Entra Lola e canta una frivola canzone di fiori e d’amore indirizzata a Turiddu e lo fa infuriare perché gli chiede del marito.

Dopo avere sbeffeggiato Santuzza, Lola si reca in chiesa; Turiddu la segue dopo che Santuzza ha  lanciato al ragazzo la “Mala Pasqua”. 

Appare Alfio che cerca la moglie e Santuzza, agitata e sdegnata – senza riflettere sulle conseguenze – gli fa conoscere le infedeltà della moglie con Turiddu.  

Alfio giura vendetta e Santuzza è atterrita dal male che ha fatto. 

Segue l’”Intermezzo sinfonico” in cui gli archi deliziano chi ascolta.   

Poco dopo terminata la messa, tutti si recano all’osteria di Lucia, dove brindano alle gioie della vita e Turiddu chiama gli amici a bere un bicchiere di vino: “Viva il vino spumeggiante. …”.

Giunge Alfio che rifiuta l’invito e sfida Turiddu ad un duello mortale, provocando pena in tutti i presenti.    

Le donne allontanano Lola e Santuzza, Turiddu prega Mamma Lucia di dargli la sua benedizione e la prega di fare “da madre a Santa”.

Il duello rusticano avviene in un orto poco distante.

Lucia si rende conto della veridicità delle parole di Santuzza. 

Le due donne sono disperate. 

Si ode un mormorio giungere da lontano e, subito dopo, una popolana urla: “Hanno ammazzato compare Turiddu!”  

Santuzza lancia un urlo e perde i sensi, mentre Mamma Lucia resta impietrita.



Brani noti: 

Preludio
Siciliana: O Lola ch’ai di latti la cammisa (Turiddu)


Atto unico 

Coro d’introduzione Gli aranci olezzano (Coro)
Scena e sortita Dite, mamma Lucia…
Il cavallo scalpita (Santuzza, Lucia, Alfio, Coro)
Scena e preghiera
Beato voi, compar Alfio…
Inneggiamo il Signor non è morto (Santuzza, Lucia, Alfio, Coro)
Romanza e scena Voi lo sapete, o mamma…
Andate, o mamma, ad implorare Iddio (Santuzza, Lucia)
Duetto Tu qui, Santuzza (Santuzza, Turiddu)
Stornello Fior di giaggiolo (Lola)
Duetto Il Signore vi manda, compar Alfio (Santuzza, Alfio)
Intermezzo sinfonico
Scena e brindisi A casa, a casa, amici… Viva il vino spumeggiante (Turiddu, Lola, Coro)
Finale A voi tutti salute… Mamma, quel vino è generoso (Santuzza, Turiddu, Lucia, Alfio, Lola, Coro) 

 

Popolarità dell’intermezzo sinfonico:     

L’intermezzo sinfonico dell’opera è un brano popolarissimo, è basato sull’impiego degli archi ed ha avuto molto successo anche eseguito singolarmente.

Nel campo cinematografico, presenzia come sfondo in una famosa scena del film” Il padrino” – Parte III. 

“Toro scatenato” di Martin Scorsese: in questo film, appare nei titoli di testa.

E’ il tema conduttore del film “Il cavaliere di Lagardère di Philippe de Broca” (con Daniel Auteuil) e accompagna l’episodio “Strane allucinazioni” (appartenente alla celebre serie americana Ally McBeal). 


Inoltre, il tema centrale è stato rielaborato per una canzone-dance dal titolo “Will be one” dei Datura, è stato ripreso da Vasco Rossi nell’ “Introdei” live del 2007 ed è presente nella canzone “Mascagni” di Andrea Bocelli.


Tra gli spot pubblicitari che lo hanno utilizzato troviamo quello della Ferrero Rocher, dell’Enel (2011) e della Tim (con Riccardo Muti, 2020). 

 

Versioni cinematografiche:   

Cavalleria rusticana(1916) – film diretto da Ugo Falena
Cavalleria rusticana (1924) – film diretto da Carmine Gargiulo
Cavalleria rusticana (1939) – film diretto da Amleto Palermi
Cavalleria rusticana (1953) – film diretto da Carmine Gallone
Cavalleria rusticana (1982) – film diretto da Franco Zeffirelli

 

Incisioni discografiche: 

Lina Bruna Rasa, Beniamino Gigli, Gino Bechi, Maria Marcucci,  Giulietta Simionato          Pietro Mascagni

Elena Nicolai, Mario Del Monaco, Aldo Protti, Laura Didier Gambardella, Anna Maria Anelli         Franco Ghione 

Maria Callas, Giuseppe Di Stefano, Rolando Panerai, Anna Maria Canali, Ebe Ticozzi        TullioSerafin

Caterina Mancini, Gianni Poggi, Aldo Protti, Adriana Lazzarini, Aurora Cattelani    Ugo Rapalo 

Giulietta Simionato, Mario Del Monaco, Cornell MacNeil, Ana Raquel Satre, Anna Di Stasio          Tullio Serafin

Victoria de los Ángeles, Franco Corelli, Mario Sereni, Adriana Lazzarini, Corinna Vozza   Gabriele Santini

Elena Obraztsova, Plácido Domingo, Renato Bruson       Georges Prêtre

Agnes Baltsa, Plácido Domingo,Juan Pons          GiuseppeSinopoli1990      Jessye Norman, Giuseppe Giacomini, Dmitrij Hvorostovskij         Semyon Bychkov     

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:     

“Cavalleria rusticana” viene spesso rappresentata insieme a un’altra opera breve, “I Pagliacci ” di Ruggero Leoncavallo, un’altra significativa opera verista.

Abbinamento proposto al “Metropolitan Opera House” di New York, il 22 dicembre 1893, dopo la rappresentazione de “I Pagliacci”; abbinamento autorizzato dallo stesso Mascagni,  direttore delle due opere al Teatro “Alla Scala” di Milano, nel 1926, durante la stessa sera. 

“Cavalleria rusticana” è la prima e più celebre opera composta da Mascagni (altre due opere “Iris” e “L’amico Fritz” perdurano nel repertorio dell’ambito lirico) e il suo successo continua fin dalla sua prima rappresentazione.

Nel 1888-1889, l’editore milanese Edoardo Sonzogno crea un concorso per tutti i giovani compositori italiani che non hanno ancora fatto rappresentare una loro opera. 

Mascagni, residente a Cerignola (FG), dirige la banda musicale di là e, venuto a conoscenza di questo concorso solo due mesi prima della chiusura delle iscrizioni, si accorda con l’amico Giovanni Targioni-Tozzetti per scrivere un libretto che, assieme al suo collega Guido Menasci, manda a Mascagni i testi per cartolina postale; Mascagni li musica rapidamente tanto da fare trovare spesso la musica già pronta.  

L’opera viene completata proprio l’ultimo giorno valido per l’iscrizione al concorso e, consegue un successo grande.

E’ da citare che l’opera richiesta dal concorso doveva constare di un atto ma, essendo Cavalleria creata in due atti, Mascagni li riunisce attraverso il celeberrimo INTERMEZZO. 

Cavalleria rusticana: un’opera focloristica?

Si, senza dubbio, possiede un certo folclore, dove il popolino ha le sue tradizioni, i propri usi e costumi, i suoi pregiudizi, l’abbandono agli impulsi individuali, un proprio egoismo, l’amore esclusivo, la gelosia, la falsità.  

Ma, anche, un’opera sanguigna: qui, in un paesino siciliano, con i vecchi valori di gente semplice e passionale, fra cui il sostare all’osteria di Mamma Lucia, dopo la funzione religiosa, la gente s”incontra per “fare un po’ di festa” e dove si concretizza un DRAMMA DELLA GELOSIA a causa del DELITTO D’ONORE (in Italia, abrogato nel 1981).

 

Qui, dove nella mattinata di Pasqua, tutti e cinque i personaggi principali si ritrovano PERDENTI: Turiddu perde la vita, Lucia perde il figlio, Santuzza perde  l’uomo che ama, Lola perde il suo amante e Alfio perde la fiducia nella moglie. 

 

Santuzza: 

Nell’epoca di svolgimento dei fatti, pur essendo giovane, Santuzza – sin da subito – si dimostra matura, per la sua età.

Onestamente, confida a Mamma Lucia che Turiddu frequenta Lola, la sua vecchia fidanzata, di cui Santuzza è gelosa, chiaramente. 

Inoltre, è importante evidenziare che, nel duetto, Santuzza dice a Turiddu: “Battimi, insultarmi, ti perdono”. – Poi, lo prega: “Turiddu ascolta”.

A fine ‘800, si usava ancora picchiare la donna e, Santuzza, oggi, in Psicologia, “potrebbe” essere inserita fra coloro che si aggrappano all’uomo, in quanto “potrebbero” essere dipendenti perché “schiave della paura di essere abbandonate”, abbastanza subordinate all’uomo e, comunque, a seguito di esasperazione, si comporta da persona “dipendente affettiva”. 

Però, non è proprio tutto così perché Santuzza, personaggio dolce, ferito e tradito nell’amore, disperato, è determinata e non tace, non piange silenziosamente, non vuole vendetta, ma lei denuncia per un senso di giustizia.

Quindi, è talmente esasperata che non può fare a meno di lanciare a Turiddu l’irata “A te la Mala Pasqua!” e racconta al sopraggiunto Alfio la tresca fra Turiddu e sua moglie Lola. 

Ad Alfio racconta anche che “Turiddu mi tolse l’onore e vostra moglie lui rapiva a me!”, ma si pente subito. 

Santuzza è l’artefice “quasi” involontaria della tragedia. E’ importante fare presente che al giorno d’oggi, una cosa del genere è ormai sorpassata, mentre si ricordano i cambiamenti avvenuti nella Storia, specialmente nell’Antico Egitto, dove – all’occorrenza – la donna sapeva  persino usare un anticoncezionale creato con materiale naturale.

Infatti, Santuzza si sente peccatrice e non sale le scale della chiesa dalla quale si sente psicologicamente respinta. 

Purtroppo, non sa che Dio non condanna gli sbagli dell’uomo e che accetta tutti gli esseri, anche chi sta per nascere a prescindere dalla documentazione civile.

Per cui, esprimendo meglio il concetto di dipendenza affettiva:

. L’amore simboleggia la necessità e la facoltà di creare una nuova concretezza insieme ad un’altra persona, dal momento che l’amore viene formato da due esseri, per cui la sua completezza sta nel donarsi senza annientarsi e dissolversi nell’altra.

Però può diventare una “prigione” senza potere fuggire, a causa del dolore: questa è la dipendenza affettiva, ossia una forma morbosa di amore contraddistinta da mancanza irreversibile di corrispondenza nella vita affettiva, in cui l’unico “donatario d’amore” vede nell’altra persona l’unico scopo della propria vita e il riempire dai propri vuoti affettivi.


. La differenza tra amore e dipendenza affettiva sta nel grado di autonomia della persona e nell’essere in grado di trovare un senso in se stessa. 

Di conseguenza, la persona dipendente affettiva non è autonoma, intimamente, per cui la paura dell’abbandono e della separazione provoca una tensione continua. 

Infatti, la presenza dell’altro individuo assume l’importanza di una questione di vita o di morte: senza l’altro, “non si può” esistere perché bisogni e desideri personali vengono “contestati” e “annullati”, praticamente, in una relazione.


. In effetti, ciò che affascina è la lotta: se non interessiamo alla persona dalla quale vogliamo essere amati, la dipendenza cresce in rapporto al respingere, finendo per farci provare un senso di ira-rancore e di colpa. 

Inoltre, si può creare una paura angosciosa verso chi si ama, manifestandola con gelosia e possesso, che ingigantisce ad ogni segno negativo che si osserva e intuisce.

 

. La dipendenza affettiva ha le sue radici nel legame con i genitori, durante il periodo dell’infanzia. 

Infatti, alle persone dipendenti, da piccole, è stato trasmesso il messaggio che non erano meritevoli di amore o che le loro necessità non erano rilevanti.  

Queste persone di solito provengono da famiglie dove i bisogni emotivi sono stati trascurati a causa dell’interesse dei beni materiali. 

Quindi, lo scatenare della dipendenza affettiva è l’esito di un danno del circuito neuronale della dopamina, il neurotrasmettitore coinvolto nei processi psicologici di gratificazione e motivazione oltre all’ ambiente familiare in cui si tende ad intromettersi nei pensieri e nei comportamenti degli altri componenti.

 

. Anche i traumi vissuti nel passato, spesso possono causare scarsa autostima, ansia, disturbo post traumatico da stress, depressione.  

 

Traendo le CONCLUSIONI: non si sa quali traumi Santuzza possa avere subìto, nella sua giovane vita (fra cui la causa della paura di essere abbandonata), in un’epoca dove il grandissimo senso dell’onore è radicato, però risulta chiaro che, giustamente, NON vuole che la sua dignità e il suo onore vengano calpestati.

Alla fine, Santuzza prova rimorso, ma si sente vendicata.

In effetti, si tratta di gelosia-vendetta verso l’uomo amato e verso la rivale: può sembrare strano, ma si potrebbe trattare anche di un atto d’amore estremo verso Turiddu che, amando sempre Lola, è ricaduto nella rete da cui non sapeva liberarsi. 

E’ chiaro che le usanze dell’epoca e della terra siciliana influiscono molto, ma una grande dose di paura di perdere il suo uomo, per Santuzza esiste: E’ CHIARISSIMO.

Ciò porta all’uccisione del ragazzo. 

 

Turiddu: 

E’ giovane, fa girare la testa alle ragazze, indifferente e cinico, l’entusiasmo dell’amore per Lola lo esalta, tanto da non pensare alle conseguenze negative. 

Ma sa essere anche coscienzioso nei confronti di Santuzza: infatti, rivolgendosi a Mamma Lucia, la prega di farle da madre e, qui, come per incanto, pare maturare emotivamente. 

Ma SUCCEDE la tragedia e Turiddu viene ucciso. 

 

Lucia: 

Una donna all’antica, una donna di “una volta”, che conosce tutti e tutti la conoscono.

La madre che non sa spiegarsi il comportamento del figlio verso Lola. 

 

Alfio: 

Convintissimo di avere una moglie fedele, la rivelazione di Santuzza è una doccia fredda, per lui, per cui, ritrovandosi nei panni del marito ferito, non ci pensa due volte a pretendere il duello che “laverà l’onta”.

 

Lola: 

Durante il brindisi, Lola è preoccupata perché il marito non è presente: ha ragione perché Alfio arriva e NON accetta il bicchiere di vino che Turiddu gli offre (gli sembra una presa in giro).

Una riflessione: “La leggera e noncurante Lola è fedifraga?”.

Sì. Per un verso, sì. 

Da donna un po’ vuota, “si è stancata” di aspettare Turiddu mentre svolgeva il servizio militare e ha sposato Alfio, più anziano di lei, ma – dopo il ritorno del ragazzo – torna a frequentare il suo vecchio amore.


Però, a parte l’attrazione ancora presente in Lola verso Turiddu, Alfio è sempre in giro per lavoro e, quando va a letto,  chiaramente, è stanco, per cui la moglie GIOVANE si sente TRASCURATA, senza dubbio. 

Quindi, Lola non è poi tanto da condannare. 

Ma, nella Sicilia della fine del XIX secolo, vige LA LEGGE DELL’ONORE in modo fortissimo …  

 

UN’OPERA-CAPOLAVORO.

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

FRANCO GHIONE dirige il PRELUDIO ALL’ATTO I: 


.

Coro “GLI ARANCI OLEZZANO”:

https://youtu.be/FMotTj7d0Hc


.

FIORENZA COSSOTTO canta “VOI LO SAPETE, O MAMMA”:



.

EKATERINA SEMENCHUK e ROBERTO ALAGNA cantano “TU QUI, SANTUZZA?” (Duetto):


.

Dal film di Franco Zeffirelli del 1982, “REGINA COELI LAETARE” :


.

HERBERT von KARAJAN dirige l’INTERMEZZO:


.

MARIA CALLAS canta “FIOR DI GIAGGIOLO”:


.

MARIO DEL MONACO CANTA il “BRINDISI”:


.

MARIO DEL MONACO canta l’ “ADDIO ALLA MADRE” e FINALE:

 



CARMEN di GEORGES BIZET

  • Luglio 29, 2023 at 4:35 pm

Opéra-comique in 4 atti su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy tratto dall’omonima novella di Prosper Mérimée, “Carmen” (1845), musica di Georges Bizet   

Prima rappresentazione: Teatro “Opéra-Comique”, Parigi, 3 marzo 1875, giorno in cui Bizet viene premiato con la Légion d’honneur”.

Esito della “prima”: insuccesso.

 

Personaggi:   

Carmen, zingara (mezzosoprano)
Don José, sergente (tenore)
Escamillo, torero (baritono)
Moralès, sergente (baritono)
Zuniga, tenente (basso)
Micaëla, contadina (soprano)
Mercédès, zingara (soprano)
Frasquita, zingara (soprano)
Dancairo, contrabbandiere (tenore)
Remendado, contrabbandiere (tenore)
Lillas Pastia, oste (ruolo parlato)
Una venditrice di arance (soprano)
Uno zingaro (basso)
Una guida (ruolo parlato)
Un soldato (ruolo parlato)
Un vecchio signore, la sua giovane moglie, un giovane, l’Alcalde (ruoli muti)
Soldati, giovani, popolani, sigaraie, zingare, zingari, venditori ambulanti, Coro dei
Monelli (voci bianche) 

 

Interpreti della prima rappresentazione:   

Carmen, bellissima zingara (mezzo soprano) Célestine Galli-Marié
Don José, sergente (tenore) Paul Lhérie
Escamillo, Toreador (baritono) Jacques Bouhy
Micaëla, contadina (soprano) Marguérite Chapuy
Zuniga, tenente (basso) Eugène Dufriche
Moralès, sergente (baritono) Edmond Duvernoy
Frasquita, zingara (soprano) Alice Ducasse
Mercédès, zingara (soprano) Esther Chevalier
Lillas Pastia, oste (ruolo parlato) M. Nathan
Il Dancairo, contrabbandiere (baritono) Pierre-Armand Potel
Il Remendado, contrabbandiere (tenore) Barnolt
Una guida (ruolo parlato) M. Teste
Coro: Soldati, giovani, popolani, sigaraie, zingare, zingari, venditori ambulanti
Direttore: Adolphe Deloffre

 

Trama:    

Periodo storico: Siviglia (Spagna), intorno al 1820

 

Atto I    

L’opera inizia con il preludio che riprende il tema del toreador Escamillo.

Presso la manifattura dei tabacchi, nella piazza piuttosto animata, il sergente inizia a chiacchierare con la timida Micaela; la ragazza sta cercando Don José e, saputo che arriverà fra poco, si allontana.

Viene effettuato il Cambio della Guardia e alcuni bambini imitano le mosse dei soldati i quali aspettano l’arrivo delle operaie, in particolare di Carmen.

Fra i soldati, l’ormai sopraggiunto Don José è il solo che mostra disinteresse per le sigaraie: ha promesso alla madre di sposare Micaela.    

Viene annunciata la venuta delle operaie, la musica dell’opera diventa irrequieta perché evidenzia l’uscita della zingara Carmen, bellissima e sfrontata sigaraia, centro dell’attenzione da parte di tutti che canta una provocante Habanera (“L’amour est un oiseau rebelle”, ossia “L’amore è un uccello ribelle”), canzone inneggiante all’amore volubile e capriccioso e tutti le stanno intorno.

Per provocargli attenzione verso sé stessa, Carmen lancia un fiore a Don Josè ed entra di corsa nella manifattura, ridendo.

Don Josè è il tipico bravo ragazzo vissuto fuori città, ingenuo.

Raccoglie il fiore, rimane turbato e, inconsciamente, nasconde il fiore sotto la giubba mentre arriva Micaela che porta a José soldi e notizie da parte di sua madre (duetto incantevole: “Parle-moi de ma mère, Parlami di mia madre”).

All’improvviso, dalla fabbrica, provengono delle urla: durante una zuffa con una compagna di lavoro, Carmen l’ha ferita al volto.

Il tenente delle guardie, Zuniga, l’arresta e ordina a José di imprigionarla.    

In cella, legata, Carmen induce Don José a lasciarla libera, perché, dice, il fiore è stregato e che lui, ora, è innamorato di lei (“Près des remparts de Séville”, “Presso il bastion di Siviglia”), resiste , ma è turbato profondamente da Carmen per cui cede. 

L’aiuta a scappare ma viene punito, arrestato e degradato dal capitano.    

Atto II

Un mese è passato.

Nella taverna di Lillas Pastia.

Carmen è in attesa del ritorno di Don José (imprigionato per averla lasciata fuggire) e di cui si è innamorata, a suo modo.

Nonostante questo, si diverte ugualmente cantando e ballando con gli altri: infatti, qui, danza con le altre zingare Mercedes e Frasquita (Carmen, chanson bohème: “Les tringles des sistres tintaient”, ossia “All’udir del sistro il suon”). 

Entra Zuniga e, fra l’entusiasmo generale, arriva il famoso torero Escamillo che racconta le sue gesta nella corrida, venendo ascoltato e ammirato da tutti: “Votre toast, je peux vous le rendre” (“Il vostro brindisi, posso rendervelo”) e “Toreador en garde” (”Toreador attento”).

Affascinato da Carmen, Escamillo si illude di poterla corteggiare, ma lei respinge entrambi.    

Escamillo si era illuso, ma decide di riprovare.

Don José, arrivato da Carmen, uscito di prigione, sente suonare la tromba per cui deve tornare in caserma.

Carmen è fortemente irritata e lo deride facendolo ingelosire. 

A questo punto, Josè si ribella a Zuniga: la rissa è repressa dai contrabbandieri intervenuti su richiesta di aiuto da parte di Carmen. 

Don Josè si arrende a Carmen e le confessa di amarla (“La fleur que tu m’avais jetée”, ossia “Il fior che avevi a me tu dato”), ma la donna si impone su Josè, ricattandolo: se l’ama, deve abbandonare tutto, per vivere con lei nel rifugio dei gitani sulla montagna.

Sono vani gli sforzi di Josè per farla riflettere, ma – ormai – non c’è altro da fare che cedere e disertare: (“Là-bas dans la montagne, ossia “Vieni lassù sulla montagna”).

 

Atto III    

Sulla montagna, nel rifugio dei gitani-banditi-contrabbandieri-malfattori:

Questo genere di vita non si addice a Don Josè e si sente profondamente colpevole per aver disertato e causato una grande sofferenza a sua madre.
Inoltre, il suo legame con Carmen non è più quello di un tempo perché si è guastato, pur amandola in modo folle ma, purtroppo, lei si è disamorata, portando la loro relazione al termine. 

Carmen, attraverso le carte (“Parlez encore, parlez, mes belles” -“En vain pour éviter les réponses amères”) riceve il responso terribile: la morte sia per lei e, a seguire subito, di Don Josè. 

E’ turbata, nonostante sappia che sta esasperando il geloso Josè, ma non ha paura ed entra in competizione con il destino.

Nascondendosi, Micaela è tra le rocce montane (“Je dis que rien ne m’épouvante”); trovato Don José, gli racconta che la madre è in fin di vita. 

Giunge anche Escamillo che viene sfidato a duello dal geloso Don Josè perché Carmen ormai è affascinata dal torero: entrambi sono staccati da alcuni gitani ma prima di seguire Micaela, Josè minaccia Carmen della quale è geloso morboso: “Ah! Je te tiens, fille damnée” – “Mia tu sei alma dannata”).    


Atto IV    

La Plaza de toros, in Siviglia.

Il popolo è in festa e acclama il corteo dei toreri; l’atteso Escamillo entra trionfante nell’arena per affrontare la corrida.

Carmen aspetta sorridendo Escamillo, di cui ora è pazza d’amore.

Mercedes e Frasquita l’avvertono di evitare il pericolo derivante da Don Josè, nascosto tra la folla. 

Carmen ignora i loro consigli e lo incontra sola, nella piazza spopolata, dal momento che tutti stanno assistendo alla corrida. 

Carmen non ha paura e lo fronteggia. 

José la supplica, umiliandosi, di tornare con lui: vuole riavere “la sua” donna.
Carmen lo respinge duramente e, annoiata dalla debolezza del carattere di Don Josè, gli getta in faccia con disprezzo l’anello che lui le aveva donato mesi prima: ‘C’est toi?? C’est moi!!’ (“Sei tu?? Son io!”).

Escamillo è vittorioso sul toro ma, a questo punto, Josè è accecato dalla disperazione e l’uccide, gridandole il suo amore disperato e si fa arrestare: “Vous pouverz m’arreter” (“Potete arrestarmi”).

 

Brani noti: 

Atto I:

Preludio

Avec la garde montante (Coro dei monelli)   

L’amour est un oiseau rebelle, Habanera di Carmen

Parle-moi de ma mère!, duetto Don José-Micaëla

Près des remparts de Séville, Seguidille Carmen-Don José   

Atto II:

Intermezzo (basato sulla canzone Haltelà, Qui va là? Dragon d’Alcala! 

Votre toast, je peux vous le rendre… Toreador, en garde 

Les tringles des sistres tintaient, Chanson bohème di Carmen, Frasquita, Mercedes 

Votre toast, je peux vous le rendre… Toreador, en garde, Couplets di Escamillo

Nous avons en tête une affaire, quintetto di Mercédès, Frasquita, Carmen, il Remendado e il Dancairo

Je vais danser en votre honneur, duetto di Don José e Carmen con “La fleur que tu m’avais jetée”, aria di Don José

Bel officier, bel officier, finale concertato    

Atto III:

Intermezzo (Andantino quasi allegretto)

Mêlons!, Coupons! Terzetto “delle carte” di Frasquita, Mercedes, Carmen con l’arioso di Carmen

En vain pour éviter les réponses amères

Je dis que rien ne m’épouvante aria di Micaëla    

Atto IV:

Intermezzo (Allegro vivo)

A deux cuartos, coro

Les voici, voici le quadrille, coro

Si tu m’aimes, Carmen, Escamillo, Carmen, Frasquita, Mercédès

C’est toi? C’est moi, Carmen, Don José, coro 

 

Incisioni note:    

Gabriella Besanzoni, Piero Pauli, Ernesto Besanzoni, Maria Carbone

Leontyne Price, Franco Corelli, Robert Merrill, Mirella Freni  

Regina Resnik, Mario Del Monaco, Tom Krause, Joan Sutherland              

Maria Callas, Nicolai Gedda, Robert Massard, Andrea Guiot        

Grace Bumbry, Jon Vickers, Kostas Paskalis, Mirella Freni             

Anna Moffo, Franco Corelli, Piero Cappuccilli, Helen Donath       

Teresa Berganza, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Ileana Cotrubaș        

Agnes Baltsa, José Carreras, José van Dam, Katia  

Angela Gheorghiu, Roberto Alagna, Thomas Hampson, Inva Mula             

Elīna Garanča, Roberto Alagna, Teddy Tahu Rhodes, Barbara

 

Nota Bene:

Riguardo alle diverse edizioni, si sono avute le seguenti informazioni: “Della Carmen esistono diverse edizioni, che variano soprattutto in occasione dei recitativi e del duello fra José ed Escamillo”.

La creazione dell’opera è stata elaborata parecchio: Bizet, dopo l’insuccesso della prima edizione come Opéra-Comique, molti recitativi vengono tagliati e diverse parti vengono modificate.

 

Lista di film costruiti sull’opera o sul racconto:    

1907 Carmen di Arthur Gilbert

1909 Carmen di Gerolamo Lo Savio

1911 Carmen di Jean Durand con Gaston Modot.

1912 Carmen di Theo Frenkel

1913 Carmen di Lucius Henderson

1913 Carmen di Stanner E.V. Taylor

1913 Carmen di Giovanni Doria e Augusto Turchi

1915 Carmen di Cecil B. De Mille

1915 Carmen di Raoul Walsh, con Theda Bara.

1915 La parodia di Carmen (Burlesque on Carmen) di Charlie Chaplin

1918 Sangue gitano (Gypsy Blood) di Ernst Lubitsch, con Pola Negri e Harry Liedtke.

1921 Carmen di Ernesto Vollrath

1922 Carmen di George Wynn

1926 Carmen di Jacques Feyder con Raquel Meller

1927 Carmen di H.B. Parkinson

1927 Gli amori di Carmen (The Loves of Carmen) di Raoul Walsh, con Dolores del Río

1929 Carmen di Shunichi Takeuchi

1931 Carmen di Cecil Lewis

1933 Carmen di Lotte Reiniger animazione di 9 minuti

1938 La cortigiana di Siviglia / (Andalusische Nächte – Carmen, la de Triana) di Florián Rey con Imperio Argentina

1941 Carmen di produzione Filippina

1943 Carmen di Luis César Amadori (di produzione argentina)

1945 Carmen di Christian-Jaque con Jean Marais e Viviane Romance

1948 Gli amori di Carmen (The Loves of Carmen) di Charles Vidor con Rita Hayworth e Glenn Ford.

1954 Carmen Jones di Otto Preminger; basato sull’adattamento del 1943 di Oscar Hammerstein II, Carmen Jones. Con Dorothy Dandridge, Harry Belafonte, Pearl Bailey, e Diahann Carroll.

1959 Carmen la de Ronda di Tulio Demicheli con Sara Montiel and Maurice Ronet.

1960 The Wild, Wild Rose di Wong Tin-Lam

1967 Carmen di Herbert von Karajan (regista e direttore) con Grace Bumbry, Jon Vickers, Justino Diaz  e Mirella Freni, Deutsche Grammophon

1967 L’uomo, l’orgoglio, la vendetta

1978 Carmen (Vienna State Opera) – Elena Obrazcova/Plácido Domingo/Carlos Kleiber, regia Franco Zeffirelli, Arthaus Musik/Naxos

1983 Carmen Story di Carlos Saura; film di danza

1983 La tragédie de Carmen di Peter Brook, cortometraggio su adattamento dello stesso Brook

1983 Prénom Carmen di Jean-Luc Godard

1984 Carmen di Francesco Rosi con Julia Migenes e Plácido Domingo

1989 Carmen – Levine/Baltsa/Carreras/Ramey, Metropolitan Opera, Deutsche Grammophon

1990 Carmen on Ice di Horant H. Hohlfeld

1991 Carmen (Royal Opera House) – Maria Ewing/Gino Quilico/Zubin Mehta, Arthaus Musik/Naxos

2001 Carmen: A Hip Hopera di e con Robert Townsend

2001 Karmen Gei di Joseph Gaï Ramaka; girato a Dakar, Senegal e cantato in francese e wolof.

2002 Carmen (Glyndebourne) – Anne Sofie von Otter/London Philharmonic Orchestra, Opus Arte/Naxos

2003 Carmen di Vicente Aranda

2003 Carmen (Arena di Verona) – Marina Domashenko/Marco Berti, regia Franco Zeffirelli, TDK/Naxos

2005 U-Carmen eKhayelitsha di Mark Dornford-May

2007 Carmen – Pappano/Antonacci/Kaufmann/ROH, regia Francesca Zambello, Decca

2008 Carmen – Welser-Most/Kasarova/Kaufmann, Decca

2010 Carmen (Liceu) – Béatrice Uria-Monzon/Roberto Alagna, C Major/Naxos

2010 Carmen (Royal Opera House) – Christine Rice, Opus Arte/Naxos

2013 Carmen (Opera Australia) – Rinat Shaham, EPC Distribution/Naxos 

 

Danza e teatro:

1943 Carmen Jones, musical di Broadway con testi e musiche di Oscar Hammerstein II. Lo spartito di Bizet fu adattato e orchestrato da Robert Russell Bennett.

1949 Carmen, balletto creato da Roland Petit basato su musica di Bizet e trama molto simile, replicato oltre 5,000 volte. 

1967 Carmen, balletto scritto da Rodion Shchedrin e direttamente ispirato all’opera.

2000 The Car Man, versione contemporanea creata dal coreografo Matthew Bourne, ispirata alla Carmen di Rodion Shchedrin.

1981 La Tragédie de Carmen, musical drammatico di Peter Brook.

1994 “Carmen”, Performed by the Cullberg Ballet, Choreography by Mats Ek, Music by Bizet-Shchedrin.

1997 Carmen, balletto contemporaneo di 45 minuti del Ballet Pacifica su musiche di Miles Davis e coreografato da Robert Sund.

2007 Carmen, balletto di Ramón Oller.  

2008 Carmen, The Passion, balletto del The Royal Winnipeg Ballet creato da Mauricio Wainrot. 

2009 Flow: El Musical, presentato al Centro de Bellas Artes Luis A. Ferré è un adattamento di Carmen. Il cast include alcuni partecipanti della trasmissione televisiva portoricana Objetivo Fama. 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

“L’amour est un oiseau rebelle”: è la famosa “habanera” cantata da Carmen, nel I atto, con parole scritte dallo stesso Bizet che collabora alla stesura del libretto durante i tre mesi alquanto stancanti di prove di un’opera composta nello stile comique, cioè comprendente conversazioni con parti declamate e musicali.

Inizialmente, l’opera, non consegue successo per cui, Bizet, essendo deceduto tre mesi dopo la prima recita, non può rendersi conto del trionfo del suo lavoro.

L’Opéra-Comique incarica Bizet di comporre un’opera costruita sul romanzo di Mérimée, ma le cantanti Zulma Bouffar e Marie Roze rifiutano la parte, per cui l’impresario Camille du Locle contatta la famosa Célestine Galli-Marié.

La trattativa è economica e il mezzosoprano accetta per 2.500 franchi al mese per quattro  mesi. 

Adolphe de Leuven, assistente di Du Locle, è insoddisfatto a causa della trama e preme su Bizet e sui librettisti per un cambio del finale che pare troppo tragico e traumatizzante, visto che l’Opéra-Comique è adatta ad un pubblico prettamente familiare e abituato al Romanticismo.

I librettisti acconsentono a cambiare il finale ma Bizet rifiuta e consegna le sue dimissioni a Leuven per cui i librettisti addolciscono qualche particolare piuttosto forte.

Esistono le difficoltà finanziarie dell’Opéra-Comique, per cui aleggia la paura del fallimento del teatro, ma Bizet, i librettisti e la compagnia vengono convinti dell’originalità brillante dell’opera. 

E’ chiaro che Bizet non mantiene il legame tradizionale ed è evidente che la causa prima dell’opera è sensuale: uno degli esempi è dato dall’esaltazione sfrenata della “Chanson bohème” e, comunque, trovano posto il preludio all’atto III, pagina raffinatissima paragonabile ad una meditazione pastorale, idilliaca, serena e il “tema del destino” che presenzia nel preludio.

 

Rappresentazioni: 

Tra il pubblico, presenziano Charles Gounod, Charles Lecocq e Jacques Offenbach e i cantanti Hortense Schneider, Zulma Bouffar, Anna Judic, Jean-Baptiste Faure, personalità importanti in campo letterario e musicale come Jules Pasdeloup, Alphonse Daudet e Alexandre Dumas figlio.

Critici, come Joncières e il poeta Théodore de Banville, elogiano l’opera per la sua innovazione comprendente personaggi più realistici in confronto a quelli solitamente interpretati in questo teatro, ma è importante anche citare che, a causa delle recensioni negative, Carmen fatica ad imporsi. 

Dopo poco tempo trascorso dalla morte di Bizet, Wagner, Brahms, Ciaikovskij e il filosofo Nietzsche elogiano Bizet. 

Nietzsche, ne “Il caso Wagner”, lo loda così: “Costruisce, organizza, termina”. 

Nel 1900, “Carmen” si inserisce bene nel repertorio operistico, diventando una delle opere più eseguite al Mondo.

 

Parte scritta per la voce di mezzosoprano, anche soprani e contralti sono in grado di esibire capacità intense affinché si capisca il carattere complicato di Carmen e il suo muoversi in maniera persuadente e trascinante sul palco.

 

Curiosità:   

Il preludio dell’opera con il tema di Escamillo viene trasmessa per la cerimonia del podio nei Gran Premi di Formula 1.

 

Carmen: 

Oltre a concerti vocali, è la prima opera che ho presentato per cui, con “Carmen” sono un po’ “imparentata”.

Bizet riesce a sedurre musicalmente e fortemente attraverso “Carmen” che, cosa riconosciuta, E’ UNO DEI PIU’ GRANDI CAPOLAVORI DELL’OPERA LIRICA.  

Carmen, opera sensuale e umana del 1800, evidenzia lo spirito della protagonista, dove il bellissimo personaggio emotivo E’ COSCIENTE DI ESSERE NATO LIBERO e DI VOLER MORIRE LIBERO. 

Zodiacalmente, parlando, per chi ci crede, oggi, la zingara Carmen potrebbe essere classificata come nata sotto un Segno di Terra: forse, Toro o Capricorno, vista anche la sua caparbietà nell’affermare la propria personalità sotto l’aspetto reale “piedi ben piantati in terra”.

Carmen è una donna emancipata, per il suo tempo, SA che cosa vuole. 

Carmen NON è condizionata, NON è subordinata.

L’ultima parola è sua: decisiva. 

Carmen: già, nel 1820, è cosciente di sapere con certezza e di propugnare che “il corpo è mio e me lo gestisco io”.

Oggi, verrebbe definita “FEMMINISTA”: lei ha solamente anticipato i tempi.   

La cosa è ATTUALE per cui: FA VALERE I PROPRI DIRITTI CIVILI DI ESSERE UMANO, pur essendo arrogante, prepotente, insolente.  

. Carmen: davvero, una primadonna della sua epoca e sulle altre interpreti dell’opera.

. Carmen: è un personaggio selvaggio, dal carattere irrispettoso, incostante e implacabile per raggiungere il suo scopo.

. Carmen: da subito, la sua personalità risulta forte e attraente, capace di avere un certo potere sugli altri a mezzo del suo carisma di seduzione e, già, nel I atto, cerca di sedurre Zuniga e Don Jose’: Carmen stuzzica Don Jose’ lanciandogli un fiore per attirare la sua attenzione dal momento che lo ha adocchiato subito “volendo” impadronirsi di lui.

Cosa che le riesce perché Don Josè ricorderà questo “omaggio” nella nostalgica “romanza del fiore” in cui le confessa di amarla in modo appassionato e sognante. 

Il torero Escamillo esprime, in generale, la sua convinzione secondo la quale “gli amori di Carmen non durano più di sei mesi”: Carmen “sa” amare perché “s’innamora”, anzi “crede” di innamorarsi, ma si diverte a sedurre gli uomini, a farli innamorare, canta e balla il flamenco con loro, li stuzzica.  

Ma, dopo poco, si stanca a causa del suo voler “respirare”, in quanto si sente “soffocata” da qualcosa di più forte di lei come, ad esempio, la gelosia di Don Josè che lo fa diventare ossessivo.   

Carmen si comporta così perché è narcisista e seduttrice seriale, una “allumeuse”.

Si sa che esiste la “violenza delle donne sulle altre donne”, ossia “donne che odiano le altre donne”: anche la SEDUTTRICE SERIALE appartiene a questo genere femminile.

Questo tipo di seduttrice avvicina gli uomini a causa della sua necessità assoluta di sentirsi appagata del proprio charme e della propria bellezza fisica. 

Narcisisticamente, il suo scopo inconscio NON è amare, MA conquistare. 

Il contatto della seduttrice seriale verso altre donne è meno conosciuto del contatto verso gli uomini ed è dovuto al volere sentirsi migliore di altre donne ritenute “inferiori” a lei e per “non avere rivali”: ossia, DEVE vincere “la competizione”.

Carmen è una “allumeuse”: ossia, una donna con personalità isterica che ha alcune manie di protagonismo tanto da sembrare un po’ un’attrice sulla scena teatrale.

E’ capace di sedurre in tantissimi modi: lo sguardo (arma piuttosto elevata), con il corpo che assume qualche movenza significativa, particolarmente indirizzata all’altro sesso, il tocco frequente dei capelli.

Emotivamente, si avvale di molte tattiche fra cui l’abbandono e il vittimismo.

Per cui lei è la colpevole della circostanza, MA è capace di manipolare la persona sua interlocutrice fino a farla sentire in colpa di quanto succede e a rovinarle la vita. 

Carmen-allumeuse, ossia la “civetta”:

Francesco Lamendola, il 30/04/2009, così aveva espresso, in generale: “La seduttrice è una povera creatura costretta a dissimulare la propria miseria”. 

Fra le persone capaci di stregare, esistono anche i seduttori che, a seconda dei loro casi, “a monte” hanno qualcosa che li fa reagire; proprio come le seduttrici.  

 

Il fascino: 

Il fascino e la bellezza non sono uguali: ad esempio, una donna bellissima può colpire subito e, poi, passare ignorata a causa del suo comportamento. 

Al contrario, esistono seduttrici senza grandi qualità estetiche e piacevoli che riescono a conquistare l’uomo. 

Di conseguenza, sono affascinanti, avvenenti, vengono notate, “rimangono solamente  loro sul palco del teatro”, emergendo e sembrando un traguardo da conquistare.

 

L’intelligenza: 

La seduttrice seriale, in particolare, nella società attuale, è una donna pratica e sa come manovrare un uomo. 

La seduttrice è intelligente, pur non avendo molta cultura: infatti, sa prevedere “i passi” altrui. 

Per manipolare la persona da conquistare, le tattiche usate dalla seduttrice sono molte fra cui, maggiormente, la SOFFERENZA DI VITTIMISMO, allo scopo di risultare come persona buona e di provocare pena e protezione nella persona interlocutrice. 

Per non lasciarsi manipolare dalla “civetta”, è necessario studiare attentamente il suo modo di agire, modo che può essere benissimo volto solamente a conseguire piaceri e gentilezze o per sentirsi la più bella esistente al mondo. 

La prima causa che Carmen possiede è l’estrema frustrazione.

La seconda causa sicuramente, ha a che fare con la sua paura inconsapevole. 

La terza causa di Carmen: donna seduttrice – o donna civetta – seduce per esaltarsi con un potere astratto perché non rimane gratificata dopo ciascuna “conquista”. 

 

. Carmen è un demonio e, le cause della circostanza-istinto di libertà, potrebbero essere provocate dall’istinto di zingara, bisogno di “respirare”, forse tenuta oppressa o traumatizzata fin da piccola? A causa di mentalità vigente e a causa di educazione ricevuta? 

Da demoniaca qual è, Carmen-allumeuse, invoglia il maschio per cui si elettrizza a sua volta attraverso tale abilità e tale reazione emotiva. 

Purtroppo, i “demoni inconsci” la rendono impotente a concretizzare l’armonia con l’altro essere e con sé stessa di cui è vittima: le sue paure e le sue frustrazioni (è insicura).

 

. A proposito delle cause dell’innamorarsi continuo di Carmen: potrebbe corrispondere alla Sindrome di Messalina (è il corrispondente maschile del Complesso di Don Giovanni, ossia l’ “allumer”).  

Sotto l’aspetto psicologico, si suppone che la causa principale della sindrome sia dovuta al “padre assente” e alla madre piuttosto energica e dispotica e, comunque, da un conflitto competitivo tra madre e figlia evidente.

Secondo Bergmann: “Nelle Messaline, coesisterebbero sia la ricerca dell’oggetto edipico perduto, sia il desiderio di ristrutturazione con un nuovo oggetto col quale fondersi, onde ripetere la relazione simbolica originaria”.       

. Carmen è complessa, psicologicamente: Mérimée l’ha ben descritta ma, attraverso le informazioni ben definite create da Bizet, esse denotano la sua personalità satanica derivata dalla frustrazione estrema.

. Carmen che, ad esempio, nella scena del III atto, attraverso le carte, si rende conto del suo destino tragico (“La Morte”) per mano di chi “NON sa capire” la sua INDIPENDENZA MORALE: è una super femminista che SA affermare la propria personalità che attua alquanto la decisione razionale libera e fedele verso di sé.

. Carmen che MUORE PER LA SUA LIBERTÀ PERSONALE “INFISCHIANDOSENE” DELLE CONVENZIONI. 

. NON è Ipazia d’Alessandria MA, come Ipazia muore per le sue idee: Carmen MUORE TENENDO ALTA LA LIBERTÀ VERSO SE’ STESSA. 

Infatti: «Giammai Carmen cederà! Libera è nata e libera morirà!»  (Atto IV).  

 

Don Jose’: 

E’ il tipico “ragazzo di campagna” puro, con sentimenti genuini, che, per avere un lavoro, si è fatto assumere nel Corpo dei Dragoni come soldato semplice e in cui, fin da subito, è passato brigadiere.

E’ molto legato alla madre e spera di poter tornare al paese per vivere con lei e con Micaela, la sua fidanzata che vuole sposare.   

Incontrare Carmen muta la sua vita.    

Personalità fragile, è dipendente dalla “sfidante” Carmen fino all’ultimo.

Infatti, Don José appare come il tipico ‘maschio mediterraneo’ capace solo di credere nell’immagine della donna materna, angelo del focolare.

L’immagine del “diavolo tentatore”, provocherà la sua “frantumazione” nel finale dell’opera, dove – psicologicamente – si sente abbandonato e implora Carmen per paura abbandonica o paura di un disperato che non vuole perdere un sentimento che lo tiene in vita, pur avendo perduto la pace.

Questo, soprattutto, dopo che viene esasperato dal lancio dell’anello da parte di Carmen, in segno di ormai forte rifiuto verso di lui, genera la sua “esplosione”. 

E’ importante evidenziare che, nella fatidica scena delle carte, Carmen è cosciente del proprio destino, oltre alla rovina morale dell’uomo-uccisore a causa di volere distruggere sé stesso.  

José, si rende conto di essere insufficiente senza Carmen, per cui, per fragilità morale e senza speranza, abbatte l’uno e l’altra. 

Psicologicamente, la potenza demoniaca di Carmen fa scattare il meccanismo che trasforma il mite Don Josè in assassino.

 

Micaela:    

Nel primo atto, la purezza di Micaela, contro l’esuberanza e la vitalità di Carmen, viene distinta, specialmente durante il duetto con Don Jose’: infatti, Micaela è la contrapposizione ‘buona’ di Carmen; Micaela è melodia gentile e affettuosa; Micaela è persona consueta.

Micaela ha 17 anni e, orfana, era stata raccolta dalla madre di Don Josè. 

Praticamente, è “la seconda donna” dell’opera, “il contrario” di Carmen.

Micaela è una bella personcina, riservata, ma sa essere coraggiosa nella ricerca che interessa Don Josè e sua madre (“Je dis que rien m’épouvente”).

Aspetta la reazione di José e, capendo che il ragazzo sta correndo verso il baratro, cerca di salvarlo in qualsiasi modo. 

Quindi, persona piuttosto giovane, con traumi infantili dovuti al suo stato di orfana, Micaela dimostra maggiore senso di maturità e di responsabilità di Carmen.

 

Escamillo:     

Psicologicamente, Escamillo è “intrigante” e si potrebbe definire “un gallo in un pollaio”.

Nel II atto, lo si vede corteggiato da parecchie donne, mentre Carmen finge di infischiarsene, pur subendo il fascino del toreador.

Grande torero, famoso e coraggioso, è adorato dalla popolazione, specialmente nel  IV atto. 

Ama la bella vita, le belle donne, in particolare se sanno tenergli testa e lo fanno aspettare prima di cadere nelle sue braccia: potenza della “sfida di conquista” … 

E’ “IL DIO DELLA CORRIDA” ma, interiormente, è superficiale e oggetto della gelosia di Don Josè.

Sicuramente “macho”, è abbastanza vuoto e, alla fine dell’opera, nel suo breve duetto con Carmen (“Si tu m’aimes, Carmen”), è seducente.  

 

CARMEN, LA PRIMA OPERA REALISTA: BIZET HA CONSEGNATO QUESTO CAPOLAVORO ALL’IMMORTALITA’. 

 

Battuto al computer da Lauretta 

 





LORIN MAAZEL dirige il PRELUDIO dall’opera “CARMEN” :





Il mezzosoprano FIORENZA COSSOTTO canta l’ “HABANERA”:

 

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Il tenore FRANCO CORELLI canta “LA ROMANZA DEL FIORE”: 

 

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Il mezzosoprano GIULIETTA SIMIONATO canta “PRESSO IL BASTION DI SIVIGLIA”: 



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Il baritono DMITRI HVOROSTOVSKIJ canta “TOREADOR, EN GARDE”:



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HERBERT VON KARAJAN dirige il PRELUDIO ALL’ATTO III:

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Il soprano ANGELA GHEORGHIOU canta “JE DIS CHE RIEN NE M’ÉPOUVANTE”:



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PRELUDIO ALL’ATTO IV: 



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MARIA CALLAS e NICOLAI GEDDA cantano il duetto “C’EST TOI, C’EST MOI con FINALE:




 

IL BARBIERE DI SIVIGLIA di GIOACCHINO ROSSINI

  • Luglio 28, 2023 at 3:36 pm

Opera buffa in due atti su libretto di Cesare Sterbini il cui titolo originale è “Almaviva, ossia L’inutile precauzione” tratto da “Le Barbier de Séville ou la Précaution inutile” di Pierre Augustin Caron de Beaumarchais . 

Prima rappresentazione: Roma, Teatro “Argentina”, 20 febbraio 1816 

 

Personaggi:

Il Conte d’Almaviva, innamorato della giovane Rosina, (tenore leggero)

Don Bartolo, dottore in medicina, tutore di Rosina e suo pretendente (basso buffo)                               

Rosina, sua pupilla (mezzosoprano di cloratura, o contralto leggero, o soprano di coloratura)     

Figaro, barbiere tuttofare (baritono leggero) 

Don Basilio, maestro di musica di Rosina (basso buffo) 

Berta, vecchia governante in casa di Bartolo (soprano) 

Fiorello, servitore del Conte d’Almaviva (basso) 

Ambrogio, servitore di Bartolo; un ufficiale, un alcalde, o Magistrato; un notaro; Alguazils, o Agenti di polizia; soldati; suonatori di istromenti (basso) 

 

I primi interpreti:

(direzione: Gioachino Rossini)

Il Conte d’Almaviva (tenore) Manuel García

Bartolo (basso) Bartolomeo Botticelli 

Rosina (contralto) Geltrude Righetti Giorgi 

Figaro (baritono) Luigi Zamboni 

Basilio (basso) Zenobio Vitarelli 

Berta (soprano) Elisabetta Loyselet 

Fiorello (basso) Paolo Biagelli

 

Trama:

Atto I

Periodo storico: XVIII secolo. 

L’esterno della casa di Don Bartolo. 

Il Conte d’Almaviva, Grande di Spagna, è innamorato di Rosina, ricca pupilla che vive presso il suo anziano tutore, Don Bartolo, il quale ha l’intenzione di sposarla.

Figaro è il barbiere-tuttofare (si definisce “il factotum della città”), per cui il Conte d’Almaviva chiede il suo aiuto per arrivare a Rosina dopo che, attraverso la serenata “Ecco ridente in cielo” le dichiarato il suo amore, mostrandosi come  Lindoro, servo del Conte.

Il Conte riceve la risposta di Figaro che gli consiglia di presentarsi sotto altra personalità: quindi, dovrà  fingersi un giovane ufficiale, ubriaco, si presenterà da Don Bartolo con il documento-prova del diritto di risiedere “ad interim” nella casa allo scopo di poter comunicare con la ragazza.

Il maestro di musica della ragazza, Don Basilio, è al corrente che il Conte d’Almaviva si trova a Siviglia e gli sembra opportuno consigliare a Don Bartolo di svalutarne l’immagine per mezzo di una calunnia (“La calunnia è un venticello”).

Don Bartolo è frettoloso e, con Don Basilio, si accinge a scrivere l’atto matrimoniale  fra lui e Rosina. 

Figaro sente il discorso per cui consiglia fortemente Rosina di scrivere un biglietto a Lindoro, biglietto che la ragazza ha già scritto e dà al barbiere perché lo recapiti a Lindoro.
Don Bartolo si rivolge alla ragazza (“a un dottor della mia sorte…”) perché si è reso conto che ha scritto un biglietto.

Il Conte d’Almaviva, come deciso con Figaro,  travestito da soldato ubriaco, invade impetuosamente la casa di Don Bartolo, provocando grande trambusto per cui è necessario chiamare la gendarmeria.

Il Conte manifesta di nascosto all’ufficiale la sua persona, per cui i gendarmi fermano la propria azione, mentre Don Bartolo rimane letteralmente annichilito  (“guarda Don Bartolo sembra una statua…”). 

 

Atto II 


Nella casa di Don Bartolo. 

A Don Bartolo, nascono sospetti circa l’ufficiale ubriaco che, praticamente, “si è imposto” sulla Gendarmeria intervenuta.

Don Alonso, ossia, il Conte travestito da maestro di musica mandato da Don Basilio malato, giunge in casa di Don Bartolo per la lezione di canto a Rosina e, per conferma, gli esibisce il biglietto fatto recapitare dalla ragazza.

Arriva Figaro deve fare la barba a Don Bartolo e arriva Don Basilio, la cui presenza crea subbuglio, ma viene fatto allontanare dal Conte che gli allunga qualche denaro.

Cosa che aumenta i sospetti di Don Bartolo che raccoglie parte del discorso fra Rosina e Don Alonso e che scaccia Don Alonso e il barbiere.

A questo punto, Don Bartolo ritiene opportuno attuare il suggerimento di Don Basilio (“la calunnia”) dando ad intendere a  Rosina che Lindoro possa essere un collaboratore del Conte che si beffa di lei.

Rosina crede e rimane amareggiata e, quindi, accetta di sposare Don Bartolo che convoca il notaio.  

Per mezzo di una scala, Figaro e il Conte raggiungono Rosina entrando in casa attraverso la finestra, mentre – nel contempo – arriva Don Basilio.

Qui, il Conte dichiara il suo rango e convince la ragazza circa le sue sincere intenzioni.

La scala viene rimossa da Don Bartolo e, di conseguenza, Rosina, Figaro e il Conte sono bloccati in casa dove, in quel momento, arriva il notaio, per stilare il contratto delle nozze.

Don Bartolo si è assentato e il Conte approfitta dell’occasione per chiedere a Figaro e a Don Basilio (dietro forte riconoscimento in denaro) di fare da testimoni e scrivere nel contratto di nozze il suo nome anziché quello di Don Bartolo, la cui dote per Rosina viene rifiutata dal Conte stesso che corona il suo sogno d’amore con la sua innamorata.

 

Brani noti:

 

Atto I 

Introduzione

Coro Piano, pianissimo (Fiorello, Conte, Coro)   

Cavatina Ecco, ridente in cielo (Conte)   

Seguito dell’introduzione (Recitativo) Ehi, Fiorello?…(Conte, Fiorello, Coro)  

Cavatina Largo al factotum (Figaro)  

Canzone Se il mio nome saper voi bramate (Conte)  

Duetto All’idea di quel metallo (Figaro, Conte)  

Cavatina Una voce poco fa (Rosina) 

Aria La calunnia è un venticello (Basilio)  

Duetto Dunque io son… tu non m’inganni? (Rosina, Figaro)  

Aria A un dottor della mia sorte (Bartolo) 

Finale I atto Ehi di casa… buona gente… (Conte, Bartolo) 

Signori miei (Figaro) La Forza! (Tutti, Ufficiale, Coro) 

Guarda don Bartolo (Rosina, Conte, Berta, Figaro) 

Stretta (Tutti, Ufficiale, Coro)

Atto II

Duetto Pace e gioia sia con voi (Conte, Bartolo)

Aria Contro un cor che accende amore (Rosina)   

Arietta Quando mi sei vicina (Bartolo)  

Quintetto Don Basilio!… (Rosina, Conte, Figaro,Bartolo, Basilio)  

Aria Il vecchiotto cerca moglie (Berta)  

Temporale  

Terzetto Ah! qual colpo inaspettato (Rosina, Conte,Figaro)  

Recitativo strumentato Il Conte!… ah, che mai sento!…(Conte, Bartolo)  

Aria Cessa di più resistere (Conte, Coro)  

Finaletto II Di sì felice innesto (Tutti, Coro) 

 

Arie alternative:

Nellie Melba come Rosina (primi anni venti)   

Aria (al posto di A un dottor della mia sorte) 

Manca un foglio (Bartolo) scritta da Pietro Romani 

Aria (al posto di Contro un cor che accende amore) 

La mia pace, la mia calma (Rosina)

Aria (posta prima del temporale) 

Ah, s’è ver, in tal momento (Rosina – composta per Joséphine Fodor, interprete del ruolo a Venezia nel 1819)

Per la replica al Teatro Contavalli di Bologna nell’estate del 1816, Rossini, su suggerimento di Geltrude Righetti-Giorgi, riadattò l’aria “Cessa di più resistere” per il personaggio di Rosina (interpretata proprio dalla Righetti-Giorgi).

 

Auto-imprestiti:

L’ouverture dell’opera proviene dalla sua opera “Aureliano in Palmira”, riutilizzata poi anche in “Elisabetta, regina d’Inghilterra”.

L’introduzione “Piano pianissimo” proviene dal “Sigismondo” (Introduzione seconda “In segreto a che ci chiama”)

La serenata “Ecco, ridente in cielo” proviene dall’ “Aureliano” (Coro Sposa del grande Osiride)

La cabaletta “Io sono docile” proviene dall’ “Elisabetta” (Cabaletta “Questo cor ben lo comprende”) 

La cabaletta “Fortunati affetti miei!” proviene da “La cambiale di matrimonio” (Cabaletta “Vorrei spiegarvi il giubilo”)

L’aria “Ah il più lieto e più felice” sarà riutilizzatane “Le nozze di Teti e Peleo” (Aria “Ah, non potrian resistere”) e nell’opera “La Cenerentola” (Aria “Non più mesta accanto al fuoco”)

 

Incisioni:

Riccardo Stracciari, Mercedes Capsir, Dino Borgioli, Salvatore Baccaloni, Vincenzo Bettoni    Lorenzo Molajoli   Columbia

Gino Bechi, Victoria de los Ángeles, Nicola Monti, Melchiorre Luise, Nicola Rossi-Lemeni    Tullio Serafin   His Master’s Voice

Tito Gobbi, Maria Callas, Luigi Alva, Melchiorre Luise, Nicola Rossi-Lemeni   Carlo Maria Giulini   Cetra/Myto  

Ettore Bastianini, Giulietta Simionato, Alvinio Misciano, Fernando Corena, Cesare Siepi   Alberto Erede    Decca

Tito Gobbi, Maria Callas, Luigi Alva, Fritz Ollendorf, Nicola Zaccaria  Alceo Galliera  EMI 

Robert Merrill, Roberta Peters, Cesare Valletti, Fernando Corena, Giorgio Tozzi Erich Leinsdorf  RCA 

Nicola Monti, Gianna D’Angelo, Renato Capecchi, Giorgio Tadeo   Bruno Bartoletti   Deutsche Grammophon 

Sesto Bruscantini, Victoria de los Ángeles, Luigi Alva, Ian Wallace, Carlo Cava   Vittorio Gui   EMI 

Manuel Ausensi, Teresa Berganza, Ugo Benelli, Fernando Corena, Nicolai Ghiaurov    Silvio Varviso    Decca

Piero Cappuccilli, Margherita Guglielmi, Antonio Cucuccio, Giuseppe Valdengo, Silvano Pagliuca    Giacomo Zani    Supraphon 

Hermann Prey, Teresa Berganza, Luigi Alva, Enzo Dara, Paolo Montarsolo   Claudio Abbado   Deutsche Grammophon 

Sherrill Milnes, Beverly Sills, Nicolai Gedda, Renato Capecchi, Ruggero Raimondi    James Levine     EMI 

Leo Nucci, Marilyn Horne, Paolo Barbacini, Enzo Dara, Samuel Ramey    Riccardo Chailly Fonit Cetra

Thomas Allen, Agnes Baltsa, Francisco Araiza, Domenico Trimarchi, Robert  Lloyd    Neville Marriner    Decca

Leo Nucci, Cecilia Bartoli, William Matteuzzi, Enrico Fissore, Paata Burchuladze    Giuseppe Patanè   Decca

Plácido Domingo, Kathleen Battle, Frank Lopardo, Lucio Gallo, Ruggero Raimondi    Claudio Abbado   Deutsche Grammophon

Pietro Spagnoli, María Bayo, Juan Diego Flórez, Bruno Praticò, Ruggero Raimondi    Gianluigi Gelmetti    Decca

Roberto Frontali, Rinat Shaham, Francesco Meli, Bruno de Simone, Giovanni Furlanetto    Antonino Fogliani DynamicDVD & Blu-ray (parziale)

 

Barbiere di Siviglia – Weikert/Nucci/Blake/Battle/Dara, 1989 Deutsche Grammophon

Barbiere di Siviglia  Gelmetti/Spagnoli/Flórez/Bayo/Praticò, regia Emilio Sagi, 2005 Decca

Barbiere di Siviglia – Abbado/Prey/Alva/Berganza/Dara, regiaJean-Pierre Ponnelle, 1972 Deutsche Grammophon 

 

Adattamenti cinematografici:  

“Il barbiere di Siviglia” di Rossini è stato ampiamente adattato per il cinema e la televisione e, un buon lavoro è il film del regista Mario Costa, con Ferruccio Tagliavini come Almaviva e Tito Gobbi come Figaro.

Nel 1972, Claudio Abbado ha diretto un’edizione storica con la regia televisiva di Jean-Pierre Ponnelle, con interpreti Hermann Prey, Teresa Berganza, Luigi Alva, Enzo Dara, Paolo Montarsolo e con l’Orchestra e il Coro del Teatro alla Scala di Milano.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Nel 1732, Giuseppe Sforza, nonno di Francesco Sforza Cesarini, crea il Teatro “Argentina”  di Roma, di cui il nipote diventerà impresario.

Nipote che, nel 1815, si accorda con il giovane Gioacchino Rossini per comporre un’opera scherzosa per il Carnevale del 1816 ma che, purtroppo, decede per infarto quattro giorni avanti la prima rappresentazione che, rappresentata come “Almaviva, o sia L’inutile precauzione” (per rispetto verso il titolo “Il Barbiere di Siviglia” di Giovanni Paisiello), viene protestata a causa di fans del ‘vecchio’ Paisiello. 

La sera dopo, l’esito s’inverte perché la rappresentazione sortisce un grande successo  che,  nel tempo, diventerà il capolavoro rossiniano e sarà il “Simbolo dell’Opera Buffa”, molto eseguita in tutti i teatri del Mondo.

Fra i due “Barbieri”, esistono differenze di stile e di tecnica: infatti, Rossini, praticamente, migliora la tecnica  teatrale, come, ad esempio, l’entrata in scena di Rosina con il suo recitativo abbastanza “concreto” che non viene capito subito dal pubblico.

Rossini inizia la nuova maniera di fare l’Opera che condurrà, poi, a Wagner.

Giuseppe Verdi scriveva così: < Io confesso che non posso fare a meno di credere che il Barbiere di Siviglia, per abbondanza di vere idee musicali, per verve comica e per verità di declamazione, sia la più bella opera buffa che esista>.

Infatti, la magia e la freschezza di quest’opera conquista musicisti del 1900 come Ildebrando Pizzetti: < Il barbiere di Siviglia è l’opera comica più divinamente leggera e più compiutamente perfetta che sia mai stata scritta al mondo > e l’Americano Philip Gossett, grande esperto del nostro teatro lirico: < Il barbiere di Siviglia è forse la più grande di tutte le opere comiche >.

Quest’opera buffa è un insieme di naturalezza e vivacità di melodie piacevoli e facili da ricordare, comprende una vicenda divertente e allegra, presenta situazioni assurde e ha un’orchestrazione brillante.

I personaggi de “Il Barbiere di Siviglia” dimostrano con facilità il proprio carattere e la propria personalità: ciascuno ha la sua importanza e, in quest’opera, può essere divertente da interpretare.

 

Figaro:


Figaro è un barbiere alquanto simpatico e conosciuto in tutta Siviglia. 

Accattivante, irrequieto, ma non molto disattento (salvo per “Il maestro ho fatto a lei”), all’inizio dell’opera si presenta come il factotum della città perché non è solamente barbiere, ma colui che è “pronto a far tutto, la notte e il giorno” e, quale esperto della vita, sa organizzare anche intrighi e sotterfugi: infatti, possiede una mente sveglia e intelligentissima e riesce a fronteggiare le situazioni.   

La sua iperattività lo rende in grado di aiutare e di  “far piacere” a chi lo cerca e gli fa guadagnare qualche soldino attraverso le sue idee geniali, mettendo  in pratica il suo pensiero filosofico che lo porta a “faticare poco, divertirsi assai”.

Conoscendo tutta Siviglia, frequenta parecchi fra cui il dottor Bartolo (persona burbera)  e, fra le sue amicizie, c’è anche il Conte d’Almaviva.

 

Il Conte d’Almaviva:

Il Conte è giovane, nobiluomo, appartiene ad un rango alto ed è bello, ricco e desta simpatia, oltre a possedere una mente elastica, certamente, allenata a superare i problemi da sotterfugi.

Vedendo Rosina al Prado, rimane colpito dalla sua bellezza e se ne innamora subito. 

Ma non può parlarle perché Don Bartolo (che crede essere suo padre) la sorveglia: usanza del tempo, ma oggi – psicologicamente – verrebbe definita “soffocamento morale” verso altra persona.  

Avendo intenzioni serie, il Conte non sa se Rosina lo ama, per cui si reca a Siviglia per ritrovarla, rivedendo Figaro, sua vecchia simpatica conoscenza.

 

 

Rosina: 

Rosina è una ragazza giovane e molto bella. 

Vive con il suo tutore, il dottor Don Bartolo.

Si presenta come “docile, obbediente e si fa guidare”, ma risulta chiaro che è furba, risoluta e ostinata, per cui – se qualcuno la ostacola – “sa trasformarsi in una vipera”. 

Si è innamorata di uno sconosciuto che ha visto al Prado e col quale si sono parlati attraverso sguardi  focosi, senza sapere che il giovane è Conte e ricco.

Rosina si trova bene solamente con Figaro, quando lo incontra perché litiga spesso col suo tutore, il quale la sorveglia strettamente e la controlla e, come lui, anche Berta e Ambrogio sono vecchi e provocano fastidio e scontentezza.

 

 

Don Bartolo:

E’ il dottore, tutore di Rosina: anziano e pesante.

Non la fa uscire di casa e la sorveglia in continuazione perché ha strane idee sulla ragazza  e non le permette di uscire: oggi, lo condannerebbero per “sequestro di persona”.

La vuole sposare a tutti i costi perché è bella, giovane e con una dote alquanto sostanziosa.

E’ un essere “centro dell’universo” che non possiede la logica per capire che Rosina non  ha alcun interesse verso di lui. 

Al Prado, ha visto i due sguardi incrociarsi intensamente, per cui ha avuto l’impressione  e  il timore che il giovane sia interessato alla ragazza: “uomo-rivale-giovane-bello-ricco”.

E’ sospettoso e diffidente verso tutto e tutti e l’unica persona di fiducia è anche  il suo complice: Basilio, il maestro di canto di Rosina.

 

Don Basilio:

< La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile che insensibile, sottile leggermente, dolcemente, incomincia a sussurrar.

Piano piano terra terra, sotto voce, sibilando va scorrendo, va ronzando; nelle orecchie della gente s’introduce destramente, e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar. 

Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo: prende forza a poco a poco, scorre già di loco in loco, sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta, va fischiando, brontolando, e ti fa d’orror gelar.

Alla fin trabocca, e scoppia, si propaga si raddoppia e produce un’esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale che fa l’aria rimbombar.

E il meschino calunniato avvilito, calpestato sotto il pubblico flagello per gran sorte va a crepar. 

E’ un’ARIA TRAVOLGENTE.

Figaro dice il vero verso Don Basilio: secondo lui, è “un solenne imbroglione di matrimoni, un collo torto, un vero disperato, sempre senza un quattrino”. 

Infatti, Don Basilio, è il maestro di canto di Rosina e, per raggranellare qualche piccolo guadagno, è portato verso imbrogli e compromessi: in effetti, compiace i progetti di Bartolo, però lo tradisce se trae dei vantaggi da altri.

Personaggio sottile, consiglia Don Bartolo di calunniare il Conte per mezzo del suo “senso di giustizia”, per mezzo dell’aria “La calunnia”, aria importante e sottile, psicologicamente.    

E’ importante citare che Rossini è rivoluzionario in confronto all’Opera Buffa del Settecento di Maestri come Traetta, Jommelli, Piccinni, Cimarosa, Paisiello e si esprime molto bene ne “Il barbiere” in cui “La calunnia” è un’aria basilare.

Un’aria che spiega bene a Don Bartolo come agire per arrivare al proprio scopo. 

Questo si chiama mettere in pratica la “Sindrome di Procuste” (o “competitività negativa”), ossia mettere in cattiva luce gli altri per poter brillare.   

Tale disturbo interessa coloro che provano piacere nello svalutare e disprezzare  chi li supera attraverso il dono della qualità e del pregio. 

Costoro sono personalità insicure, invidiose, rabbiose, egocentriche e frustrate che non intendono migliorare sé stesse, ma ostacolano affinché gli altri falliscano, non brillino più di luce propria, perché il successo altrui – interiormente – rappresenta il loro fallimento in quanto gli altri “sono rivali minacciosi” con cui “competono”, mantenendo la loro “mediocrità”.

Nel nostro periodo storico, chi soffre di questo disturbo inganna, umilia psicologicamente,  boicotta affinché gli altri non diventino una minaccia per tale individuo.

Chiaramente, è affetto da cattiveria con i sintomi che la Psicologia fa conoscere: egoismo, machiavellismo, disimpegno morale, narcisismo, diritto psicologico di superiorità, psicopatia, sadismo, intresse personale, malignità.

 

Berta:

E’ la governante nella casa di Don Bartolo che mostra un certo sentimento per Bartolo. 

 

Altri personaggi: 

Fiorello, servitore di Almaviva (baritono) 

Ambrogio, servitore di Bartolo (basso) 

Un ufficiale, un Magistrato, un Notaro 

Agenti di polizia, soldati, popolo di Siviglia

Battuto al computer da Lauretta  

Il baritono DMITRI HVOROSTOVSKIJ canta “Largo al factorum della città”:  https://youtu.be/t20fvLO_RXo

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Il basso CESARE SIEPI canta “La calunnia”:  https://youtu.be/78vt144T0e4

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Il mezzosoprano MARILYN HORNE canta “Una voce oco fa”:  https://youtu.be/Yi-5Z1G1BsY

 

 

 

ANDREA CHÉNIER di Umberto Giordano 

  • Maggio 30, 2023 at 12:28 pm

“ANDRÉ CHÉNIER” è un’opera lirica in 4 quadri su libretto di Luigi Illica e musica di Umberto Giordano.
Prima rappresentazione: 28 marzo 1896, al Teatro “Alla Scala” di Milano.   

Giordano e Illica si sono basati su fonti storiche, romanzi e drammi e agli scritti dello stesso Andrea Chénier.  

 

Personaggi: 

Andrea Chénier (tenore)
Carlo Gérard (baritono)
La contessa di Coigny (mezzosoprano)
Maddalena di Coigny (soprano)
Bersi, serva mulatta (mezzosoprano)
Roucher (basso)
Mathieu, detto Populus, sanculotto (baritono)
Madelon (mezzosoprano)
Un Incredibile (tenore)
Pietro Fléville, romanziere pensionato del re (basso)
L’abate poeta (tenore)
Schmidt, carceriere a San Lazzaro (basso)
Il maestro di casa (basso)
Dumas, presidente del Tribunale di salute pubblica (basso)
Fouquier Tinville, accusatore pubblico (basso) 

Dame – signori – Abati – Lacchè – Staffieri – Conduttori di slitte – Ungheri volanti – Musici – Servi – Paggi – Valletti – Pastorelli – Straccioni –  Borghesi – Sanculotti – Carmagnole – Guardie Nazionali – Soldati della Repubblica – Gendarmi – Mercatine – Pescivendole – Calzettaie – Venditrici ambulanti – Meravigliose –  Incredibili – Rappresentanti della Nazione – Giudici – Giurati – Prigionieri – Condannati – Ragazzi strilloni – Un Maestro di musica – Alberto Roger –  Filandro Fiorinelli – Orazio Coclite – Un bambino – Un Cancelliere – Il Vecchio Gérard – Robespierre – Couthon – Barras – Un fratello servente (garzone di caffè) 

 

Trama:

Epoca storica: prima e durante la Rivoluzione Francese. 

 

Quadro primo: L’evento si svolge nella serra del Castello di Coigny per la festa da ballo.
La nobiltà francese non si rende conto che sta arrivando la rivoluzione popolare e, nel castello della Contessa di Coigny si sta preparando una festa. 

Gérard è il giovane servitore (figlio di un servo della famiglia di Coigny) che sta bardando la serra e macina odio per la differenza di classe sociale sua e dei suoi padroni.
Non odia la contessina Maddalena, di cui è innamorato.   

Il poeta Andrea Chénier è fra gli ospiti della festa ed è criticato dalla Contessa e dalla figlia Maddalena che lo vuole un po’ indispettire.

Chénier inizia raccontando una sua riflessione ammirando Madre Natura finendo a difendere con una certa forza d’animo i suoi punti di vista contro i costumi sviliti dell’epoca, che stanno portando la società all’immoralità.

Maddalena gli sembra ingenua e onesta, ma la prega di considerare un sentimento pulito, come l’Amore sotto le sue diverse sfaccettature, ormai abbastanza disprezzato dalla società umana.
Maddalena capisce, si scusa e lascia la festa. 

Arrivano i mendicanti per la cui entrata Gérard viene rimproverato dalla contessa; però Gérard difende ugualmente la loro causa attraverso un comportamento forte e, sdegnato, si libera della livrea e se ne va assieme al padre, lasciando gli invitati che riprendono la festa attraverso una gavotta. 

 

Quadro secondo: A Parigi, in prossimità del ponte Peronnet. 

Periodo: Regime del Terrore, con Robespierre.

Il governo rivoluzionario fa pedinare tenacemente Chénier da un “Incredibile”, una “creatura” di Gérard, diventato un capo rivoluzionario.   

Da tempo, Chénier riceve richieste scritte di protezione da parte di una donna anonima. 

E’ Maddalena di Coigny, la cui madre è stata uccisa dai rivoluzionari e che, ora, vive nascosta e in stato di povertà. 

Viene aiutata dalla serva mulatta Bersi che è diventata prostituta per sostentare sé stessa e Maddalena, oltre a collegarla col poeta stesso. 

Chènier, temerariamente, ha compiuto un’accusa contro Robespierre per cui il suo amico Roucher gli consiglia caldamente di partire perché potrebbe essere acchiappato dai ribelli, ma il poeta vuole conoscere la donna misteriosa. 

Si incontrano una sera, vicino al Ponte Peronnet e Chénier la riconosce subito, nonostante Maddalena sia cambiata molto.
Si dichiarano amore ma, improvvisamente, arriva Gérard, sempre innamorato di Maddalena e su avvertimento dell'”Incredibile”.
Gérard e Chénier duellano e Maddalena scappa.
Gérard viene ferito gravemente da Chénier ma, riconoscendo il poeta, per amore di Maddalena, gli raccomanda di allontanarsi con lei, in quanto è ricercato dai rivoluzionari.
Agli accorsi, esprime di non sapere chi è il suo feritore. 

 

Quadro terzo: Il tribunale rivoluzionario. 

Alla Francia occorrono denaro e soldati.  

Il popolo canta “La Carmagnola”, Gérard è guarito e riesce a persuadere la folla a donare in favore della guerra della Francia con parecchi Stati Europei. 

Madelon è una popolana vecchia e cieca: può offrire solamente il suo unico nipote quindicenne. 

L’ “Incredibile” sollecita Gérard a consegnare Chénier al tribunale della rivoluzione, prevedendo che Maddalena verrebbe a sapere della condanna. 

Gérard si rende conto che è rimasto un “servo”, in quanto è servo della Rivoluzione e del suo tribunale di morte, rimanendo sempre schiavo dell’amore per Maddalena. 

Infatti, Maddalena si presenta in Tribunale; dopo una tentata violenza da parte di Gérard, si offre a lui affinché salvi la vita di Chénier. 

Gérard si commuove e le promette di salvare il poeta.  

Andrea Chénier viene processato, ma si difende energicamente (“Sì, fui soldato”): Gérard ritratta la denuncia che viene confermata da Antoine Quentin Fouquier-Tinville, l’accusatore pubblico. 

Purtroppo, Chénier e gli altri prigionieri vengono condannati a morte e lo stesso Chénier è felice di morire dopo avere visto un’ultima volta Maddalena. 

 

Quadro quarto: Il cortile della prigione di San Lazzaro.  

E’ mezzanotte e Andrea Chénier scrive gli ultimi versi con la vicinanza dell’amico Roucher. 

Con l’aiuto di Gérard, Maddalena corrompe la guardia riesce ad avere un colloquio con Chénier e, all’alba, si sostituisce ad Idia Legray, salendo sulla carretta con l’uomo che ama. Maddalena e Andrea Chénier corrono incontro alla morte, felici perché si amano. 

In un angolo, il deluso Gérard piange.
Nella mano, tiene il biglietto di risposta scritto da Robespierre alla sua richiesta di grazia per Chénier:  “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”. 

 

Brani noti: 

Son sessant’anni, o vecchio, romanza di Gerard (quadro I)
O pastorelle, addio, coro (quadro I)
Un dì all’azzurro spazio, improvviso di Chénier (quadro I)
Ecco l’altare, duetto tra Chénier e Maddalena (quadro II)
Nemico della patria?!,monologo di Gérard (quadro III)
La mamma morta, racconto di Maddalena (quadro III)
Sì, fui soldato, difesa di Chénier durante il processo (quadro III)
Come un bel dì di maggio (quadro IV)
Vicino a te s’acqueta, duetto tra Chénier e Maddalena (quadro IV)

 

Incisioni note con: 

Mario Del Monaco, Franco Corelli, Tito Schipa, Beniamino Gigli, Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Jonas Kauffmann. 

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:   


Giordano appartiene alla corrente verista, ossia la “Giovine Scuola” con Mascagni, Cilea, Leoncavallo, Franchetti e Puccini (all’inizio).

Scuola che nasce in risposta alla fine dell’opera romantica e ad un miglioramento di forme musicali, fra il passaggio dal secolo XIX al secolo XX.   

Ciascuno di questi musicisti è ricordato particolarmente per un’opera o due: ad esempio, Mascagni è descritto da “Cavalleria Rusticana”, Leoncavallo è descritto da “I Pagliacci”, Giordano è descritto da “Andrea Chénier” “, … 

Unico emerso, ricordato per tutte le sue opere, è Puccini. 


Giordano “debutta” con successo attraverso l’opera verista “Mala vita” (inizi anni 1890) e, grazie al collega ed amico Alberto Franchetti, supera una crisi con il suo Editore Sonzogno dimostrando le sue capacità espressive. 

Questo gli permette di lavorare al libretto di “Andrea Chénier”, scritto da Illica, che ottiene un grande successo, nonostante il giudizio negativo dato da Galli (collaboratore di Sonzogno), e con – anche – l’appoggio di Mascagni in favore di Giordano, grazie anche all’ottimo cast e alla direzione di Rodolfo Ferrari. 

Da quel momento, tutto questo consente all’opera di venire rappresentata nei massimi teatri dell’Occidente.

Riguardo alla prima rappresentazione assoluta, al Teatro “Alla Scala”, la direzione orchestrale è di Rodolfo Ferrari e l’interprete di Andrea Chénier è  il tenore eroico Giuseppe Borgatti, sostituto di Alfonso Garulli. 

Per merito suo (anche se si trova in un momento non molto positivo), del soprano Evelina Carrera e del baritono Mario Sammarco, il successo consegue come “un vero trionfo”.

Per quest’opera, il lavoro è stato svolto da Giordano con cura e modo perfetti e delinea precisamente l’atmosfera.   

Un’opera grande – NON della imponenza di Aida – ma di grande potenza che vede partecipe la popolazione con i suoi appartenenti ai ceti vari: dame, signori, abati, lacchè, condannati, prigionieri, giudici, gendarmi, pescivendoli… 

Popolazione coinvolta in un’opera che VEDE COME NASCONO I DIRITTI FONDAMENTALI DELL’INDIVIDUO E DEL CITTADINO, BASANDOSI SULLA DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA AMERICANA. 

La RIVOLUZIONE FRANCESE E’, senza dubbio, UN GRANDE EVENTO STORICO BASILARE.

A seguito di “Tristan und Isolde” di Wagner, è entrato in uso il riferimento “Tristan-Akkord”, dal momento che evidenzia l’importanza del legame amore-morte.

Quest’opera drammatica e verista si svolge nell’ambito storico vissuto all’epoca della Rivoluzione Francese ma, sotto tanti aspetti, è attuale: ad esempio, le donazioni si sono avute al tempo del Regime Fascista, si ricevono sempre a mezzo di Telethon o di banche, ….

Questo melodramma si ispira alla vita di Andrea Chénier, poeta francese (nato a Costantinopoli da genitori francesi).   


. I personaggi in primo piano sono tre: Andrea-Maddalena-Gérard.   


. Tre personaggi molto belli, ma Gérard è il più complesso e intrigante.

Credo che si possa ritenere importante citare che Umberto Giordano, molto tempo dopo la prima rappresentazione di questo suo melodramma, ha operato alcune modifiche appositamente per il tenore Mario Del Monaco.  

Inoltre, ritengo opportuno citare anche un desiderio di Claudio Del Monaco (secondo figlio di Mario): “Desidero essere sepolto con il costume di Andrea Chénier, quando sarà il momento”.  

Questo perché Claudio è sempre stato affascinato da quest’opera-capolavoro nella quale si è calato e perché è stata significativa nella carriera di suo padre, Mario Del Monaco.    

Infatti, per Del Monaco, quest’opera rimane fra le cinque che Mario considerava le più importanti, per lui: Aida, Andrea Chénier, Carmen, Otello, Sansone e Dalila (una certa importanza, però è data da “I Pagliacci”).     



André Chénier: 

Di seguito, traccio un ritratto personale di Andrea Chénier, perno dell’opera: 

Realmente vissuto storicamente, non è considerato fra i poeti più importanti francesi, ma è stato reso celebre e immortalato dal librettista patriottico Luigi Illica e dal musicista Umberto Giordano: quest’ultimo ne ha fatto la sua opera lirica più famosa.    

All’inizio dell’opera, durante la serata, gli invitati fanno la conoscenza del poeta.
Maddalena non comprende la Poesia e il Pensiero di Amore di Chénier che risponde alle sue valutazioni irreali attraverso un monologo travolgente e appassionato nell’ “Improvviso”.  Chénier è fortemente coerente e incrollabile per la fermezza verso le sue idee: risulta subito chiaro, infatti, dal “monologo” appassionato del primo atto (“Un dì, all’azzurro spazio”), nel castello: difende la sua arte dalle risate di Maddalena (“D’un poeta non disprezzate il detto”).
Secondo il suo concetto di Amore, < la completezza della “stabilità tra terra e cielo” viene resa chiara, tra contemplazione e concretezza assieme ad un impetuoso giudizio negativo alla nobiltà e al clero, che si sono privati degli ideali, fra cui l’Amore verso il prossimo >.   

Le sue decisioni di vita lo porteranno a morire giovane come Maddalena, coinvolta, che sceglie di morire con lui: infatti, dopo cinque anni, in pieno periodo di Terrore, nelle vicinanze del Ponte Peronnet, Chénier, sotto controllo continuo dell’Incredibile di Gérard, riceve le raccomandazioni dell’amico Roucher di lasciare Parigi.
Chénier è incuriosito dalle lettere che gli vengono scritte da una giovane donna che, poi, si rivela essere  Maddalena di Coigny: ha la necessità di essere protetta dal poeta che lei vede come il proprio rifugio sicuro.
Con lei, la generosità del poeta, si trasformerà in un legame d’amore.
Gérard, aggredito Chénier in duello, viene ferito in modo forte ma, allo scopo di proteggere Maddalena, li lascia allontanare e non rivela chi sia il suo aggressore.   

Nel III quadro, Chénier vanta il proprio istinto patriottico, tipico di una personalità con forte amor patrio (“Sì, fui soldato”): fra l’altro, oltre alla Patria, cita la Bandiera.    
Sempre, nel III quadro (nell’ultima parte della scena del tribunale), sempre a causa dell’amore per Maddalena, Gérard rende nota a Chénier la presenza di Maddalena: Chénier si sente pronto a morire, avendola vista per l’ultima volta.     

Durante il IV quadro, Chénier scrive i suoi ultimi versi (sempre accompagnato dall’arpa, il simbolo della poesia ricordato anche nell’opera “Nabucco” di Verdi) e, nel duetto finale dell’opera, il poeta e Maddalena si appartengono, finalmente, prima di morire sul patibolo; Andrea canta la Morte con parole poetiche: infatti, Chénier E’ POETA FINO ALL’ULTIMO.   

In questo dramma ingarbugliato e complesso, è indicatissimo l’argomento “amore e morte”. 


Una curiosità: le romanze di Chénier sono tre: Un dì all’azzurro spazio, Sì fui soldato, Come un bel dì di maggio.      



Maddalena di Coigny: 

Il tempo passa e le persone crescono interiormente.
Succede anche a Maddalena che, da personalità non salda (si nota nel II quadro) grazie a Chénier, ispiratore dell’ “apertura mentale”, smette di essere la frivola e ingenua contessina del primo quadro, dove risulta indifferente riguardo al sentimento dell’Amore spiegatole da Chénier, col quale – invece – vivrà un amore impetuoso.
Amore per cui, sarà obbligata dagli eventi a sedurre Gérard e per cui gli si promette in cambio dell’annullamento della condanna di Chénier, arrivando a decidere di morire con lui.    
Quest’opera comprende – fra le altre – una delle arie più famose dell’opera, “La mamma morta” (nel III quadro), nella quale Maddalena “smuove” i lati buoni di Gérard che le chiede perdono e promette di salvare Chénier a proprio discapito, in quanto il suo comportamento è quello di una personalità creduta incoerente dai presenti nel Tribunale, mentre Chénier comprende la sincerità di Gérard.   
In questa romanza, Maddalena racconta le proprie sofferenze e la “reazione di risalita morale” che le fa sentire nuovamente la scintilla della vita. 

A questo proposito, credo opportuno richiamare l’attenzione su questo brano cantato da Maria Callas  che è inserito nella colonna sonora del film “Philadelphia” interpretato da Tom Hanks e Denzel Washington: qui, Tom Hanks (doppiato magnificamente dal nostro Roberto Chevalier), rivolto a Denzel Washington, recita splendidamente la disperazione del personaggio che SA di morire presto, analizzando parola per parola-nota per nota, trasmettendo i sentimenti che vive in quel suo momento drammatico e commovente perché non ha “la scintilla della vita”.   

Maddalena non è indistruttibile, ma dimostra di essere battagliera, nel IV quadro: nel duetto con Andrea vuole raggiungere decisa il suo scopo Alto, ossia la Morte con Andrea.  


Bersi:   

La mulatta Bersi è un bellissimo personaggio, ricco di generosità e altruismo, abnegazione: infatti, si prostituisce per guadagnare qualcosa per sé e per Maddalena e non sottilizza troppo sul comportamento che è stata costretta ad adottare a causa di sopravvivenza.    



Carlo Gérard: 

Gérard, il servitore, preso a modello del rivoluzionario Jean-Lambert Tallin, da subito, comincia a delineare la sua personalità: un po’ “deus ex machina”, ma “un buono”, in definitiva.  

E’ il primo ad apparire, nell’opera e, pur amando la contessina Maddalena di Coigny non nasconde il risentimento verso la nobiltà dalla quale si è sempre sentito calpestato e verso cui mostra coraggio nel permettere generosamente l’entrata di un gruppo di mendicanti, nel ribellarsi alla contessa madre e a licenziarsi, unendosi alla rivoluzione.  

E’ importante sottolineare che, qui, nel primo atto, anche Gérard è spronato dalle parole di Andrea Chénier, verso il quale evidenzierà spesso il rispetto, nonostante si creerà il contrasto amoroso a causa di Maddalena; Gérard riflette e matura diventando un autorevole uomo politico, riuscendo nella comunicazione con il popolo.  

Giugno 1794: sono trascorsi cinque anni e domina il periodo del Terrore sotto l’avvocato Robespierre, amico di Rousseau, personalità psichica calma, tranquilla, dal portamento nobile, ma emotivamente violenta, frustrata e narcisista, con l’ossessione del potere che faccia del bene alla Nazione a prezzo di “punire”, facendo cadere moltissime teste: così, attraverso “il castigo”, si manifesta il senso di “pulizia popolare” di un mostro umano.    

A quel tempo, la Psicologia scientifica moderna non esiste, per cui Gérard, diventato importante tra i rivoluzionari grazie ai suoi ideali di giustizia e uguaglianza, controlla Parigi e non sa che Robespierre soffre di disagi psichici pericolosi per la popolazione.  
Purtroppo, per questo motivo, Robespierre pone Andrea Chénier continuamente sotto controllo a mezzo dell’Incredibile personaggio che convince l’indeciso Gérard a denunciare il poeta.    
Gérard che, a causa della riscoperta gelosia per Maddalena fa arrestare Chénier.   
Un impulso gli fa anche scattare l’atto di violenza che gli “impone” di possedere la donna, ma riesce a controllarsi. Costei si promette a lui se farà annullare la condanna a Chénier.    

Gérard, un essere contradditorio verso sé stesso, che – tutto sommato – è “un buono”, controlla i propri impulsi ed è pentito di avere incolpato illegalmente Chénier per cui tenta inutilmente di annullare l’arresto istigato dall’Incredibile, il vero cattivo dell’opera.    

Durante il processo, Chénier è condannato a morte da Robespierre che respinge la richiesta di grazia di Gérard in favore di Chénier, attraverso la già citata risposta di Robespierre: “Perfino Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica”.  

“Nemico della Patria”: in questo brano, Gérard riflette sulla sua situazione, dimostrando passione per la Politica e per Maddalena.
Gerard È la RIVOLUZIONE: “Io, della Redentrice figlio, pel primo ho udito il grido suo pel mondo…”.
Gérard SOGNA la Giustizia e l’Uguaglianza, da generoso e altruista qual è, UN’UNIONE DI POPOLI (ABBRACCIARE TUTTI): “Tutti Dii”, “Un Pantheon”.          
Però, si rende conto della realtà, ossia “Ho cambiato padrone”: il “nuovo padrone” non è solo la Rivoluzione Francese a cui è obbligato ad obbedire, ma l’amore per Maddalena che già nutriva, amore che si è approfondito maggiormente. 

Gérard diventa “qualcuno” nell’ambito della Rivoluzione Francese, ma è un perdente, al contrario di Andrea e Maddalena che raggiungono l’Amore Eterno attraverso il sacrificio delle loro vite.
Loro sono il simbolo del sogno dei due di vivere la morte uniti: esperienza di un abbraccio Poesia-Musica.

Gérard: uomo con valori saldi, che desta ammirazione (però, allo stesso tempo, capace di accusare ingiustamente Chénier, mosso dalla sua debolezza gelosa), è complesso, contradditorio e profondo e, sin dall’inizio, potrebbe sembrare il nemico di Chénier e Maddalena: dopotutto, con il suo comportamento “controsenso”, pur non volendo, causerà la loro morte.   

L’interiore di Gérard è vicino alla complicazione psicologica tipica dei personaggi lirici che sarebbero arrivati in seguito come, ad esempio: Fedora, Tosca, Madama Butterfly, Anna Karenina, …   


Un Incredibile: 

E’ il personaggio importante “cattivo” dell’opera.
E’ un personaggio infido, capace di colpire a tradimento: infatti, convince subdolamente Gérard ad arrestare Chénier.



Il Popolo: 

In questa opera, si nota la voglia di lottare per la giusta causa della Patria, persino attraverso le donazioni alla stessa attraverso l’invito di Gérard a farlo: qui, spicca tra tutte la cieca Madelon, che indica il suo caro nipote ai rivoluzionari.  
Personaggi della Rivoluzione: trascinati dalla disperazione, dal loro senso di realizzarsi o dal loro fanatismo?  

Più di una volta, la Bandiera francese figura fisicamente, ma – psicologicamente – sortisce un effetto gigantesco nelle parole di Chénier, nella terza parte: “Sì, fui soldato”.

ANDRÉ CHÉNIER: Un’opera magica e grande che, spesso, mi ha affascinato e provocato le lacrime di commozione.


Battuto al computer da Lauretta





ANDRÉ CHÉNIER, “UN DI’, ALL’AZZURRO SPAZIO GUARDAI PROFONDO”:


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ANDRÉ CHÉNIER, “LA MAMMA MORTA”:


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ANDRÉ CHÉNIER, “SI’, FUI SOLDATO”: 

   
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ANDRÉ CHÉNIER, duetto “VICINO A TE S’ACQUETA”:

AIDA di Giuseppe Verdi

  • Maggio 29, 2023 at 1:33 pm

Opera in 4 atti su libretto di Antonio Ghislanzoni tratto da un lavoro dell’egittologo-archeologo-scrittore-disegnatore di costumi e scene francese Auguste Mariette.

Prima rappresentazione: “Nuovo Teatro” de Il Cairo, 24 dicembre 1871 

Esito: successo clamoroso. 

Prima rappresentazione italiana: Teatro “La Scala” di Milano, 8 febbraio 1872


Personaggi:

Aida, principessa etiope (soprano)
Radamès, capitano delle Guardie (tenore)
Amneris, figlia del Faraone (mezzosoprano)
Amonasro, Re dell’Etiopia e padre di Aida (baritono)
Ramfis, Gran Sacerdote (basso)
Il Re d’Egitto, padre di Amneris (basso)
Una sacerdotessa (soprano)
Un messaggero (tenore) 

Sacerdoti, sacerdotesse, ministri, capitani, soldati, ufficiali, schiavi e prigionieri etiopi, popolo egizio (coro)

Cast della prima assoluta e della prima europea:  

Personaggi, interpreti a Il Cairo, interpreti a Milano:

Aida (soprano) Antonietta Pozzoni Anastasi, Teresa Stolz
Il Re d’Egitto (basso) Tommaso Costa, Paride Pavoleri
Amneris (mezzosoprano) Eleonora Grossi, Maria Waldmann
Radamès (tenore) Pietro Mongini, Giuseppe Fancelli
Amonasro (baritono) Francesco Steller, Francesco Pandolfini
Ramfis (basso) Paolo Medini, Ormondo Maini
Il messaggero (tenore) Luigi Stecchi-Bottardi, Luigi Vistarini
Grande Sacerdotessa (soprano) Marietta Allievi                              

Scene: Edouard Despléchin, Jean-Baptiste Lavastre, Auguste  Rubé, Philippe Chaperon
Costumi (con supervisione di Auguste Mariette): Henri de Montaut,
Coreografia: Alexandre Simon Henri Fuchs
Direttore di scena: Carlo d’Ormeville
Maestro del coro: G. Devasini
Direttore d’orchestra: Giovanni Bottesini, Franco Faccio   

Trama: 

Epoca: Antico Egitto. 

Luogo: Menfi e Tebe. 


Atto I – Scena I: Menfi, sala nel palazzo del Faraone.    

Amonasro, padre di Aida, prigioniera presso il Faraone di Menfi, marcia verso l’Egitto per liberarla, dal momento che è stata catturata durante una spedizione militare egizia contro l’Etiopia, ignorando chi lei sia veramente. 

Per cui, il Re d’Egitto si prepara alla difesa della sua terra. 

Aida, è innamorata di Radamès mentre lui sogna di diventare il Duce degli Egizi e di “ergere un trono vicino al sol” alla sua donna, oltre ad avere l’intenzione di ridarle la libertà e la patria.  

Amneris, la figlia del Faraone d’Egitto, percepisce e, subdolamente, consola Aida per la sua preoccupazione verso la patria lontana. 

Il Faraone si trova con gli ufficiali e il sacerdote Ramfis quando viene introdotto un messaggero che porta le notizie dal confine con l’Etiopia.  

Radamès è stato scelto da Iside come comandante dell’esercito che affronterà il re etiope. Interiormente, Aida è divisa tra l’amore per il padre e per Radamès.  


Scena II: Menfi: nel tempio di Vulcano. 

La cerimonia è grandiosa e comprende la danza delle sacerdotesse.
Radamès viene investito come condottiero supremo.


Atto II – Scena I: nelle stanze di Amneris.    

Qui, ci sono danze e musica.

Amneris finge che Radamès sia morto in battaglia provocando la disperazione di Aida che confessa il suo amore per il condottiero. 

A questo punto, Amneris la minaccia dal momento che, come figlia del Faraone, tutto le è permesso, ma Aida, fieramente, rivela il suo rango nobile, ma si pente e chiede il perdono (“Pietà ti prenda del mio dolor”). 

Amneris costringe Aida a vedere il trionfo dell’Egitto sugli Etiopi.

Scena II: Città di Tebe: un ingresso.

Radamès è vincitore e vengono eseguite la grande “Marcia trionfale” e le danze.  

Il faraone promette che, in questo giorno, Radamès trionfatore, riceverà tutto ciò che desidera per qualunque suo desiderio.  

Fra i prigionieri catturati, condotti alla presenza del Re, c’è Amonasro.
Subito, Aida abbraccia il padre, ma gli Egizi non sanno chi siano, in realtà: infatti, Amonasro afferma che il Re etiope è stato ucciso durante il combattimento.

Per amore verso Aida, Radamès chiede al Re il rilascio dei prigionieri come quanto promesso al suo desiderio.   

Inoltre, su consiglio di Ramfis, tale cosa non è permessa ad Aida e ad Amonasro che resteranno ostaggi-garanzia alla sicura vendetta etiope. 

 A Radamès, indesideratamente, viene concessa la mano di Amneris.  


Atto III – sulle rive del Nilo, vicino al tempio di Iside.  

Aida e il padre sono ostaggi; il Re etiope, medita una vendetta per la sconfitta ricevuta, per cui costringe la figlia a carpire, attraverso Radamès, la tattica dell’esercito egiziano.

Radamès rivela incautamente ad Aida la strada che verrà percorsa dai suoi guerrieri.  Amonasro, nascosto nelle vicinanze, ascolta e, poi, rivela la sua identità. 

All’arrivo delle guardie, aiutato da Radamès, fugge con la figlia, mentre lo stesso Radamès si dispera per avere incolpevolmente tradito la sua Patria, per cui si consegna prigioniero a Ramfis.   


Atto IV  – Scena I: la sala nel palazzo del Faraone e, di lato, il cammino che conduce alla prigione di Radamès.  

Con tutto il suo cuore, Amneris desidera salvare Radamès giudicato colpevole di tradimento;  gli crede e lo supplica di discolparsi, ma il giovane rifiuta; tace e non si pronuncia in propria difesa, mentre Amneris invoca i sacerdoti affinché gli concedano pietà.

Radamès viene condannato a morte e morirà murato nella cripta sotto il Tempio di Vulcano. 

Amneris maledice i sacerdoti.  


Scena II: La scena presenta l’interno del tempio di Vulcano splendente di oro e di luce al primo piano e, nel piano sottostante, la tomba di Radamès.  

Radamès non è solo perché Aida, precedentemente, si è nascosta lì per morire con lui.  

In attesa che il loro destino si compia, si confermano il loro amore, e dicono addio  alla Terra, la “valle di pianti”.

Amneris piange e prega sopra la loro tomba mentre si odono le cerimonie e le danze liete delle sacerdotesse. 

 

Brani noti:

Atto I   

Preludio (sostituisce la sinfonia inizialmente composta).
Introduzione “Sì: corre voce che l’Etiope ardisca” (Ramfis, Radamès) Scena I
Recitativo “Se quel guerrier io fossi!” (Radamès) Scena I
Romanza “Celeste Aida” (Radamès) Scena I
Duetto “Quale insolita gioia” (Amneris, Radamès) Scena I
Terzetto “Vieni, o diletta, appressati…” (Amneris, Aida, Radamès) Scena I
Scena “Alta cagion vi aduna” (Re, Messaggero, Amneris, Aida, Radamès, Coro) Scena I
Pezzo d’assieme “Su! del Nilo al sacro lido” (Re, Amneris, Aida, Radamès, Ramfis, Sacerdoti, Ministri, Capitani, Coro) Scena I
Scena di Aida “Scena Ritorna vincitor!…” (Aida) Scena I Finale I
Scena della consacrazione “Immenso Fthà, del mondo” (Coro di Sacerdotesse e Sacerdoti)
Scena II Danza delle Sacerdotesse Scena II Scena “Mortal, diletto ai Numi, a te fidate” (Ramfis)
Scena II Finale atto I  “Nume, custode e vindice”(Ramfis, Radamès) Scena II    


Atto II

Introduzione, Coro, Scena e Duetto di Aida e Amneris:
Coro Chi mai fra gl’inni e i plausi (Schiave) Scena I
Danza di giovani schiavi mori Scena I
Coro Vieni: sul crin ti piovano (Schiave, Amneris) Scena I
Silenzio! Aida verso noi s’avanza… (Amneris) Scena I
Scena Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta (Amneris, Aida) Scena I
Duetto Amore! amore! Gaudio… tormento… (Aida, Amneris) Scena I    


Finale atto II  

Inno Gloria all’Egitto, ad Iside (Popolo, Donne, Sacerdoti) Scena II
Marcia trionfale Scena II
Ballabile Scena II
Coro “Vieni, o guerriero vindice” (Popolo) Scena II
Scena “Salvator della patria, io ti saluto” (Re, Radamès, Aida, Amneris, Amonasro, Coro) Scena II
Pezzo d’assieme “Ma tu, Re, tu signore possente” (Amonasro, Re, Radamès, Aida, Amneris, Ramfis, Prigionieri, Schiave, Sacerdoti, Popolo) Scena II
Stretta del Finale II Gloria all’Egitto, ad Iside (Popolo) Scena II     

Atto III

Introduzione, Preghiera, Coro e Romanza di Aida:
Coro “O tu che sei d’Osiride” (Coro nel tempio) Scena unica
Scena “Vieni d’Iside al tempio” (Ramfis, Amneris) Scena unica
Recitativo “Qui Radamès verrà… Che vorrà dirmi?” (Aida) Scena unica
Romanza “O cieli azzurri… o dolci aure native” (Aida) Scena unica
Scena e Duetto di Aida e Amonasro: Scena “Cielo! mio padre!” (Aida, Amonasro) Scena unica
Duetto “Rivedrai le foreste imbalsamate” (Amonasro, Aida) Scena unica
Duetto di Aida e Radamès, Scena e Finale III: Duetto Pur ti riveggo, mia dolce Aida… (Radamès, Aida) Scena unica    Scena “Ma, dimmi: per qual via” (Aida, Radamès, Amonasro) Scena unica
Finale atto III: “Traditor! – La mia rival!…” (Amneris, Aida, Amonasro, Radamès, Ramfis) Scena unica    


Atto IV   

Scena e Duetto di Amneris e Radamès
Recitativo L’aborrita rivale a me sfuggia… (Amneris) Scena I
Scena Io l’amo… Io l’amo sempre… (Amneris) Scena I
Duetto Già i sacerdoti adunansi (Amneris, Radamès) Scena I
Scena del Giudizio
Recitativo Ohimè!… morir mi sento… Oh! chi lo salva? (Amneris) Scena I
Giudizio “Spirto del Nume, sovra noi discendi!” (Sacerdoti, Amneris, Ramfis, Coro) Scena I
Scena, Duetto e Finale ultimo
Scena “La fatal pietra sovra me si chiuse…” (Radamès, Aida) Scena II
e Finale “Morir! sì pura e bella!” (Radamès, Aida, Amneris, Sacerdoti, Sacerdotesse) Scena II    

Incisioni note:      

Giannina Arangi Lombardi, Maria Capuana, Aroldo Lindi, Armando Borgioli, Tancredi Pasero, Lorenzo Molajoli      

Dusolina Giannini, Irene Minghini Cattaneo, Aureliano Pertile, Giovanni Inghilleri, Luigi Manfrini, Carlo Sabajno, La voce del padrone    

Maria Caniglia, Ebe Stignani, Beniamino Gigli, Gino Bechi, Tancredi Pasero, Tullio Serafin , EMI    

Caterina Mancini, Giulietta Simionato, Mario Filippeschi, Rolando Panerai, Giulio Neri, Vittorio Gui, Cetra    

Renata Tebaldi, Ebe Stignani, Mario Del Monaco, Aldo Protti, Dario Caselli, Alberto Erede, Decca Records    

Zinka Milanov, Fedora Barbieri, Jussi Björling, Leonard Warren, Boris Christoff,  Jonel Perlea, RCA Victor     

Maria Callas, Fedora Barbieri, Richard Tucker, Tito Gobbi, Giuseppe Modesti, Tullio Serafin, EMI   

Renata Tebaldi, Giulietta Simionato, Carlo Bergonzi, Cornell MacNeil, Arnold van Mill, Herbert von Karajan, Decca Records 

Leontyne Price, Rita Gorr, Jon Vickers, Robert Merrill, Giorgio Tozzi, Georg Solti, RCA Victor   

Birgit Nilsson, Grace Bumbry, Franco Corelli, Mario Sereni, Bonaldo Giaiotti, Zubin Mehta, EMI   

 Leontyne Price, Grace Bumbry, Plácido Domingo, Sherrill Milnes, Ruggero Raimondi, Erich Leinsdorf, RCA Victor    

Montserrat Caballé, Fiorenza Cossotto, Plácido Domingo, Piero Cappuccilli, Nicolaj Ghiaurov, Riccardo Muti, EMI   

Mirella Freni, Agnes Baltsa, JoséCarreras, Piero Cappuccilli, Ruggero Raimondi Herbert von Karajan, EMI   

Katia Ricciarelli, Elena Obraztsova, Plácido Domingo, Leo Nucci, Nicolaj Ghiaurov, Claudio Abbado,  Deutsche Grammophon   

Maria Chiara, Ghena Dimitrova, Luciano Pavarotti, Leo Nucci, Paata Burchuladze, Lorin Maazel, Decca Records   

Aprile Millo, Dolora Zajick, Plácido Domingo, James Morris, Samuel Ramey, James Levine,Sony    

Cristina Gallardo-Domas, Olga Borodina,Vincenzo La Scola, Thomas Hampson, Matti Salminen,  Nikolaus Harnoncourt, Teldec

Videografia:    

Gabriella Tucci, Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Aldo Protti, Paolo Washington, Silvano Pagliuca, Franco Capuana, Etichetta: non indicata VAI    

Leyla Gencer, Carlo Bergonzi, Fiorenza Cossotto, Anselmo Colzani, Bonaldo Giaiotti, Franco Pugliese, Franco Capuana, Herbert Graf, Rai    

Orianna Santunione, Carlo Bergonzi, Fiorenza Cossotto, Gianpiero Mastromei, Ivo Vinco, Franco Pugliese, Oliviero De Fabritiis, Etichetta non indicata VAI   

Margaret Price, Luciano Pavarotti, Stefania Toczyska, Simon Estes, Kurt Rydl, Kevin Langan, Garcia Navarro, Sam Wanamaker, Warner   

Maria Chiara, Luciano Pavarotti, Ghena Dimitrova, Juan Pons, Nicolaj Ghiaurov, Paata Burchuladze, Lorin Maazel, Luca Ronconi, Digital Classics   

Mirella Freni, Plácido Domingo, Stefania Toczyska, Ingvar Wixell, Nicolaj Ghiaurov, David Langan, Emil Tchakarov, Pier Luigi Pizzi, Better Opera   

Aprile Millo, Plácido Domingo, Dolora Zajick, Sherrill Milnes, Paata Burchuladze, Dimitri Kavrakos, James Levine, Sonja Frisell, Deutsche Grammophon   

Maria Chiara, Kristján Jóhannsson, DoloraZajick, Juan Pons, Nikola Gjuzelev, Carlo Striuli, Nello Santi, Gianfranco De Bosio, Arthaus   

Cheryl Studer, Dennis O’Neill, Luciana D’Intino, Alexandru Agache, Robert Lloyd, Mark Beesley, Edward Downes, Elijah Moshinsky, Opus Arte   

Fiorenza Cedolins, Walter Fraccaro,Dolora Zajick, Vittorio Vitelli, Giacomo Prestia, Carlo Striuli,  Daniel Oren, Gianfranco De Bosio, Brilliant    

Adina Aaron, Scott Piper, Kate Aldrich, Giusepp e Garra, Enrico Giuseppe Iori, Paolo Pecchioli, Massimiliano Stefanelli, Franco Zeffirelli, Arthaus    

Daniela Dessì, Fabio Armiliato, Elisabetta Fiorillo, Juan Pons, Roberto Scandiuzzi, Stefano Palatchi, Miguel Angel, Gomez Martinez, JoséAntonio Gutierrez, Opus Arte    

Eszter Sümegi, Kostadin Andreev, Cornelia Helfricht, Igor Morosov, Pièr Dalàs, Janusz Monarcha, Ernst Märzendofer, Robert Herzl, EuroArts   

Norma Fantini, Marco Berti, Ildiko Komlosi, Mark Doss, Orlin Anastasov, Guido Jentjens Kazushi Ono, Robert Wilson,  Opus Arte    

Nina Stemme, Salvatore Licitra, Luciana D’Intino, Juan Pons, Matti Salminen, Günther Groissböck, Ádám Fischer, Nicolas Joël, Bel Air   

Violeta Urmana, Roberto Alagna, Ildikó Komlósi, Carlo Guelfi, Giorgio Giuseppini, Marco Spotti, Riccardo Chailly, Franco Zeffirelli Decca Records  

Violeta Urmana, Johan Botha, Dolora Zajick, Carlo Guelfi, Roberto Scandiuzzi, Stefan Kocan, Daniele Gatti, Stephen Pickover, Decca Records   

Tatiana Serjan, Rubens Pelizzari, Iano Tamar, Iain Peterson, Tigran Martirossian, Kevin Short,  Carlo Rizzi, Graham Vick, Unitel Classica    

Hui He, Marco Berti, Luciana D’Intino, Ambrogio Maestri, Giacomo Prestia, Roberto Tagliavini, Zubin Mehta, Ferzan Özpetek Arthaus   

Hui He, Fabio Sartori, Giovanna Casolla,Ambrogio Maestri, Adrian Sampetrean, Roberto Tagliavini, Omer Meir Wellber, La Fura dels Baus, Bel-Air Classique    

HuiHe, Marco Berti, Andrea Ulbrich, Ambrogio Maestri, Francesco Ellero D’Artegna,Roberto Tagliavini, Daniel Oren, Gianfranco De Bosio, OpusArte  

Susanna Branchini, Walter Fraccaro, Mariana Pentcheva, Alberto Gazale, George Anguladze, Carlo Malinverno, Antonino Fogliani, Joseph Franconi Lee, C Major   

Kristin Lewis, Fabio Sartori, Anita Rachvelishvili, George Gagnidze, Matti Salminen, Carlo Colombara, Zubin Mehta, Peter Stein, Unitel Classica 

Cinema:    

E’ importante citare che un film del 1953 per la “SCALERA FILM”, che porta la firma di Clemente Fracassi,  aveva ottenuto un gande successo: Sophia Loren interpretava Aida doppiata dalla voce di Renata Tebaldi; il baritono Afro Poli interpretava Amonasro. 

E’ anche importante segnalare che un’opera appartenente a questo genere colossale necessita di essere realizzata in spazi larghi: indicatissima è  l’Arena di Verona che, ogni anno, vede  migliaia di persone fra il pubblico; addirittura, in passato, nella scena trionfale, si facevano presenziare gli elefanti.

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta: 

Il Khedivé d’Egitto, Ismail Pascià, commissiona un inno a Verdi il quale declina, esprimendo  che non scrive musica d’occasione. 

Camille Du Locle (Direttore dell’Opéra Comique di Parigi) gli spedisce un libretto  di Auguste Mariette con una storia che Verdi giudica valida per trarne un’opera storica egiziana per celebrare l’Inaugurazione del “Nuovo Teatro” de Il Cairo: per cui Verdi accetta, dal momento che giudica la storia vantaggiosa e teme che l’incarico venga dato a Wagner. 

La prima rappresentazione di “Aida” subisce un ritardo a causa della Guerra franco prussiana (scene e costumi sono bloccati) per cui il teatro è inaugurato con “Rigoletto”,  nel 1869. 

Per la “Marcia trionfale”, vengono ricostruite le antiche buccine egiziane che creano un grandissimo risultato, mentre “Aida” sortisce un successo immenso. 

La fama dell’opera è vivissima ancora oggi. 

La “prima” di “Aida”, a Il Cairo, il 24 dicembre 1871, è diretta da Giovanni Bottesini (direttore d’orchesta, contrabbassista e compositore). 

La “prima” italiana-europea, al Teatro “Alla Scala” di Milano, l’8 febbraio 1872, è considerata da Verdi come la “vera e propria prima rappresentazione”.

Sembra che l’Egitto sia stato una delle prime sedi sulla Terra degli Alieni. 

Nessuno sa spiegarsi il “PI GRECO” con cui sono state costruite le Piramidi e il loro allineamento: un enigma che ha disorientato gli Egittologi per molto tempo. 

Fra le Piramidi, a Giza, le tre più grandi  (Cheope, Chefren, Micerino) sono state costruite in punti dove le linee verticali invisibili delle stelle della Cintura di Orione cadono perpendicolari su tali Piramidi. 

Tali costruzioni sono famose tombe monumentali di regine e faraoni egiziani, create più di 4.500 anni fa e si sono conservate anche grazie al lavoro per preservarle.    

Fra i templi funerari, nella Necropoli di Tebe circondata da palme, troviamo quello di Seti I, che il faraone aveva iniziato a fare erigere presumibilmente verso la fine del suo regno; tempio funerario terminato da suo figlio Ramses II, detto il Grande. 

Possiede alcuni dei rilievi più particolareggiati dell’Egitto.    

Fra gli altri templi esiste quello di Luxor, sulla riva del Nilo, tempio che evidenzia molto bene la potenza dei Faraoni.
La sua costruzione inizia nel XIV secolo a.C., sotto Amenhotep III, è stato definito “il museo a cielo aperto più grande del Mondo” ed è incantevolissimo durante l’illuminazione serale: RAPPRESENTA DAVVERO LA FORZA E L’AUTOREVOLEZZA DEI FARAONI.  

A proposito della potenza faraonica, Verdi crea “Aida”, l’opera meravigliosa che celebra l’autorità dell’antico Egitto con l’intenzione di onorarne la grandezza di quel tempo, l’importanza del fiume Nilo per la vita del Paese e la grandezza dei lavori di apertura del Canale di Suez con la sua grande inaugurazione: tutto ciò porta al progresso di un’epoca più recente.    

Aida:   

L’amore verso Radamès è puro, celestiale e muore con lui mentre le sacerdotesse innalzano i loro canti sereni, come se nulla sia successo … 

Ma, fin da subito, nel I atto, il dramma interiore di Aida si evidenzia attraverso il rimorso, la passione, la preghiera: Radamès, scelto per difendere l’Egitto, è pericoloso per la vita di  suo padre, Amonasro, il Re dell’Etiopia, a cui riconosce il sacrificio di muovere guerra all’Egitto per liberarla e ridarle la patria. 

< Ritorna vincitor!… E dal mio labbro  uscì l’empia parola! Vincitor del padre mio… di lui che impugna l’armi  per me… per ridonarmi una patria, una reggia e il nome illustre che qui celar m’è forza.

< Struggete le squadre  dei nostri oppressor! Ah!  Sventurata che dissi?… e l’amor mio   

dunque scordar poss’io?  

< Numi, pietà del mio soffrir!  Speme non v’ha pel mio dolor.  

Nel III atto, Aida si reca al Tempio di Iside dove incontrerà  Radamès e, se sarà “l’ultimo addio”. 

“I cupi vortici” del Nilo “mi daran tomba e pace e, forse, oblio”: 

< O cieli azzurri, o dolci aure native, dove sereno il mio mattin brillò,   

< O verdi colli, o profumate rive, o patria mia, mai più ti revedrò!  

< O fresche valli, o queto asil beato, che un dì promesso dall’amor mi fu;  

< Or che d’amore il sogno è dileguato, o patria mia, non ti vedrò mai più!  

Bella romanza dalle cui parole si denotano l’attaccamento alla patria e il dolore di non poterla più vedere. 

Il suo stato d’animo è dolce e tormentato e ricorda con nostalgia i bei paesaggi, la nascita  nella sua Patria e l’ “inutile” sogno d’amore.

Radamès: 

Nel I atto, si nota il tenero amore di Radamès verso Aida più forte che verso la Patria, un amore ultraterreno ed emerge la speranza di Radamès di conquistarla; la dedica che le esprime, il dono che vorrebbe per lei, creatura celestiale, Dea: lei è un insieme di luce e di fiori. 

 < E a te, mia dolce Aida, Tornar di lauri cinto…

< Celeste Aida, forma divina, mistico serto di luce e fior, del mio pensiero tu sei regina,  tu di mia vita sei lo splendor.   

< Il tuo bel cielo vorrei ridarti, le dolci brezze del patrio suol; un regal serto sul crin posarti,    ergerti un trono vicino al sol.

Radamès-Aida: 

Nel III atto, l’amore reciproco e tormentato di Radamès e Aida è sublimato dal sacrificio: infatti, Aida cede al volere paterno, padre che è commosso e soddisfatto: la musica esprime bene e trascina chi ascolta e comprende tale sentimento. 

Giunge Radamès che incontra Aida: la rassicura che ama lei  e non la figlia del Faraone e che difenderà l’Etiopia, chiedendo di sposare Aida che, però, teme la rivalsa degli Egiziani e ha paura per lui: gli suggerisce di fuggire attraverso il deserto.

 

Duetto Radamès-Aida: 

< Vieni meco, insiem fuggiamo questa terra di dolore. Vieni meco t’amo, t’amo!  A noi duce fia l’amor.
Aida, convinta dal padre, chiede a Radamès dove passeranno per fuggire. 


Radamès:  

< Il sentier scelto dai nostri a piombar sul nemico fia deserto  fino a domani.

Aida: 

< E quel sentier?

Radamès: 

< Le gole di Napata…

Amonasro: 

(Si presenta tuonante)
< Di Napata le gole! Ivi saranno i miei.   


Radamès, senza volere, svela la strada delle sue truppe: viene meno al suo dovere e, subito, si rende conto di avere tradito l’Egitto. 

Aiuta Aida e il padre a fuggire e si consegna a Ramfis: “Sacerdote, io resto a te”.  

In questo duetto, “tradimento involontario a parte”, Radamès evidenzia il suo amor patrio attraverso il suo dramma e il suo altissimo senso dell’onore che non è molto d’accordo con l’amore per Aida che non smette di amare.

Aida soffre ma, per amor di patria, inganna Radamès, che tanto ama: il suo è davvero un amore combattuto ma, assieme a quello di Radamès, è amore eterno.      

E’ da notare che Aida e Radamès sono due personaggi differenti fra loro: Radamès è deciso a combattere gli Etiopi, a vincerli e a liberare Aida (“nemica”, in quanto Etiope) e pensa di unire l’amore per Aida e l’amore per la sua patria.

Al contrario, Aida si strugge per l’amore verso il padre e l’amore verso il suo “nemico” egiziano. 

Infatti, risulta chiaro che Radamès è  personalità sicura e Aida è un essere angosciato. 

Quindi, spesso, Verdi associa la musica allo spirito dei personaggi dell’opera, per cui rende chiaro il desiderio di libertà di Aida che, a causa dell’essere soffocato, le provoca tristezza e malinconia.      

Nel IV atto, Radamès è rinchiuso vivo; il suo unico  pensiero è Aida, che viva e che non venga a sapere della sua fine.

Intravede un’ombra, sente una voce; è Aida:

Radamès: 

< La fatal pietra sovra me si chiuse…  Ecco la tomba mia. Del dì la luce  Più non vedrò… Non revedrò più Aida. Aida, ove sei tu? Possa tu almeno viver felice e la mia sorte orrenda  Sempre ignorar! Qual gemito!… Una larva…  Una vision… No! forma umana è questa.  

Ciel! Aida!

Aida:

< Son io.

Radamès: 

< Tu… in questa tomba!

Aida: 

< Presago il core della tua condanna,  in questa tomba che per te s’apriva  Io penetrai furtiva…  e qui lontana da ogni umano sguardo  nelle tue braccia desiai morire.

I due innamorati non si lasceranno più e, nell’ultimo duetto, salutano la vita e la loro terra: struggente duetto Aida-Radamès: 

< O terra, addio; addio, valle di pianti…  sogno di gaudio che in dolor svanì.  A noi si schiude il ciel e l’alme erranti volano al raggio dell’eterno dì.

Aida, in base all’epoca di creazione, evidenzia lo spirito romantico dell’amore come “consacrazione” dell’uno verso l’altro: Aida abbraccia lo stesso destino di Radamès. 

Amonasro:  

Amonasro, Re Etiope, è un personaggio “breve”, ma fortemente INCISIVO che, nel II atto dell’opera, fra i prigionieri, nasconde la propria identità di Re degli Etiopi, ordinando tale cosa anche alla figlia (“Non mi tradir”) e si mostra diplomatico rivolgendosi al Re: “Ma tu, o Re, tu Signore possente a costoro ti volgi clemente”.

Gli Etiopi hanno perso la battaglia dopo aver invaso l’Egitto per liberare Aida, figlia del Re etiope, caduta prigioniera degli Egiziani.  

Giustamente e coraggiosamente, NON tralascia il suo volere la rivincita sugli Egiziani che hanno vinto lui e la sua Nazione e, nel III atto, esprime chiaramente quanto vorrebbe da Aida a causa della RAGION DI STATO per la quale, dopotutto Aida stessa è stata resa schiava.  

Per Amonasro – “Ei conduce gli Egizii: intendi?”.

Aida è indignata dalla proposta paterna affinché Radames fugga con lei nella “novella patria”: esiste la necessità, d’accordo, ma per lei è un tradimento verso l’uomo amato, però si sente costretta a cedere al ricatto psicologico e ossessivo che il padre le sottopone, volendo convincerla che rivedrà le grandi bellezze della sua terra  e che sarà “Sposa felice a lui che amasti tanto, tripudi immensi ivi potrai gioir”. 

Aida NON vuole ingannare l’uomo che ama, per cui il padre le ricorda i “giorni infausti” (“Pur rammenti che a noi terra l’egizio immite, le case, i tempii, e l’are profanò… trasse in ceppi le vergini rapite… madri… vecchi, fanciulli ei trucidò”).

Amonasro spiega alla figlia che sarà proprio lei a “strappare” il nome del “sentiero fia deserto fino a domani”, una volta che la figlia sarà “CONVINTA” e “DEGNA DELLA SUA PATRIA”, dopo che Amonasro la scrolla e quasi la maledice, facendola sentire “colpevole”: “Su, dunque! Sorgete, egizie coorti! Col fuoco struggete le nostre città… spargete il terrore, le stragi, le morti… al vostro furore più freno non v’ha  – Flutti di sangue scorrono sulle città dei vinti… vedi?… dai negri vortici si levano gli estinti… ti additan essi e gridano: per te la patria muor!”.  

Amonasro E’ IL RE: “IL RE ORDINA e COMANDA”. 

Riesce a rendere bene l’idea del modo subdolo e intimidatorio con cui si rivolge ad Aida per risolvere la situazione e che, poi, è costretta ad accettare per salvare la sua Patria, ossia un’intera nazione.

Fra parentesi: parecchie ragazze, nella nostra epoca, sono state costrette a sposarsi o a convivere per poter permettere interessi di famiglia, obbedendo al padre.

Un esempio: una mia collega era stata costretta dal padre a farsi ingravidare dal fidanzato perche’ – per sposarsi – aveva bisogno di vivere in una casa di proprietà del padre il quale  – cosi – rientrava in possesso di un suo bene, vincendo la causa con il proprio inquilino (!). 

Comunque, è da capire bene l’azione di violenza morale di Amonasro che viene esercitata; azione che, in futuro, potrebbe avere conseguenze gravi per la vita della figlia.

Amneris:     

Amneris-Aida:

Nel II atto, Amneris si incontra con Aida e finge di esserle amica:

< Fu la sorte dell’armi a’ tuoi funesta, povera Aida! Il lutto che ti pesa sul cor teco divido,  lo son l’amica tua…  

 

Provoca la confessione dell’amore di Aida per Radamès e la figlia del Re dell’Egitto non può fare a meno di palesare la sua gelosia:

< Trema, vil schiava! Spezza il tuo core; segnar tua morte può quest’amore; del tuo destino arbitra sono, d’odio e vendetta le furie ho in cor.

Aida è sincera, Amneris subdola e vendicativa.

 

Amneris-Radamès: 

Amneris:

< Ohimè!… morir mi sento! Oh! chi lo salva?  E in poter di costoro io stessa lo gettai! Ora a te impreco atroce gelosia, che la sua morte e il lutto eterno del mio cor segnasti! – Numi, pietà del mio straziato core. Egli è innocente, lo salvate, o Numi!

Sale il delirio di Amneris, che è sempre innamorata dell’eroe e, nonostante  maledica la sua gelosia, lo vuole salvare, implorando inutilmente i sacerdoti.

Il IV atto è tutto suo, praticamente.

MA NON riesce a fare assolvere Radamès. Anzi, ad un certo punto, disperata, rivolta ai Sacerdoti, constata “E li chiamano Ministri del Ciel” !    

E’ giusto ricordare, ad ogni modo, che, nel duetto del II atto, Amneris si comporta in modo viscido per arrivare a scoprire il vero sentimento di Aida verso Radamès. 

E’ la figlia del Faraone; è convinta di potere avere tutto (rivolta ad Aida: “Son tua rivale, figlia dei Faraoni”), ma anche lei è infelice come tantissimi esseri “mortali” e il suo amore per Radamès non è corrisposto.   

Anche Amneris soffre del suo amore: desiderio e vendetta lottano dentro di lei e nel IV atto si colgono i suoi pensieri:

< L’aborrita rivale a me sfuggia…  Dai Sacerdoti Radamès attende dei traditor la pena. Traditore  egli non è… 

< A morte! A morte!… Oh! che mai parlo? Io l’amo, Io l’amo sempre… Disperato, insano  è  quest’amor che la mia vita strugge. Oh! s’ei potesse amarmi! Vorrei salvarlo. E come?  

Si tenti! Guardie: Radamès qui venga.
Le Guardie conducono Radamès da Amneris:

< Già i Sacerdoti adunansi arbitri del tuo fato; pur dell’accusa orribile scolparti ancor t’è dato.

Radamès non vuole vivere da traditore e preferisce morire. Non sa più nulla di Aida e Amneris, che gli confessa il suo amore, gli svela che ella vive ancora, ma gli chiede di non vederla mai più, se vorrà salva la vita.
Radamès non può promettere. 

Continua il duetto tra Radamès e Amneris:

Radamès: 

< E’ la morte un ben supremo se per lei morir m’è dato; nel subir l’estremo fato gaudii immensi il cor avrà; l’ira umana più non temo,

Amneris: 

< Ah! chi ti salva?  De’ miei pianti la vendetta  or dal ciel si compirà.  

(Radamès parte circondato dalle Guardie, Amneris cade desolata su di un sedile.) 

Ramfis:  

E’ il gran sacerdote.

E’ il primo personaggio che appare, nell’opera, subito prima di Radamès.

Le sue decisioni sono importanti e, nel secondo atto, non è completamente d’accordo con la richiesta di Radamès, per cui acconsente alla liberazione dei prigionieri etiopi, salvo Aida e il padre, perché gli Etiopi – per lui – “la vendetta hanno nel cuor” e “correranno all’armi ancor”.

ATTO II: SCENA TRIONFALE 

Il popolo acclama e, grato della vittoria, glorifica l’Egitto (ossia, la Patria), Iside (la Divinità) e, subito dopo, colui che li governa (il Re). 

E il Re e l’Egitto vengono avvicinati alla luce.

Il coro inneggia all’Egitto trionfatore:
< Gloria all’Egitto, ad Iside  che il sacro suol protegge! Al Re che il Delta regge inni festosi alziam!
Gloria! Gloria! Gloria!  – Gloria al Re!  

< L’inno del popolo: come d’intorno al sole danzano gli astri in ciel! Inni festosi alziam al Re,  alziamo al Re. 

“Nel fortunato dì”: si annuncia la marcia trionfale: e, dinanzi al Re sfilano i soldati Egiziani, le fanfare, i carri di guerra, le insegne, le statue degli Dei e le danzatrici con i tesori.   


Aida, scorge il padre, gli muove incontro e lo abbraccia, ma lui le raccomanda: “Non mi tradir” (ossia, “Non fare sapere che io sono il Re etiope). 

Amonasro, Aida, il popolo, i prigionieri supplicano il Re:
< Ma tu, Re, tu signore possente, a costoro ti volgi clemente;  oggi noi siam percossi dal Fato,  … ma doman voi potria il Fato colpir.

I Sacerdoti lo esortano così:
< Struggi, o Re, queste ciurme feroci, chiudi il core alle perfide voci; fur dai Numi votati alla morte, or de’Numi si compia il voler!


Radamès è fiero, dolce, innamorato, nonostante il suo desiderio di potere; osserva il volto di Aida e prigionieri:
< Il dolor che in quel volto favella  al mio sguardo la rende più bella; ogni stilla del pianto adorato  nel mio petto ravviva l’amor. 

 

I PERDENTI e I VINCENTI: 

Amneris perde l’amore di Radamès.
Amonasro perde la vita e la Patria.

Aida e Radamès perdono la vita sulla Terra, ma la loro vita e il loro amore continuano in Cielo: loro sono i vincenti.  

 

AIDA: opera drammatica, è di tipo militare e mistico, dove il potere – effettivamente – appartiene ai sacerdoti, dove  l’amore dei tre giovani Aida-Amneris-Radamèsrisalta  e dove ci informa sulla Religione, sulla Storia e sull’Arte dell’Antico Egitto. 

AIDA: opera colossale, magnifica, meravigliosa, affascinante.


Battuto al computer da Lauretta 

 







Il tenore MARIO DEL MONACO canta “SE QUEL GUERRIER IO FOSSI … CELESTE AIDA”:

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SU DEL NILO AL SACRO LIDO:



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SCENA e MARCIA TRIONFALE:



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SCENA DEL NILO “ QUI, RADAMES VERRA’ “:



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Il tenore LUCIANO PAVAROTTI e il soprano MARIA CHIARA cantano il duetto finale “O TERRA ADDIO”:

 

ADRIANA LECOUVREUR di Francesco Cilea

  • Maggio 27, 2023 at 2:41 pm

L’opera è tratta dal dramma “ADRIENNE LECOUVREUR” di Eugène Scribe e Ernest Legouvé con il libretto in 4 atti di Arturo Colautti.

Prima rappresentazione: Teatro “Lirico” di Milano, 6 novembre 1902, sotto la Direzione Orchestrale di Cleofonte Campanini, con Angelica Pandolfini, Enrico Caruso e Giuseppe De Luca.

 

Personaggi:

Maurizio, conte di Sassonia (tenore)
Il principe di Bouillon (basso)
L’abate di Chazeuil (tenore)
Michonnet, direttore di scena alla Comédie Française (baritono)
Quinault, socio della Comédie (basso)
Poisson, idem (tenore)
Un maggiordomo (tenore)
Adriana Lecouvreur della Comédie (soprano)
La principessa di Bouillon (mezzosoprano)
Mad.lle Jouvenot, socia della Comédie (soprano)
Mad.lle Dangeville, idem (mezzosoprano)
Una cameriera (comparsa)
Dame – Signori – Comparse – Servi di scena – Valletti (coro)    Balletto

 

Primi interpreti:   

Adriana Lecouvreur (soprano) Angelica Pandolfini,
Maurizio, Conte di Sassonia (tenore) Enrico Caruso
Michonnet, direttore di scena alla Comédie Française (baritono) Giuseppe De Luca 
Direttore: Cleofonte Campanini

 

Trama:

Epoca storica: Parigi, nel marzo del 1730


Atto I: Nel foyer della Comédie-Française. 

Sta per iniziare la rappresentazione di “Bajazet” di Racine, e il direttore di scena Michonnet è in grande movimento per le aspettative: nel medesimo lavoro tragico, sono presenti Adriana Lecouvreur e Mademoiselle Duclos (quest’ultima è protetta dal Principe di Bouillon). 

Mentre il sospettoso Principe di Bouillon visita le quinte per sapere come si  comporta la “sua” Duclos,  lo stesso Michonnet vorrebbe dichiararsi ad Adriana e spiegarle che ha deciso di sposarsi avendo ricevuto una piccola eredità, ma rimane deluso perché Adriana, a sua volta, gli confida che anche lei è innamorata.

Maurizio è il Conte di Sassonia in persona che vuole rimanere anonimo. 

Festino nel villino dell’attrice”: gli attori della “Comédie” sanno che la Duclos ha fatto da tramite per la moglie del protettore, la Principessa di Bouillon.

Adriana non lo conosce il Conte e desidera ottenere che il suo alfiere venga promosso e protetto, per cui si incontreranno dopo lo spettacolo: Maurizio riceve dall’attrice un mazzetto di violette (“La dolcissima effigie”).

L’Abate e il Principe di Bouillon fanno recapitare il biglietto scritto dalla Duclos, e organizzano ‘Un gaio ascolta commosso Adriana in scena’ (“Ecco il monologo”); Maurizio non potrà incontrare Adriana alla fine dello spettacolo e, durante l’intervallo, il Principe invita tutta la compagnia degli attori al villino della Duclos. 

Adriana è felice di sapere che è invitato anche il Conte di Sassonia, per cui accetta, sperando di poter parlare per perorare la causa del “suo” alfiere. 

 

Atto II: Il nido della Grange-Batelière, il villino della Duclos.   

Qui, la Principessa di Bouillon aspetta ansiosa Maurizio (“Acerba voluttà”).
Il Conte porta al petto le violette ricevute da Adriana: per non fare ingelosire la Principessa, finge che siano un omaggio per lei.
La Principessa parla dei nemici potenti che contrastano l’ascesa del Conte al trono di Polonia e vogliono l’arresto di chi pretende.
Maurizio vorrebbe partire, ma viene trattenuto dalla Principessa che, nuovamente ingelosita, vuole sapere il nome della nuova amante, ma l’arrivo improvviso del Principe, dell’Abate Chazeuil e degli attori interrompe la discussione (la donna si nasconde in uno stanzino).

Adriana giunge mentre l’Abate prepara il salone per la cena.
A lei viene presentato il Conte di Sassonia: grande sorpresa dell’attrice, ma i due si riappacificano (“Ma dunque è vero?”).

Michonnet deve assentarsi per discutere di una nuova parte con la Duclos.
L’Abate lascia intendere che la Duclos si trovi nascosta nello stanzino: Maurizio svela la verità ad Adriana che, per amor suo, aiuta “quella persona” a uscire dalla villa non riconosciuta.
Michonnet non farà entrare nessuno nella stanza.

Al buio, Adriana bussa alla porta dello stanzino, che si apre solo dopo che viene pronunciato il nome di Maurizio (“Sia! Non risponde”): le chiavi ricevute dallo stesso Principe vengono consegnate da Adriana alla donna misteriosa.
La Principessa, riconoscente, cerca invano di scoprire l’identità della sua salvatrice.
La Principessa teme che Adriana sia una sua rivale.
Le due donne rivendicano i propri diritti sul Conte ma, nel fuggire, la Bouillon perde un braccialetto che viene consegnato ad Adriana.

 

Atto III: A palazzo Bouillon. 

Qui, si sta per tenere un galà a cui sarà presente Adriana.
Assieme all’Abate, la Principessa cerca di conoscere l’identità della sua salvatrice sconosciuta.
Il Principe ordina di custodire con cura la “polvere di successione”, un veleno così potente che il solo respirarlo provoca la morte.
L’Abate inorridisce, ma la Principessa ascolta interessata.

La Principessa crede di riconoscerne la voce di Adriana e parla con astuzia circa Maurizio, per cui Adriana impallidisce, ma gioisce quando lo vede sano e salvo: a lui viene chiesto di raccontare una delle sue imprese militari (“Il russo Menscikoff”).
La Principessa è quasi certa del tutto, e Adriana inizia a sospettare, vedendo il Conte colloquiare con lei.

“Il giudizio di Paride” è il balletto che viene eseguito nella grande sala e tutti si domandano di chi fosse il braccialetto rinvenuto nel nido della Duclos, dopodiché Adriana mostra il braccialetto della Principessa, che viene riconosciuto dal Principe.
Le due donne si riconoscono e la Principessa, chiede – in segno di scherno – che l’attrice reciti qualcosa per il pubblico.
Adriana risponde alla sfida, declamando il “Monologo del richiamo” dalla “Fedra” di Racine.
Durante le ultime parole (“Come fanno le audacissime impure cui gioia è tradir”) indica la Principessa, che giura di vendicarsi mentre il pubblico applaude.

 

Atto IV: La casa di Adriana.   

Adriana non recita più da tempo: è delusa dall’amore.
E’ consolata dal solo Michonnet.

Si sente un po’ meno depressa a seguito di una visita dei suoi colleghi della Comédie, che le raccontano che la Duclos ha definitivamente abbandonato il Principe.
La supplicano di tornare in scena e Adriana acconsente, però si turba nel ricevere un cofanetto che sembra provenire da Maurizio.
Lo apre e viene colta da un breve malore, oltre a trovarvi – addolorata – il mazzo di violette che aveva donato a Maurizio.
Le sembra un gesto scortese, bacia e annusa ancora i fiori; dopodiché, li getta nel fuoco (“Poveri fiori”), convinta che la sua storia d’amore sia proprio finita.
Michonnet osserva che tale consegna può esserle stata fatta solo da una donna gelosa, dal momento che egli stesso aveva avvisato Maurizio, che si presenta in quello stesso istante.

Adriana è ancora offesa, ma è lieta di rivedere l’amato da cui riceve una proposta di matrimonio (“No, la mia fronte”). Ma Adriana inizia ad accusare un malore, e subito dopo inizia a delirare, convinta di essere a teatro, durante un suo spettacolo.
Il Conte, turbato, intuisce con Michonnet la verità: i fiori contenuti nel cofanetto, avvelenati, chiaramente erano stati inviati dalla Principessa di Bouillon. 

Non c’è rimedio, e i due assistono indifesi alla morte di Adriana (“Ecco la luce”).

 


Brani noti:

Io son l’umile ancella, romanza di Adriana (Atto I)
La dolcissima effigie, romanza di Maurizio (Atto I)
Ecco il monologo, romanza di Michonnet (Atto I)
Acerba voluttà, aria della Principessa (Atto II)
L’anima ho stanca, romanza di Maurizio (Atto II)
Sia! Non risponde, duetto tra Adriana e la Principessa (Atto II)
Il russo Menscikoff, romanza di Maurizio (Atto III)
Giusto Cielo! che feci in tal giorno?, monologo di Adriana (Atto III)
Intermezzo sinfonico (Atto IV)
Poveri fiori, romanza di Adriana (Atto IV) 

 

Incisioni note con:   

Giuseppina Cobelli, Lina Cavalieri, Mafalda Favero, Renata Tebaldi e, nel nostro tempo recente, con Leyla Gencer, Montserrat Caballé, Joan Sutherland, Raina Kabaivanska, Daniela Dessì, ma Magda Olivero è stata “l’Adriana” che Cilea riteneva ideale.   

 

LE RIFLESSIONI di Lauretta:

Adrienne Lecouvreur è una grande figura storica: è attrice come Mademoiselle Duclos (Marie-Anne de Châteauneuf), presso la “Comédie-Française” e l’ha sorpassata per avere reso la propria recitazione più attuale, nel suo tempo.

Nel marzo del 1730, muore e sembra che sia stata diffusa la voce secondo la quale la Principessa di Bouillon, l’avrebbe avvelenata, avendo entrambe, la relazione con Maurizio Ermanno, Conte di Sassonia.

Cilea, deciso a trarre un’opera da Adrienne Lecouvreur di Scribe e Legouvé, così spiega: «Fra i tanti lavori che lessi in quel tempo, mi colpì quello di Scribe e Legouvé. La varietà dell’azione che potevano offrirmi situazioni nuove ed eleganti, la fusione della commedia e del dramma nella cornice dell’ambiente settecentesco (che conoscevo bene), il passionale amore della protagonista toccarono il mio cuore e accesero la mia fantasia».

La musica ha lo stile tipico di Cilea, stile legato alla scuola napoletana, ma con influenza di Massenet e della tradizione francese.

La prima assoluta dell’opera consegue un enorme successo. 

Viene rappresentata in Italia e all’Estero ma, a partire dal 1910, l’opera viene un po’ lasciata in disparte. 

Dopo tagli e cambiamenti, dagli anni ‘30 in poi, Adriana Lecouvreur rientra fermamente in repertorio.

 

“ADRIANA LECOUVREUR”: è un’opera lirica molto fine, elegante e delicata che tratta una storia di amori, di intrighi, di potere, di odio, di morte; è un’opera che parla anche del drammaturgo Racine e del suo “Bajazet”, che mostra il bellissimo balletto mitologico del III atto (“Il giudizio di Paride”). 

 

Adriana Lecouvreur:

Lei, la protagonista, è una donna con l’intelligenza e la sensibilità proprie degli artisti ma, anche, determinata: come esempio da citare è il tenere testa alla Principessa di Bouillon accettando di recitare il monologo di Fedra e indicandola col dito, al termine. 

Può rivaleggiare – in campo amoroso – con la Principessa di Bouillon ma, Maurizio di Sassonia, alla fine, sceglie proprio Adriana.

Anche ad Adriana, essere umano con virtù e difetti, succede di provare gelosia e risentimento, ma NON commette atti cattivi: anzi, AIUTA la donna che non conosce, avendone, in cambio, la morte.

Un esempio della sua buona disposizione verso Maurizio: rimane molto sorpresa quando viene a conoscenza che lui non è l’alfiere di cui è innamorata, ma il Conte; lo perdona per il sotterfugio, però SA comprendere e giustificare il voler vivere in incognito per motivi politici.

Adriana muore proprio quando Maurizio, superata finalmente la sua fragilità-“dipendenza” verso la Principessa di Bouillon, le rivolge la domanda di matrimonio, superando la differenza sociale.

 

La Principessa di Bouillon e il suo operato:

Risulta chiaro che, nonostante – in quell’epoca vigessero usi e modi di pensare secondo l’educazione, la mentalità e le leggi del tempo – si tratta di OMICIDIO PREMEDITATO FREDDAMENTE da parte della Principessa di Bouillon: ai giorni nostri, sarebbe CONDANNABILE PENALMENTE perché si tratta di un CRIMINE, provocato da una PERCENTUALE ALTA di GELOSIA, per cui il DISTURBO PSICHICO è dovuto ad INSICUREZZA nata nella “notte dei tempi”.

La Principessa di Bouillon NON è innamorata di Maurizio, in quanto la gelosia – in generale – NON è indice di amore, dal momento che è una reazione emotiva alla PAURA di perdere la persona che si ama: infatti, da persona gelosa, è convinta che la persona amata le appartenga, pur volendole molto bene.

La Bouillon NON SA di avere un senso di possesso dell’amore; la Bouillon, idem, inconsciamente, ritiene che la presenza di Maurizio la faccia sentire bene. 

Tutto questo a causa della sua già citata INSICUREZZA.

La gelosia è il segnale di un timore forte che – inconsciamente – “ci comunica” che esiste un pericolo, ossia quello di perdere il sentimento della persona amata, perdita dovuta ad altri. 

Solitamente, la gelosia provoca un sentimento di abbandono, di esclusione e, di conseguenza, molto dolore. 

Però, se questo segnale di pericolo lo si conosce, la cosa può risultare utile e portare a migliorare il proprio comportamento. Questo sentimento è sempre stato presente in tutte le civiltà ed è presenziato in opere liriche, in canzoni, in romanzi, …

Sotto l’aspetto psicologico, la Principessa di Bouillon è, certamente, un personaggio interessante.  

 

Michonnet:

È un essere generoso e paziente, in genere, specialmente nel I atto, dove viene “strapazzato” per la vicinissima rappresentazione del lavoro di Jean Racine, lavoro per il quale si nutrono grandissime aspettative da parte di tutti che vogliono anche giudicare la differenza recitativa fra Adriana e la Duclos.

E’ capace di commuoversi ascoltando Adriana nel famoso “assolo”: “Ecco il monologo”.

Michonnet, con Maurizio, deduce che i fiori avvelenati con la “polvere” sono stati fatti recapitare ad Adriana dalla Principessa di Bouillon.

E’ da considerare che Michonnet è arguto, dal momento che egli stesso aveva capito che “tale consegna può esserle stata fatta solo da una donna gelosa” e che aveva già avvisato Maurizio, che un individuo si presenterà.

Michonnet ama davvero Adriana: si tratta di amore puro, vero, sotto tutti gli aspetti; forse, si potrebbe definire addirittura Amore verso il Prossimo.

Michonnet: senza dubbio, un grande personaggio. 

 

Maurizio di Sassonia:

Personalità “dipendente”.
Infatti, non sa staccarsi dal dominio che la Principessa di Bouillon esercita su di lui (una specie di complesso edipico da parte di Maurizio verso la sua protettrice) che, inconsciamente, arriva a procurargli una certa stanchezza psicologica (”L’anima ho stanca”).   



Il Principe di Bouillon:

Possiede “il controllo”, “il potere” conferitogli dal suo rango, il potere egoista di un uomo arido… 

Regala il villino e i gioielli alla sua amante di turno …

Ma non sa amare perché il suo interiore è “vuoto”.

 

 

 

Battuto al computer da Lauretta 

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Il soprano MAGDA OLIVERO canta “Io son l’umile ancella”:


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Il tenore MARIO DEL MONACO canta “La dolcissima effigie”:

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Il mezzosoprano ANNA MARIA FICHERA canta “Acerba voluttà”:

 

 

 

 

VIRGINIA ZEANI

  • Maggio 26, 2023 at 10:56 pm

Virginia Zeani, nome d’arte di Virginia Zehan, nasce a Solovăstru il 21 ottobre 1925 e muore a West Palm Beach il 20 marzo 2023.

E’ un soprano rumeno, attivo dagli Anni Cinquanta agli Anni Settanta.

Studia Canto con il soprano Lydia Lipkowska e, poi, con il tenore Aureliano Pertile.

1948: debutta a Bologna come Violetta ne “La traviata”.

Il suo repertorio comprende oltre 70 ruoli, tra cui “I dialoghi delle Carmelitane” di Poulenc, che canta in “prima assoluta”.
La sua più famosa interpretazione è quella di Violetta, che canta in oltre 600 recite.

Si è spenta il 20 marzo 2023.

Cronologia:

1952: al Teatro “La Fenice” di Venezia, canta nella “Sinfonia n. 9” (Beethoven) diretta da Vittorio Gui con Boris Christoff.

1961: è Mimì ne “La bohème” con Giuseppe Di Stefano ed Angelo Nosotti, diretta da Luciano Rosada ed è Violetta Valéry ne “La traviata” nella trasferta al “Teatro Nazionale” a Belgrado, con Luciano Pavarotti e Mario Sereni, diretta da Ettore Gracis,

1964: è “Madama Butterfly”, diretta da Arturo Basile.

1973: canta in “Turandot” di Ferruccio Busoni.

1956: al Teatro “Alla Scala” di Milano, è Cleopatra nella “prima” di Giulio Cesare di Georg Friedrich Händel con Nicola Rossi-Lemeni, Giulietta Simionato, Franco Corelli e Mario Petri, diretta da Gianandrea Gavazzeni,

1957: è Bianca De La Force nella “prima” assoluta de “I dialoghi delle Carmelitane” (opera) con Gianna Pederzini, Scipio Colombo, Nicola Filacuridi, Leyla Gencer, Gigliola Frazzoni, Eugenia Ratti, Fiorenza Cossotto ed Alvinio Misciano, diretta da Nino Sanzogno.

1961: Stella, Olympia, Giulietta ed Antonia nella prima de “I racconti di Hoffmann” con Nicola Rossi Lemeni.

1966: è “Madama Butterfly” nella “prima” con Bruno Prevedi e Giangiacomo Guelfi.

1956: è Marguerite in “Faust” con Giuseppe Valdengo, alla “Wiener Staatsoper”.

1957: è Violetta Valéry ne “La traviata” con Gianni Raimondi e Rolando Panerai, diretta da Herbert von Karajan.

1960: è Micaela nell’opera “Carmen” con Giulietta Simionato e Walter Berry, diretta da André Cluytens.

1965: al “Grand Théâtre di Ginevra” è La jeune fille in “Alissa” di Raffaello de Banfield.

1966: Stella, Olympia, Giulietta, Antonia in “Les contes d’Hoffmann” con Rossi-Lemeni e José van Dam.

1969: è “Aida” nell’opera omonima diretta da Nello Santi.

1966: al “Metropolitan Opera House” è Violetta ne “La traviata” con Robert Merrill e Charles Anthony Caruso, diretta da Georges Prêtre.

1967: è Elena ne “I vespri siciliani” con Eugenio Fernandi, Bonaldo Giaiotti e Paul Plishka.

Vita privata:

E’ sposata dal 1958 con il basso italiano Nicola Rossi-Lemeni, scomparso nel 1991.

Entrambi sono Docenti di Canto all’Università dell’Indiana, contribuendo all’affermazione di diversi noti artisti, tra i quali Vivica Genaux e Sylvia McNair.

Vive a lungo a West Palm Beach, Florida.

 

Repertorio:

Repertorio operistico:

Amina, La sonnambula, Bellini
Elvira, I puritani, Bellini
Leila, I pescatori di perle, Bizet
Micaela , Carmen, Bizet
Margherita, Mefistofele , Boito
Turandot, Turandot, Busoni
Tatjana, Eugenio Onieghin, Čajkovskij
La Contessa, La dama di picche, Čajkovskij
Adriana Lecouvreur, Adriana Lecouvreur, Cilea
La jeune fille, Alissa, De Banfield
Adina, L’elisir d’amore, Donizetti
Miss Lucia Ashton, Lucia di Lammermoor, Donizetti
Linda di Chamounix, Linda di Chamounix, Donizetti
Maria di Rohan, Maria di Rohan , Donizetti
Fedora, Fedora, Giordano
Margherita, Faust, Gounod
Cleopatra, Giulio Cesare in Egitto, Händel
Nedda, Pagliacci, Leoncavallo
Mariella, Il piccolo Marat, Mascagni
Manon, Manon, Massenet
Carlotta, Werther, Massenet
Thaïs, Thaïs, Massenet
Magda, Il console, Menotti
Elisa, Elisa e Claudio, Mercadante
Fiora, L’amore dei tre re, Montemezzi
Zerlina, Don Giovanni, Mozart
Antonia, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Giulietta, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Olimpia, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Stella, I racconti di Hoffmann, Offenbach
Serpina , La serva padrona, Pergolesi
Prima corifea, Assassinio nella cattedrale, Pizzetti
Bianca, I dialoghi delle Carmelitane, Poulenc
La donna, La voce umana, Poulenc
Manon Lescaut, Manon Lescaut, Puccini
Mimì, La bohème, Puccini
Musetta, La bohème, Puccini
Floria Tosca, Tosca, Puccini
Cio-Cio-San, Madama Butterfly, Puccini
Magda de Civry, La rondine, Puccini
Suor Angelica, Suor Angelica, Puccini
Giulia, La scala di seta, Rossini
Rosina, Il barbiere di Siviglia, Rossini
Desdemona, Otello, Rossini
Zelmira , Zelmira, Rossini
Contessa Adele, Il conte Ory, Rossini
Tamara, Il demone, Rubinstein
Alzira, Alzira, Verdi
Lina, Stiffelio, Verdi
Gilda, Rigoletto , Verdi
Violetta Valery, La traviata, Verdi
Duchessa Elena, I vespri siciliani , Verdi
Aida, Aida, Verdi
Desdemona, Otello, Verdi
Elsa, Lohengrin, Wagner
Senta, L’olandese volante, Wagner
Agata, Il franco cacciatore, Weber

Discografia parziale:

Virginia Zeani, 2009 Preiser
Il Mito dell’Opera – Virginia Zeani (Live Recordings 1957-1969), 2013 Bongiovanni
Zeani: Operatic Recital – Virginia Zeani, Decca
Zeani: One Fine Day – The Santa Cecilia Orchestra of Rome/Franco Patané/Virginia Zeani, Mastercorp
Pizzetti: Assassinio nella cattedrale – Ildebrando Pizzetti/Orchestra Sinfonica della RAI Radiotelevisione Italiana di Torino/Nicola Rossi-Lemeni, Milano Dischi
Puccini: Manon Lescaut – Virginia Zeani/Alberto Carusi/Leonida Bergamonti/Flaviano Labò/Guido Pasella/Alberto Rinaldi/Umberto Cattini/Coro e Orchestra del Teatro Municipale di Piacenza, Bongiovanni
Verdi: Rigoletto – Aldo Protti/RAI Symphony Orchestra, Milan/Nino Sanzogno/Nicola Zaccaria/Carlo Zampighi/Virginia Zeani, Bongiovanni
Verdi: La Traviata – The Hamburg Philharmonic State Orchestra/The Hamburg Sate Chorus/Napoleone Annovazzi/Virginia Zeani, 2010 Mastercorp

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

VIRGINIA ZEANI:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:VirginiaZeani.jpg

File:VirginiaZeani.jpg

 

 

 

 

 

 

RICCARDO ZANDONAI

  • Maggio 26, 2023 at 10:03 pm

Riccardo Zandonai nasce a Borgo Sacco di Rovereto il 28 maggio 1883 e muore a Trebbiantico il 5 giugno 1944.

E’ un compositore e direttore d’orchestra italiano.

Inizia i suoi studi con Vincenzo Gianferrari, presso la Scuola Musicale della sua città.

1898-1901: prosegue gli studi con Pietro Mascagni al Liceo Musicale “Rossini” di Pesaro.

Durante la sua gioventù, compone molte musiche strumentali e vocali che delineano già il suo talento promettente e, oltre che Compositore, Zandonai è costante nella Direzione d’Orchestra.

1935: l’Accademia d’Italia gli conferisce il “Premio Mussolini” per le arti.

1940: viene nominato Direttore del Conservatorio di Pesaro.

All’epoca della morte, risiede nel Convento del “Beato Sante di Mombaroccio”, dove è sfollato a seguito del sequestro della sua abitazione da parte dei Nazisti.

1944: muore mentre è degente nell’ospedale di Trebbiantico, a causa delle complicanze di un’operazione urgente a cui si era sottoposto per rimuovere dei calcoli biliari.
1947: terminata la guerra, la salma viene trasportata a Rovereto e tumulata nel Cimitero di Borgo Sacco.

A seguito del contatto con gli ambienti musicali di Milano, Zandonai inizia la sua fortunata carriera di Compositore Teatrale:

. Torino, 1908: la sua prima opera è “Il grillo del focolare” (tratto dal lavoro di Charles Dickens).

. Milano 1911: un’opera di maggior successo è “Conchita” (di ambientazione spagnola, è tratta dal romanzo di Pierre Louÿs, “La Femme et le pantin”).

. Torino 1914: “Francesca da Rimini” (su libretto di Gabriele D’Annunzio, è il suo lavoro più conosciuto e più rappresentato).

. Roma, 1922: “Giulietta e Romeo” (ardente e passionale lavoro tratto dal celebre dramma di Shakespeare).

. Milano 1925: “I cavalieri di Ekebù” (da “La saga di Gösta Berling” di Selma Lagerlöf; opera diretta, in prima esecuzione, da Arturo Toscanini al Teatro “La Scala”, raccoglie grande e duraturo successo nel Nord Europa per merito dell’efficace rappresentazione di atmosfere tipiche della sensibilità nordica.

Altre opere teatrali di Zandonai sono:

. “La coppa del re” (1906, non rappresentata).
. “L’uccellino d’oro” (Rovereto, 1907).
. “Melenis” (Teatro “Dal Verme” di Milano, 13 novembre 1912, diretta da Ettore Panizza con Giovanni Martinelli; non ottiene successo).
. “La via della finestra” (Pesaro, 1919).
. “Giuliano” (Napoli, 1928).
. “Una partita” (Teatro “Alla Scala” di Milano, 1933, con Giuseppe Nessi).
. “La farsa amorosa” (Roma, 1933),
. “ll bacio” (Milano, postuma, 1954).

Tali opere sono influenzate dal “Verismo”, in cui Zandonai dimostra di avere una vena melodica fluente sostenuta dalle sue grandi capacità di Orchestratore: da non dimenticare che Zandonai viene profondamente influenzato dai lavori di Wagner, Debussy e Richard Strauss < da cui riprende l’arditezza delle armonie, la cura nella strumentazione e i raffinati impasti coloristici e timbrici >.
Le sue opere esprimono il suo vivo senso teatrale, che gli fa preferire < la caratterizzazione dei singoli personaggi piuttosto che la pittura di ambienti e atmosfere >.

Opere sinfoniche, cameristiche e vocali:

Accanto ai lavori teatrali, Zandonai crea molte composizioni sinfoniche, cameristiche e vocali, meno conosciute ma di valore elevato.

Zandonai è uno strumentatore raffinato e conosce profondamente l’orchestra sinfonica, per cui in grado di comporre poemi sinfonici (“Primavera in Val di Sole”, “Quadri di Segantini”), Musica per il Cinema e Composizioni per Strumento Solista, tra cui il “Concerto romantico per violino e orchestra”.

Nel “Cameristico”, ricordiamo il “Trio-Serenata per pianoforte, violino e violoncello” (del 1943) e vari cicli di “Melodie per canto e pianoforte” su testi di Giovanni Pascoli (tra cui “L’assiuolo”), Antonio Fogazzaro, Ada Negri, Paul Verlaine e Henry Mildmay (“I due tarli”).

Idem, è ampia la produzione di Musiche per Coro, tra cui la suggestiva “Messa da Requiem”.

Produzione musicale:

Opere liriche:

Archivio Storico Ricordi:

. La coppa del re, libretto di Gustavo Chiesa (atto unico – mai eseguita, composta nel 1906 ca.)
. L’uccellino d’oro, libretto di Don Giovanni Chelodi (in 3 atti – prima rappresentazione al Ricreatorio Parrocchiale di Sacco, 13 gennaio 1907)
. Il grillo del focolare, libretto di Cesare Hanau (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Politeama Chiarella di Torino, 28 novembre 1908)
. Conchita, libretto di Maurice Vaucaire e Carlo Zangarini (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano, 14 ottobre 1911)
. Melenis, libretto di Massimo Spiritini e Carlo Zangarini (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Dal Verme di Milano, 13 novembre 1912)
. Francesca da Rimini, libretto di Tito Ricordi II, riduzione della tragedia di Gabriele D’Annunzio (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino, 19 febbraio 1914)
. La via della finestra, libretto di Giuseppe Adami (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Rossini di Pesaro, 27 luglio 1919)
. Giulietta e Romeo, libretto di Arturo Rossato e Matteo Bandello (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro Costanzi di Roma, 14 febbraio 1922)
. I cavalieri di Ekebù, libretto di Arturo Rossato (in 4 atti – prima rappresentazione al Teatro Alla Scala di Milano, 7 marzo 1925)
. Giuliano, libretto di Arturo Rossato (in 2 atti – prima rappresentazione al Teatro San Carlo di Napoli, 4 febbraio 1928)
. Una partita, libretto di Arturo Rossato (atto unico – prima rappresentazione al Teatro Alla Scala di Milano, 19 gennaio 1933)
. La farsa amorosa, libretto di Arturo Rossato (in 3 atti – prima rappresentazione al Teatro dell’Opera di Roma, 22 febbraio 1933)
. Il bacio, libretto di Arturo Rossato e Emidio Mucci (in 3 atti, incompleta – prima rappresentazione postuma alla RAI di Milano, 10 marzo 1954)

 

Altri lavori significativi:

1909 – Serenata medioevale

1914-1918 – Terra nativa:
. Primavera in Val di Sole
. Autunno fra i monti

1919 – Concerto romantico per violino e orchestra
1929 – Ballata eroica
1929 – Fra gli alberghi delle Dolomiti
1930-1931 – Quadri di Segantini
1932 – Il flauto notturno
1934 – Spleen
1934 – Concerto andaluso per violoncello e orchestra
1935 – Colombina, ouverture
1937 – Rapsodia trentina
1940 – Biancaneve, balletto (prima esecuzione al Teatro dell’Opera di Roma, 31 marzo 1951. Coreografia di Guglielmo Morresi)
1943 – Trio-Serenata

 

Discografia selezionata:

. Francesca da Rimini, dir. Franco Capuana, Orchestra e Coro del Teatro Verdi di Trieste, interpreti principali Leyla Gencer (Francesca), Renato Cioni (Paolo il Bello), Anselmo Colzani (Giovanni lo sciancato) – Fonit Cetra 1961 (CD Arkadia 1993)
. Francesca da Rimini, dir. Nello Santi, Orchestre National de France, interpreti principali Ilva Ligabue (Francesca), Ruggiero Bondino (Paolo il Bello), Aldo Protti (Giovanni lo Sciancato) – Rodolphe 1997 (reg. 1976)
. I cavalieri di Ekebù, dir. Gianandrea Gavazzeni, Orchestra e Coro della RAI di Milano, Fiorenza Cossotto (la Comandante), Gina Longobardo Fiordaliso (Anna), Lando Bartolini (Gösta Berling) – Fonit Cetra 1983
. Il bacio, dir. Molinari Pradelli, Pagliughi, Mercuriali – GOP 1954
. Concerto romantico per violino e orchestra (riduzione dell’autore per violino e pianoforte), Margit Spirk, violino, Mario Patuzzi, pianoforte – Alpenland 1983
. Melodie per voce e pianoforte, Alide Maria Salvetta, soprano, Max Ploner, pianoforte – Ricordi 1968
. Trio-Serenata per pianoforte, violino e violoncello, Margit Spirk, violino, Marta Prodi, violoncello, Nicola Sfredda, pianoforte – PM Classic 1987
. Verdi, Puccini, Zandonai: Quartetti per archi, Quartetto di Venezia – Dynamic 2004
. Composizioni da camera e per piccola orchestra, Ensemble Zandonai (dir. G. Guarino), Tactus 2004 (cofanetto 3 CD)

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

RICCARDO ZANDONAI, nel 1935:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Riccardo_Zandonai_(1935)_-_Archivio_Storico_Ricordi_FOTO003142.jpg

File:Riccardo Zandonai (1935) - Archivio Storico Ricordi FOTO003142.jpg

.

FRANCESCA DA RIMINI, “INGHIRLANDATA DI VIOLETTE:

 

 

 

 

 

 

 

 

GIORGIO ZANCANARO

  • Maggio 26, 2023 at 5:46 pm

Giorgio Zancanaro nasce a Verona il 9 maggio 1939.

E’ un Baritono italiano.

I suoi primi anni di lavoro li svolge in Polizia.

Metà Anni Sessanta: si dedica seriamente al Canto, per mezzo dello studio con Maria Pelanda.

1969: vince il “Concorso per Voci Verdiane” di Busseto che gli apre la strada del debutto – per l’anno successivo – a Mantova, come Riccardo de “I Puritani”.

In seguito, canta nei principali teatri italiani, in opere ne “I masnadieri”, “Luisa Miller”, “La traviata”, presenziando come uno dei maggiori baritoni verdiani della sua generazione e con un’attività internazionale che lo porta nei principali teatri di Londra, Parigi, Vienna e Barcellona.

1982: suo importante debutto a “La Scala” come Ford in “Falstaff”.

Negli anni successivi, a “La Scala”, sarà “Guglielmo Tell” (inaugurazione 1988), “Attila”, Monforte ne”I vespri siciliani” (inaugurazione 1989), sotto la direzione di Riccardo Muti.

Idem, 1982: debutta al “Metropolitan Opera” di New York come Renato in “Un ballo in maschera”.

Sempre, nel 1982: canta al “Festival di Orange”, in “Don Carlo”.

1985: è al “Festival di Bregenz” ne “I Puritani”.

Il suo repertorio spazia dal belcanto di “Guglielmo Tell” al Verismo di “André Chénier”, spiccando, in particolare, in quello verdiano: “Rigoletto”, “La forza del destino”, “Il trovatore”.
Suoi altri ruoli: Escamillo in “Carmen”, Ashton in “Lucia di Lammermoor”, Scarpia in “Tosca”.

Si ritira dal Canto dai primi anni 2000.

 

Repertorio:

Vincenzo Bellini
. I puritani (Riccardo)

Georges Bizet
. Carmen (Escamillo)

Gaetano Donizetti
. Lucia di Lammermoor (Lord Enrico Asthon)

Umberto Giordano
. Andrea Chénier (Carlo Gérard)

Ruggero Leoncavallo
. Pagliacci (Prologo, Tonio)

Pietro Mascagni
. Cavalleria rusticana (Compar Alfio)

Giacomo Puccini
. La bohème (Marcello)
. Tosca (Il barone Scarpia)
. Madama Butterfly (Sharpless)
. Il tabarro (Michele)

Gioachino Rossini
. Guglielmo Tell (Guglielmo Tell)

Nino Rota
. Il cappello di paglia di Firenze (Emilio)

Giuseppe Verdi
. Ernani (Carlo V d’Asburgo)
. Nabucco (Nabucodonosor)
. Attila (Ezio)
. I masnadieri (Francesco Moor)
. Luisa Miller (Miller)
. Rigoletto (Rigoletto)
. Il trovatore (Il Conte di Luna)
. La traviata (Giorgio Germont)
. I vespri siciliani (Guido di Monforte)
. Simon Boccanegra (Simon Boccanegra)
. Un ballo in maschera (Renato)
. La forza del destino (Don Carlo di Vargas)
. Don Carlo (Rodrigo)
. Aida (Amonasro)
. Otello (Jago)
. Falstaff (Ford)

Discografia:

. Il cappello di paglia di Firenze con Ugo Benelli, Alfredo Mariotti, Viorica Cortez, Daniela Mazzucato – RCA 1975
. Il trovatore (video) con Raina Kabaivanska, Franco Bonisolli, Giancarlo Luccardi, dir. Bruno Bartoletti – Eurodisc 1975
. Il trovatore con Placido Domingo, Rosalind Plowright, Brigitte Fassbaender, E.Nesterenko, dir. Carlo Maria Giulini – DG 1983
. Don Carlo (DVD) con Luis Lima, Ileana Cotrubas, Robert Loyd, Bruna Baglioni, dir. Bernard Haitink – Castle Vision 1985
. Andrea Chenier con José Carreras, Eva Marton, dir. Giuseppe Patanè – CBS 1985
. La forza del destino con Mirella Freni, Plácido Domingo, Paul Pliska, Sesto Bruscantini, dir. Riccardo Muti – EMI 1986
. Madama Butterfly (DVD) con Yasuko Hayashi, Peter Dvorski, dir. Keita Asart – Pioneer Artist 1986
. Guglielmo Tell con Chris Merritt, Cheryl Studer, Luigi Roni, dir. Riccardo Muti – Philips 1988
. Rigoletto con Daniela Dessì, Vincenzo La Scola, Paata Burchuladze, dir. Riccardo Muti – EMI 1988
. I vespri siciliani con Chris Merritt, Cheryl Studer, Ferruccio Furlanetto, dir. Riccardo Muti – EMI 1989
. Attila (DVD) con Samuel Ramey, Cheryl Studer, Kaludi Kaludov, dir. Riccardo Muti – Fonit-Cetra 1991
. La traviata (DVD) con Edita Gruberová, Neil Shicoff, dir. Carlo Rizzi – Teldec 1992
. Tosca con Carol Vaness, Giuseppe Giacomini, dir. Riccardo Muti – Philips 1992

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

GIORGIO ZANCANARO:

Nessuna descrizione della foto disponibile.

.

DON CARLO di Verdi, “IO MORRO’ MA LIETO IN CORE” (Morte del Marchese di Posa):

.

ATTILA di Verdi, “E’ GETTATA LA MIA SORTE”:

 

 

 

 

 

 

 

 

MARA ZAMPIERI

  • Maggio 26, 2023 at 3:18 pm

Mara Zampieri nasce a Padova il 30 gennaio 1951.

E’ un soprano italiano.

Studia presso il Conservatorio di Padova sotto la guida della Maestra Iris Adami Corradetti.

1974: a Parma, vince il Premio relativo al “Concorso Corale Verdi”
e, dopo la vincita del Concorso “Beniamino Gigli”, a Macerata, debutta a Pavia con “I pagliacci” di Ruggero Leoncavallo.

Stagione Lirica 1977/78: debutta a “La Scala” nell’opera “I masnadieri” di Verdi, autore, di cui, in seguito, sosterrà diversi ruoli operistici.
Importante: la rappresentazione di “Un ballo in maschera” diretta da Claudio Abbado (nella quale Mara Zampieri sostiene il ruolo di Amelia), viene teletrasmessa in tutto il Mondo.

Inizialmente, il suo repertorio comprende le grandi parti di soprano di opere italiane che canta in tutti i principali Teatri d’Opera e Festival d’Europa e dell’America latina.
Da ricordare che canta in “Aida” e in “Norma” all’ “Arena” di Verona.

Canta in “Tosca” al “Covent Garden”.

1979: debutta al fianco di Plácido Domingo presso la “Wiener Staatsoper”.

1991: dopo aver ampliato il suo repertorio, sempre presso la “Wiener Staatsoper”, è la protagonista nell’opera “Salomè” di Richard Strauss.

1994: a Monaco di Baviera, tiene il suo primo “Recital”.
Da allora, si dedica agli spettacoli d’Opera, da Camera ed ai Concerti.

2013/14: per l’Inaugurazione della Stagione Lirica de “La Scala”, la Signora Zampieri ricopre la piccola parte di Annina, ne “La Traviata” (con Diana Damrau).

Presta la sua voce alla primadonna, nel film “E la nave” di Fellini.

 

Repertorio:

Repertorio operistico:   

. Imogene, Il pirata, Bellini
. Norma, Norma, Bellini
. Wally, La Wally, Catalani
. Adriana Lecouvreur, Adriana Lecouvreur, Cilea
. Anna Bolena, Anna Bolena, Donizetti
. Maria Stuarda, Maria Stuarda, Donizetti
. Antonina, Belisario, Donizetti
. Elisabetta I, Roberto Devereux, Donizetti
. Maddalena di Coigny, Andrea Chénier, Giordano
. Fedora, Fedora, Giordano
. Armide, Armide, Gluck
. Praskowja, La vedova allegra, Lehár
. Nedda, Pagliacci, Leoncavallo
. Mamma Lucia e/o Santuzza, Cavalleria rusticana, Mascagni
. Chimène, Le Cid, Massenet
. Elaisa, Il giuramento, Mercadante
. Vitellia, La clemenza di Tito, Mozart
. Emma, Chovanščina, Musorgskij
. Giulietta, Les contes d’Hoffmann, Offenbach
. Anna, Le Villi, Puccini
. Manon Lescaut, Manon Lescaut, Puccini
. Floria Tosca, Tosca, Puccini
. Minnie, La fanciulla del West, Puccini
. Giorgetta, Il tabarro, Puccini
. Herodiade e/o Salome, Salome, Strauss
. Abigaille, Nabucco, Verdi
. Elvira, Ernani, Verdi
. Odabella, Attila, Verdi
. Lady Macbeth, Macbeth, Verdi
. Amalia, I masnadieri, Verdi
. Luisa Miller, Luisa Miller, Verdi
. Lina, Stiffelio, Verdi
. Leonora, Il trovatore, Verdi
. Annina, La traviata, Verdi
. Amelia Grimaldi , Simon Boccanegra, Verdi
. Amelia, Un ballo in maschera, Verdi
. Elisabetta di Valois, Don Carlo, Verdi
. Aida, Aida, Verdi
. Francesca da Rimini, Francesca da Rimini, Zandonai

 

Onorificenze:

. Medaglia d’oro della Croce Rossa Italiana
. La Madalha de Mérito Cultura de Portugal
. 1988 Kammersänger della Wiener Staatsoper
. Membro onorario della Wiener Staatsoper

 

Discografia:

Album dal vivo:

. Verdi: Luisa Miller, diretto da Ken-Ichiro Kobayaschi – Reggio Emilia 11.I.1976
. Verdi: Ernani, diretta da Francesco Molinari Pradelli – Trieste 2.III.1979
. Verdi: Un ballo in maschera, diretta da Claudio Abbado – Milano 31.I.1978
. Mercadante: Il giuramento, diretto da Gerd Albrecht – Wien 9.IX.1979
. Verdi: Attila, diretta da Giuseppe Sinopoli – Wien 21.XII.1980
. Donizetti: Belisario, diretto da Gianfranco Masini – Buenos Aires 31.V.1981
. Puccini: La fanciulla del West, diretta da Lorin Maazel con Domingo/Pons – Milano 1991 Sony
– Verismo heroines – Mara Zampieri, 2014 MYTO

 

Registrazioni in studio:

. Verdi: Macbeth, diretta da Giuseppe Sinopoli con Renato Bruson, Neil Shicoff, Robert Lloyd – Philips (1983)

Battuto al computer da Lauretta

 

 

MARA ZAMPIERI:
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.

UMBERTO GIORDANO, FEDORA: “O GRANDI OCCHI LUCENTI DI FEDE”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ERMANNO WOLF-FERRARI

  • Maggio 26, 2023 at 2:37 pm

Ermanno Wolf-Ferrari nasce a Venezia il 12 gennaio 1876 e muore a Venezia il 21 gennaio 1948.

E’ un compositore italiano.

Nasce a Venezia da padre tedesco e da madre italiana con il nome di Ermanno Wolf dopodiché, nel 1895, aggiunge al proprio cognome quello materno, Ferrari.

Per Wolf-Ferrari la Musica non è il suo interesse primario (infatti, da bambino desidera diventare un pittore, proprio come il padre e il fratello Teodoro), ma studia Musica fin dalla prima infanzia e, la sua formazione musicale, si svolge tra Venezia e Monaco di Baviera, dove si rende conto del proprio futuro di compositore.

Lascia il Conservatorio di Monaco all’età di 19 anni e ritorna a Venezia, dove lavora come Maestro di Coro e conosce Arrigo Boito e Giuseppe Verdi.

L’esito della sua opera “Cenerentola” è infelice e spinge Wolf-Ferrari a soggiornare nuovamente a Monaco.

Il proprio stile operistico lo rinnova progressivmente osservando i suoi modelli: Mozart e Rossini; sono loro per la loro leggerezza, ma anche la tarda esperienza verdiana, in particolare, quella dell’opera “Falstaff”.

E’ impegnato per circa trent’anni come Operista: l’incontro con il Teatro di Carlo Goldoni è molto fortunato, da cui traspone in musica “Le donne curiose” (1903), “I quatro rusteghi” (1906), “La vedova scaltra” (1931) ed “Il Campiello” (1936).
In queste opere, Wolf-Ferrari rappresenta il Settecento come modello di eleganza, compostezza ed equilibrio formale: ossia, i motivi principali del loro successo conseguito nei teatri di tutto il Mondo.

E’ Direttore d’Orchestra, al Teatro “Coccia” di Novara, ne “La forza del destino” di Verdi.

Negli ultimi anni di vita, Wolf-Ferrari sceglie di dedicarsi soprattutto alla produzione strumentale.

Nonostante la “Seconda Scuola” di Vienna, emerge un senso di spontanea cantabilità e trasparenza, per cui scrive pagine come la “Suite Concertino per fagotto e orchestra”, del 1932 e l’ “Idillio-Concertino per oboe, due corni e archi”.
1936: nascono la “Suite Veneziana” e un “Trittico per orchestra”.

Anni della Seconda Guerra Mondiale: vengono creati il “Concerto per violino” e il “Concerto per violoncello” (1944).
E’ da ricordare, nell’ultimissimo periodo di vita del Musicista, un’interessante composizione “Piccolo Concerto per corno inglese, due corni e archi” (del 1947), un anno prima del suo decesso, a Venezia in “Palazzo Malipiero”, in cui trascorre gli ultimi anni della sua vita, ricevendo le visite dei suoi moltissimi estimatori.

 

Composizioni:

< Negli ultimi anni è in corso un recupero della sua musica strumentale da parte del Pianista Costantino Catena, che ha registrato le sue “Opere per Pianoforte”, le “Sonate per violino e pianoforte”, la “Sonata per violoncello e pianoforte” e il “Quintetto per pianoforte” per l’etichetta “Brilliant Classics”.

< Il lavoro di Wolf-Ferrari non è eseguito molto frequentemente (ad eccezione di molte delle sue Ouvertures e del suo intermezzo da “I gioielli della Madonna”) sebbene egli sia generalmente considerato il miglior scrittore di opere comiche italiane del suo tempo. Le sue opere ricordano spesso l’opera buffa del Settecento, ma egli scrisse anche opere più ambiziose alla maniera di Pietro Mascagni.

 

Opere liriche:

. Irene, composta nel 1895–6, ma non rappresentata
. La Camargo, Maria Pezzé Pascolato, da Alfred de Musset, composta nel 1897, ma non pubblicata
. Cenerentola (più tardi riveduta come Aschenbrödel), fiaba musicale, 3 atti, Maria Pezzè Pascolato, da Charles Perrault, 22 febbraio 1900, Venezia, Teatro La Fenice
. Le donne curiose (Die neugierigen Frauen), 3 atti, Luigi Sugana, da Carlo Goldoni, 27 novembre 1903, Monaco di Baviera, Residenztheater
. I quatro rusteghi (Die vier Grobiane), 3 atti, Luigi Sugana e Giuseppe Pizzolato, da Carlo Goldoni, 19 marzo 1906, Monaco di Baviera, Hoftheater
. Il segreto di Susanna (Susannens Geheimnis), intermezzo, 1 atto, Enrico Golisciani, 4 dicembre 1909, Monaco di Baviera, Hoftheater
. I gioielli della Madonna (Der Schmuck der Madonna), 3 atti, Enrico Golisciani e Carlo Zangarini, 23 dicembre 1911, Berlino, Kurfürstenoper
. L’amore medico (Der Liebhaber als Arzt), 2 atti , Enrico Golisciani, da L’amore medico di Molière , 4 dicembre 1913, Dresda, Semperoper
. Gli amanti sposi, opera giocosa, 3 atti, Luigi Sugana, Giuseppe Pizzolato, Enrico Golisciani e Giovacchino Forzano, da Il ventaglio di Carlo Goldoni (1765), 19 febbraio 1925, Venezia, Teatro La Fenice
. Das Himmelskleid (La veste di cielo), leggenda , 3 atti, proprio, da Pelle d’asino di Charles Perrault, 21 aprile 1927, Monaco di Baviera, Nationaltheater
. Sly, 3 atti, Giovacchino Forzano, da La bisbetica domata di Shakespeare, 29 dicembre 1927, Milano, Teatro alla Scala
. La vedova scaltra, 3 atti, Mario Ghisalberti, da Carlo Goldoni, 5 marzo 1931, Roma, Teatro dell’Opera
. Il campiello, commedia lirica, 3 atti, Mario Ghisalberti, da Carlo Goldoni, 12 febbraio 1936, Milano, Teatro Alla Scala
. La dama boba, commedia lirica , 3 atti, Mario Ghisalberti, da Lope de Vega,16 giugno 1937, Magonza, Stadttheater
. Gli dei a Tebe (Der Kuckuck in Theben), 3 atti, Mario Ghisalberti, da Ludwig Strecker, 4 giugno 1943, Hannover, Staatsoper

 

Musica vocale:

. Otto cori (1898)
. La sulamite, canto biblico in due parti per soli, coro, orchestra e organo op. 2 (1898)
. Talitha Kumi (La figlia di Giairo), oratorio per tenore, 2 baritoni, coro e orchestra op. 3 (1900). Dall’episodio detto Talitha kumi del Vangelo secondo Marco
. Quattro rispetti per voce e pianoforte op. 11 (1902)
. Quattro rispetti per voce e pianoforte op. 12 (1902)
. La vita nuova, cantica su parole di Dante per soprano, baritono, coro e orchestra op. 9 (1905 al Teatro La Fenice di Venezia con Giuseppe Pacini)
. Canzoniere: 44 rispetti, stornelli ed altri canti su versi popolari toscani, per voce e pianoforte op. 17 (1936)
. La passione, su testi tradizionali toscani, per coro op. 21(1939); anche per voce e pianoforte (1940)

 

Musica da camera:

. Quintetto per archi (1894)
. Sonata n.1 per violino e pianoforte op. 1 (1895)
. Trio n.1 per pianoforte, violino e violoncello in re maggiore op. 5 (1898)
. Quintetto con pianoforte op. 6 (1900)
. Trio n.2 per pianoforte, violino e violoncello in fa diesis maggiore op. 7 (1900)
. Sinfonia da camera per archi e fiati con pianoforte obbligato op. 8 (1901)
. Sonata n.2 per violino e pianoforte op. 10 (1901)
. Quartetto per archi op. 23 (1940)
. Quintetto per archi op. 24 (1942)
. Sonata per due violini e pianoforte op. 25 (1943)
. Sonata n.3 per violino e pianoforte op. 27 (1940 ca.)
. Sonata per violoncello e pianoforte op. 30 (1945)
. Trio per archi op. 32 (1945)
. Duo per viola d’amore (o viola da gamba) e violino (o violoncello) op. 33 (1946)
. Introduzione e balletto per violino e violoncello op. 35 (1946)

 

Musica sinfonica:

. Serenata per archi (1893)
. Idillio-concertino per oboe, due corni e archi op. 15 (1933)
. Suite-concertino per fagotto, due corni e archi op. 16 (1933)
. Suite veneziana, per piccola orchestra op. 18 (1936)
. Trittico op. 19 (1936)
. Divertimento in re op. 20 (1937)
. Arabeschi op. 22 (1940)
. Concerto in re maggiore op. 26 per violino e orchestra (1943). Dedicato a Guila Bustabo
. Symphonia brevis op. 28 (1947)
. Concerto per violoncello (Invocazione) op. 31 (1944)
. Concertino per corno inglese, due corni e archi op. 34 (1947)
. Chiese di Venezia (1948, orchestrazione incompleta)

 

Musica pianistica:

. Sei pezzi facili (1898)
. Tre Impromptus op. 13 (1904)
. Tre pezzi op. 14 (1905)

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

ERMANNO WOLF-FERRARI:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ermanno_Wolf-Ferrari.jpg

File:Ermanno Wolf-Ferrari.jpg

.

I QUATRO RISTEGHI, INTERMEZZO:  https://youtu.be/su8nEthSxvg

WOLFGANG WINDGASSEN

  • Maggio 25, 2023 at 5:57 pm

Wolfgang Windgassen nasce ad Annemasse il 26 giugno 1914 e muore a Stoccarda l’8 settembre 1974.

E’ un tenore tedesco.

1941: canta a Pforzheim.

1945: passa all’ “Opera” di Stoccarda, dove rimane fino al 1972.

Si esibisce frequentemente a Bayreuth come interprete degli eroi wagneriani, però il suo repertorio comprende anche opere di Gluck, Weber, Puccini, Strauß, Hindemith.

E’ stato riferito che:
< Con una voce di suadente metallo ben timbrato, di ampia duttilità di emissione e di finissima sensibilità, raggiunse esiti suggestivi anche nei vigorosi passaggi drammatici.
Secondo il critico Elvio Giudici, la sua massima prova la diede nella “Tetralogia” diretta da Georg Solti, interpretando il ruolo di Siegfried >.

1951: da tale anno, debutta sulla scena di Bayreuth che domina letteralmente fino al 1970, interpretando tutti i principali eroi wagneriani

1953: per la prima volta ricopre il ruolo di Siegfried che, dopo le gigantesche interpretazioni dei suoi predecessori Max Lorenz e Lauritz Melchior, diventa suo fino al ritiro.

Secondo la Critica: < Con Windgassen il personaggio di eroe facilone acquisisce sensibilità e candore giovanili, profondità psicologica e malinconia sulla quale “strada” si inseriranno buona parte dei principali cantanti wagneriani del futuro (René Kollo e soprattutto Siegfried Jerusalem) >.

Sue partner femminili protagoniste sono soprattutto Martha Mödl (Kundry e Brünnhilde) e Astrid Varnay (la Brünnhilde di una generazione) prima, Birgit Nilsson (Brünnhilde e Isolde) poi.

Windgassen è considerato il più importante tenore wagneriano del Dopoguerra e tra i più grandi di tutti i tempi per voce, capacità interpretativa e recitazione.

Col Direttore d’orchestra Karl Böhm realizza alcune delle sue più importanti registrazioni (vedere discografia), Direttore che dice:
«Windgassen aveva tutte le doti: sensibilità, presenza scenica, intrinseche doti canore e intelligenza.»

Estremamente efficace e suggestiva, ma poco conosciuta, è la sua unica interpretazione di “Otello” (cantato in lingua tedesca).

Discografia ragionata:

. Wagner, L’anello del Nibelungo – Solti/WPO/Nilsson/Windgassen (Sigfrido ed Il crepuscolo degli dei), 1962/1984 Decca – Grammy Hall of Fame Award 1998
. Rienzi, nel ruolo omonimo (Matačić 1957)
. L’olandese volante, nel ruolo di Erik (Knappertsbusch 1955)
. Lohengrin, nel ruolo omonimo (Keilberth 1953 e Jochum 1954)
. Tannhäuser, nel ruolo omonimo (Cluytens 1955, Sawallisch 1962, Gerdes 1970)
. L’oro del Reno, nel ruolo di Loge (Furtwängler 1953 e Böhm 1966)
. La valchiria, nel ruolo di Siegmund (Furtwängler 1953 e Knappertsbusch 1956)
. Sigfrido, nel ruolo omonimo (Keilberth 1953, Krauss 1953, Keilberth 1955, Solti 1962 e Böhm 1966)
. Il crepuscolo degli dei, nel ruolo di Siegfried (Keilberth 1953, Krauss 1953, Keilberth 1955, Solti 1964 e Böhm 1967)
. Tristano e Isotta, nel ruolo di Tristan (Böhm/Nilsson/Windgassen/Heater 1966) Deutsche Grammophon
. I Maestri cantori di Norimberga, nel ruolo di Walther (Cluytens 1956 e Knappertsbusch 1960)
. Parsifal, nel ruolo omonimo (Knappertsbusch 1951, 1952, 1954 e 1963)

In ruoli non wagneriani:

. Pelléas et Mélisande, nel ruolo di Pelléas (Wetzelsberger 1948)
. Fidelio, nel ruolo di Florestan (Furtwängler 1953)
. Euryanthe, nel ruolo di Adolar (Leitner 1954)
. Otello, nel ruolo omonimo (Quadri 1965)
. Il pipistrello – Böhm/Janowitz/Windgassen/WPO, 1971 Deutsche Grammophon

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

WOLFGANG WINDGASSEN:
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RALPH VAUGHAN WILLIAMS

  • Maggio 25, 2023 at 1:42 pm

Ralph Vaughan Williams nasce a Down Ampney il 12 ottobre 1872 e muore a Londra il 26 agosto 1958.

E’ un compositore britannico, autore di sinfonie, musica da camera, opere liriche, musica corale e colonne sonore.

Ha pubblicato l'”English Hymnal”, una raccolta di arrangiamenti tipo “inno” di molte canzoni popolari britanniche e, il suo lavoro di catalogazione della Musica Popolare inglese ha inciso su buona parte della sua produzione artistica.

Vita e primi anni di Williams:

Il padre di Ralph Vaughan Williams è il reverendo Arthur Vaughan Williams (da notare: il doppio cognome Vaughan Williams, di origine gallese, è scritto senza trattino), è Vicario della città e muore nel 1875.
Il piccolo Ralph viene accudito da sua madre, Margaret Susan Wedgwood, bisnipote del vasaio Josiah Wedgwood.
Si trasferiscono a Leith Hill Place, una casa di proprietà dei Wedgwood, sulle Surrey Hills.

Charles Darwin è prozio di Ralph e, anche se appartenente ad una famiglia borghese, Vaughan Williams non dà mai per scontata la sua ricchezza, per cui lavora tutta la vita per le idee democratiche e egualitarie nelle quali crede.

La sua salvezza musicale è data dallo studio del pianoforte, durante gli anni scolastici presso la “Charterhouse School”; dopodiché, studia al “Royal College of Music” (RCM) sotto Charles Villiers Stanford.
Poi, assiste alle lezioni di Storia e Musica, al “Trinity College” dell’Università di Cambridge, dove tra i suoi amici e coetanei si trovano i filosofi G. E. Moore e Bertrand Russell.

In seguito torna al “Royal College of Music”, dove studia composizione con Hubert Parry di cui diventa amico.

Tra i suoi compagni di classe, Vaughan Williams conosce anche Leopold Stokowski (nel 1896, i due studiano insieme Organo con Sir Walter Parratt).
Stokowski, in seguito, dirigerà sei delle sinfonie di Vaughan Williams per il pubblico americano e, nel 1949, incide per la prima volta la “Sesta sinfonia” con la “New York Philharmonic”.
1958: Dirige, la “prima” della “Nona sinfonia” alla Carnegie Hall.

Al “Royal College of Music” stringe amicizia anche con Gustav Holst, compagno di scuola conosciuto nel 1895, col quale passerà molto tempo a leggere e a criticare costruttivamente le rispettive composizioni durante la loro creazione.

Vaughan Williams non ha fretta di comporre la canzone “Linden Lea” viene pubblicata per la prima volta quando il compositore ha trent’anni.

Oltre a commporre, dirige l’orchestra, è docente ed editore di musica di altri autori (da ricordare il lavoro effettuato sulla musica di Henry Purcell e la stesura dell’ “English Hymnal”).
1897: a Berlino, prende lezioni da Max Bruch e, negli anni 1907-1908, studia a Parigi con Maurice Ravel, evolvendo il suo stile orchestrale.

1904: Vaughan Williams scopre le carole e le canzoni popolari inglesi, che si stanno estinguendo a causa dell’aumento dell’alfabetizzazione e dell’arrivo della musica stampata, nelle zone rurali.

Viaggia attraverso il Paese e ricopia personalmente molte melodie.
In seguito, ne incorpora alcune nella sua musica, essendo rimasto affascinato dalla loro bellezza e dal ruolo che ricoprono nella vita della gente comune.

Contribuisce allo sviluppo dell’interesse verso il repertorio folkloristico inglese.
Ad una certa età, diventa Presidente della “English Folk Dance and Song Society” (EFDSS), la quale, in segno di riconoscenza verso il suo lavoro, in questo campo, gli intitola la “Vaughan Williams Memorial Library”.

In questo periodo si lega ad importanti scrittori appassionati di Musica Popolare (da ricordare il reverendo George B. Chambers).

1905: Vaughan Williams dirige il primo concerto al “Leith Hill Music Festival” a Dorking. Partecipa al Festival come Direttore d’Orchestra fino al 1953, quando subentra il suo successore William Cole.

1909: compone la musica di scena per “Le vespe di Aristofane”, commedia interpretata all’Università di Cambridge nel “Cambridge Greek Play”.

1910: il suo primo grande successo lo consegue dirigendo la prima della “Fantasia su un tema di Thomas Tallis” (al “Three Choirs Festival”, nella Cattedrale di Gloucester) e la sua sinfonia corale “A Sea Symphony (la No. 1)”.

1914: la sua fama aumenta maggiormente con “A London Symphony (Sinfonia No. 2)” diretta da Geoffrey Toye.

 

Ultime opere di Williams:

1905: Vaughan Williams fonda il “Leith Hill Music Festival” e vi collabora per tutta la vita.

1958: prima di decedere, completa altre tre sinfonie.

La “Settima”, chiamata “Sinfonia Antartica” (basata sulla sua colonna sonora del film “Scott of the Antarctic” del 1948), esprime il continuo interesse di Vaughan Williams per la sperimentazione sonora e strumentale.

L'”Ottava sinfonia”, la cui prima avviene nel 1956, è seguita dalla “Nona sinfonia in mi minore” (1956-1957), lavoro di maggiori dimensioni che, nel maggio del 1958, debutta solo tre mesi prima del decesso di Vaughan Williams e, all’inizio, ha un’accoglienza modesta a causa del clima tenebroso ed enigmatico ma, in seguito, tale clima risulta essere un punto d’arrivo che soddisfa il suo ciclo sinfonico.

La serie di lavori corali e strumentali (tra cui il “Tuba Concerto”, “An Oxford Elegy” su testi di Matthew Arnold e la cantata natalizia “Hodie”) viene terminata, dopodiché arrangia “The Old One Hundredth Psalm Tune” per l’Incoronazione della Regina Elisabetta II.

Quando muore, rimangono incompiuti un “Concerto per violoncello”, l’opera “Thomas the Rhymere” la musica per un dramma natalizio (“The First Nowell”: viene completata dal suo collaboratore, Roy Douglas).

Nell’opera “The Pilgrim’s Progress”, cambia il nome dell’eroe (dal “Christian di John Bunyan a Pilgrim”) e musica l’Inno di Bunyan “Who would true valour see” usando come melodia “Monk’s Gate”, canzone popolare della regione del Sussex.

Per molti Cristiani inglesi praticanti, la più familiare tra le sue composizioni sarebbe “Sine nomine” (“Hymn tune” scritto per essere adattato al testo di “For All the Saints” (scritto dal vescovo William Walsham How).

Il brano, composto per musicare il “Discendi, Amor santo di Bianco da Siena” (1350 circa-1399) è intitolato “Down Ampney”, in onore del suo luogo di nascita.

Williams è anche incaricato come Tutor al Birkbeck College.

Negli Anni Cinquanta, Vaughan Williams supervisiona le registrazioni di tutte le sue sinfonie (tranne la “Nona”) dirette da Sir Adrian Boult con la “London Philharmonic Orchestra” (Decca).

Alla fine delle sessioni di registrazione della “Sesta”, Vaughan Williams tiene un breve discorso, ringraziando Boult e gli orchestrali “con tutto il cuore” per la loro esibizione e, tale discorso è incluso dalla Decca nell’LP.

Vaughan Williams muore la notte precedente l’inizio delle sessioni relative alla “Nona Sinfonia” (per la Everest Records), sempre con Boult; morte che impone al Direttore di annunciare ai musicisti che la loro esecuzione sarebbe un tributo postumo all’immagine del compositore.
Tutte queste registrazioni, compresi gli interventi del compositore e di Boult sono state ripubblicate dalla Decca su CD.

Vaughan Williams è una figura importante nella musica britannica per via dell’amicizia che stringe con molti Compositori e Direttori d’Orchestra più giovani di lui e per merito della sua lunga carriera come insegnante e docente universitario.
I suoi scritti sulla Musica rimangono sempre dei documenti stimolanti, in particolare il suo appello affinché ogni persona sappia comporre la “propria” musica, a prescindere dal livello qualitativo e dalla complessità.

Vaughan Williams è sepolto nell’Abbazia di Westminster.

 

Matrimoni:

Ralph Vaughan Williams contrae due matrimoni:

. La sua prima moglie è Adeline Fisher (figlia dello storico Herbert William Fisher), sposata nel 1896.

Adeline è cugina di Ruth Fisher de Ropp, la madre di Robert S de Ropp, e il padre di Robert, un nobile europeo che perde le proprie ricchezze, non è in grado di pagare gli studi universitari del figlio.
Quindi, Ralph e Adeline Vaughan Williams si addossano la spesa: Robert studia Biologia al “Royal College of Science”, dove consegue il PhD.
Successivamente, ottiene successo come ricercatore e scrive anche dei libri sul potenziale umano, tuttora conosciuti e apprezzati.
Adeline Fisher Vaughan Williams muore nel 1951, dopo anni di sofferenze dovute ad un’artrite paralizzante.

1938: Vaughan Williams intrattiene una relazione con Ursula Wood (poetessa già sposata, minore di trentanove anni del musicista).
1938: muore il primo marito di Ursula, la quale diventa assistente personale e consigliera letteraria di Ralph, dopodiché si trasferisce nella casa del compositore (nel Surrey).
La moglie Adeline sembra accettare la relazione fra il marito e Ursula e, da quando si ammala, fino alla morte (avvenuta nel 1951), la stessa Ursula si prende cura di lei.

Ursula Wood scrive il libretto per il lavoro corale “The Sons of Light”, e contribuisce alla stesura di quelli de “The Pilgrim’s Progress” e “Hodie”.

Ursula e Ralph Vaughan Williams si sposano nel 1953 e si trasferiscono a Londra, rimanendo nel loro appartamento a Hanover Terrace nº 10 fino alla morte di Ralph (nel 1958).

1964: la Wood pubblica “RVW: A Biography of Ralph Vaughan Williams” e ricopre la carica di presidentessa onoraria della “Ralph Vaughan Williams Society” fino alla morte avvenuta nel 2007.

 

Stile:

Anche la musica di Vaughan Williams è descritta come tipicamente inglese, oltre a quella di Gustav Holst, Frederick Delius, George Butterworth e William Walton.

lo stile di Vaughan Williams esprime apprezzamento e interesse verso le melodie popolari ma, nel contempo, la sua musica evidenzia, in maniera molto velata e sottile, il sentimento patriottico nei confronti della terra nativa, originato dal gusto per i vecchi paesaggi e per l’intensa reazione sensibile che essi richiamano alla mente degli studiosi.

A volte, i suoi primi lavori sono influenzati da Ravel, suo Maestro per tre mesi, a Parigi (nel 1908), però Ravel definisce Vaughan Williams “l’unico dei suoi alunni che non componga musica uguale a quella del Maestro”.

 

Composizioni: di seguito un catalogo delle opere:

Opere liriche:

. Hugh the Drover or Love in the Stocks (1910–20). Ballad opera romantica. Libretto: Harold Child
. Sir John in Love (1924–28), dal quale deriva un arrangiamento della Fantasia on “Greensleeves” di Ralph Greaves
. The Poisoned Kiss (1927–29); rivisto nel 1936–37 e nel 1956–57). Libretto: Evelyn Sharp (in seguito modificato da Ursula Vaughan Williams)
. Riders to the Sea (1925–32), dall’omonimo dramma di John Millington Synge
. The Pilgrim’s Progress (1909–51), basata sull’allegoria di John Bunyan
. The Shepherds of the Delectable Mountains (1921). Libretto: Ralph Vaughan Williams (da John Bunyan) (In seguito incorporata, tranne la sezione finale, inThe Pilgrim’s Progress)

 

Musica di scena:

. The Wasps (1909; per Le vespe di Aristofane; più conosciuta per la suite orchestrale che ne è stata tratta)
. The Bacchae (1911; per Le Baccanti di Euripide)
. The Death of Tintagiles (1913; per il dramma omonimo di Maurice Maeterlinck del 1894)

 

Balletti:

. Old King Cole (1923)
. On Christmas Night (1926)
. Job: A Masque for Dancing (1930, Norfolk & Norwich Festival)
. The Running Set (1933)
. The Bridal Day (1938–39)

 

Lavori orchestrali:

Sinfonie:

A Sea Symphony (sinfonia no. 1), una sinfonia corale su testi di Whitman (1903–1909)
A London Symphony (sinfonia no. 2) (1913)
A Pastoral Symphony (sinfonia no. 3) (1921)
Sinfonia n. 4 in fa minore (1931–34)
Sinfonia n. 5 in re maggiore (1938–43)
Sinfonia n. 6 in mi minore (1944–47, rivista nel 1950)
Sinfonia antartica (Sinfonia no. 7) (1949–52) (parzialmente basata sulla musica da lui composta per il film La tragedia del capitano Scott)
Sinfonia n. 8 in re minore (1953–55)
Sinfonia n. 9 in mi minore(1956–57)
Heroic Elegy and Triumphal Epilogue (1900)
In the Fen Country, per orchestra (1909) nella Queen’s Hall di Londra diretta da Thomas Beecham
Norfolk Rhapsody No. 1 (1906, rev. 1914))[21]
The Wasps, suite (1909; vedi musica di scena sopra)
Fantasia su un tema di Thomas Tallis (1910, rivista nel 1913 e nel 1919)
March: Sea Songs (1923), arrangiata per orchestra nel 1924 dal compositore stesso
Prelude and Fugue in C minor (1930)
The Running Set (1933)
Fantasia on “Greensleeves” (1934)[22]
Two Hymn Tune Preludes (1936)
Partita for Strings (1938)
Five Variants of Dives and Lazarus (1939)
Household Music (1940)
Concerto Grosso, per tre sezioni di archi richiedenti diversi livelli di preparazione tecnica (1950)
Prelude on an Old Carol Tune (1952)
Flourish for Glorious John (1957)

 

Concerti :

Violino:

The Lark Ascending per violino o orchestra (1914)
Concerto Accademico per violino and orchestra (1924–25)

 

Viola:

Flos Campi per viola, coro senza parole e piccola orchestra (1925)
Suite per viola e piccola orchestra (1934)
Romanza per viola e piano (1925–1934 circa)

Pianoforte:

Concerto per pianoforte in do maggiore (1926–31)
Concerto per due pianoforti e orchestra (1946; rielaborazione del precedente concerto per pianoforte)
Concerto per oboe in la minore, per oboe e archi (1944)
Fantasia (quasi variazione) on the Old 104th Psalm Tune per pianoforte, coro e orchestra (1949)
Romanza in re maggiore per armonica e orchestra (1951) (scritta per Larry Adler)
Concerto per tuba in fa minore (1954)

 

Lavori corali:

The Garden of Proserpine, cantata per soprano, coro e orchestra, adattamento di Algernon Swinburne (1899)[23]
A Cambridge Mass, Missa brevis per coro SATB, doppio coro e orchestra (1899); Esercizio per il dottorato, eseguito per la prima volta il 3 marzo 2011.[24][25][26][27]
Toward the Unknown Region, canzone per coro e orchestra, da Walt Whitman (1906)
Five Mystical Songs per baritono, coro e orchestra, da George Herbert (1911)
Fantasia on Christmas Carols per baritono, coro e orchestra (1912); arrangiato anche per orchestra ridotta e organo, archi e percussioni)
Messa in sol minore per coro a cappella (1922)
Sancta Civitas (The Holy City) oratorio, con testo tratto principalmente dal Libro della Rivelazione (1923–25)
Te Deum in sol maggiore (1928)
Benedicite per soprano, coro e orchestra (1929)
In Windsor Forest, adattato dall’opera Sir John in Love (1929)
Three Choral Hymns (1929)
Magnificat per contralto, coro femminile, e orchestra (1932)
Five Tudor Portraits per contralto, baritono, coro e orchestra (1935)
Dona nobis pacem, testo di Walt Whitman e altri (1936)
Festival Te Deum per coro e orchestra (o organo, in alternativa a quest’ultima) (1937)
Serenade to Music per sedici solisti e orchestra, da Il mercante di Venezia di William Shakespeare, dedicata a Sir Henry Joseph Wood e scritta in occasione del suo giublieo (1938)
Six Choral Songs To Be Sung In Time Of War (1940)
A Song of Thanksgiving (in origine Thanksgiving for Victory) per narratore, soprano solo, coro di voci bianche, coro misto, e orchestra (1944)
An Oxford Elegy per narratore, coro misto e piccola orchestra (1949)
Three Shakespeare Songs per coro SATB a cappella, composto per il The British Federation of Music Festivals National Competitive Festival (1951)
O Taste and See, una versione in chiave mottettistica del salmo 34:8. La versione originale (per coro SATB) venne composta per l’incoronazione di Elisabetta II, nel 1953
Hodie, Cantata natalizia (1954)
Folk songs of the Four Seasons Cantata per voci femminili accompagnate da pianoforte o orchestra (1950).
Epithalamion per baritono solo, coro, flauto, piano e archi (1957)
A Choral Flourish per coro SATB a cappella, composto per un grande evento corale tenutosi nella Royal Albert Hall in onore di Alan Kirby (c. 1952)
O How Amiable (1934) Arrangiamento di un inno per coro e organo, in origine scritto per l’Abinger Pageant

 

Arrangiamenti di inni cristiani:

Vaughan Williams fu il curatore musicale dell’ “English Hymnal” (1906), e il coeditore (assieme a Martin Shaw) delle “Songs of Praise” (1925) e dell’ “Oxford Book of Carols” (1928). Queste ultime due raccolte furono stampate con la collaborazione di Percy Dearmer.
. A Hymn of Glory Let Us Sing
. All Creatures of Our God and King
. Alleluia, Sing to Jesus.
. Amid the Thronging Worshippers
. At the Name of Jesus
. “Come Down, O Love Divine” testo dell’inno di Bianco da Siena (“Discendi, Amor santo” del 1434).
Il brano è intitolato “Down Ampney”, in onore del luogo di nascita di Vaughan Williams
. Come, Let Us with Our Lord Arise inno pasquale
. Come Thou Long Expected Jesus carola per il periodo dell’Avvento
. For All the Saints armonizzato da “Sine Nomine”
. God Be With You Till We Meet Again
. I Love You Lord, My Strength, My Rock
. I Sing the Mighty Power of God
. Jesus, Lord, Redeemer.
“Let All Mortal Flesh Keep Silence”, testo dall’inno cherubinico della Liturgia di San Giacomo, armonizzato sulla melodia della canzone popolare francese Jésus-Christ s’habille en pauvre, conosciuta nei paesi anglosassoni come Picardy (1906)
. Make Room Within My Heart, O God
. My God, My God, O Why Have You Forsaken Me? un lamento per i servizi del Venerdì Santo, durante il Tempo di Passione
. O Come to Me, the Master Said
. “O Little Town of Bethlehem” celebre canto natalizio con testo dell’americano Phillips Brooks e musica dal tune inglese “Forest Green”
. O Sing a Song of Bethlehem
. On Christmas Night All Christians Sing
. When the Church of Jesus

 

Musica Vocale:

. “Linden Lea”, canzone (1901)
. The House of Life, sei sonetti di Dante Gabriel Rossetti, messi in musica nel 1904
. Songs of Travel (1904)
. “The Sky Above The Roof” (1908)
. On Wenlock Edge, ciclo di canzoni per tenore, pianoforte e quartetto d’archi (1909)
. Along the Field, for tenor and violin
. Three Poems by Walt Whitman per baritono e pianoforte (1920)
. Four Poems by Fredegond Shove: per baritono e pianoforte (1922)
. Four Hymns: per tenore, viola in obbligato e pianoforte (1914)
. Merciless Beauty per tenore, due violini e violoncello
. Four Last Songs da lavori poetici di Ursula Vaughan Williams
. Ten Blake songs, ciclo di canzoni per voce acuta e oboe (1957)

 

Musica da camera e strumentale:

. Quartetto d’archi in do minore (1897) (una tra le prime composizioni)
. Quartetto d’archi no. 1 in sol minore (1908)
. Quartetto per archi n. 2 in la minore (“per Jean, in occasione del suo compleanno” 1942–44)
. Phantasy Quintet per 2 violini, 2 viole e violoncello (1912)
. Quintetto con pianoforte in do minore per violino, viola, violoncello, contrabbasso e pianoforte (1903)
. Sonata in la minore per violino e pianoforte (1952)
. Romanza per viola e pianoforte (anno di composizione non conosciuto)
. Six Studies in English Folk Song, per violoncello e pianoforte (1926)
. Romanza per armonica con archi e pianoforte (1952)

 

Lavori per organo:

. Three Preludes on Welsh Hymn Tunes (in italiano: Tre preludi su temi gallesi, ovvero Bryn Calfaria, Rhosymedre, Hyfrydol) (1920)
. Preludio e fuga in do minore (1921)
. A Wedding Tune for Ann (1943)
. The Old One Hundredth Psalm Tune, armonizzazione e arrangiamento per l’incoronazione di Elisabetta II d’Inghilterra (1953)
. Two Organ Preludes (The White Rock, St. David’s Day) (1956)

 

Film, radio, e colonne sonore per la TV:

. Gli invasori – 49º parallelo (49th Parallel), 1940, il suo primo lavoro per il grande schermo.
. Coastal Command, 1942
. Adattamento di The Pilgrim’s Progress per la BBC, 1942
. The People’s Land, 1943
. The Story of a Flemish Farm, 1943
. Stricken Peninsula, 1945
. The Loves of Joanna Godden, 1946
. La tragedia del capitano Scott, 1948, in parte reimpiegata nella Sinfonia antartica (sinfonia no. 7)
. The England of Elizabeth
. Bitter Springs, 1950

 

Banda di fiati:

. Rhosymedre (basato su un tune popolare gallese per organo) per banda da concerto (1920)
. English Folk Song Suite per banda militare (1923)
. Sea Songs (1923)
. Toccata Marziale per banda militare (1924)
. Overture: Henry V per brassband (1933/34)
. Flourish for Wind Band (1939)
. Prelude on Three Welsh Hymn Tunes arrangiato per brassband nel 1955 dall’omonimo brano per organo, e pubblicato da Salvationist Publishing and Supplies
. Variations per brass band (1957)

 

Registrazioni:

La musica di Vaughan Williams viene frequentemente eseguita e registrata.
Le prime incisioni di singole sinfonie, da parte di Henry Wood (Londra), John Barbirolli (per la quinta), Adrian Boult e Leopold Stokowski (entrambi per la sesta), e Vaughan Williams stesso (che diresse la quarta), sono state seguite da numerosi cicli completi. L’interpretazione di Stokowski della quarta sinfonia, trasmessa nel 1943 dalla NBC, è stata pubblicata anche su CD.
Lo stesso vale per l’ottava, da lui diretta ai Proms del 1964 con la BBC Symphony Orchestra. Sir Eugene Goossens registrò la versione del 1920 di A London Symphony con l’Orchestra Sinfonica di Cincinnati per la RCA Victor nel 1941.
Questa è l’unica incisione esistente di quella prima edizione della sinfonia. La Decca, nei primi anni cinquanta pubblicò le sinfonie dalla prima all’ottava, dirette da Boult, che poi si occupò dell’esecuzione della nona per la Everest label (1958); Boult le ri-registrò tutte e nove per la EMI (tra il 1967 e il 1972). Seguirono altri cicli completi, diretti da André Previn, Bernard Haitink, Bryden Thomson, Vernon Handley, Leonard Slatkin e Richard Hickox.
Anche direttori non inglesi hanno registrato singole sinfonie di Vaughan Williams: sia Dimitri Mitropoulos che Leonard Bernstein registrarono la quarta sinfonia con la New York Philharmonic (la stessa orchestra con la quale Stokowski incise, per la prima volta in assoluto nel 1949, la sesta).
Il lavoro in questione venne registrato anche dalla Utah Symphony nel 1966, sotto la bacchetta di Maurice Abravanel.
La quarta e la sesta vennero inoltre dirette e registrate da Paavo Berglund. In commerciò è disponibile il CD con la prima assoluta portoghese della nona sinfonia, con Pedro de Freitas Branco sul podio (per l’Orchestra Sinfonica Nazionale del Portogallo).
Lo stesso vale per la prima americana della nona, diretta da Stokowski alla Carnegie Hall (1958), e dedicata alla memoria del compositore. Venne pubblicata su CD dalla Cala Records.
Una prima edizione della quinta sinfonia, diretta da Vaughan Williams stesso nel 1952, è stata edita nel Regno Unito dalla Somm Recordings.
David Willcocks si è invece occupato della valorizzazione di buona parte della produzione corale (per la EMI negli anni sessanta e settanta). Seguono alcune performance (pluripremiate) dei quartetti d’archi per la Naxos Records, etichetta che insieme alla Hyperion e la Chandos ha contribuito a diffondere e far conoscere molto materiale inedito e trascurato (tra cui i lavori per brass band e le opere liriche, poco eseguite).
La EMI Classics ha pubblicato un cofanetto da 30 CD (più di 34 ore di durata), con quasi tutti i lavori di Vaughan Williams, dedicando spazio anche alle versioni alternative.

 

Onorificenze:

Membro dell’Ordine al Merito del Regno Unito – nastrino per uniforme ordinaria Membro dell’Ordine al Merito del Regno Unito
— 3 giugno 1935

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Raph Vaughan Williams con la moglie Adeline (1917):

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ralph_Vaughan_Williams_1917_with_Adeline.png

File:Ralph Vaughan Williams 1917 with Adeline.png

 

 

 

 

 

CLARA WIECK SCHUMANN

  • Maggio 25, 2023 at 12:21 pm

Clara Josephine Wieck Schumann nasce a Lipsia il 13 settembre 1819 e muore a Francoforte sul Meno il 20 maggio 1896.

E’ una pianista e compositrice tedesca ed è una delle pianiste più importanti dell’era romantica.

Friedrich Wieck:

Clara è una personalità forte, orgogliosa e determinata, con qualità proprie e la sua predisposizione alla Musica deriva da una famiglia che la esercita da generazioni:
. Il padre di Clara, Johann Gottlob Friedrich Wieck, studia Teologia ma è appassionato di Musica, e fonda una Fabbrica di Pianoforti.
. La madre, Marianne Tromlitz, è Cantante e Pianista.
. Il padre di Marianne è Cantore a Plauen.
. Il nonno di Marianne, Johann George Tromlitz, è stato un celebre Flautista e Compositore.

1816: matrimonio dei genitori di Clara che hanno cinque figli (Adelheid, morta prima che la secondogenita nasca; Clara; Alwin; Gustav; Viktor).

Marianne, durante i primi anni di matrimonio, continua ad esibirsi e a dare lezioni di Canto e Pianoforte, riuscendo ad occuparsi della casa.
Presto, iniziano i disaccordi col marito e, dopo la nascita di Viktor, Marianne e Friedrich sono già separati e ottengono il divorzio nel gennaio dell’anno seguente, nel 1825.

Qualche mese dpo, Marianne sposa Adolph Bargiel, Insegnante di Musica, da anni amico comune della coppia.
Gli dà un figlio, Woldemar, che diventerà un Compositore rilevante.

1828: Friedrich Wieck sposa Clementine Fechner, più giovane di lui di vent’anni.
Clementine le dà una figlia, Marie, alla quale Wieck insegna il pianoforte.

Presto, Wieck si accorge del talento di Clara e decide di farle seguire corsi privati, soprattutto per farla diventare una virtuosa del pianoforte.
Annota fatti e avvenimenti in prima persona quando Clara non sa esprimersi correntemente per iscritto ma, più tardi esige di leggere quanto lei vi scrive.

Wieck insegna personalmente il pianoforte alla figlia attraverso il suo metodo pedagogico che ne fa una Concertista fortemente celebrata: metodo che viene applicato con successo anche da Robert Schumann e Hans von Bülow.
Wieck non rispetta i diritti dell’infanzia e, una volta che Clara si è allontanata dall’intransigenza paterna, la figlia inserisce nei suoi programmi pagine di Ludwig van Beethoven o Johann Sebastian Bach e, comunque, viene sempre accompagnata in tournée dal padre che si preoccupa dei contratti, della sala e dello strumento, portando con sé tutto l’occorrente necessario ad accordare e riparare i pianoforti a coda sui quali Clara suonerà.

Pare che Clara inizi a parlare verso i quattro anni, dopo avere trascorso un anno in casa dei nonni, lontana dal padre.
Ha cinque anni quando comincia i Corsi Intensivi di Pianoforte e il suo primo Concerto lo tiene il 20 ottobre 1829 presentando, con un’altra allieva di suo padre, un pezzo a quattro mani di Friedrich Kalkbrenner.
Pare che si esibisca anche di fronte a Goethe, Niccolò Paganini e Franz Liszt.

Tiene concerti in parecchie città e, all’età di 18 anni, a Vienna, riceve la Nomina di “Virtuosa da Camera dell’Imperatore”.

Da Compositrice crea:
. Le “Quatre Polonaises op. 1”: pubblicate quando ha appena dieci o undici anni.
. “Caprices en forme de Valse”, “Valses romantiques”, “Quatre pièces caractéristiques”, “Soirées musicales”, un “Concerto per pianoforte” e molte altre pagine ancora come i “Lieder per voce e pianoforte” e, soprattutto, il suo “Trio in sol minore per pianoforte, violino e violoncello op. 17”, riconosciuto come il suo capolavoro.

Ha 16 anni quando si innamora di Robert Schumann, allievo di suo padre.
12 settembre 1840: alla vigilia del proprio ventunesimo compleanno e in opposizione alla volontà del padre, lo sposa (Wieck è convinto che Schumann sia incline all’alcolismo cosa, poi, risultata in gran parte vera e che avrà scarsissimo successo come musicista, anche per via delle sue idee innovative in fatto di composizione).

I primi anni di matrimonio sono sereni: Robert si dedica alla Composizione e, inoltre, nel periodo 1843-1844, insegna nel Conservatorio di Lipsia, invitato dal suo fondatore, l’amico Felix Mendelssohn Bartholdy.
Poi, preferisce seguire la moglie nella tournée in Russia.
Dopodiché, si stabiliscono a Dresda, dove Robert si dedica unicamente alla Composizione.

Seguendo il marito negli spostamenti successivi, Clara lo assiste da quando i sintomi della sua instabilità mentale si manifestano e poi si aggravano durante gli anni seguenti, in particolare, a Düsseldorf dove – nel 1850 – il marito trova impiego come Direttore Musicale.
Robert soffre di amnesie, rimane assorto per ore e si rivela un pessimo Direttore d’Orchestra.
Il suo stato gli provoca il licenziamento e, in seguito, nel febbraio 1854, viene salvato da barcaioli durante un tentativo di suicidio nel Reno, per cui viene internato nel manicomio di Endenich, presso Bonn, dove muore due anni dopo.

 

Carriera dopo la morte del marito:

Robert Schumann muore il 29 luglio 1856, dopodiché, Clara Wieck Schumann, la sua vedova, si dedica soprattutto all’interpretazione dei lavori del marito.
Quando, per la prima volta, sempre nel 1856 – grazie all’amico Compositore William Sterndale Bennett – visita in gran parte l’Inghilterra, la Critica si pronuncia contro la musica di Schumann con disapprovazione.

1865: Clara torna a Londra e continua (eccetto il periodo 1878-1882) con le sue esibizioni, annualmente; in Inghilterra, comunque, tiene concerti ogni anno tra il 1885 e il 1888.

Le interruzioni di Clara dal proprio lavoro pianistico sono frequenti, dal momento che incontra periodi di forte affaticamento che provocano una vera e propria patologia.
1873-1875: infatti, la pianista è costretta a cancellare tutti gli impegni per i fortissimi dolori che sente.
Secondo la Medicina moderna, la cosa verrebbe identificata come “sindrome da sovraccarico”: è cosa caratteristica di alcuni musicisti che arrivano a suonare fino a 15 ore al giorno.
Per cui, Clara, soffrendo di dolori acutissimi alle braccia a causa di superlavoro, solamente nel 1875 riceve un miglioramento grazie alle tecniche innovative interdisciplinari per la lotta al dolore introdotte da Friedrich von Esmarch, a Kiel.
Il suo quadro clinico migliora grazie alle cure, ma è obbligata a diminuire l’attività concertistica e a non inserire nel suo repertorio i pezzi più impegnativi fisicamente, tra cui il “Primo” e il “Secondo Concerto per Pianoforte di Brahms”, che la lasciano senza forze.

All’inizio, prova interesse per i lavori di Liszt però, successivamente, sviluppa un visibile risentimento contro di lui, per cui smette di suonare qualsiasi suo lavoro e cancella la dedica a Liszt, fatta dal marito, della “Fantasia in do maggiore op. 17”, al lato della pubblicazione dell’opera completa.

1870: rifiuta di partecipare al “Festival per il Centenario di Beethoven” di Vienna quando viene a conoscenza che Franz Liszt e Richard Wagner vi parteciperanno, oltre a mostrarsi particolarmente spietata nelle sue critiche verso Wagner.
Infatti, dice del “Tannhäuser” che “si consuma nelle atrocità”; descrive il “Lohengrin” come “orribile”; e definisce il “Tristano e Isotta” come “La cosa più ripugnante che io abbia mai visto o sentito in tutta la mia vita”.

1878: è sua la “Prima Cattedra di pianoforte” alla “Hochschule für Musik” di Francoforte sul Meno; incarico che mantiene fino al 1892 e dove contribuisce ampiamente alla innovazione della moderna tecnica pianistica.

12 marzo 1891: a Francoforte, Clara Schumann tiene il suo ultimo concerto pubblico.
L’ultimo lavoro che presenta sono le “Variazioni su un Tema di Haydn” di Brahms, nella versione “per due pianoforti (op. 56a)”.

26 marzo 1896: viene colpita da un ictus.
20 maggio 1896: muore all’età di 77 anni.
È sepolta a Bonn, nel Cimitero “Alter Friedhof”, nella stessa tomba del marito.

 

Omaggi cinematografici e teatrali:

Cinema:

In quattro occasioni, il Cinema ha ricordato Clara Wieck Schumann:

. Nel 1944, il film “Träumerei” vede Hilde Krahl nel ruolo della pianista.

. Nel 1947, Katharine Hepburn interpreta la musicista in “Song of Love” (“Canto d’amore”); nello stesso film Paul Henreid è Robert Schumann, mentre Robert Walker impersona il giovane Brahms.

. Nel 1983, esce il film “Frühlingssinfonie” (“Sinfonia di primavera”) con Nastassja Kinski.

. Nel 2008, esce il film “Geliebte” Clara con Martina Gedeck.

 

Teatro:

2010: Imma Battista, pianista e scrittrice, scrive un testo teatrale intitolato “Casa Schumann”.
Testo che viene rappresentato il 27 luglio 2010, a Roma, a “Palazzo dei Conservatori – Musei Capitolini”, nell’ambito del progetto “Roma in Scena”.
Paola Gassman nel ruolo di Clara Schumann e Ugo Pagliai nel ruolo di Robert Schumann sono gli attori mentre, al pianoforte, l’esecutrice è la stessa Imma Battista.

Idem, 2010: Maria Grazia Calandrone, poetessa e drammaturga, scrive un testo teatrale su Clara Schumann, intitolato “Pochi avvenimenti, felicità assoluta” (interpretato, prima, da Sonia Bergamasco e, poi, da Gaia De Laurentiis), testo che viene rappresentato nei maggiori teatri italiani ed eseguito in diretta radiofonica per i Concerti del Quirinale il 30 gennaio 2011.

2008: in Italia la scrittrice romana Valeria Moretti, scrive, per il teatro, il monologo “Clara Schumann” (sottotitolato: “Il viaggio di Clara”).
2010: il lavoro debutta al Teatro “Regio” di Torino, con Giuliana Lojodice (il testo viene tradotto da Sandro Damiani per “La Mongolfiera” Edizioni, con prefazione di Guido Davico Bonino) ed è rappresentato in Croazia, avendo per protagonista l’attrice Ksenija Prohaska: si tratta di un atto unico che appartiene al repertorio dell’artista di Spalato, accompagnata dalla concertista ucraina Iryna Smirnova-Nikolenko.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

CLARA SCHUMANN:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:E_Bendemann_-_Clara_Schumann_(Kohlezeichnung_1859).jpg

File:E Bendemann - Clara Schumann (Kohlezeichnung 1859).jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

KURT WEILL

  • Maggio 24, 2023 at 5:21 pm

Kurt Julian Weill nasce a Dessau (nell’odierno land tedesco della Sassonia) il 2 marzo 1900 e muore a New York il 3 aprile 1950.

E’ un compositore e musicista tedesco naturalizzato statunitense.

 

Primo periodo e giovinezza: in Germania

Weill nasce in una famiglia ebraica ashkenazita, è il terzogenito dei quattro figli di Albert Weill, Chazan della sinagoga di Dessau, e di Emma Ackermann, una casalinga.

Fin da bambino, inizia lo studio della Musica presso il “Teatro Regio Ducale” della propria città.
1915: passa sotto la guida di Albert Bing, primo Kapellmeister del teatro.

1918: incoraggiato da Bing, s’iscrive alla “Hochschule für Musik” di Berlino, dove frequenta i Corsi di Composizione e Direzione d’Orchestra, tenuti da Engelbert Humperdinck e Rudolf Krasselt.

A causa di motivi finanziari e di una sua estraneità al clima musicale della “Hochschule für Musik”, nell’estate dell’anno seguente, ritorna a Dessau, dove diventa Maestro Sostituto di Albert Bing e di Hans Knappertsbusch al “Teatro Regio Ducale” e, poi, Direttore della “Piccola Compagnia d’Opera” di Lüdenscheid (in Westfalia).

1920: Nomina di Direttore di Franz Schreker presso la “Hochschule für Musik”, per cui Weill ritiene opportuno tornare a Berlino per studiare con lo stesso Schreker ma, su consiglio dell’amico Hermann Scherchen, sceglie di seguire i Corsi di Ferruccio Busoni appena invitato a tenere presso l’ “Akademie der Künste”, corsi che frequenta per ben tre anni.
A Berlino, si perfeziona con Busoni e con Philipp Jarnach, suo assistente.
A Jarnach, Weill deve probabilmente la composizione del Balletto per bambini “Zaubernacht” (Berlino, novembre 1922) e, due anni dopo, rappresentato a New York .

I suoi primi lavori significativi sono “Concerto per violino e fiati” (1925) e l’Opera “Der Protagonist” (1926): lavori che risentono dell’influenza della “Corrente della Nuova Oggettività” (l’artista si occupa di temi di attualità e propone in musica soggetti a sfondo politico e sociale).

In quegli anni Weill conosce molti intellettuali legati ai circoli espressionisti del tempo, in modo particolare col “Novembergruppe”, di cui fanno parte Philipp Jarnach, Hanns Eisler, Bertolt Brecht che promuove nella Berlino degli Anni Venti un’ampia attività culturale di Concerti, Letture pubbliche, Mostre e Prime di Film.

1924: Weill conosce il drammaturgo Georg Kaiser con il quale collabora fino a quando non è costretto a lasciare la Germania e il cui primo successo della loro collaborazione è l’opera in un atto “Der Protagonist” (Dresda, 1926).
Risultato: la “Deutsche Kammermusik” di Baden-Baden commissiona una breve opera da camera a Weill; il quale trae dai “Mahagonny-Gesänge”, presi dalla raccolta poetica di Bertolt Brecht “Die Hauspostille”.
Inizia, così, la collaborazione fra Weill e Brecht di soli tre anni che segna grandemente il Teatro del Novecento.

Dopo il Singspiel “Mahagonny” (Baden-Baden, 1927),
nel 1928: “Die Dreigroschenoper” (“L’opera da tre soldi”) è ispirata a “L’opera del Mendicante” (del 1728, su testo di John Gay e con musica di Johann Christoph Pepusch), dove Jenny viene interpretata dalla cantante-attrice viennese Lotte Lenya, moglie di Weill dal 1926.

1929: “Happy End” (la commedia satirica firmata da Dorothy Lane [pseudonimo di Elisabeth Hauptmann], e Bertolt Brecht).

1930 “Ascesa e caduta della città di Mahagonny” una vera e propria opera in tre atti in cui Weill trasferisce i materiali del Singspiel “Mahagonny”.

 

Secondo periodo: a Parigi-Londra

In Germania, Weill è noto e stimato per via del suo grandissimo senso teatrale, per cui viene conosciuto anche in Francia (1923: suo successo alla “Salle Gaveau” di Parigi) e in tutta Europa.

1933: nonostante la sua fama e il successo dell’ultimo lavoro, “Kaiser Der Silbersee” (“Il lago d’argento”), è costretto a fuggire a causa delle persecuzioni naziste.
Gli anni dell’esilio (prima in Francia, poi in Granbretagna), sono difficili, anche se riceve la stima e l’aiuto di musicisti come Bruno Walter, Darius Milhaud e Arthur Honegger.

Trasferito a Parigi, scrive un Balletto su soggetto di Brecht, “Die sieben Todsünden” (“I sette peccati capitali” – 1933), commissionato per “Les Ballets” e, in seguito, a Londra.

1934: idem, del periodo parigino, è anche il Musical “Marie Galante” (su testo di Jacques Deval, ispirato al suo romanzo omonimo), rappresentato per la prima volta al “Théâtre de Paris” il 22 dicembre 1934.

 

Terzo periodo: negli Stati Uniti d’America

1935: accampando la ragione di supervisionare la prima di un suo lavoro con Max Reinhardt e Franz Werfel, “Der Weg der Verheissung”, dedicato alla storia del Popolo Ebraico, si rifugia negli Stati Uniti, dove il lavoro viene rappresentato l’anno successivo con il titolo “The Eternal Road”.

Gli anni che Weill trascorre in America gli provocano il volontario allontanamento dalla Musica d’Arte del periodo europeo, arrivando a scrivere quasi unicamente per il “Broadway Theatre” di Hollywood e la Radio americana, affermandosi, dopo gli insuccessi iniziali (“The Eternal Road” o “Johnny Johnson”) per mezzo di importanti Musical (“The Fireband of Florence”, un’operetta basata sulle memorie di Benvenuto Cellini; “Street Scene o Lost in the Stars”).
Collabora anche con Maxwell Anderson.

19 ottobre 1938: all’ “Ethel Barrymore Theatre”, viene rappresentato il Musical “Knickerbocker Holiday”, per Broadway e per la regia di Joshua Logan, con Walter Huston, arrivando a 168 recite e rendendo nota la canzone “September Song”.

 

Le opere:
Composizioni per il teatro (autore testo):

. Zaubernacht, balleto-pantomima (V. Boritch; Berlino 1922).
. Pantomima senza titolo (Kaiser; 1924 incompiuta).
. Der Protagonist, op. 14 (Dresda 1926).
. Royal Palace Balletto-opera op.17 (Goll; Berlino 1927 diretta da Erich Kleiber).
. Na und? opera teatrale (Joachimson; 1927, non rappresentata perduta).
. Der Zar lässt sich photographieren op.21 (Kaiser; Lipsia 1928).
. Mahagonny “Songspiel” (Brecht; Baden-Baden, 1927).
. Die Dreigroschenoper, (L’opera da tre soldi) dramma con musica (Brecht; Berlino 1928).
. Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny), opera teatrale (Brecht; Lipsia 1930).
. Happy End, commedia (Brech. t; Berlino 1929).
. Der Jasager, opera didattica (. Brecht; Berlino 1930).
. Die Bürgschaft, opera teatrale (Neher; Berlino 1932).
. Der Silbersee: Ein Wintermärchen, dramma con musica (Kaiser; Lipsia 1933).
. Die sieben Todsünden, balletto con canto (Brecht; Parigi 1933).
. Der Kuhhandel, operetta (Vambery; non rappresentata, revisionata come A Kingdom for a Cow, commedia musicale, aut. Arkell e Carter; Londra 1935).
. Der Weg der Verheißung, dramma biblico (Werfel; non rappresentato; revisionato come The Eternal Road, Lewisohn; New York 1937).
. Johnny Johnson, fiaba (Green; New York 1936).
. Davy Crockett, dramma con musica (Hays; 1938).
. Knickerbocker Holiday, operetta (Anderson; New York 1938).
. Railroads on Parade, riscostruzione storica (Hungerford; New York 1939).
. The Ballad of Magna Carta, cantata scenica (Anderson; CBS 1940).
. Ulysses Africanus, dramma con musica (Anderson; CBS 1939).
. Lady in the Dark, musical (Moss Hart e Ira Gershwin; New York 1941).
. One Touch of Venus, commedia musicale (Perelman e Ogden Nash, Broadway theatre di New York 1943 con Mary Martin e John Boles 567 recite fino al 10 febbraio 1945 che ha avuto la prima italiana nel 2005 al Teatro Alighieri per il Ravenna Festival).
. The Fireband of Florence operetta (Mayer e Ira Gershwin New York 1945).
. Street Scene, (Broadway opera) – (Rice e Hughes; New York, 1947).
. Down in the Valley, opera collage – (Sundgaad; Bloomington – Indiana, 1948).
. Love Life, (Vaudeville) – (Lerner; New York, 1948).
. Lost in the Stars, tragedia in musica, (Anderson New York, 1949).
. Huckleberry Finn (musical), (musical), (Anderson New York, 1950).

 

Musica per il cinema:

. You and Me (Fritz Lang 1937-38).
. The River is Blue (Milestone, 1937-38).
. Where do we go from here? (William Perlberg, 1943-44).
. Salute to France (Jean Renoir, 1944).

 

Musiche di scena e radiofoniche:

. Herzog Theodor von Gothland (Grabbe, 1926), perduta.
. Gustav XII. (Strindberg, 1927).
. Konjunktur (Lania, Gasbarra e Piscator, 1927), perduto in parte.
. Kalaunische Schlacht (Bronnen, 1928), perduta.
. Petroleuminseln (Feuchtwanger, 1928), in parte perduta.
. Der Lindberghflug in collaborazione con Paul Hindemith (Brecht 1929 2° versione, . esclusivamente di Kurt Weill, Berlino 1929).
. Mann ist Mann (Brecht 1931) perduta.
. La grande complainte de Fantômas (Robert Desnos 1933), perduta.

 

Opere per orchestra:

. Poema sinfonico da Weise vom Liebe und Tod di Rainer Maria Rilke (1920 perduto).
. Sinfonia (1920 perduta).
. Sinfonia n.1 (Berliner Sinfonie, Sinfonie in einen Satz, 1921).
. Divertimento op.5 (1922).
. Sinfonia Sacra (Fantasie, Passacaglia und Hymnus) op.6 (1922).
. Quodlibet (Eine Unterhaltungmusik) op.9 (Suite da Zaubernacht, 1923).
. Concerto per violino e fiati op. 12 (1924).
. Berlin im Licht-Song per banda militare (1928).
. Kleine Dreigroschenmusik (1929).
. Sinfonia n.2 (1933).

 

Per soli coro e orchestra:

. Sulamith cantata per soli coro femminile e orchestra (1920 in parte perduta).
. Salmo VIII per 8 voci (1921 in parte perduto).
. Recordare (Klagelieder Jeremia V. Kapitel) op 11. insieme strumentale coro con voci bianche (1923).
. Das Stundenbuch (Orchesterlieder con testo di Rilke), 6 Lieder per soprano, tenore e orchestra op.13 e 14 (1924, in parte perduta).
. Der neue Orpheus, cantata per soprano violino e orchestra op. 16 (Goll. 1927 a Berlino diretta da Erich Kleiber).
. Vom Tod im Wald, ballata per Basso e 10 fiati op.23 (Brecht 1927).
. Das Berliner Requem, cantata per tenore, baritono, basso, coro maschile e 16 archi (Brecht 1928).
. Der Lindberghflug, per tenore, baritono, coro e orchestra (Brecht 1929).
. Zu Potsdam unter den Eichen, per coro e orchestra (versione perduta), per coro maschile a 4 voci oppure per voce e pianoforte (Brecht 1929- 30).
. Die Legende vom toten Soldaten, per coro a cappella (Brecht 1929).
. Songs of the Railroads (1938).
. Four American songs (1939).
. Kiddush per tenore, coro a 4 voci e organo (1946).

 

Musica da camera:

. 2 Quartetti (1918; op.8, 1923).
. Sonata per violoncello e pianoforte (1920).
. Albumblatt fur Erika per pianoforte (1937).
. Lieder (autore testo)
. Mi Addir (frammento di canzone) (1913).
. Reiterlieder (Lons;1914).
. Volkslieder (Ritter; 1917).
. Im Volkston (Holz; 1915).
. Das schöne Kind (1918).
. Die Bekehrte (Goethe; 1921).
. Rilkelieder (1921).
. Frauentanz. Sieben Gedichte des Mittelalters per soprano e 5 archi op.10 (1923).
. Berliner Lied (1925).
. Berlin im Licht testo proprio (1928).
. Der Abschiedsbrief (Kastner; 1933).
. Fantomas (Desnos; 1933).
. Es regnet (Cocteau; 1933).
. Complainte de la Seine (Magre; 1934).
. Je te n’aime pas (Magre; 1934).
. The Fraulein and the Little Son of the Rich (Graham; 1936).
. Deux chansons pour “L’opéra de quat’sous” (Guilbert; 1939).
. Two Folksongs of the New Palestine (1938).
. Nanas Lied (Brecht;1939).
. Stopping by Woods on Snowy Evening (Frost; 1939).
. Songs of the Free (MacLeish; 1942).
. Four Songs of Walt Whitman (1942).
. Was bekam des Soldaten Weib? (Brecht; 1943).
. Songs for War Workers (1942-44).

 

Arrangiamenti e trascrizioni:

. Ferruccio Busoni, Divertimento per flauto e orchestra, trascrizione per flauto e pianoforte (1923).
. Battle Hymn of the Republic, The Star-spangled Banner, America per voce recitante, coro e orchestra (1942).
. Hatikvah per orchestra (1947).

Battuto al computer da Lauretta

 

KURT WEILL:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Bundesarchiv_Bild_146-2005-0119,_Kurt_Weill.jpg

File:Bundesarchiv Bild 146-2005-0119, Kurt Weill.jpg

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Da “L’OPERA DA TRE SOLDI”, Milva canta “Die Moritat von Mackie Messer”:  https://youtu.be/oeriN6lgVo0

 

 

 

 

 

ANTON WEBERN

  • Maggio 24, 2023 at 4:57 pm

Anton Friedrich Wilhelm von Webern, meglio noto come Anton Webern, nasce a Vienna il 3 dicembre 1883 e muore a Mittersill il 15 settembre 1945.

E’ un compositore austriaco.

Webern, uno dei primi allievi e seguaci di Arnold Schönberg, appartenente alla cosiddetta “Seconda Scuola di Vienna”, nel 1925, adotta definitivamente la Dodecafonia appena teorizzata dal suo Maestro, Arnold Schönberg, appunto: tecnica compositiva musicale della quale (anche per via degli sviluppi tecnici delle sue idee da parte della successiva generazione di compositori) si sarebbe rivelato esponente originalissimo.

Webern, figlio di un ingegnere minerario originario di Salorno, in Provincia di Bolzano, inizia gli studi scolastici in tale città e li prosegue a Graz e Klagenfurt, dove a dieci anni (1893) intraprende gli studi musicali (di Pianoforte e di Violoncello) sotto la guida E. Komauer, un insegnante locale.

1754: la famiglia di origine viene elevata al rango nobiliare.
Per merito di sua madre, Anton Webern riceve lezioni di pianoforte; successivamente, Edwin Komauer gli impartisce lezioni private di Teoria della Composizione e, nello stesso tempo, Webern impara anche a suonare il Violoncello.

1902-1906: Webern studia Musicologia con Guido Adler all’Università di Vienna, laureandosi con una tesi sul “Choralis Constantinus” di Heinrich Isaac.
Questo suo primo amore verso la musica del XVI secolo influenza molto la sua tecnica compositiva negli anni seguenti.

Successivamente, privatamente, studia Composizione con Arnold Schönberg: la sua “Passacaglia, op. 1” (del 1908) è il saggio che conclude il percorso degli studi.
Con Alban Berg, idem, allievo di Schönberg, stringe forte amicizia: amicizia che stimola creatività e inizia sodalizio lungo e profondo.

Conseguita la laurea, Webern è Direttore d’Orchestra ad Ischl, Teplice, Danzica, Stettino e Praga.
Dopodiché torna a Vienna dove collabora alla “Società per le Esecuzioni Musicali Private” di Schönberg e dirige, dal 1922 al 1934, l’ “Orchestra Sinfonica dei Lavoratori” di Vienna.

1911: Webern sposa la cugina Wilhelmine Mortel, che gli dà un figlio e tre figlie.

1915: viene richiamato alle armi, ma venne congedato poco dopo per problemi alla vista.

1919: dopo la morte del padre, si stabilisce in solitudine a Mödling e poi a Maria Enzersdorf (Vienna), ma si trova in condizioni economiche molto difficoltose, per cui insegna Composizione ad allievi privati e dirige qualche concerto, oltre a collaborare intensamente con Schönberg e Berg all’ “Associazione per Esecuzioni Musicali Private”.

Negli anni seguenti, Webern trova nuovamente lavoro e svolge (seppure in modo svogliato) il ruolo di Maestro di Cappella a Bad Ischl, Teplice, Danzica, Stettino e Praga, prima di ritornare ancora una volta a Vienna, nel 1920.

Terminata la Prima Guerra Mondiale, Webern diventa Direttore del “Wiener Schubertbundes” fino al 1922, dei “Wiener Arbeiter-Sinfoniekonzerte” ed anche Direttore del Coro del “Wiener Arbeiter-Singvereins”.

1927: diventa Direttore Stabile della Radio di Vienna.

Nel 1924 e nel 1932, vince il “Premio Musicale della Città di Vienna”.
Tiene concerti in Svizzera, Inghilterra, Spagna e Germania.
Nonostante le sue eccellenti qualità di compositore ed esecutore, non viene mai chiamato all’Università di Vienna.

Il Partito Nazista che, in Germania prende il potere nel 1933 (nel 1938, lo estenderà all’Austria con l’ “Anschluss”), definisce La musica di Webern “Bolscevismo Culturale” e “Arte Degenerata” (“Entartete Kunst”).
Da quel momento, Webern incontra serie difficoltà: per vivere, comincia a lavorare come correttore di bozze per il suo Editore, l’ “Universal Edition” di Vienna.

1945: Webern lascia Vienna e si reca a Mittersill, nel Salisburghese, per mettersi in salvo dall’Armata Rossa.
15 settembre: durante l’Occupazione Alleata dell’Austria, per errore, viene ucciso da un soldato americano in seguito all’arresto del suo genero per attività di mercato nero.

La musica di Webern:

L’apprendistato con il suo Maestro Schönberg dura fino al 1908 ed è determinante per la maturazione di Webern.

Le sue composizioni sono accolte con indifferenza e scherno, ma Webern ha fede nella strada imboccata, pur non essendo un compositore prolifico: infatti, solo 31 delle sue opere vengono pubblicate durante la sua vita.
Però, la sua influenza sui compositori delle generazioni successive, e in particolare sulle avanguardie postbelliche, è vasta: Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Bruno Maderna e Luigi Nono.

Opere:

Passacaglia per grande orchestra, op. 1 (1908)
“Entflieht auf Leichten Kähnen” per coro a cappella su testo di Stefan George, op. 2 (1908)
Cinque Lieder su Der Siebente Ring per voce e pianoforte, op. 3 (1907-08)
Cinque Lieder da Stefan George per voce e pianoforte, op. 4 (1908-09)
Cinque movimenti per quartetto d’archi, op. 5 (1909 – anche in versione per orchestra d’archi)
Sei pezzi per grande orchestra, op. 6 (1909-10, revisione 1928)
Quattro pezzi per violino e pianoforte, op. 7 (1910)
Due Lieder su testi di Rainer Maria Rilke per voce e pianoforte, op. 8 (1910)
Sei bagatelle per quartetto d’archi, op. 9 (1913)
Cinque pezzi per orchestra, op. 10 (1911-13)
Tre piccoli pezzi per violoncello e pianoforte, op. 11, (1914)
Quattro Lieder per voce e pianoforte, op. 12 (1915-17)
Quattro Lieder per voce e orchestra, op. 13 (1914-18)
Sei Lieder su testi di Georg Trakl per voce, clarinetto, clarinetto basso, violino e violoncello, op. 14 (1917-21)
Cinque canti sacri, per voce e strumenti, op. 15 (1917-22)
Cinque canoni su testi latini, per soprano, clarinetto e clarinetto basso, op. 16 (1923-24)
Drei Geistliche Volkslieder per voce, violino (anche viola), clarinetto e clarinetto basso, op. 17 (1924)
Tre Lieder per voce clarinetto in mi bem. e chitarra, op. 18 (1925)
Due Lieder per coro misto, celesta, chitarra, violino, clarinetto e clarinetto basso, op. 19 (1926)
Trio per archi, op. 20 (1927)
Sinfonia per orchestra da camera, op. 21 (1928)
Quartetto per violino, clarinetto, sassofono tenore e pianoforte, op. 22 (1930)
Tre Lieder su Viae inviae di Hildegard Jone, per voce e pianoforte, op. 23 (1934)
Concerto per flauto, oboe, clarinetto, corno, tromba, violino, viola e pianoforte, op. 24 (1934)
Tre Lieder su testi di Hildegard Jone per voce e pianoforte, op. 25 (1934-35)
Das Augenlicht, per coro misto e orchestra, su testo di Hildegard Jone, op. 26 (1935)
Variazioni per pianoforte, op. 27 (1936)
Quartetto d’archi, op. 28 (1937-38)
Cantata n. 1 per soprano, coro misto e orchestra, op. 29 (1938-39)
Variazioni per orchestra, op. 30 (1940)
Cantata n. 2 per soprano, basso, coro e orchestra, op. 31 (1941-43)
Trascrizioni
Danze tedesche di Franz Schubert, per orchestra (1934)
Ricercare a 6 dall’Offerta musicale di Johann Sebastian Bach, per orchestra (1934)
Schatzwalzer (dall’operetta Der Zigeunerbaron di Johann Strauss (figlio)), per pianoforte, harmonium e quartetto d’archi

Battuto al computer da Lauretta

 

ANTON WEBERN, nel 1912:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Anton_Webern_in_Stettin,_October_1912.jpg

File:Anton Webern in Stettin, October 1912.jpg

 

 

 

CARL MARIA VON WEBER

  • Maggio 23, 2023 at 2:26 pm

Carl Maria Friedrich Ernst von Weber nasce ad Eutin il 18 novembre 1786 e muore a Londra il 5 giugno 1826.

E’ un compositore, direttore d’orchestra e pianista tedesco.

Lo sviluppo della musica romantica in Germania viene molto influenzata dalla musica di Weber, in particolare dalle sue opere liriche.
Sono suoi molti lavori per clarinetto, dove effettua innovazioni e la sua musica sacra cattolica è molto conosciuta, nella Germania dell’Ottocento.

Essendo interessato alle canzoni popolari, Weber è anche giornalista musicale, oltre ad imparare l’arte litografica per stampare da sé i propri lavori.

E’ uno dei primi musicisti ad utilizzare la tecnica del “Leitmotiv”, ossia il “motivo conduttore”.

Le sue opere sono l’ispirazione per i lavori del giovane Richard Wagner, sempre suo grande estimatore, che promuove la traslazione delle ceneri weberiane da Londra a Dresda, nel 1844.

 

I primi anni di Weber e la famiglia:

Carl Maria von Weber è figlio di Franz Anton von Weber (sembra che la particella nobiliare “von” nel cognome non spetti) e della sua seconda moglie, Genovefa Brenner, un’attrice.
E’ il maggiore dei tre figli, non si conosce il giorno esatto della nascita, ma si sa con certezza che viene battezzato il 20 novembre.
Franz Anton, il padre, inizia la sua carriera come Ufficiale Militare del Ducato di Holstein, diventando, in seguito, Direttore Musicale di vari teatri.
Nel 1787, si trasferisce ad Amburgo dove fonda una compagnia teatrale.

Il fratello/zio paterno, Franz Fridolin Weber, è il padre di Constanze Weber che, il 4 agosto 1782 diventa la moglie di Wolfgang Amadeus Mozart.
Per cui, Carl Maria von Weber è cugino di secondo grado (acquisito) di Mozart.

Il padre di Weber provvede ad una vasta educazione del figlio, educazione che, però, è continuamente interrotta dai continui spostamenti della famiglia.

1796: Weber continua gli studi musicali a Hildburghausen con il suo Maestro, l’Oboista J. Peter Heuschkel.

13 marzo 1798: la madre di Weber muore di tubercolosi.

Sempre, nel 1798, Weber si trasferisce a Salisburgo per studiare con Michael Haydn.
Dopodiché, va a Monaco per studiare col Cantante Johann in Evangelist Wallishauser (meglio noto come Valesi) e con l’Organista J. N. Kalcher.

Idem, 1798: viene pubblicato il primo lavoro di Weber, “Sei fughette per pianoforte”, pubblicate a Lipsia.
Altre composizioni di questo primo periodo sono una “Messa” e la sua prima opera, “Die Macht der Liebe und des Weins” (“Il potere dell’amore e del vino”): purtroppo, andate perdute.
Una raccolta di “Variazioni per Pianoforte”, in seguito, viene litografata dallo stesso Weber, sotto la guida di Alois Senefelder, ideatore di come svolgere la cosa.

1800: la famiglia si trasferisce a Freiberg, in Sassonia, dove il quattordicenne Weber scrive un’opera intitolata “Das stumme Waldmädchen” (“La fanciulla muta della foresta”), che viene rappresentata al “Teatro di Friburgo” e, successivamente, a Vienna, Praga e San Pietroburgo.

1801: Weber comincia a scrivere articoli come critico musicale per il “Leipziger Neue Zeitung”. Idem, 1801: i Weber tornano a Salisburgo, dove Carl Maria riprende i suoi studi con Joseph Haydn che, poi, proseguirà a Vienna, con Abbé Vogler (Georg Joseph Vogler), fondatore di tre importanti Scuole Musicali (a Mannheim, a Stoccolma e a Darmstadt).
Un altro allievo famoso di Vogler è Giacomo Meyerbeer che instaurerà una buona amicizia con Weber.

1803: l’opera weberiana, “Peter Schmoll und seine Nachbarn” (“Peter Schmoll e i suoi vicini”) debutta ad Augusta e conferisce a Weber il suo primo successo come compositore popolare.

 

Il successo di Carl Maria von Weber:

Vogler è molto entusiasta del talento di Weber, per cui lo raccomanda per il posto di Direttore al “Teatro dell’Opera” di Breslavia (nel 1804), mentre lo stesso Weber occupa un posto alla Corte di Federico II – Duca di Württemberg, a Stoccarda (1807-1810).

In questo periodo, la sua vita privata è contrassegnata da una certa irrequietezza (infatti, lascia il suo posto a Breslavia in un momento di rabbia e frustrazione; in una circostanza viene arrestato per debiti e truffa ed espulso dal Württemberg; è coinvolto in vari scandali), per cui, come conseguenza, il suo successo di musicista aumenta.

Musica religiosa, soprattutto di ispirazione cattolica: gli porta l’ostilità dei riformatori che difendono il ritorno al canto tradizionale, nella liturgia.

1810: Weber visita parecchie città tedesche.
1813-1816: è Direttore dell’ “Opera di Praga”.
1816-1817: lavora a Berlino.
Dal 1817, è Direttore della prestigiosa “Opera” di Dresda, impegnandosi energicamente per l’affermazione dell’opera tedesca, in opposizione verso l’opera italiana che domina le scene musicali d’Europa sin dal XVIII secolo.

18 giugno 1821, a Berlino: la sua opera “Der Freischütz” (“Il franco cacciatore”) ottiene uno straordinario successo alla sua “prima”, tanto che l’opera viene rappresentata in tutta Europa; oggi, è l’unica delle sue opere che resta ancora nel normale repertorio.
L’opera comprende armonie variegate e orchestrazioni, temi popolari tratti dalla tradizione musicale dell’Europa Centrale e l’oscuro libretto gotico che comprende la comparsa notturna del Demonio in una foresta: tutte cose che aiutano la sua grande popolarità e ne fanno un’opera romantica per eccellenza.

1823: Weber compone “Euryanthe”, con libretto mediocre, ma con musica molto ricca.

1824: riceve un invito dalla “Covent Garden Opera House”, a Londra, per comporre e produrre “Oberon”, l’opera che il librettista J. R. Planché trae dalla traduzione inglese effettuata da W. Sotheby del poema omonimo di C. M. Wieland (derivato dalla “Chanson de geste Huon de Bourdeaux”).

1826: dopo avere accettato l’invito, Weber si reca in Inghilterra per concludere il lavoro ed essere presente alla prima del 12 aprile.
Al suo arrivo a Londra, Weber soffre già di tubercolosi, quindi la morte lo coglie là, nella notte tra il 4 e il 5 giugno 1826, all’età di 39 anni.

Viene sepolto a Londra ma, 18 anni dopo, i suoi resti vengono trasferiti e riseppelliti a Dresda su iniziativa di Richard Wagner .

 

Fortuna:

Oltre ad essere un importante Compositore, è anche un Grande Pianista e Direttore d’Orchestra.

Tecnicamente, la sua musica per pianoforte è molto difficile, e la sua bravura nella Direzione d’Orchestra è innovativa e ineguagliata, per quel periodo.
La sua “Polacca brillante”, l’ “Invito alla danza”, la “Seconda Sonata per pianoforte” e il “Konzertstück per pianoforte e orchestra”, durante il 1800, sono eseguiti e ascoltati frequentemente.
Infatti, Liszt suona spesso musica di Weber e cura edizioni delle sue sonate per piano.
Altri ammiratori del tempo sono Wagner, Meyerbeer e Hector Berlioz.
Nel 1928, Igor’ Fëdorovič Stravinskij compone il suo “Capriccio” ispirandosi alla musica di Weber.

Molte composizioni per pianoforte weberiane sono sparite dal repertorio, però le sue ouvertures orchestrali, la sua musica per clarinetto e la sua opera “Der Freischütz” sono eseguite.

Altri lavori di Weber includono due sinfonie, un concertino e due concerti per clarinetto e un quintetto per clarinetto e archi.
La vedova di Weber cede a Meyerbeer la sua opera incompiuta “Die Drei Pintos” affinché la completi; però tale lavoro viene terminato da Gustav Mahler che dirige la prima rappresentazione a Lipsia, il 20 gennaio 1888.

 

Composizioni:

Opere:

Die Macht der Liebe und des Weins (Il potere dell’amore e del vino, 1798; perduta)
Das Waldmädchen (La ragazza della foresta, 1800)
Peter Schmoll und seine Nachbarn (Peter Schmoll e i suoi vicini, 1803)
Rübezahl (1804-1805; incompiuta)
Silvana (1810)
Abu Hassan (1811)
Der Freischütz (Il franco cacciatore, 1821)
Die drei Pintos (I tre Pintos, 1820-1824; incompiuta, terminata da Gustav Mahler)
Euryanthe (1823)
Oberon (1826)

 

Musiche di scena:

Turandot (1809)
König Yngurd (Re Yngurd, 1817)
Donna Diana (1817)
Heinrich IV, König von Frankreich (Enrico IV, re di Francia, 1818)
Lieb’ um Liebe (Amore per amore, 1818)
Der Leuchtthurm (Il faro, 1820)
Preciosa (1820)
Den Sachsen-Sohn vermählet heute (Il figlio sassone si è sposato oggi, 1822)

Musica sacra:

3 Messe (in Mi bemolle Maggiore, J. Anhang 8, Grosse Jugendmesse, 1802; in Mi bemolle Maggiore, op. 75a, Missa sancta n. 1 Freischützmesse, 1817-1818; in Sol Maggiore, op. 76, Missa sancta n. 2 Jubelmesse, 1818-1819).

 

Musica orchestrale:

Due sinfonie (in Do Maggiore, op. 19, 1806-1807; in Do Maggiore, J. 51, 1807);
Tre Ouverture (Ouverture per Peter Schmoll, op. 8, 1807; Ouverture per Beherrscher der Geister, op. 27, 1811; Jubel-Ouverture, op. 59, 1818);
Kleiner Tusch J. 47a (1806);
Walzer J. 149 (1812);
Deutscher J. 185 (1815);
Tedesco J. 191 (1816);
Marcia vivace J. 288 (1822);
Marcia J. 307 (1826).

 

Musica concertante:

Due concerti per pianoforte e orchestra (in do maggiore, op. 11, 1810; in mi bemolle maggiore, op. 32, 1812);
Konzertstück in fa minore per pianoforte e orchestra, op. 79, 1821;
Due concerti per clarinetto e orchestra (in fa minore, op. 73, 1811; in mi bemolle maggiore, op. 74, 1811);
Concertino in mi bemolle maggiore per clarinetto e orchestra, op. 26, 1810;
Concertino per oboe e fiati in do maggiore (1809)
Concerto per fagotto e orchestra in fa maggiore, op. 75, 1811-1822;
Concertino per corno e orchestra in mi minore, op. 45, 1806-1815;
Romanza siciliana per flauto e orchestra in sol minore J. 47, 1805;
Sei variazioni in do maggiore sul tema A Schüsserl und a Reind’rl per viola e orchestra J. 49, 1806;
Grand pot-pourri in re maggiore per violoncello e orchestra op. 20, 1808;
Andante e Rondò ungarese, versione per viola e orchestra J. 79, 1809;
Tema con variazioni per violoncello e orchestra in re minore J. 94, 1810;
Adagio e Rondò in fa maggiore per harmonichord e orchestra J. 115, 1811;
Andante e Rondò ungarese, versione per fagotto e orchestra op. 35, 1813.
Nei concerti, come nelle sinfonie, Weber risente dell’influenza di Mozart, Beethoven e Hummel, che fonde in un’espressione vivacemente ritmica e ricca di contrasti drammatici.

 

Musica per pianoforte:

Quattro Sonate (in Do Maggiore, op. 24, 1812; in La bemolle Maggiore, op. 39, 1816; in re minore, op. 49, 1816; in mi minore, op. 70, 1822);
Momento capriccioso in Si bemolle Maggiore, op. 12;
Rondò Brillante, invito alla danza in Re bemolle Maggiore, op. 65, 1819;
Variazioni;
Danze;
Pezzi per pianoforte a 4 mani.
La musica pianistica risente dell’influenza brillante e virtuosistica, che era molto in voga nei primi decenni del XIX secolo.

 

Altro:

Musica da camera per vari organici;
Cantate;
Composizioni corali;
Romanze.

 

Battuto al computer da Lauretta 

 

CARL MARIA VON WEBER:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Caroline_Bardua_-_Bildnis_des_Komponisten_Carl_Maria_von_Weber.jpg

File:Caroline Bardua - Bildnis des Komponisten Carl Maria von Weber.jpg

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INVITO ALLA DANZA:

 

Sir WILLIAM TURNER WALTON

  • Maggio 23, 2023 at 1:14 pm

Sir William Turner Walton nasce a Oldham il 29 marzo 1902 e muore a Forio d’Ischia l’8 marzo 1983.

E’ un Compositore, Direttore d’Orchestra e Attore inglese.

Nasce in una famiglia di musicisti: suo padre è il Direttore del Coro della Chiesa di là.
William Tuner, cantando nel Coro, si appassiona alla “Creazione” di Haydn, al “Messiah” di Georg Friedrich Händel e a molti altri lavori di tipo ecclesiastico.

All’età di dieci anni, viene accettato come Corista nella Cattedrale Cristiana dell’Università di Oxford, costituendo, per lui, una grande occasione.
Passa moltissime ore tra i libri di Musica conservati ad Oxford, formandosi – da autodidatta – nella Composizione, studiando interi volumi di composizioni di autori come Gustav Holst, Igor’ Fëdorovič Stravinskij, Béla Bartók, Sergej Prokof’ev, Richard Strauss e Arnold Schönberg,

In quel periodo, Walton compone diversi brani.
L’Organista della Chiesa Hugh Allen e il Decano della Chiesa Cristiana Thomas Strong notano e ricordano il suo grande talento.
1918: mentre si trova ad Oxford, Walton inizia la scrittura di un “Costituendo”,”Quartetto con pianoforte”, che diventerà uno dei suoi pezzi più famosi.
Durante tale periodo, stringe una profonda amicizia con il poeta Sacheverell Sitwell.

1920: Walton lascia Oxford senza avere conseguito la Laurea e viene ospitato da Sacheverell Sitwell nella sua famiglia come un “fratello adottivo”.
Lì, Walton ha modo di incontrare molti musicisti importanti e, soprattutto, la sorella di Sacheverell, Edith Sitwell, sulle cui poesie Walton compone Façade – An Entertainment, lavoro che, oggi, è ritenuto uno dei suoi lavori più rappresentativi, nonostante – al momento del debutto, nel 1922 – tutto venga stroncato dalla Critica Musicale.

1923: a Salisburgo, presenta la stesura terminata del “Quartetto con pianoforte”.

Walton suona in una Jazz-Band, ma continua a comporre, mentre la sua fama di compositore significativo comincia a crescere; un esempio: la sua “Portsmouth Point Overture” acquista popolarità negli Stati Uniti d’America, e l’ “Orchestra Sinfonica” di Chicago, già nell’autunno del 1929, la include nel suo repertorio .

Inizio 1929: nel frattempo, Walton compone un “Concerto per viola e orchestra” per Lionel Tertis che, all’inizio, rifiuta il pezzo ma, in seguito, sarà eseguito da Paul Hindemith; pezzo che, da subito, viene considerato “un capolavoro” che Tertis eseguirà nuovamente nel 1930.

 

Le colonne sonore:

Sempre in questo periodo compone la sua prima colonna sonora per il film “Non mi sfuggirai” (“Escape Me Never”).

1935: esegue la sua “Prima Sinfonia”.

1937: compone una marcia, la “Crown Imperial”, per l’Incoronazione di Re Giorgio VI e della Regina Elisabetta.

In questo lasso di tempo, ottiene altri successi, per cui Jascha Heifetz e il British Council gli commissionano un “Concerto per violino e orchestra”: presenta tale pezzo a Heifetz nel 1939, ricevendo molto entusiasmo, ma si verifica il ritardo dell’esecuzione del Concerto a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Sempre negli stessi anni, Walton inizia la Direzione d’Orchestra, esperienza che lo matura e per cui diventerà un direttore molto stimato, specialmente per la sua Musica.

1941: Walton viene richiamato dal Servizio Militare e riceve l’incarico di comporre colonne sonore per film patriottici.
Scrive le musiche per “Enrico V”, il primo dei tre film diretti da Laurence Olivier, ispirati da William Shakespeare e per cui Walton riceve la nomina per il Premio “Oscar”.

Compone una “Sonata per violino” per Yehudi Menuhin e due lavori per commemorare l’ Incoronazione della Regina Elisabetta II.

1951: riceve il titolo di Baronetto.

1955: Walton compone le musiche per un altro film shakespeariano di Laurence Olivier, “Riccardo III”.
Scrive, poi, per Gregor Piatigorsky un “Concerto per violoncello e orchestra”, eseguito nel 1956, a cui seguono pezzi corali e orchestrali e un ciclo di canzoni d’amore.

1967: diventato ormai un compositore di chiara fama mondiale, viene ammesso nell’ “Ordine del Merito”.

Verso il termine della sua vita, la composizione diventa più difficile, per Walton.
Prova a scrivere una “Terza Sinfonia”, ma la lascia.
I suoi ultimi lavori sono per lo più rimaneggiamenti di lavori precedenti, come pezzi corali liturgici.

Walton muore nella sua residenza “La Mortella”, a Forio d’Ischia, l’8 marzo 1983.

 

Filmografia da compositore:

. Non mi sfuggirai (1935)
. Come vi piace (film 1936) (1936)
. Labbra sognanti (1937)
. Stolen Life (1939)
. Il maggiore Barbara (1941)
. The next of kin (1942)
. Audace avventura (1942)
. Il primo dei pochi (1942)
. Enrico V (1944)
. Amleto (1948)
. Riccardo III (1955)
. John and Julie (1955), musica utilizzata su sua cortesia
. Three Sisters (1970)

 

Attore:

. The next of kin (1942), docu-film, nel ruolo di una guardia
. Wagner, miniserie tv (1983)

 

Onorificenze:

Membro dell’Ordine al Merito del Regno Unito – nastrino per uniforme ordinaria Membro dell’Ordine al Merito del Regno Unito
— 20 novembre 1967

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

WILLIAM TURNER WALTON:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Sir_William_Turner_Walton.jpg

 

File:Sir William Turner Walton.jpg

 

 

 

 

 

 

 

BRUNO WALTER

  • Maggio 23, 2023 at 12:40 pm

Bruno Walter nasce a Berlino il 15 settembre 1876 e muore a Beverly Hills il 17 febbraio 1962.

E’ un Direttore d’Orchestra, Pianista e Compositore tedesco naturalizzato austriaco.
Il suo vero nome è Bruno Walter Schlesinger e la sua famiglia è ebraica e appartenente alla media borghesia.

La formazione musicale di Walter inizia al Conservatorio “Stern”, quando ha otto anni.

Pubblicamente, appare per la prima volta all’età di nove anni come Pianista.

1891: assiste ai Concerti diretti da Hans von Bülow nel 1889 e, le impressioni già ricevute a Bayreuth, qui, si rafforzano e lo convincono a scegliere la sua carriera di Direttore d’Orchestra.

1893: viene scritturato come Direttore dell’Opera di Colonia.

1894: lavora come assistente di Gustav Mahler all’ “Opera” di Amburgo.

1900: ritorna a Berlino, dopo le “Stagioni” nei teatri di Breslavia, Presburgo e Riga.
A Berlino, dirige la prima esecuzione dell’opera “Der arme Heinrich” di Hans Pfitzner.

1901: Walter, all’Opera di Corte di Vienna, si unisce in collaborazione con Gustav Mahler.
Gli anni seguenti sono formativi per la sua carriera internazionale, anni in cui è invitato a dirigere a Praga, a Londra e a Roma.

1911: Walter cambia ufficialmente il suo cognome da Schlesinger a Walter e diventa cittadino austriaco.

1913: diventa Direttore Musicale dell’ “Opera” di Monaco di Baviera, dove rimane fino alla fine del 1922; per cui lascia Vienna.

1923: viaggia negli Stati Uniti come Direttore dell’ “Orchestra Sinfonica” di New York.
In Europa, Walter dirige spesso l’Orchestra del “Concertgebouw” di Amsterdam.

1924-1931: Walter è Direttore Principale delle “Stagioni tedesche” al “Covent Garden” di Londra.

1925: a Berlino, ritorna come Direttore Musicale presso la “Städtische Oper Charlottenburg”, oltre ad iniziare la sua lunga collaborazione con il “Festival di Salisburgo”.

1929-1933: è a Lipsia come Direttore Stabile dell’ “Orchestra del Gewandhaus” di Lipsia.

1933: quando la situazione politica diventa impossibile per Walter, lui lascia la Germania per l’Austria, che diventerà il suo centro principale di lavoro per parecchi anni, pur viaggiando frequentiemente anche come Direttore Ospite dell’ “Orchestra del Concertgebouw” di Amsterdam (periodo: 1934-1939), con la “New York Philharmonic” e a Firenze nel 1936.

1935: alla “Staatsoper” di Vienna è Direttore Ospite.
Dal 1936: sempre, a Vienna, è Consulente Artistico.

A Bruno Walter, viene assegnata anche la cittadinanza francese.

In America, trascorre alcuni anni, dove dirige la “Chicago Symphony Orchestra”, la “Los Angeles Philharmonic Orchestra”, la “New York Philharmonic” (1947-1949: è anche Consulente Musicale) e l’ “Orchestra” di Filadelfia.

1941-1959: dirige la “Metropolitan Opera”.

1947: da tale anno, torna numerose volte a dirigere in Europa, e diventa una figura di riferimento al “Festival” di Edimburgo, a Salisburgo, a Vienna e a Monaco di Baviera.

Notevoli le registrazioni delle opere di Mozart e Mahler.

17 febbraio 1962: Bruno Walter muore a Beverly Hills, in California, ed è sepolto a Gentilino (Ticino, Svizzera).

 

Composizioni:

Per orchestra:

1902 Symphonische Phantasie
1908 Sinfonia nº1
1909 Sinfonia nº2

 

Per coro e orchestra:

1892 Meeresstille und glückliche Fahrt (da Goethe)
1909 Das Siegesfest con voci solisti (da Schiller)

 

Musica da camera:

. Quintetto con pianoforte
. Trio con pianoforte
. Sonata per violino e pianoforte in la maggiore (1908c.)

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

BRUNO WALTER:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Bruno_Walter_Wien_1912.jpgFile:Bruno Walter Wien 1912.jpg

 

 

 

 

RICHARD WAGNER

  • Maggio 22, 2023 at 8:57 pm

Wilhelm Richard Wagner nasce a Lipsia il 22 maggio 1813 ed è il nono figlio di Johanna Rosine Wagner e del giurista e attore dilettante Carl Friedrich Wagner.
Papà Wagner muore di tifo sei mesi dopo la nascita di Richard, per cui la madre sposa l’attore e poeta Ludwig Geyer che, sembra, sia già suo amante e, forse, il padre biologico di Wagner e che si occupa della famiglia costretta a trasferirsi a Dresda.
Richard Wagner diventerà compositore, poeta, librettista, filosofo, regista teatrale, direttore d’orchestra e saggista, reputato come uno dei più importanti musicisti di tutti i tempi, addirittura il più grande del Romanticismo, in quanto ha riformato il teatro musicale.

Wagner è autodidatta e scrive i libretti e le sceneggiature delle sue opere.
Musicalmente, usa il “Leitmotiv”, ossia il “motivo conduttore”: temi musicali collegati a persone, a luoghi, a sentimenti, ad emozioni.
E’ influenzato dalla Storia della Musica Classica e, da Artista rivoluzionario, precorre l’attuale linguaggio musicale che, in “Tristano e Isotta”, attraverso la Mitologia germanica, nordica, i poemi cavallereschi, crea lo sviluppo basilare della Musica Classica, mentre è affascinato e influenzato da Arthur Schopenhauer, oltre ad essere amico dei filosofi Hegel e Nietzsche.
Wagner ha successo nell’ultima parte della sua vita sicuramente, anche a causa dei fans “wagneriani” come Richard Strauss, Anton Bruckner e Gustav Mahler e degli “antiwagneriani come Brahms o Robert e Clara Schumann e non è da dimenticare il filosofo Friedrich Nietzsche che – finché esiste la loro amicizia – lo giudica “La Rinascita dell’arte tragica in Europa”, dopodiché si verifica una rottura di rapporti umani ed intellettuali, per cui Nietzsche definisce l’operato di Wagner “espressione di una civiltà decadente”.

 

Wagner torna a Lipsia nel 1828, dove completa le scuole superiori, ma dimostra incertezza sulla strada da imboccare, in quanto esuberante e con “spirito” rivoluzionario.
Si innamora della Musica all’età di 16 anni, assistendo a “Fidelio” di Beethoven, crea piccole composizioni fra cui “Le nozze”, la sua prima opera mai terminata, le opere “Die Feen” (Le Fate), a cui seguono “Das Liebesverbot” (Il divieto d’amare) e “Rienzi, der letzte der Tribunen” (Rienzi, l’ultimo dei Tribuni).

Lavorando come direttore musiale del teatrino di Magdeburgo, conosce Minna Planner che diventerà sua moglie; moglie che non ama ma dalla quale si sente protetto emotivamente e a cui regalerà la propria irresponsabilità mentale, con rottura del matrimonio.

A Königsberg diventa direttore d’orchestra del teatro che sarà costretto a chiudere per forti debiti e Wagner, licenziato, fortunatamente diventa direttore a Riga, dove comincia a creare “Rienzi”.

Due anni dopo, perde il lavoro anche a Riga; per sfuggire ai creditori, fugge con Minna viaggiando su una piccola imbarcazione con vele alla volta di Londra e, durante una tempesta durante il viaggio marittimo, è ispirato a creare “L’Olandese Volante” (Der Fliegender Hollander”), il suo primo vero capolavoro.

 

Fra il 1839 e il 1842, vive a Parigi in grande povertà e, per sopravvivere, è costretto ad impegnare le fedi matrimoniali al Monte di Pietà e a trascrivere pezzi per banda.
Termina “Rienzi” e continua la stesura de “L’Olandese Volante”.

Inoltre, in questo periodo, conosce le tesi socialiste di Proudhon e la filosofia dell’ateismo di Feuerbach: tutte cose che influenzano i primi adattamenti de “L’anello del Nibelungo” e che servono anche da base per il Calice del Sacro Graal (in “Parsifal”): Calice-regno che per Wagner è simile all’amore e alla libertà.

“Rienzi”, eseguito con lo stile del Grand-Opéra francese, ha molto successo e gli fa ottenere il posto di direttore d’orchestra dell’Opera di Dresda: per la moglie, inzia una brillante carriera.

Attraverso l’ascolto de “L’Olandese Volante”, il pubblico del teatro di Dresda rimane disorientato, mentre “Tannhäuser” ottiene un esito tiepido.

Wagner odia il mondo reazionario e conformista del suo tempo, dove il pubblico gli dimostra distacco, per cui crea “Lohengrin”: in lui Wagner rivede e rappresenta sé stesso per potere essere accettato.
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In questo periodo nascono le amicizie importanti con Franz Liszt e Hans von Bülow: fervidi suoi ammiratori.
Wagner si evolve trasmettendo che “L’opera d’arte è vista come una sorta di sublimazione di un mondo affrancato dall’ipocrisia e dal potere del ricco sul povero e, nella rivoluzione del 1848, partecipa erigendo barricate, perde il posto di direttore a Dresda, ripara a Weimar, protetto da Franz Liszt che lo incoraggia a dedicarsi solo all’arte.

Cominciano le prime simpatie femminili, la polizia lo allontana da Bordeaux e Liszt lo salva nuovamente dopo la direzione, con successo , della prima assoluta di “Lohengrin” a Weimar, per cui Wagner si impegna a comporre la “Tetralogia”.
A Zurigo è contrastato, ma il suo genio è fuori di dubbio e, durante il suo primo viaggio in Italia, è ispirato per il preludio musicale de “L’oro del Reno”.

 

L’incontro con il pensiero del filosofo Schopenhauer gli modifica gli ideali trascorsi della rivoluzione e trova la conferma delle sue lente riflessioni.

Conosce i coniugi Wesendonck e accetta di affittare l’ala del palazzo che il marito offre ai coniugi Wagner e ai loro animali.
Matilde e Wagner diventano intimi, e il musicista interrompe “Sigfrido” per iniziare “Tristano e Isotta”.
Morale: scandalo e abbandono dell’ “asilo”, fuga di Wgner a Venezia, ritorno a Lucerna e, senza soldi, vende i diritti della Tetralogia per 24.000 franchi a Otto Wesendonck per imporre la sua Arte.

Sera del 13 marzo 1861: urla, fischi e risate a causa della diversità di concezione dell’Opera per 164 prove.
Ritiro dell’opera dopo la terza rappresentazione.
Conseguenza: celebrità.
Charles Baudelaire grande ammiratore; grande eco nella critica giornalistica.

Costretto a chiedere prestiti, la fortuna si presenta sotto le sembianze di Hans von Bülow, che si accorda per la prima rappresentazione del “Tristano”, a Vienna, dove l’opera è ritenuta difficile, per cui le prove sono sospese.
Senza dimenticare la fuga degli amici e il rischio di arresto per indebitamento.

Sera del 3 maggio 1864: il segretario del re di Baviera deve parlare con Wagner che, temendo di essere ricercato dalla polizia, fa rispondere di non esserci.
4 maggio 1864, mattina: il personaggio lo raggiunge in albergo e gli consegna un anello e una foto di Ludwig di Baviera, appassionatissimo della sua musica, lo convoca presso di sé, a Monaco.
Vengono rappresentate le opere “Tristano e Isotta” (1865) e “I Maestri Cantori di Norimberga” (1868, sotto la direzione di Hans von Bülow ): quest’ultima è l’unica commedia composta da Wagner, in cui il significato della nuova arte tedesca è osannato, mentre il re prova una fortissima emozione.
Wagner è oggetto di antipatia da parte degli abitanti di Monaco e dei cortigiani, per cui si stabilisce sul Lago di Lucerna dove termina la Tetralogia e dove conosce Nietzsche.

 

La moglie Minna muore nel 1866 e, dopo quattro anni, strappa a Hans von Bülow e sposa Cosima, la figlia di Franz Liszt: von Bülow, chiaramente, rompe l’amicizia col compositore.
Nascono tre figli: Isolde, Eva (che sposa un filosofo precursore del nazismo, Houston Stewart Chamberlain) e Siegfried.
Il re finanzia lo stile di vita dispendioso di Wagner e aiuta a concretizzare il Festival di Bayreuth, inaugurato con la prima rappresentazione de “L’anello del Nibelungo”, nell’agosto 1876.
Sebbene si consegua grande successo, il Re salva il Festival dal fallimento, durante una rappresentazione della Tetralogia.
Wagner si stabilisce a Bayreuth, ricevendo solo in tarda età successo e fama dalla sua Nuova Arte.

Per salute, soggiorna a lungo nel Sud Italia ma, nel 1882 la famiglia si trasferisce a Venezia, dove Il 13 febbraio 1883, Wagner decede a causa di un attacco cardiaco, ma la tomba di Wagner si trova a Bayreuth, nel giardino della sua villa “Haus Wahnfried”, non lontano dal teatro costruito per la rappresentare le sue opere.

 

Vita privata di Wagner:

E’ stato raccontato:

< Wagner adorava i cani e tutti gli altri animali, ma una volta dovette restare due mesi senza comporre “I Maestri cantori” a causa di un morso alla mano destra: questo fu causato dal cane Leo, che Wagner stava accuratamente lavando e pettinando.
In quanto grande amante degli animali, insorse pubblicamente contro la vivisezione e sostenne i diritti degli animali.
< Aveva un fisico allenato: a cinquantasette anni era ancora capace di arrampicarsi agilmente fino al primo piano di una casa aggrappandosi agli sporti, con grande paura di sua moglie Cosima.

< Wagner notoriamente soffriva di insonnia e di malinconia notturna, nonché di erisipela facciale (infiammazione della pelle del viso).
Secondo Giovanni Battista Cassano, direttore del dipartimento di psichiatria dell’università di Pisa, Wagner soffriva di un disturbo bipolare e sostiene che ciò sia rilevabile, oltre che dalla biografia, anche confrontando le musiche cupe del “Tristano e Isotta” con la sfavillanza di “I Maestri Cantori di Norimberga”.

< Il compositore amava molto l’Italia: in diverse città trovò ispirazione e pace per comporre.

< A Venezia (dove morirà) scrisse parte di “Tristano e Isotta”; a La Spezia ebbe, in sogno, l’ispirazione per il preludio della Tetralogia; a Ravello e nel Duomo di Siena immaginò la scena del “Parsifal”, che portò a termine a Palermo.
Nel 1859 simpatizzò per il Piemonte contro l’Austria, in vista della Seconda Guerra d’Indipendenza.
Cosima Liszt, la sua seconda moglie, era nata a Como, da cui il nome “Cosima”.

 

A proposito di “Lohengrin”, è stato riferito:

< Il 1º novembre 1871 viene eseguita la prima di Lohengrin al Teatro Comunale di Bologna, prima rappresentazione in assoluto di un’opera di Wagner in Italia.
< L’arrivo a Bologna dell’opera del compositore tedesco è frutto dell’interessamento del sindaco Camillo Casarini e avviene su pressione della stampa cittadina, dominata dalla figura del giovane assessore Enrico Panzacchi.
< Le “stramberie della musica dell’avvenire” trovano opposizione tra gli influenti soci della Società Felsinea, che considerano Wagner “incomprensibile come un geroglifico egiziano”, tra i liberali moderati e soprattutto tra i clericali, che si scagliano con aspri articoli contro il “framassone” Wagner.
< Sotto la guida del maestro Angelo Mariani, cantano il tenore Italo Campanini (Lohengrin), Bianca Blume (Elsa), Maria Löwe Destin (Ortruda), Elisa Stefanini Donzelli e Pietro Silenzi.
Il Teatro Comunale è gremito in ogni ordine e accoglie i più bei nomi dell’aristocrazia bolognese, fra cui Enrico Panzacchi e Alfredo Oriani.
Il successo è fin dalla prima straordinario: gli artisti e il direttore vengono più volte richiamati alla ribalta.
< A una delle quattordici repliche presenzierà anche Giuseppe Verdi, accompagnato da Arrigo Boito.
< Il 31 maggio 1872 il Consiglio municipale assegnerà a Wagner la cittadinanza onoraria.
< Il Teatro Comunale diverrà il tempio del culto wagneriano in Italia: a Bologna si terranno anche le prime italiane di Tannhäuser (1872), L’Olandese Volante (1877), Tristano e Isotta (1888) e Parsifal (1914, prima assoluta europea, fino ad allora esclusiva di Bayreuth).
Al Lohengrin sarà intitolato anche un profumo: un doppio “estratto olezzante”, che un avviso a pagamento definirà indispensabile a “chiunque aspiri all’eleganza”.

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

 

 

 

RICHARD WAGNER nel 1871:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:RichardWagner.jpg

File:RichardWagner.jpg

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LA VALCHIRIA, “CAVALCATA DELLE VALCHIRIE”:

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IL CREPUSCOLO DEGLI DEI: VIAGGIO DI SIGFRIDO SUL RENO e “MARCIA FUNEBRE DI SIGFRIDO”:

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I MAESTRI CANTORI DI NORIMBERGA, OUVERTURE:  https://youtu.be/-_s1Z0gUNYY

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANTONIO VIVALDI

  • Maggio 22, 2023 at 8:08 pm

Antonio Lucio Vivaldi nasce a Venezia il 4 marzo 1678 e muore a Vienna il 28 luglio 1741.

E’ un compositore e violinista italiano, uno dei maggiori esponenti del “Barocco” musicale.
E’ sacerdote, ma non può celebrare la messa per motivi di salute.

E’ uno dei violinisti e uno dei più grandi compositori di musica barocca, influente, originale e importante della sua epoca perché contribuisce in modo determinato allo sviluppo del Concerto (particolarmente “solistico”), della tecnica violinistica e orchestrativa, oltre ad influire su numerosi compositori contemporanei, fra cui Johann Sebastian Bach, Pisendel, Heinichen, Zelenka, Boismortier, Corrette, De Fesch, Quantz.

Il numero dei suoi lavori è vastissimo, ma le sue composizioni più note sono i “Quattro Concerti” per violino conosciuti come “Le quattro stagioni”.

Dopo la sua morte (come per altri musicisti barocchi) viene dimenticato ma, grazie alla ricerca di alcuni musicologi del XX secolo (Arnold Schering, Marc Pincherle, Alberto Gentili e Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero), i suoi lavori musicali lo fanno diventare uno dei compositori più noti ed eseguiti.

L’infanzia e la giovinezza di Antonio Vivaldi:

Non esistono molti documenti sulla vita di Antonio Lucio Vivaldi, ma si sa che nasce di venerdì, 4 marzo 1678, a Venezia, e viene battezzato in casa da Margarita Veronese, sua levatrice, poiché è in pericolo di vita.
Il Battesimo viene perfezionato attraverso la liturgia di rito il 6 maggio, nella Chiesa di San Giovanni in Bragora, non lontano da casa Vivaldi.

Il padre è Giovanni Battista Vivaldi ma, per molti anni, circolano voci sulla sua presunta illegittimità, mentre la madre è Camilla Calicchio, di origini materane.

Nel 1685, il padre barbiere-violinista accetta l’ingaggio prestigioso di violinista della Basilica di San Marco (a quel tempo, “Cappella privata del Doge” e non ancora “Sede Vescovile”), in cui si celebra solo in occasioni particolari, dopodiché, nello stesso anno ne diventa Maestro il famoso Giovanni Legrenzi.
Insieme al collega Antonio Lotti e a Giovanni Legrenzi, Giovanni Battista Vivaldi fonda il “Sovvegno dei musicisti di Santa Cecilia”, una confraternita di musicisti veneziani: a cui aggiunge l’impegno di insegnante di violino all’Ospedale dei Mendicanti a partire dal 1689.

Probabilmente, Antonio Vivaldi impara a suonare il violino dal padre, dimostrandosi prestissimo un grande talento.
Giovanissimo, è ammesso a frequentare i musicisti della “Cappella del Doge”, dalla cui frequenza trae vantaggio e dove, a poco a poco, sostituisce il padre.

La carriera ecclesiastica del giovane Vivaldi inizia il 18 settembre 1693, quando ha l’età minima della tonsura per mano del patriarca di Venezia, il futuro Cardinale Badoero.

Prosegue gli suoi studi presso la “Chiesa di San Geminiano” e la “Chiesa di San Giovanni in Oleo” e, come da regola, vive con la famiglia nella parrocchia di “San Giovanni Battista” in Bragora, non abbandonando la Musica.
Anzi la sua abilità con il violino lo impiega già nel 1696 come violinista in eccedenza, durante le funzioni natalizie presso la “Cappella della basilica di San Marco”, dove appare per la prima volta in pubblico; allo stesso tempo, appartiene al “Gruppo dell’Arte dei Sonadori”.

4 aprile 1699: riceve gli Ordini Minori del suddiaconato nella “Chiesa di S. Giovanni in Oleo” e, il 18 settembre 1700, il diaconato.

23 marzo 1703: viene ordinato sacerdote, continuando a vivere con la famiglia e a lavorare strettamente con il padre.
Viene soprannominato “Il Prete Rosso” per il colore dei suoi capelli, anche se nascosti dalla parrucca (che è di moda nel suo periodo storico).

Dal 1704 smette di celebrare la Messa, per motivi di salute: pare che sia affetto da una forma d’asma (“strettezza di petto”) di cui ha presentato i sintomi sin dalla nascita e per cui non gli è possibile compiere tutta la funzione sacra senza doversi assentare dall’altare.

Vivaldi presso il Pio Ospedale della Pietà:

E’ giovane, ma acquisisce fama molto presto e, dal 1º settembre 1703, è assunto come Maestro di Violino dalle Autorità del “Pio Ospedale della Pietà”, dove rimane sino al 1720.
Lo stipendio è di 60 ducati annui,

Tale “Pio Ospedale della Pietà” viene fondato nel 1346 ed è il più prestigioso dei quattro ospedali femminili di Venezia (gli altri tre sono l’ “Ospedale degli Incurabili”, l’ “Ospedale dei Mendicanti” e l’ “Ospedale dei Derelitti ai SS. Giovanni e Paolo”), dove vengono assistiti i bambini orfani o provenienti da famiglie molto povere, in cui imparano un mestiere e lasciano l’istituto all’età di 15 anni.
Le ragazze invece ricevono un’educazione musicale e quelle di maggior talento diventano membri dell’ospedale e, fra loro, esiste una gerarchia: dalle “figlie di coro”, alle più esperte dette “privilegiate di coro”, fino alle “maestre di coro” (loro insegnano).

Agosto 1704: lo stipendio di Vivaldi diventa di 100 ducati, in quanto subentra anche nella posizione di insegnante di “Viola all’inglese”.

1705: viene incaricato della composizione e dell’esecuzione dei Concerti, con un salario aumentato a 150 ducati annui a cui si aggiunge la remunerazione delle messe quotidiane dette “per la Pietà” o “per le ricche famiglie patrizie”.

Probabilmente, il giovane Vivaldi, Maestro di Violino, comincia la sua carriera di compositore e si fa notare per le sue prime opere diffuse a mezzo manoscritto, mentre è sempre più rinomato.

Pur non essendo quasi mai sottoposto al voto del Consiglio Direttivo dell’Ospedale, nel 1709 perde il posto di lavoro per 7 voti contro 6 a favore, per cui, per un anno, esercita la libera professione di Musicista.
Però, dopo aver esercitato tale libera professione per oltre un anno, viene riassunto nel 1711 alla “Pietà”, sempre a seguito di una votazione, dal momento che la Direzione ha capito bene l’importanza del Vivaldi all’interno della Scuola.

1713: diventa il responsabile per l’attività musicale dell’istituto.

1716: è “Maestro de’ Concerti”.

Non si sa bene, ma pare che Vivaldi continui ad aprovvigionare “La Pietà” di concerti e composizioni varie durante tutta la sua vita, anche in forma privata.

1705: pubblicazione della sua prima raccolta di musiche, “Opus 1”, una collezione di dodici sonate a tre dedicata al nobile veneto Annibale Gambara, ancora in uno stile neocorelliano.

1708: pubblicazione della sua seconda raccolta di 12 sonate per violino e basso continuo (“Opus 2”), ma la rinomanza a livello internazionale la raggiunge con la sua prima collezione di 12 concerti per uno, due e quattro violini con archi, “L’estro armonico” (“Opus 3”), che viene data alle stampe ad Amsterdam.

1711: Etienne Roger è un editore all’avanguardia con le nuove tecniche di stampa rispetto agli editori veneziani Sala e Bortoli, per cui Vivaldi raggiunge la rinomanza a livello internazionale con la sua prima collezione di “12 concerti per uno, due e quattro violini con archi”, “L’estro armonico” (“Opus 3”: viene data alle stampe ad Amsterdam).
La sua uscita è pubblicizzata con un annuncio sul “The Post Man” di Londra.
Questi concerti sortiscono successo in tutta Europa e, nel 1714, sono seguiti da “La stravaganza” (“Opus 4”: raccolta di concerti per solo violino e archi).

Febbraio 1711: Vivaldi, accompagnato dal padre, si reca a Brescia, dove consegna il suo “Stabat Mater RV 621” al committente, la “Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri”.

1718: inizio di un periodo di frequenti spostamenti, anche se non pare aver mai rotto i legami con “La Pietà”.

Tra il 1723 e il 1729: dagli atti registrati, viene constatato che viene pagato per comporre almeno 140 concerti.

Impresario d’opera al Teatro Sant’Angelo:

Venezia della prima metà del XVIII secolo: l’opera è l’intrattenimento musicale più popolare e più redditizio per i compositori.
Parecchi teatri si fanno concorrenza.
Quello creduto il primo lavoro teatrale di Vivaldi, “Ottone in villa” (RV 729 ), viene rappresentato al “Teatro delle Grazie” di Vicenza, nel maggio del 1713.

1705: sembra che l’esordio operistico di Vivaldi avvenga in questo anno. Anno in cui Vivaldi completa “Creso tolto alle fiamme” (RV Anh. 138) di Girolamo Polani per il “Teatro Sant’Angelo di Venezia”.

1714: diventa sia impresario, sia direttore delle musiche presso tale teatro, dove allestisce la sua terza opera, l’ “Orlando finto pazzo” (RV 727).
Non riscuote il successo sperato e, per “salvare” la stagione, Vivaldi-impresario riallestisce, (ritoccando e aggiungendo di sua mano, l’ “Orlando” di Giovanni Alberto Ristori, già presentato l’anno precedente.

1715: rappresenta un pasticcio, il “Nerone fatto Cesare” (RV 724, perduto), con le musiche di vari compositori e 11 arie dello stesso Vivaldi.

1716: rappresentazione di “Arsilda, regina di Ponto” (RV 700), sicuramente un sucesso, dal momento che, per l’opera seguente (“L’incoronazione di Dario”, RV 719), vengono proposte delle repliche con lo stesso, giovanissimo cast (in primis le future stelle Annibale Pio Fabri, Anna Vicenza Dotti e Maria Teresa Cotte [o Cotti]).
Lo stesso anno fu rappresentata “La costanza trionfante degli amori e degl’odii” (RV 706), nel piccolo Teatro “San Moisè”.

In questo periodo, “La Pietà” gli commissiona diversi lavori liturgici di cui i più importanti sono due oratorî: il primo, “Moyses Deus Pharaonis” (RV 643), risulta sfortunatamente perduto e il secondo, “Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie” (RV 644); quest’ultimo è composto nel 1716, ed è uno dei lavori sacri più noti di Vivaldi.
Fu commissionato per celebrare la vittoria della Repubblica di Venezia contro i Turchi e la riconquista dell’isola di Corfù.
Tutte le undici parti, sia maschili che femminili, furono interpretate dalle ragazze de “La Pietà” e molte arie comprendono parti per strumenti solisti come flauti dolci, oboi, clarinetti, viola d’amore, mandolini, che servono per mettere in evidenza il talento delle ragazze anche in strumenti particolarmente rari e di non facile reperibilità per l’epoca.

 

Gli anni della maturità:

1718: Vivaldi diventa Maestro di Cappella da Camera alla Corte del Principe Filippo d’Assia-Darmstadt, governatore di Mantova e noto appassionato di musica per cui si trasferìsce in tale città dove rimane per circa tre anni.

1720-1721: compone tre opere tra le quali “Tito Manlio” (RV 738) e varie cantate e serenate. Successivamente, va a Milano, dove presenta (nel 1721) il suo dramma pastorale “La Silvia” (RV 734) e nel 1722 l’oratorio “L’adorazione delli tre Re Magi al bambino Gesù” (RV 645, perduto).
Sempre nel 1722: il compositore veneziano si reca a Roma, invitato da Papa Benedetto XIII a suonare per lui.
1725: torna a Venezia, dove nello stesso anno produce quattro lavori teatrali.

In questo periodo, scrive “Le quattro stagioni”, “Quattro concerti per violino” che rappresentano le scene della natura in musica e pubblica come i primi quattro concerti di una raccolta di dodici “Il cimento dell’armonia e dell’inventione” (Opus 8): è pubblicata ad Amsterdam, nel 1725, da Michel-Charles Le Cène, succeduto ad Estienne Roger nell’attività editoriale.

Tra il 1723 e il 1740: Vivaldi allestisce almeno 15 rappresentazioni operistiche con la partecipazione di Anna Girò (sua allieva e protetta che diventerà una famosa cantante lirica).
Secondo alcuni, si ipotizza una possibile relazione amorosa tra i due, relazione che, al momento, non risulta certa da alcuna documentazione storica.

Gli ultimi anni e la morte:

Arrivato all’apice della sua carriera, Vivaldi riceve numerose commissioni dalle famiglie nobiliari e reali europee.
“La serenata, La Gloria, Imeneo” (RV 687) è composta per il matrimonio di Luigi XV.
L’ “Opus 9”, “La cetra”, è dedicata all’Imperatore Carlo VI.
1728: Vivaldi ‘incontra l’Imperatore in persona, arrivato a Trieste per supervisionare la costruzione di un nuovo porto.
Carlo VI ammira la sua musica che – in due anni – lo farà intrattenere più a lungo con il compositore e non con i suoi ministri.
A Vivaldi egli conferisce il titolo di Cavaliere, attribuisce una medaglia d’oro e lo invita a Corte a Vienna, per cui il musicista gli presenta una presunta copia del manoscritto de “La cetra”.
SI tratta di una raccolta di Concerti quasi completamente differente da quella pubblicata con lo stesso titolo, come Opus 9: probabilmente un ritardo di stampa aveva costretto Vivaldi a confezionare alla meglio una collezione improvvisata di concerti.

1730: va a Vienna e a Praga assieme a suo padre, dove rappresenta tra le altre, la sua opera “Farnace” (RV 711).
In questo periodo, incontra due dei maggiori librettisti italiani dell’epoca: “L’Olimpiade” e “Catone in Utica” sono su libretto dell’affermato Pietro Metastasio, nel 1730, diventato Poeta Cesareo alla Corte di Vienna.
Il libretto della “Griselda” è del giovane Carlo Goldoni, tratto da un vecchio libretto del predecessore di Metastasio, Apostolo Zeno.

 

La vita di molti compositori della sua epoca si conclude sventuratamente sotto l’aspetto umano ed economico: così è anche per lui perché le sue composizioni, a Venezia, non sono più molto apprezzate: ciò è dovuto ai cambiamenti veloci dei gusti musicali che, con l’affermazione dell’Opera Napoletana, lo considerano fuori moda, per cui decide di trasferirsi a Vienna, dove è stato invitato da Carlo VI d’Asburgo e dove, forse, spera di occupare qualche posizione ufficiale a Corte e di rappresentare alcune sue opere al “Kärntnertortheater”.

Per finanziare Il suo trasferimento Vivaldi lo concretizza a mezzo della svendita di parecchi manoscritti.

Tale trasferimento a Vienna e il lasciare per sempre l’Italia è a causa anche di uno spiacevole episodio del 1737 che lo segna ma, poco dopo il suo arrivo a Vienna, nell’ottobre del 1740, Carlo VI muore.

Succede la Guerra di Successione Austriaca che costringe la figlia (la futura imperatrice Maria Teresa d’Austria), a fuggire in Ungheria.

Tutti i teatri viennesi vengono chiusi immediatamente sino all’anno seguente, per cui Vivaldi rimane senza protezione imperiale e senza fonti di reddito ed essendo troppo malato e troppo povero, resta a Vienna dove, per tirare avanti, svende altri suoi manoscritti, fino alla notte tra il 27 e il 28 luglio 1741 in cui muore di infezione intestinale (o forse anche a causa dell’asma bronchiale di cui soffre fin dalla nascita) nell’appartamento affittato presso la vedova Maria Agate Wahlerin.

Il 28 luglio, Vivaldi viene sepolto in una fossa comune allo “Spitaller Gottsacker” di Vienna, con un funerale semplice detto “dei poveri”.
Il luogo della sepoltura si trova a fianco della “Karlskirche”; il cimitero non esiste più, ma presenziano targhe in sua memoria come anche una “Vivaldi star” nella “Musikmeile” viennese, un monumento nella Rooseveltsplatz e un memoriale nella Karlsplatz.

La sua musica cade nell’oblio e ci rimane fino a quasi la metà del XX secolo, quando la figura di Vivaldi torna ad “imporsi” nella storia della Musica Europea.

 

Vivaldi: influenze nella cultura popolare e generale:

La riscoperta della musica di Vivaldi e la creazione dei fondi Foà e Giordano sono portati a conoscenza del pubblico a mezzo del romanzo “L’affare Vivaldi” di Federico Maria Sardelli (2015), musicista, direttore d’orchestra ed esperto del compositore veneziano.

Vivaldi appare fra i personaggi del romanzo “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa la cui protagonista è Cecilia, violinista orfana cresciuta ed educata presso l’ “Ospitale di Pietà” dove è accertato che Vivaldi abbia lavorato e diretto.

“Il respiro degli angeli” è un romanzo di Emanuela Fontana (Mondadori, 2021) che narra l’intera vita di Vivaldi, dall’infanzia a Venezia fino agli ultimi mesi a Vienna.

A Vivaldi è intitolato il cratere Vivaldi su Mercurio.

Cinema:

Cinematograficamente, Vivaldi è personaggio principale in “Rosso veneziano”, film “giallo” francese del 1989 diretto da Étienne Périer, il cui protagonista è il giovane Carlo Goldoni interpretato dall’attore polacco Wojciech Pszoniak.

2006: il film “Antonio Vivaldi, un prince à Venise”, è di produzione franco-italiana, è diretto da Jean-Louis Guillermou ed è interpretato da Stefano Dionisi, nei panni di Vivaldi, Michel Serrault, nel ruolo del vescovo di Venezia, Christian Vadim, nel ruolo di Carlo Goldoni, e Michel Galabru, nel ruolo del papa Benedetto XIII.

Sembra che un ulteriore film sul musicista veneziano sia in preparazione con il titolo provvisorio “Vivaldi”: sarebbe prodotto da Boris Damast, con Max Irons, figlio dell’attore Jeremy Irons, nelle vesti del musicista; inoltre, nel cast si vedono le partecipazioni di Malcolm McDowell, Jacqueline Bisset e Gérard Depardieu.

Battuto al computer da Lauretta 

 

 

Il celeberrimo ritratto a Vivaldi del 1723 circa:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Vivaldi.jpg

File:Vivaldi.jpg

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LE STAGIONI, “LA PRIMAVERA”:

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LE STAGIONI, “L’ESTATE”: https://youtu.be/IJDnj2O9yqY

 

 

GIUSEPPE VERDI

  • Maggio 22, 2023 at 1:49 pm

Così, è stato scritto:

< Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi operisti di ogni tempo, subentrò ai protagonisti italiani del teatro musicale del primo Ottocento: Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti.
Come Richard Wagner, interpretò in modo originale, seppur differente dal musicista tedesco, gli elementi romantici presenti nelle sue opere, proponendo agli spettatori una chiave di lettura patriottica in molte delle sue composizioni.
< Simpatizzò con il movimento risorgimentale che perseguiva l’Unità d’Italia e partecipò attivamente per breve tempo anche alla vita politica; nel corso della sua lunga esistenza stabilì una posizione unica tra i suoi connazionali, divenendo un simbolo artistico profondo dell’unità del Paese.
Fu perciò che, un mese dopo la sua morte, una solenne e sterminata processione attraversò Milano, accompagnando le sue spoglie con le note del “Va’, pensiero”, il coro degli schiavi ebrei del “Nabucco”.
Il “Va’ pensiero”, da lui scritto circa 60 anni prima, esprimendo di fatto i sentimenti degli italiani verso il loro eroe scomparso, dimostrò fino a che punto la musica di Verdi fosse stata assimilata nella coscienza nazionale.
< Le sue opere rimangono ancora tra le più conosciute ed eseguite nei teatri di tutto il Mondo, in particolare “Aida” (1871), il già citato Nabucco” (1842) e la cosiddetta “triade verdiana”: “Rigoletto” (1851), “Il trovatore” (1853) e “La traviata” (1853).

Adolescenza, giovinezza e formazione musicale di Verdi:

Giuseppe Verdi nasce a Le Roncole di Busseto il 10 ottobre 1813 e muore a Milano il 27 gennaio 1901.

I genitori sono Carlo Verdi (oste e rivenditore di sale e generi alimentari) e Luigia Uttini (filatrice).

Carlo discende da una famiglia di piccoli possidenti e commercianti piacentini che, per secoli, risiedono tra Villanova e Sant’Agata, poi trasferitisi in località Le Roncole di Busseto.
Luigia, idem, figlia di osti, è originaria di Saliceto di Cadeo, idem, in provincia di Piacenza.

Carlo risparmia un po’ di denaro e, in seguito, diventa erede dei genitori (in particolare del padre Giuseppe Antonio) della gestione di una piccola e ben lanciata osteria a Le Roncole; a questa attività intervalla il lavoro nei campi.

11 ottobre del 1813: nel Registro dei Battesimi della Chiesa di “San Michele Arcangelo” è scritto il nome di Giuseppe Francesco Fortunino, “nato ieri”.
Tre giorni dopo, Carlo arriva a Busseto per la dichiarazione della nascita del figlio alle autorità locali, Giuseppe: nel registro comunale, il piccolo viene indicato con i nomi di Joseph Fortunin François, dal momento che l’atto è redatto in francese e perché, nel 1808, tutta la zona bussetana, precedentemente appartenente al Ducato di Parma, viene annessa all’Impero francese creato da Napoleone.

Giuseppa, una sorella più giovane di Verdi, muore a 17 anni, nel 1833, ma è inferma fin dalla giovanissima età a causa di una meningite.

All’età di quattro anni, Giuseppe riceve lezioni private di Latino e Italiano dal Maestro e Organista del paese Pietro Baistrocchi che, a quanto pare, sembra avere un ruolo fondamentale dando consiglio alla famiglia del ragazzo per fargli intraprendere lo studio della Musica.
Da non dimenticare che Pietro Baistrocchi lo prende a benvolere e lo aiuta gratuitamente ad avviarlo alla pratica dell’Organo e del Pianoforte.

A sei anni, Verdi frequenta la scuola locale contemporaneamente alle lezioni di Organo da Baistrocchi, ma il suo chiaro interesse per la Musica convince i genitori a comprargli una spinetta che, a furia di essere usata, rende necessario l’intervento tecnico di un organaro per ripararla.
Dopo la morte di Baistrocchi, Verdi diventa Organista a pagamento, all’età di soli otto anni.

Il talento compositivo straordinario di Verdi è coltivato e sviluppato dallo studio e sostenuto dal padre, che intuisce l’ottimo “traguardo” del figlio.
Più tardi, Antonio Barezzi (negoziante amante della Musica e Direttore della locale Società Filarmonica), è fiducioso circa le possibilià del ragazzo e diventa suo mecenate e protettore, per cui lo aiuta a proseguire gli studi, mentre non tutti sanno che Carlo Verdi promuove energicamente l’istruzione e la precocità di Verdi figlio.

1823: i coniugi Verdi iscrivono il ragazzino al “Ginnasio”, una Scuola Superiore per ragazzi gestita da don Pietro Seletti a Busseto, dove riceve istruzione in Italiano, Latino, Scienze Umane e Retorica.
Il ragazzo, regolarmente, torna a Le Roncole anche di domenica a suonare l’organo, camminando a piedi per diversi chilometri.

1824: Giuseppe Verdi inizia a ricevere le lezioni di Ferdinando Provesi, Maestro di Cappella nella “Collegiata di San Bartolomeo Apostolo” e Maestro dei locali Filarmonici, che gli insegna le basi della Composizione Musicale e della Pratica Strumentale.

Giugno 1827: Verdi si diploma presso il Ginnasio e si può dedicare unicamente alla Musica, sotto la guida di Provesi.
Ha 13 anni quando è chiamato a sostituire un musicista: cosa che diventa il suo primo evento pubblico in Busseto, dove riscuote un grande successo.

1829-1830: Verdi si afferma come membro della Filarmonica.
1832: a Bergamo, viene eseguita “I deliri di Saul”, una cantata in otto movimenti, sulla base di un dramma di Vittorio Alfieri, scritta da Verdi all’età di 15 anni.
Fine 1829: Verdi termina i suoi studi con Provesi, il quale Provesi comunica che non ha più nulla da insegnargli.
Dopodiché, Verdi si trasferisce presso la casa di Barezzi, dove impartisce lezioni di canto e di pianoforte a sua figlia, Margherita con la quale inizia una relazione sentimentale, nel 1831.

Verdi desidera studiare a Milano, città che presenta risorse e occasioni maggiori in confronto a Busseto, città piccola, per cui, il 14 maggio 1831, Barezzi presenta domanda di ammissione al Conservatorio di Milano, spingendo Carlo Verdi a chiedere una borsa di studio al Monte di Pietà e di Abbondanza per il figlio.
Non raggiungendo alcun esito, rivolge la proposta alla Duchessa Maria Luigia che viene approvata il 14 gennaio 1832, per cui Verdi è ammesso all’esame preliminare che, purtroppo, non supera.
Il celebre violinista e violista Alessandro Rolla è l’unico che vota favorevolmente per Verdi e lo indirizza alle lezioni private di Vincenzo Lavigna, allora Maestro al Cembalo de “La Scala”, il quale trova le composizioni di Verdi «molto promettenti».
Verdi si inserisce sempre più nell’ ambiente culturale di Milano, ascoltando celebri interpreti dell’epoca, come Maria Malibran nelle opere di Donizetti e Bellini, con lo studio delle composizioni dei vecchi Maestri, come Palestrina (il suo compositore prediletto), Carissimi, Corelli, Marcello, Porpora, Pergolesi, Alessandro e Domenico Scarlatti, Paisiello, Haydn e Mozart.

Comincia a frequentare il Teatro “Alla Scala”, dove conosce anche il Direttore della “Società Filarmonica” di Milano, Pietro Massini.

1834: è invitato a partecipare come Maestro al Cembalo per l’esecuzione de “La Creazione” di Haydn, suonata dalla stessa “Filarmonica”, come da lui riferito in una lettera del 19 ottobre 1879 a Giulio Ricordi.
Ben presto Verdi arriva ad assumere il ruolo di Direttore delle prove (per “La Cenerentola” di Rossini) e di Continuista ed è proprio Massini che lo spinge a scrivere la sua prima opera che, in origine, è “Rocester”, su libretto del giornalista Antonio Piazza ma, poi, chiamata “Oberto, Conte di San Bonifacio”.

1834-1842: le primissime opere di Verdi:

Metà 1834: a Busseto,Verdi desidera subentrare a Provesi ma, non riuscendo, è aiutato da Barezzi, per ottenere il posto del Maestro di Musica.

Insegna, e impartisce lezioni, oltre a dirigere la “Filarmonica” per alcuni mesi, dopodiché, all’inizio del 1835, torna a Milano.

Luglio 1834: riceve la sua certificazione da Lavigna.

Fine febbraio 1836: Verdi è nominato Maestro di Musica del Comune di Busseto con un contratto di tre anni.

4 maggio del 1836: nell’oratorio della Santissima Trinità, sposa la ventiduenne Margherita Barezzi con cui, due anni dopo, va a vivere a Milano, a Porta Ticinese, in una modesta abitazione.

26 marzo 1837: Margherita partorisce la loro prima figlia, Virginia Maria Luigia, a cui segue Icilio Romano, l’11 luglio 1838.

1837: Verdi chiede l’assistenza di Massini per rappresentare una sua opera a Milano.

Negli anni seguenti, succedono gravi lutti familiari attraverso la morte dei suoi figli Virginia, il 12 agosto 1838 e Icilio, il 22 ottobre 1839, entrambi all’età di circa un anno e mezzo.

1839: dopo quattro anni di lavoro, finalmente, riesce a far rappresentare la sua prima opera a “La Scala: “Oberto, Conte di San Bonifacio”, su libretto originale di Antonio Piazza, rivisto e riadattato da Temistocle Solera.
Opera con stile donizettiano, piace al pubblico e consegue un discreto successo, oltre ad essere rappresentata in quattordici repliche per cui l’impresario de “La Scala”, Bartolomeo Merelli, offre a Verdi un contratto per altri tre lavori e che, nel novembre 1839, accetta di inserire in cartellone un suo lavoro; lavoro che arriva al rispettabile numero di 13 repliche.

18 giugno 1840: Margherita, all’età di 26 anni, muore di encefalite mentre Verdi sta lavorando alla sua seconda opera, “Un giorno di regno”; opera di genere comico, che viene rappresentata a settembre, conseguendo un esito disastroso (infatti, viene rappresentata una sola volta).
Secondo Verdi: “vi ebbe certo una parte di colpa la musica, ma una parte vi ebbe anche l’esecuzione”.
E’ chiaro che il momento anche doloroso in cui viene composta incide sull’insuccesso e che, a causa dei lutti verificatisi, Verdi in seguito, dichiarerà che in quel periodo aveva deciso di smettere di comporre: la sua decisione cade a causa dell’opera successiva, “Nabucco”, che vede la luce dopo 18 mesi.

Merelli convince Verdi a non abbandonare la Lirica, affidandogli direttamente il libretto di “Nabucco”, scritto da Temistocle Solera: tale soggetto biblico, all’inizio, è stato rifiutato dal compositore Otto Nicolai.

Verdi è ancora scioccato dalla tragedia familiare, per cui ripone il libretto senza neanche leggerlo quando, una sera, spostandolo, gli cade per terra e si apre proprio nella pagina di “Va, pensiero”, lasciando scosso Verdi dopo la lettura di tale brano.
Il quale Verdi va a dormire, ma non riesce ad assopirsi; si alza e rilegge il testo più volte; poi, lo musica, lo legge e decide di musicare tutto il libretto e, in seguito, Verdi ricorderà: “Questo versetto oggi, domani quello, qui una nota, c’è una frase intera, e a poco a poco l’opera è stata scritta”.
La prima rappresentazione di “Nabucco” avviene il 9 marzo 1842, al Teatro “Alla Scala” di Milano: l’esito è favoloso.
Solo tra agosto e novembre, conta cinquantasette repliche: è il risultato scaligero mai raggiunto fino a tale momento.
Nei tre anni successivi, l’opera viene rappresentata anche a Vienna, Lisbona, Barcellona, Berlino, Parigi e Amburgo; nel 1848, viene messa in scena a New York e, nel 1850, a Buenos Aires.
“Nabucco” segna l’ascendenza musicale di Verdi.

Per mezzo di uno dei cori dell’opera, il celebre “Va, pensiero”, il popolo italiano si immedesima nel popolo ebraico prigioniero; popolo ebraico che, attraverso il celebre coro “Va, pensiero”, a poco a poco diventa un canto-lamento, forse un inno contro l’Austria-padrona; coro che viene diramato presto in Lombardia e nel resto d’Italia.

1843-1850: Verdi li definisce gli “anni di galera”:

«Dal Nabucco in poi non ho avuto, si può dire, un’ora di quiete. Sedici anni di galera!»

Nabucco è l’inizio di una splendente carriera che impegna Verdi a scrivere, in media, un’opera annualmente: “I Lombardi alla Prima Crociata”, “Ernani”, “I due Foscari”, “Giovanna d’Arco”, “Alzira”, “Attila”, “Il corsaro”, “I masnadieri”, “Macbeth”, “La battaglia di Legnano”.

Si tratta di opere giovanili sono creazioni di successo rappresentate in molti teatri italiani ed europei, ma spesso musicate su commissione, lavorativamente massacranti e non sempre con ispirazione.

Per merito del successo iniziale di “Nabucco”, Verdi si stabilisce a Milano, guadagnando numerose conoscenze prestigiose.
Frequentando il salotto letterario della Contessa Clara Maffei, diventa suo amico per tutta la vita e corrispondente.

1842: l’alto numero di repliche di “Nabucco”, a “La Scala”, suggerisce a Merelli di commissionargli una nuova opera per la stagione 1843.
“I Lombardi alla prima Crociata”, su libretto di Solera, debutta l’11 febbraio 1843, idem, a “La Scala”, confermando la reputazione positiva di Verdi.

Verdi presta attenzione ai suoi contratti e si assicura di essere ricompensato a dovere col crescere della sua popolarità.
Quindi, inizia ad investire i proventi nell’acquisto di terreni presso il suo paese natale e, nel 1844, compera “Il Pulgaro”, un terreno agricolo di 23 ettari con casa colonica e annessi.
Maggio del 1844: regala una casa ai suoi genitori.
Sempre, nel 1844: acquista anche “Palazzo Cavalli” (ora noto come “Palazzo Orlandi”) su via Roma, la strada principale di Busseto.

Maggio 1848: Verdi firma un contratto di acquisto della terra e delle case a Sant’Agata, nel Piacentino, che un tempo erano appartenute alla sua famiglia.
Qui costruisce la sua nuova casa, “Villa Verdi”, dove vive dal 1851 fino alla sua morte.

Marzo 1843: Verdi visita Vienna (dove Gaetano Donizetti è Direttore Musicale) per allestire una produzione di “Nabucco”.
Donizetti riconosce il talento di Verdi e osserva, attraverso una lettera scritta nel gennaio 1844: «Sono molto felice di dare modo a persone di talento come Verdi… Niente impedirà al buon Verdi di raggiungere presto una delle posizioni più onorevoli nella corte dei compositori».

Poi, Verdi va a Parma, dove il Teatro “Regio” sta allestendo “Nabucco” con Giuseppina Strepponi nel cast.
Le rappresentazioni eseguite nella sua regione, conferiscono a Verdi una vera vittoria personale e suo padre Carlo, partecipa alla “prima”.

Verdi si ferma a Parma per un certo tempo dopo la data di partenza e, dopo il successo degli allestimenti di “Nabucco”, a Venezia (sono venticinque le repliche nella stagione 1842/43), contratta l’impresario de “La Fenice” per mettere in scena “I Lombardi” e per scrivere una nuova opera: “Ernani”.
Tratta dall’omonimo dramma di Victor Hugo, “Ernani” viene patteggiata da Verdi nell’estate del 1843, è musicata nell’inverno seguente su libretto di Francesco Maria Piave e viene presentata per la prima volta al pubblico veneziano il 9 marzo 1844.
La vicenda, ricca di colpi di scena e imperniata su un triplice amore, permette a Verdi di analizzare il profilo di alcuni personaggi dal punto di vista drammaturgico e di cominciare a staccarsi dall’azione influente dei grandi compositori italiani dell’inizio Ottocento: Rossini, Bellini e Donizetti.
“Ernani” consegue un ampio successo e, nel tempo di sei mesi viene replicata in altri venti teatri italiani, oltre a Vienna.

“La Scala” non viene più scelta per il debutto delle nuove opere, eccetto per “Giovanna d’Arco” perché Verdi «non perdonerà mai ai Milanesi per la ricezione di “Un giorno di regno”».

Verdi comincia a lavorare in modo più compatto con i suoi librettisti.
Incarica nuovamente Francesco Maria Piave, questa volta per “I due Foscari” (opera eseguita a Roma nel novembre 1844), e Solera per “Giovanna d’Arco” (che esordisce al Teatro “Alla Scala” nel febbraio 1845)
Nel mese di agosto, comincia a collaborare con Salvatore Cammarano per “Alzira” per il “Teatro di San Carlo” di Napoli (opera della quale cui lo stesso Verdi dirà «era proprio brutta»).

Solera e Piave lavorano insieme ad “Attila”: Solera è il librettista e Piave revisiona.
L’opera viene rappresentata al Teatro “La Fenice” di Venezia il 17 marzo 1846, ottenendo un buon successo.

Aprile 1844: Verdi ingaggia Emanuele Muzio, più giovane di lui di otto anni, come allievo e come amanuense.
Lo conosce come uno dei protetti di Barezzi fin da circa il 1828 e, in effetti, Muzio è il solo allievo di Verdi: diverrà una persona indispensabile per il musicista.
Muzio riferìsce a Barezzi che Verdi «ha una larghezza di spirito, di generosità, una saggezza» e, nel novembre 1846 gli scrive, a proposito del Maestro: «Se tu potessi vedere noi, mi sembra più come un amico, piuttosto che essere il suo allievo. Siamo sempre insieme a cena, nei caffè, quando giochiamo a carte… tutto sommato non va da nessuna parte senza di me al suo fianco, in casa abbiamo un grande tavolo e scriviamo insieme, quindi ho sempre il suo consiglio».
Muzio collabora sempre con Verdi: assiste alla preparazione delle partiture e delle trascrizioni e conduce molte delle sue opere nelle loro “prime” fuori d’Italia e negli Stati Uniti.
E’ scelto da Verdi come uno degli esecutori testamentari, ma decede prima del suo Maestro, nel 1890.

Settembre 1846: dopo una malattia, Verdi inizia “Macbeth”, opera che
dedica a Barezzi: «Ho sempre inteso a dedicare un’opera a te, come sei stato un padre, un benefattore e un amico per me. È stato un dovere che avrei adempiuto prima se le circostanze imperiose non mi avessero impedito. Ora, io mando a voi Macbeth, che io apprezzo sopra tutte le mie altre opere, e quindi la ritengo degna di dedicarla a voi».

1847: “Macbeth” viene presentata al Teatro “La Pergola” di Firenze ed è considerata “il capolavoro giovanile di Verdi”.
Il libretto di Francesco Maria Piave si ispira alla tragedia omonima di William Shakespeare, tradotta in Italiano da Giuseppe Nicolini, nel 1830.
Giudizio nel 2022: l’opera è drammatica e, da alcuni decenni è stata rivalutata; in confronto alle precedenti, è differente per l’approfondimento psicologico dei protagonisti della tragedia (Macbeth e Lady Macbeth), preannunciando la sua Trilogia Popolare che lo introduce nella sua piena maturità espressiva.

La voce della Strepponi decade a poco a poco e, tra il 1845 e il 1846, i suoi impegni diminuiscono, per cui torna a vivere a Milano.
Tiene contatti con Verdi come sua «sostenitrice, promoter, consigliera non ufficiale e segretaria occasionale» fino a quando si trasferisce a Parigi, nel mese di ottobre 1846.
Prima di lasciare Verdi gli dà una lettera attraverso la quale gli promette il suo amore.

Maggio 1847: Verdi completa “I Masnadieri” da rappresentare a Londra, tranne che per l’orchestrazione; opera che adatta a Jenny Lind, la protagonista.
22 luglio 1847: Verdi conduce la “prima” e la seconda rappresentazione al “Teatro di Sua Maestà”.
La regina Vittoria e il principe Alberto presenziano alla recita inaugurale e la maggior parte della critica è generosa.

Per i successivi due anni, Verdi abita a Parigi e, nel luglio 1847, riceve il suo primo incarico per l’ “Opéra” di Parigi di adattare “I Lombardi” ad un nuovo libretto creando “Jérusalem” con cambiamenti importanti alla musica e alla struttura del lavoro (tra cui una lunga scena di balletto) per soddisfare il pubblico parigino.
Verdi viene anche insignito dell’ “Ordine di Cavaliere della Legion d’Onore”.

Verdi tiene fede all’editore Francesco Lucca e prepara “Il corsaro”.

5 aprile 1848: Verdi torna a Milano dopo avere sentito la notizia delle “Cinque Giornate di Milano” e degli scontri in strada successi dal 18 al 22 marzo 1848: scontri che portano momentaneamente gli Austriaci fuori Milano.

Piave è ormai il “Cittadino Piave” della recente proclamata “Repubblica di San Marco”, per cui Verdi gli scrive una lettera patriottica che conclude con «Bandire ogni idea comunale meschina! Noi tutti dobbiamo tendere una mano fraterna, e l’Italia diventerà nuovamente la prima nazione del mondo… Sono ubriaco di gioia! Immagina che non ci sono più gli Austriaci qui!»

Salvatore Cammarano suggerisce l’adattamento de “La Bataille de Toulouse” di Joseph Méry (del 1828) e la “prima” è fissata per la fine di gennaio del 1849, a Roma, per cui Verdi si reca là dove l’opera, con il titolo di “La battaglia di Legnano”, è accolta con entusiasmo.
Nello spirito del tempo storico, le ultime parole dell’eroe (il tenore), sono; «Chi muore per la patria non può essere malvagio».

Verdi vuole tornare in Italia nei primi mesi del 1849, ma gli impegni di lavoro e la malattia glielo impediscono, oltre al suo crescente attaccamento alla Strepponi.
Luglio 1849: Verdi e la Strepponi lasciano Parigi a causa di un focolaio di colera, per cui Verdi va direttamente a Busseto per completare la sua opera seguente, “Luisa Miller”, per una rappresentazione a Napoli durante l’anno.

1849: rappresentazione a Napoli di “Luisa Miller”, opera importante per lo sviluppo dello stile musicale e dell’arte drammatica di Verdi; l’orchestrazione è più squisita, il recitativo più penetrante, come la dimensione psicologica della protagonista.

1850: “Stiffelio” viene rappresentata per la prima volta a Trieste e Verdi, idem, caratterizza parecchio la psicologia del personaggio centrale, ma le sue debolezze strutturali sono dovute in parte ai drastici tagli operati dalla censura austriaca, che non la lasciano imporsi al grande pubblico italiano ed europeo.
Infatti, ancora, oggi, “Stiffelio” è rappresentata raramente.
Il fallimento di “Stiffelio” spinge Verdi ad operare una rielaborazione, ma nemmeno la nuova versione, intitolata “Aroldo” (1857), riesce a soddisfare il pubblico.

La “trilogia popolare”:

1850: dopo gli accordi di Verdi con “La Fenice”, Piave scrive il libretto di “Rigoletto”, melodramma tratto dal dramma storico “Le Roy s’amuse” di Victor Hugo, da rappresentare nel marzo dell’anno successivo.
Si ratta della prima delle tre opere che confermano la sua fama: infatti, “Rigoletto” è seguita da “Il trovatore” e “La traviata”.

Per evitare rischi con la censura, Verdi sostituisce il personaggio del Re con quello del Duca; l’opera ottiene un grande successo in tutta Italia e in Europa e, riguardo all’orecchiabilissima aria del Duca, “La donna è mobile”, Verdi esclude l’orchestra dalle prove, facendo provare il tenore separatamente.

 

“Rigoletto” è un’opera rivoluzionaria sotto il profilo artistico drammatico e musicale: per la prima volta, al centro della vicenda di un’opera, si trova un buffone di corte, per di più deforme, personaggio molto diverso dalle grandi figure storiche, mitologiche o attraenti dei melodrammi passati; Rigoletto, effettivamente, è un emarginato sociale e l’emotività dei protagonisti viene illustrata da Verdi con grande capacità, mentre azione e musica si aiutano, nella vicenda.

Verdi e Piave sono costretti a sostenere una battaglia piuttosto dura con la censura e una società “prude e ipocrita”, dal momento che il soggetto risulta subito difficile da “vendere”, in quanto molto all’avanguardia, specialmente per la mentalità dell’Italia sotto il dominio austriaco e dell’influenza della Chiesa Cattolica.

Il titolo di “Le roi s’amuse” risulta ironico per cui deve essere cambiato e Verdi preferisce “La Maledizione”, riferendosi a quella lanciata da Vallier (nell’opera, è Monterone) ossia “la morale vista da Verdi”; titolo non condiviso da Piave a cui, però, viene data ragione da parte della censura.

Pur giudicando “immorale ed oscena trivialità” l’argomento del libretto intitolato “La Maledizione”, i censori ci ripensano e sostengono le trattative con Piave, che conosce come trattarli, mentre Verdi sostiene:
«Osservo infine che s’è evitato di fare Triboletto brutto e gobbo!!! Un gobbo che canta? Perché no!… Farà effetto? Non lo so; ma se non lo so io non lo sa, ripeto, neppure chi ha proposto questa modificazione. Io trovo appunto bellissimo rappresentare questo personaggio estremamente difforme e ridicolo, ed interamente appassionato e pieno di amore. Scelsi appunto questo soggetto per tutte queste qualità e questi tratti originali, se si tolgo, io non posso più farvi musica. Se mi si dirà che le mie note possono stare anche con questo dramma, io rispondo che non comprendo queste ragioni, e dico francamente le mie note o belle o brutte che siano non le scrivo mai a caso e che procuro sempre di darvi carattere».
Verdi ottiene vittoria verso la censura austriaca e l’opera viene rappresentata l’11 marzo 1851.

Il critico Massimo Mila, in uno dei suoi studi verdiani, afferma che il compositore, con “Rigoletto”, arriva alla «conquista dell’unità drammatica».

19 gennaio 1853: l’opera “Il trovatore” viene rappresentata a seguito dell’accordo con la società “Opera di Roma”, conseguendo grande successo.
Dopo avere guadagnato molto, Verdi non necessita più di commissioni di opere per vivere, per cui può permettersi di creare opere per conto proprio, senza dover dipendere da richieste di altri.
A parte “Oberto”, “Il trovatore” è la prima opera che scrive senza ricevere commissione.

L’opera, tratta dal lavoro di Antonio Garcia Gutiérrez, è popolare e affascinante; possiede grande originalità in quanto è vicenda con pochi avvenimenti, mentre il futuro della povera gente protagonista è pieno di imprevisti, la povera gente che ricorda un passato lontano che la spinge verso un destino di morte.

Opera densa delle pagine più alte scritte da Verdi, è ricca di sentimentalismo e impressioni tardo-romantiche tanto che, intorno allo stesso periodo, il musicista inizia a considerare di creare un’opera tratta da “Re Lear” di Shakespeare.

Inverno 1851-1852: Verdi e la Strepponi vanno a Parigi per concludere un accordo con l’ “Opéra” allo scopo di scrivere quella che diventerà “Les vêpres siciliennes” (“I vespri siciliani”).

 

Febbraio 1852: partecipano ad una rappresentazione de “La signora delle camelie” di Alexandre Dumas; Verdi è così impressionato che comincia a musicare “La traviata”.
La sua opera viene rappresentata a “La Fenice” di Venezia, il 6 marzo 1853, e Verdi dirà, a Muzio: «La traviata, ieri sera, fiasco. La colpa mia o dei cantanti?… Il tempo giudicherà».

Scritta di getto, come Verdi fa solitamente, “La traviata”, tratta dal lavoro di Alexandre Dumas, viene subito «tacciata d’immoralità e turpitudine», soprattutto dal pubblico stesso.
Tale pubblico, però, quello veneziano, guarda caso, è lo stesso che, il 6 maggio 1854, al Teatro “San Benedetto”, la accoglie trionfalmente e la conclusione fredda di Verdi, in una lettera al De Sanctis del 26 maggio, è: «Tutto quello che esisteva per La Fenice esiste ora pel S. Benedetto. Allora fece fiasco: ora fa furore. Concludete voi!!!»

“La traviata” racconta la storia di una cortigiana che prova il vero amore per un giovane di buona famiglia, per cui la storia viene analizzata da Verdi in tutte le sfumature verso la coscienza e le emozioni della protagonista.
Verdi riesce ad orchestrare in modo finissimo l’opera che, all’epoca non viene recepita giustamente.

La Traviata”, da alcuni critici, è considerata una vera e propria base nella creazione del dramma benestante e benpensante degli ultimi decenni dell’Ottocento, base che influenzerà Puccini e gli autori veristi suoi contemporanei della Giovane Scuola Ialiana.

“Con “La traviata” si conclude un periodo frenetico della vita di Verdi: i famosi anni di galera” e, dopo questi, può dedicarsi con calma e riflessione a tutte le opere che seguiranno.

Fra parentesi, sembra giusto citare che, a qualcuno che chiede a Rossini che cosa ne pensi dell’opera, il grande musicista pesarese, risponde: “Un grande valzer”.

Secondo il critico Massio Mila, adesso, all’alba dei quarant’anni, termina la “giovinezza di Verdi” che, al massimo delle proprie capacità e reduce da questo lungo e faticoso “tirocinio”, sempre secondo Mila, il musicista si può avviare verso una “seconda perfezione”.

Palazzo Orlandi a Busseto:

Le questioni famigliari che preoccupano Verdi, in questo periodo, sono dovute al modo particolare di come i cittadini bussetani trattano Giuseppina Strepponi: non moglie, ma convivente a Palazzo Orlandi.
Oltre a ciò, Verdi è preoccupato per l’amministrazione dei suoi beni e in particolar modo del nuovo acquisto a Sant’Agata.
Inoltre, il distacco che aumenta tra Verdi e i suoi genitori potrebbe essere a causa della relazione con la Strepponi e, la tensione nell’aprile 1851, fa sì che i genitori di Verdi lascino Sant’Agata.
Verdi trova loro una nuova casa e li aiuta finanziariamente a stabilirsi là.

Verdi e la Strepponi si trasferiscono a Sant’Agata il 1º maggio 1851.

1853-1860: Sant’Agata:

1853-1871: il successo di Verdi è solido, ma riduce di molto il suo lavoro, occupandosi della sua attività di proprietario terriero nella regione di nascita.

Nei suoi primi undici anni di lavoro musicale, compone sedici opere ma, nei seguenti diciotto, scrive solo sei opere: “Les vêpres siciliennes”, “Simon Boccanegra”, “Un ballo in maschera”, “La forza del destino”, “Don Carlos” e “Aida”.

Con la “trilogia popolare”, Verdi diventa il più celebre musicista del suo tempo.
Eugène Scribe, a quel tempo librettista dell’ “Opéra” di Parigi, propone al compositore un testo in francese per un’opera da rappresentare nella Ville Lumière.
Verdi accetta subito e nasce “Les vêpres siciliennes” (Grand-Opéra rappresentato nel 1855), opera validissima musicalmente, ma non sembra molto persuasiva drammaturgicamente e che, comunque, a mezzo della versione italiana “I vespri siciliani” (Parma, 1855), nel Secondo Dopoguerra Mondiale, ottiene maggiore successo sotto alcuni fra i più famosi Direttori d’Orchestra e interpreti della Lirica internazionale (celebre la rappresentazione scaligera di Victor de Sabata-Callas del 1951).

La villa di Verdi a Sant’Agata:

Desiderando ritornare alla vita di campagna, nel maggio 1848, Verdi compera dai signori Merli la tenuta di Sant’Agata, una frazione di Villanova sull’Arda in provincia di Piacenza, dove diventa anche consigliere comunale.
Con forte impegno ed energia, segue in prima persona le attività della fattoria e,
In una lettera alla Contessa Maffei, scrive: «Non sto facendo nulla. Non leggo. Non scrivo. Cammino nei campi dalla mattina alla sera, cercando di recuperare…, finora senza successo, dai problemi di stomaco che mi ha causato I vespri siciliani. Maledette opere».
Verdi è esperto di pioppicoltura, di allevamento di cavalli, di irrigazione dei campi, di enologia e si tiene al corrente delle ultime novità come, ad esempio, la coltivzione di cachi che, in Italia, è appena iniziata: cosa della quale Verdi si mostra subito entusiasta, auspicandone la diffusione su tutto il territorio nazionale.

31 agosto 1857: la Repubblica di San Marino conferisce a Verdi il titolo di Patrizio Sanmarinese.

Nella seconda metà degli Anni Cinquanta dell’Ottocento, Verdi può comporre senza fretta, e nota che l’intero mondo musicale sta cambiando lentamente: l’esempio è dato da “Simon Boccanegra”, rappresentato a Venezia nel 1857, che non piace perché il dramma politico non possiede i particolari sentimentali che appassionavano nel tempo passato.

Inizio gennaio 1858: Verdi e la Strepponi vanno a Napoli per lavorare con Antonio Somma librettista dell’opera “Gustave III, ou Le Bal masqué”, tratto a sua volta da quello di Eugène Scribe per Daniel Auber che, l’anno dopo, diventa “Un ballo in maschera”.
La censura napoletana rifiuta l’assassinio di un Capo di Stato e l’adulterio di Amelia, ma la cosa si risolve, e l’opera viene presentata al Teatro “Apollo” di Roma cambiando il titolo in “Un ballo in maschera” con grande successo per una musica e un dramma raffinato, dallo stile elegante.

In questo periodo Verdi inizia a chiamare la Strepponi «mia moglie», mentre lei si firma Giuseppina Verdi.

Marzo 1859: Tornati a Sant’Agata, Verdi e la Strepponi trovano la vicina città di Piacenza occupata da circa 6 000 soldati austriaci stanziati per contrastare l’unificazione dell’Italia. Nella successiva Seconda Guerra di Indipendenza Italiana, gli Austriaci lasciano la regione e la Lombardia, ma mantengono il controllo della regione di Venezia, secondo l’Armistizio di Villafranca.
Verdi è fortemente dispiaciuto per la mancata annessione del Veneto.

29 agosto 1859: Verdi e Strepponi si sposano in Piemonte, presso il villaggio di Collonges-sous-Salève.
La cerimonia celebrata in assoluta segretezza ha, come testimoni, il cocchiere che li ha portati lì e il campanaro della chiesa.
Dopo il ritorno a Sant’Agata, Verdi inizia i lavori di ristrutturazione della sua residenza, lavori che si protraggono per diversi anni.
Fa realizzare una stanza quadrata che diventerà la sua stanza da lavoro, la sua camera da letto e il suo ufficio.

1860-1887: da “La forza del destino” ad “Otello”.

Verdi, in Russia:

Dicembre 1860: il “Teatro Imperiale” di San Pietroburgo offre a Verdi un compenso di 60.000 franchi, oltre a tutte le altre spese, per la realizzazione di un’opera.
Verdi pensa a “Don Alvaro o La fuerza del sino”, lavoro dello scrittore spagnolo Ángel de Saavedra e lo adatta all’opera “La forza del destino” che comprende particolari comici e tragici, affidando a Piave la stesura del libretto.

L’opera possiede un certo vigore musicale anche se, in alcuni punti, appare meno compatta, meno unitaria della precedente, sotto il profilo teatrale.
Dicembre 1861: Verdi arriva a San Pietroburgo, per la “prima”, ma problemi con la compagnia di canto ne provocarono il rinvio.

24 febbraio 1862: al ritorno dalla Russia, Verdi è a Parigi, dove incontra lo scrittore Arrigo Boito e il Direttore d’Orchestra Franco Faccio.
Essendo invitato a scrivere un brano musicale per la Grande Esposizione di Londra del 1862, Verdi sceglie Boito per la scrittura del testo che diventerà l’ “Inno delle Nazioni”.
10 novembre 1862: a San Pietroburgo, la “prima” de “La forza del destino” va in scena con grande successo e Verdi è insignito dell’ “Ordine di San Stanislao”.

Parigi, 1865: la ripresa di “Macbeth” non consegue pieno successo, ma fa commissionare a Verdi una nuova opera, “Don Carlos”, opera basata sul dramma omonimo di Friedrich Schiller.
Sull’opera vengono dati giudizi diversi: il critico Théophile Gautier elogia il lavoro, il compositore Georges Bizet resta deluso dal nuovo stile di Verdi, sostenendo: «Verdi non è più l’italiano. Sta seguendo Wagner».
E’ risaputo, comunque, che il Grand-Opéra “Don Carlos”, è considerato < uno dei grandi capolavori di Verdi che riesce a scavare profondamente nella psicologia dei protagonisti, attraverso una potente descrizione del dramma umano e politico che ha sconvolto la Spagna nella seconda metà del XVI secolo e che “ruota attorno alla logica spietata della ragion di stato”>.

1860-1870: Verdi ha molta attenzione verso la sua tenuta vicino a Busseto, acquisendo ulteriore terreno e migliorando gli impianti, affrontando raccolti variabili e crisi economiche.

1867: muoiono suo padre Carlo (dopo del tempo che sono stati restaurati buoni rapporti) e il suo mecenate Antonio Barezzi.
Verdi e Giuseppina adottano, come figlia propria, la pronipote di Carlo, Maria Filomena Verdi, di sette anni.

La massima maturazione umana e artistica del Verdi culmina con “Aida”, andata in scena a “Il Cairo” il 24 dicembre 1871.
1869: il Kedivè d’Egitto insiste con Verdi per fargli comporre un Inno per l’Inaugurazione del Canale di Suez e l’opera è il risultato finale dei contatti con Verdi.
Camille du Locle scrive in lingua francese il libretto di “Aida”, traendolo da uno scenario concepito dall’Egittologo Auguste Mariette, e modificato in versi italiani da Antonio Ghislanzoni.
Verdi confessa di non aver mai ammirato la civiltà dell’Antico Egitto, ma succede che gli viene offerta la somma di 150.000 franchi per “Aida”, opera che costituisce un ulteriore, grande passo in avanti verso la modernità.

E’ importante ricordare che, dopo la prima esecuzione di “Aida”, opera con innovazioni musicali, la prima opera wagneriana ad essere rappresentata in Italia, precisamente a Bologna, è la wagneriana “Lohengrin”: ciò accade quando Verdi è già a conoscenza di innovazioni musicali di Wagner, verso il quale – inizialmente – non nutre molta stima.

Verdi passa parecchio tempo dei due anni seguenti a sovrintendere alle produzioni italiane di “Aida” a Milano, Parma e Napoli e, durante le prove per la produzione npoletana, scrive il suo “Quartetto in mi minore per archi”, l’unica musica da camera da lui scritta fatta eseguire privatamente nel suo appartamento.

1869: la composizione di una sezione per una “Messa da Requiem” in memoria di Gioachino Rossini viene chiesta a Verdi che completa il lavoro ma che sospende per cinque anni dopodiché, ripreso, serve per il “Requiem” in memoria di Alessandro Manzoni.
22 maggio 1874: la prima esecuzione viene tenuta nella Chiesa di “San Marco” di Milano, in occasione dell’anniversario della morte del celebre scrittore.

Il soprano lirico-drammatico Teresa Stolz, nel febbraio 1872, a “La Scala” di Milano, canta “Aida” in anteprima europea e instaura un rapporto personale con Verdi (la cui esatta natura è stata oggetto di supposizioni, mai ben dimostrate), suscitando l’inquietudine iniziale di Giuseppina Verdi.
Però, le due donne si riconciliano e la Stolz rimane in buoni rapporti fino alla morte di Verdi.

1875: Verdi dirige il suo “Requiem” a Parigi, Londra e Vienna e, nel 1876, a Colonia.
Nonostante i più ritengano che quella sia la sua ultima opera, segretamente, nel
1879: Boito gli propone privatamente “Otello e Verdi inizia il lavoro.
Revisiona “Simon Boccanegra” e “Don Carlos”, per cui la composizione di “Otello” viene ritardata.
“Otello” debutta trionfalmente a “La Scala” il 5 febbraio del 1887 e diventa opera disputata da molti teatri.

 

1887-1901: “Falstaff” e gli ultimi anni:

“Le allegre comari di Windsor” e le “parti prima e seconda” da “Enrico I” di Shakespeare come materiale aggiuntivo, ispirano a Boito il libretto di “Falstaff”.
Boito spicca nella “Scapigliatura”, filiazione italiana del “Movimento Artistico Bohèmien”.

Intorno ai primi di luglio 1889: Verdi riceve la bozza e l’apprezza, ma nutre molti dubbi sulla possibilità di completare la cosa: l’età, la salute e la morte di amicizie a lui vicine lo gettano in uno stato di depressione però, si fa coraggio e, a fasi alterne, realizza “Falstaff” che viene rappresentata al Teatro “Alla Scala” il 9 febbraio 1893, conseguendo enorme successo.
Infatti, i bis richiesti sono numerosi e, al termine, gli applausi per Verdi e il cast durano un’ora, oltre a verificarsi un benvenuto impetuoso quando il compositore, sua moglie e Boito arrivano al Grand Hotel de Milan.
Per la prima rappresentazione, i prezzi ufficiali dei biglietti hanno un valore trenta volte più alti del solito e sono presenti la famiglia reale, l’aristocrazia, i critici e i protagonisti del mondo della cultura.
Con “Falstaff”, dimostra un’energia creativa sbalorditiva, prova la sua efficienza artistica e la sua mentalità aperta alla modernità.
“Falstaff”, opera sempre amata dal musicista, influisce decisivamente sui giovani operisti, come Puccini.

Gli ultimi anni di Verdi lo vedono intraprendere iniziative filantropiche:
. 1894: pubblica una musica per le vittime del terremoto in Sicilia e,
. dal 1895 in poi, programma e sovraintende la costruzione di una Casa di Riposo per Musicisti in pensione, a Milano (in Piazza Buonarroti) e di un ospedale a Villanova sull’Arda, vicino a Busseto.

Gli anni seguenti, Verdi li trascorre tra Sant’Agata e Milano: ha perso gli ultimi amici di gioventù, fra cui Andrea Maffei e sua moglie Clara, Tito I Ricordi ed Emanuele Muzio.

14 novembre 1897: la moglie Giuseppina muore a seguito di una polmonite.

1898: Verdi pubblica l’ultima composizione importante; si tratta del gruppo corale dei “Quattro pezzi sacri”.
1900: Verdi fortemente scombussolato per l’assassinio del Re Umberto I di Savoia, abbozza una poesia in suo ricordo, ma non riesce a completarla.

21 gennaio 1901: durante la permanenza presso il “Grand Hotel et de Milan”, a Milano, Verdi viene colpito da ictus cerebrale.
Si indebolisce a poco a poco fino a spegnersi alle ore 2,50 del 27 gennaio, all’età di 87 anni, assistito dalla figlia adottiva insieme al soprano Teresa Stolz.

Esequie di stato del compositore:

La tomba di Verdi:

All’inizio, Verdi viene tumulato con cerimonia privata nel Cimitero Monumentale di Milano ma, un mese dopo, il suo corpo viene traslato nella cripta della Casa di Riposo e, in tale occasione, 820 cantanti eseguono il coro “Va, pensiero” dall’opera “Nabucco” sotto la direzione di Arturo Toscanini.
Sembra che la folla immensa presente sia composta da 300.000 persone.

In tutta Italia, si svolgono cerimonie per commemorare la morte del “Grande Vecchio”, ed è molto eloquente quella tenuta alla presenza del Duca di Genova, nel “Teatro Greco” di Siracusa.
Una cartolina commemorativa viene stampata in occasione della dolorosa circostanza, mentre Pascoli e D’Annunzio scrivono poeticamente, in suo ricordo: al Museo Verdiano di Busseto è conservata la prima stesura del manoscritto originale dell’ode “In morte di Giuseppe Verdi” (1901) di Gabriele D’Annunzio.

In ricordo di Verdi, Boito scrivendo ad un amico, usa parole che richiamano la misteriosa scena finale di Don Carlos: «[Verdi] riposa come un Re di Spagna nel suo Escurial, sotto una lastra di bronzo che lo copre completamente».

Battuto al computer da Lauretta

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Notizie sul Verdi non operistico:

Verdi compone anche musica sacra e strumentale, destinata per lo più alla locale Società “Filarmonica” (1836-1839), compreso un “Tantum ergo”, che il compositore, nella propria maturità, giudica severamente.
Dopo “Oberto, Conte di San Bonifacio” (del 1839), per più di vent’anni, tralascia quasi del tutto i generi non operistici, nonostante scriva musica da camera, fra cui alcune romanze per voce e pianoforte.

1862: per l’ “Esposizione Universale” di Londra, compone l’ “Inno delle Nazioni” su testo di Arrigo Boito.

1868: per la morte di Rossini, Verdi propone a undici compositori italiani un “Requiem”, mai terminato, come omaggio collettivo al compositore di Pesaro e, per sé, riserva l’ultimo brano, il “Libera me, Domine” che, con alcuni cambiamenti, recupera per il suo “Requiem”; per cui, nella Chiesa di San Marco, a Milano, il 22 maggio 1874, viene eseguita la “Messa di Requiem” per la morte di Alessandro Manzoni.

Verdi compone anche un “Pater noster” su testo di Dante (in Volgare), pubblicato nel 1880 e diretto per la prima volta da Franco Faccio al Teatro “Alla Scala”, oltre a “Quattro pezzi sacri: Ave Maria, Stabat Mater, Laudi alla Vergine e Te Deum”, composti nella tarda maturità e pubblicati nel 1898.

Ma è, soprattutto, nel periodo giovanile che Verdi scrive musica da camera, fra cui troviamo le “Sei romanze” (del 1838), l’ “Album di sei romanze (del 1845) per voce e pianoforte” e il “Quartetto per archi in mi minore” (del 1873).

1859: compone il “Valzer in fa maggiore per pianoforte” che sarà orchestrato da Nino Rota per la colonna sonora del film “Il Gattopardo”.

Verdi e la politica:

1859: Verdi ha raggiunto una certa fama e una certa prosperità economica, dopodiché comincia ad interessarsi attivamente alla politica italiana, impegnandosi per il movimento risorgimentale, mentre amenta sempre più l’ «identificazione della musica di Verdi con la politica nazionalista italiana».
1848: Giuseppe Mazzini, il capofila nazionalista che incontra Verdi a Londra l’anno prima, gli chiede di scrivere un inno patriottico ma, secondo lo storico operistico Charles Osborne, “La battaglia di Legnano” del 1849 è «un’opera con uno scopo» e sostiene che «mentre le parti delle precedenti opere di Verdi erano state spesso riprese dai combattenti del Risorgimento…questa volta il compositore aveva dato al movimento una propria opera».

Circoscritto inizialmente solo a Napoli fino al 1859, e poi diffusosi
In tutta Italia, si espande lo slogan “Viva Verdi”, utilizzato come un acronimo per “Viva Vittorio Emanuele Re D’Italia” (Viva Vittorio Emanuele II Re d’Italia, al tempo, Re di Sardegna).
1861: è creata l’unificazione d’Italia e molte delle prime opere di Verdi vengono re-interpretate psicologicamente come dimostrazione della presenza di messaggi rivoluzionari nascosti.

1859: elezione di Verdi a membro del nuovo Consiglio Provinciale e nominato a Capo di un gruppo di cinque persone che dovrebbero incontrare il Re Vittorio Emanuele II, a Torino.
Lungo il percorso vengono accolte entusiasticamente e, a Torino, Verdi riceve grandi segni di popolarità.

17 ottobre: Verdi incontra Cavour, il grande “Maestro” politico e, nello stesso anno, il Governo dell’Emilia viene ricondotto sotto le Province Unite del Centro Italia; di conseguenza, la vita politica di Verdi viene temporaneamente sospesa.

1860: pur restando Nazionalista, rifiuta la carica di Membro del Consiglio Provinciale, ma Cavour insiste per averlo come candidato alla Camera del Primo Parlamento del Regno d’Italia (1861-1865), considerando positiva l’elezione di un uomo della statura di Verdi per una carica politica necessaria al rafforzamento per il futuro dell’Italia.
3 febbraio 1861: Verdi viene eletto Deputato nel Collegio di Borgo San Donnino (oggi, Fidenza) al ballottaggio (qualche tempo dopo, il musicista confida a Piave: «Ho accettato a condizione che dopo un paio di mesi mi potessi dimettere»).
Eletto al Parlamento del Regno di Sardegna (dal marzo 1861, Parlamento del Regno d’Italia), dopo la morte di Cavour (nel 1861), tale ufficio Verdi lo frequenta poco.
1874: Verdi è nominato Membro del Senato Italiano, ma non partecipa mai ai suoi lavori.

 

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Personalità:

Verdi non è solamente un uomo tranquillo di campagna-grande genio, contadino, schietto, integerrimo e con rara onestà intellettuale, ma anche patriota ardente che siede come deputato nel Primo Parlamento dell’Italia Unita.
Oltre a ciò, Verdi è un operista attento alle grandi correnti di pensiero che attraversano l’Italia e l’Europa dell’epoca, che sa mettersi in gioco ma che si rende conto anche del proprio valore.

È un essere molto riservato che risente molto di eventuali indagini sui suoi fatti personali: per Verdi, i giornalisti, gli aspiranti biografi, i suoi vicini di Busseto e il pubblico operistico in generale, sono persone invadenti, per cui si difende sempre dalle loro attenzioni indiscrete.

Religiosamente, è anticlericale per natura ma, nei suoi primi anni, fa erigere una cappella a Sant’Agata (probabilmente più per motivi sociali, piuttosto che per fede religiosa), ma non la frequenta molto.
Nel 1871, la Strepponi scrive: «Non voglio dire che Verdi sia un ateo, ma non è molto più di un credente».

Verdi è appassionato d’Arte e, ogni volta che si reca a Roma o a Firenze, visita (seppur brevemente, il Vaticano, gli Uffizi e altre pinacoteche.
Legge e apprezza i canti della Bibbia, i drammi di Shakespeare e le poesie di Ludovico Ariosto.
Nella sua casa colleziona pitture e sculture pregevoli, quasi sempre commissionate ad artisti conoscenti.

Non tutti sanno che Verdi, orgoglioso della propria estrazione contadina, è anche uomo colto e fine osservatore della realtà e dell’ambiente che lo circondano, oltre ad essere personaggio inquieto e protagonista carismatico della sua epoca.

 

Stile e critica:

Verdi è compositore aggiornatissimo, sempre alla ricerca di nuovi elementi che ispirino le sue opere, e frequentatore della capitale artistica dell’Europa del tempo: Parigi.
Infatti, il suo primo viaggio nella “Ville Lumière” lo effettua nel 1847, l’ultimo, nel 1894, in occasione della messa in scena di “Otello” che segue personalmente.

Meticoloso e dotato di un’eccezionale sensibilità drammaturgica affinata attraverso gli anni, per tutta la sua Verdi sperimenta verso traguardi sempre più alti, essendo dotato di un senso critico fuori del comune che gli permette di andare incontro ai gusti di un pubblico sempre più esigente, pur senza mai rinunciare alle proprie convinzioni umane e artistiche.

 

Vita artistica di Verdi:

La vita artistica di Verdi viene divisa in “periodi”: primo periodo, periodo di mezzo, periodo tardo.

. Primo periodo:

È risaputo che, agli inizi della sua carriera, Verdi scrive musica per la Società “Filarmonica” di Busseto (musica vocale, musica per banda e musica da camera, un’ouverture alternativa per “Il Barbiere di Siviglia” di Rossini), musica in gran parte andata persa.

Le opere verdiane del primo periodo mostrano poca strutturazione, l’orchestrazione semplice o basica, e il musicologo Richard Taruskin suggerisce che «l’effetto più evidente delle prime opere verdiane, e uno dei più evidenti alleati dello stato d’animo del Risorgimento, è stato il grande numero di canti corali, rozzi o sublimi, secondo l’orecchio di chi ascolta, all’unisono».

Il famoso coro “Va, pensiero” di Nabucco (che Rossini indica come “una grande aria cantata da soprani, contralti, tenori e bassi”) è stato replicato similmente ne “I Lombardi” e in “Ernani” (qui, è l’inno di battaglia dei cospiratori in cerca di libertà).

Ne “I due Foscari”, Verdi utilizza temi ricorrenti identificati con i personaggi principali e, da questo momento, Verdi sviluppa anche il suo istinto per il “colore”.

Per quanto riguarda “Macbeth”, nella “scena del pugnale” e nel duetto in seguito all’assassinio di Duncan, le forme oltrepassano il “Codice Rossini” e spingono il dramma in modo convincente.

Per Verdi, il colore è il filo che assiema tutte le parti, fattore essenziale nelle sue opere.

. Periodo di mezzo:

In questo periodo, due fattori influenzano le composizioni di Verdi:
. L’aumento della propria reputazione e della sicurezza finanziaria gli consentono di scegliere i propri soggetti e di svilupparli secondo le proprie idee, in maggior tempo.
. Il cambiamento della situazione politica che incide sulla sua produzione: il fallimento delle rivoluzioni del 1848 diminuisce l’enfasi risorgimentale e porta ad un considerevole aumento della censura teatrale.
Per cui, Verdi incentra le trame preferibilmente sui rapporti personali e su una efficace riduzione delle parti corali.

. Periodo tardo:

Secondo Chusid, la Strepponi definisce le opere composte tra il 1860 e il 1870 come “moderne”, a differenza di Verdi che classifica quelle posteriori al 1850 come “opere cavatina”, dimostrando che lo stesso «Verdi era sempre più insoddisfatto con le vecchie convenzioni dei suoi predecessori, che aveva adottato fin dall’inizio della sua carriera».

Le composizioni di questo periodo sono differenti da quelle passate per la grande precisione verso le orchestrazioni, molto più vigorose ed ariose rispetto a quelle delle opere degli anni passati, però “Aida” è un ritorno alle opere precedenti: la trama è riferita all’amore, all’eroismo e la musica è volta all’impressione e alla grandiosità.
Però, Verdi raggiunge un effetto straordinario e stupefacente utilizzando la “Marcia trionfale”, con lunghe trombe, del tipo delle trombe egizie o delle buccine ricostruite espressamente per l’occasione.
E’ importante citare che < Quando il compositore Ferdinand Hiller chiese a Verdi se preferisse Aida o Don Carlos, Verdi rispose che “Aida” era “più mordente e (se mi passate la parola) più teatrale” >.

Ultimi lavori:

1887: più di 15 anni dopo “Aida”, le opere di Richard Wagner risultano penetrate nel gusto popolare e molti aspetti wagneriani si notano nelle ultime composizioni di Verdi.
Quando “Otello” di Verdi va in scena, in tale lavoro si nota, molta originalità: la potente tempesta che apre l’opera in medias res, il ricordo nel duetto d’amore che chiude il primo atto , l’armonia fantasiosa in “Era la notte” di Iago (Atto II).

Sei anni dopo, “Falstaff” è l’unica commedia di Verdi dopo la sfortunata “Un giorno di regno”.
Secondo Roger Parker: “l’ascoltatore viene bombardato da una splendida varietà di ritmi, tessiture orchestrali, motivi melodici e strutture armoniche.”

Eredità:

Monumenti e rappresentazioni cinematografiche e teatrali su Verdi:

Tre Conservatori italiani (Conservatorio di Milano, di Torino e di Como) sono stati intitolati a Verdi, come anche alcuni teatri italiani.
A Parma si trova il monumento a Giuseppe Verdi.

Vicino al Teatro “Giuseppe Verdi” di Busseto, si trova la statua del compositore realizzata da Luigi Secchi; si tratta solo di una delle tante statue a lui dedicate che esistono in Italia.

1906: Pasquale Civiletti scolpisce il “Giuseppe Verdi Monument” che si trova in Verdi Square, a Manhattan, New York, monumento scolpito nel marmo e comprendente la statua che raffigura Verdi insieme ai personaggi – scolpiti a grandezza naturale – di quattro delle sue opere (Aida, Otello, Falstaff e Leonora da “Il trovatore”).

 

Verdi e il cinema:

Film biografici, più o meno liberamente tratti dalla vita di Giuseppe Verdi:

. Giuseppe Verdi nella vita e nella gloria (1913) – film diretto da Giuseppe De Liguoro
. Giuseppe Verdi (1938) – film diretto da Carmine Gallone
. Giuseppe Verdi (1953) – film diretto da Raffaello Matarazzo
. Giuseppe Verdi (1963) – sceneggiato televisivo diretto da Mario Ferrero
. Verdi (1982) – sceneggiato televisivo diretto da Renato Castellani
. Giuseppe Verdi (2000) – documentario di Francesco Barilli

2001: per onorare il Centenario dalla morte di Verdi, l’impresario teatrale americano Peter Klein produce lo spettacolo “Viva Verdi!” coadiuvato da Patricia Murray-Bett, spettacolo che viene presentato nel Regno Unito ed Irlanda con musiche tratte dalle opere Nabucco, Rigoletto, Il Trovatore, …

2011: Lorenzo Ferrero compone l’opera “Risorgimento!” in occasione del 150º anniversario dell’unificazione italiana, lavoro in cui Verdi è uno dei personaggi.

Musei dedicati a Giuseppe Verdi:

Nelle zone in cui Giuseppe Verdi è vissuto, si trovano alcuni musei a lui dedicati: la Casa Natale a Roncole Verdi, il Museo di Casa Barezzi nel centro di Busseto, il “Museo Nazionale Giuseppe Verdi” di Villa Pallavicino alle porte della città, la “Villa Verdi” a Sant’Agata e il Museo di “Casa Verdi” a Milano.

 

Verdi nel ventunesimo secolo: notizie.

Le opere di Verdi vengono spesso messe in scena in tutto il mondo e, secondo Operabase, nella stagione 2013-2014 “La traviata” è stata l’opera più eseguita (659 spettacoli).
Tutte le opere verdiane sono disponibili in diverse registrazioni e su DVD.

La musica di Verdi richiama interessi culturali e politici, ed estratti dal “Requiem” presenziano alla cerimonia commemorativa di Diana, Principessa del Galles.

17 marzo 2011: al Teatro dell’ “Opera” di Roma, durante una rappesentazione di “Nabucco” per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, il direttore d’orchestra Riccardo Muti – in una pausa, dopo il celebre coro “Va, pensiero” – si rivolge al pubblico (e al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi) per lamentarsi dei tagli ai finanziamenti statali della Cultura; il pubblico si unisce e ripete cantando con il coro.

2013: il bicentenario della sua nascita viene celebrato con tantissime manifestazioni in molte parti del Mondo.

Opere liriche:

. Oberto, Conte di San Bonifacio (Teatro alla Scala di Milano, 17 novembre 1839) – Dramma in due atti di Temistocle Solera
. Un giorno di regno (Teatro alla Scala di Milano, 5 settembre 1840) – Melodramma giocoso in due atti di Felice Romani
. Nabucco (Teatro alla Scala di Milano, 9 marzo 1842) – Dramma lirico in quattro parti di Temistocle Solera
. I Lombardi alla prima crociata (Teatro alla Scala di Milano, 11 febbraio 1843) – Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Solera
. Ernani (Teatro La Fenice di Venezia, 9 marzo 1844) – Dramma lirico in quattro parti di Francesco Maria Piave
. I due Foscari (Teatro Argentina di Roma, 3 novembre 1844) – Tragedia lirica in tre atti di Francesco Maria Piave
. Giovanna d’Arco (Teatro alla Scala di Milano, 15 febbraio 1845) – Dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera
. Alzira (Teatro San Carlo di Napoli, 12 agosto 1845) – Tragedia lirica in un prologo e due atti di Salvadore Cammarano
. Attila (Teatro La Fenice di Venezia, 17 marzo 1846) – Dramma lirico in un prologo e tre atti di Temistocle Solera
. Macbeth (Teatro La Pergola di Firenze, 14 marzo 1847) – Melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, con interventi di Andrea Maffei; seconda versione (Théâtre Lyrique di Parigi, 21 aprile 1865)
. I masnadieri (Her Majesty’s Theatre di Londra, 22 luglio 1847) – Melodramma tragico in quattro parti di Andrea Maffei
. Jérusalem (Teatro de l’Opéra di Parigi, 26 novembre 1847) – Grand opéra in quattro atti di Alphonse Royer e Gustave Vaëz, rifacimento de I Lombardi alla prima crociata
. Il corsaro (Teatro Grande di Trieste, 25 ottobre 1848) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. La battaglia di Legnano (Teatro Argentina di Roma, 27 gennaio 1849) – Tragedia lirica in quattro atti di Salvadore Cammarano
. Luisa Miller (Teatro San Carlo di Napoli, 8 dicembre 1849) – Melodramma tragico in tre atti di Salvadore Cammarano
. Stiffelio (Teatro Grande di Trieste, 16 novembre 1850) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Rigoletto (Teatro La Fenice di Venezia, 11 marzo 1851) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Il trovatore (Teatro Apollo di Roma, 19 gennaio 1853) – Dramma in quattro parti di Salvadore Cammarano, con aggiunte di Leone Emanuele Bardare
. La traviata (Teatro La Fenice di Venezia, 6 marzo 1853) – Melodramma in tre atti di Francesco Maria Piave
. Les vêpres siciliennes (Teatro dell’Opéra di Parigi, 13 giugno 1855) – Grand opéra in cinque atti di Eugène Scribe e Charles Duveyrier
. Simon Boccanegra (Teatro La Fenice di Venezia, 12 marzo 1857) – Melodramma in un prologo e tre atti di Francesco Maria Piave, con interventi di Giuseppe Montanelli; seconda versione, su libretto rivisto e ampliato da Arrigo Boito (Teatro alla Scala di Milano, 24 marzo 1881)
. Aroldo (Teatro Nuovo di Rimini, 16 agosto 1857) – Melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave, rifacimento di Stiffelio
. Un ballo in maschera (Teatro Apollo di Roma, 17 febbraio 1859) – Melodramma in tre atti di Antonio Somma
. La forza del destino (Teatro Imperiale di San Pietroburgo, 10 novembre 1862) – Opera in quattro atti di Francesco Maria Piave; seconda versione, su libretto rivisto e ampliato da Antonio Ghislanzoni (Teatro alla Scala di Milano, 27 febbraio 1869)
. Don Carlos (Teatro de l’Opéra di Parigi, 11 marzo 1867) – Grand opéra in cinque atti di Joseph Méry e Camille du Locle; versione italiana in 4 atti (Teatro alla Scala di Milano, 10 gennaio 1884)
. Aida (Teatro dell’ Opera del Cairo, 24 dicembre 1871) – Opera in quattro atti di Antonio Ghislanzoni
. Otello (Teatro alla Scala di Milano, 5 febbraio 1887) – Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito
. Falstaff (Teatro alla Scala di Milano, 9 febbraio 1893) – Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito

Onorificenze:

Onorificenze italiane:

. Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
— 1887
. Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia
— 1869
. Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell’Ordine della Corona d’Italia
— 1887

Onorificenze straniere:

. Cavaliere di III classe dell’Ordine di Medjidié – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di III classe dell’Ordine di Medjidié
— 1869
. Commendatore dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe – nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe
— 1869
. Cavaliere di Gran Croce della Legion d’onore – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce della Legion d’onore
— 1894
. Cavaliere della Legion d’Onore – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere della Legion d’Onore
— agosto 1852
. Cavaliere dell’Ordine di San Stanislao – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine di San Stanislao
— San Pietroburgo, novembre 1862
. Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace)
— 1887

 

Altro:

. Cittadinanza onoraria di Parma con medaglia d’oro (5 aprile 1872), per mano del sindaco Alfonso Cavagnar

. A Verdi è intitolato il cratere Verdi su Mercurio.

. Dal 1962 al 1969 e dal 1969 al 1981 la Banca d’Italia ha emesso due banconote da 1.000 lire con l’immagine del compositore.

Strumenti:

Suona un pianoforte di Anton Tomaschek.
Giuseppe Verdi ama anche i pianoforti di Johann Fritz e utilizza il pianoforte viennese Fritz a 6 pedali dai tempi di “Rigoletto” (nel 1851), fino ad “Aida” (nel 1871).
Questo pianoforte si grova a Villa Verdi, villa del compositore in Provincia di Piacenza (a Sant’Agata), in Italia.
Nel 1857, per l’inaugurazione del Teatro “A. Galli” di Rimini, Verdi suona un pianoforte a coda di Joseph Danckh.

Battuto al computer da Lauretta

 

Ritratto di Giuseppe Verdi, Giovanni Boldini:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Verdi_by_Giovanni_Boldini.jpg

File:Verdi by Giovanni Boldini.jpg

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AIDA, “MARCIA TRIONFALE” e “DANZA”:

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NABUCCO, SINFONIA:

 

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NABUCCO, Coro “VA’, PENSIERO”:

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA, Coro “O SIGNORE DAL TETTO NATIO”:

https://youtu.be/nlmsxPab5g4

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I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA, “LA MIA LETIZIA INFONDERE”:

 

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GIOVANNA D’ARCO, SINFONIA:

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RIGOLETTO, “SI’, TREMENDA VENDETTA”:

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IL TROVATORE, “Coro “CHI DEL GITANO”:

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IL TROVATORE, “DI QUELLA PIRA”:

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LA TRAVIATA, “BRINDISI”:

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I VESPRI SICILIANI, SINFONIA:

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UN BALLO IN MASCHERA, “PRELUDIO ALL’ATTO I”:

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LA FORZA DEL DESTINO, SINFONIA:

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LA FORZA DEL DESTINO, “LA VERGINE DEGLI ANGELI”:

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DON CARLO, Coro “NEI GIARDIN”: https://youtu.be/dnW7kk6sXnU

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OTELLO, “ESULTATE!”:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PIERO UMILIANI

  • Maggio 21, 2023 at 6:07 pm

Piero Umiliani nasce a Firenze (in via Coluccio Salutati, nel quartiere di Gavinana) il 17 luglio 1926 e muore a Roma il 14 febbraio 2001.

E’ un Compositore, Polistrumentista e Direttore d’Orchestra italiano.

I suoi genitori sono Guido Umiliani ed Eleonora Cecconi.

Studia al Liceo Classico “Galileo Galilei” di via de’ Martelli, nel pieno Centro storico di Firenze.

Durante l’adolescenza, solitamente, ascolta la Radio Svizzera che, spesso, trasmette la musica di Duke Ellington, il cui stile Jazz è proibito dal Regime fascista:
«Negli anni ’40 vivevo a Firenze. Un giorno vidi in un negozietto un disco dal titolo Hot & Bothered edito da un’etichetta di New York. In Italia, all’epoca, nessuno sapeva chi fosse Duke Ellington e ascoltare quel genere di musica era proibito, illegale, al punto che se venivi scoperto si poteva anche finire in galera! Scoppiò la guerra e io ricordo che ogni volta che suonavo Mood Indigo al pianoforte mi dicevo che era il più bel pezzo di musica mai scritto. Una melodia così dolce, così diversa da tutto quello che avevo ascoltato e suonato fino ad allora… Quando, finalmente, le truppe americane arrivarono a Firenze portarono i V-disc. È così che ho scoperto il ritmo e il suono di questa musica».
(Estratto dal diario di Piero Umiliani.)

1942: Umilini invia al periodico “Il nuovo quotidiano” di Firenze una lettera che verrà pubblicata e nella quale difende e giustifica lo stile Jazz, le cui idee gli attirano critiche ed elogi.
Anche il Compositore Pippo Barzizza elogia Umiliani e lo contatta per invitarlo negli Studi EIAR di Roma, la futura R.A.I., per ascoltare l’orchestra che dirige e che avrebbe suonato Musica jazz.

In Italia arrivano gli Alleati e Umiliani conosce i soldati americani e, con altri suoi amici, crea il “Quintetto Stella” (con cui suona come Pianista, nei locali frequentati dai suddetti soldati).

Queste prime attività musicali gli fanno considerare che può frequentare il Conservatorio di Firenze dove, nel 1952, si diplomerà in Contrappunto e Fuga.

Umiliani si esibisce con Musicisti come Francesco Ferrari e il ricordato Pippo Barzizza e, alquanto presto, diventa conosciuto nel mondo del Jazz italiano.
In questo periodo, collabora anche con Gianni Basso, Oscar Valdambrini e Gil Cuppini.

Primi Anni Cinquanta: inizia a comporre musiche e a suonare nei locali di Milano e Firenze.

1955: si trasferisce a Roma, dove fonda un “Ottetto Jazz”.

1955-1956: sempre, a Roma,incide numerosi dischi insieme al cantante Rino Loddo.

1956: contemporaneamente al “Festival della Canzone Napoletana”, Umiliani decide di registrare dei “Classici” della tradizione musicale di Napoli arrangiati in stile “dixieland” e il cui album, “Dixieland in Naples” viene pubblicato dalla RCA Italiana.
1958: il successo di questo album lo porta a partecipare a due serate del “Festival Internazionale del Jazz” di Sanremo.

1958: il regista Mario Monicelli lo incarica di scrivere le musiche per il film “I soliti ignoti”, musiche che Umiliani compone in quindi giorni e il successo ottenuto dal film introduce Umiliani nel mondo delle colonne sonore del Cinema.

1959: diventa responsabile musicale del programma televisivo “Il Mattatore”, con Vittorio Gassman e, sempre collaborando con la R.A.I., nei primi Anni Sessanta, riceve da tale Ente la conduzione di alcune trasmissioni televisive dedicate al Jazz.
Inoltre, inizia anche la sua attività di Compositore di Colonne Sonore per il Cinema.

1960: collabora con Pier Paolo Pasolini.
Pasolini si occupa del testo affinché Umiliani scriva la musica del “Valzer della toppa”, il brano che sarà reso celebre da Laura Betti, con la quale Umiliani incide il disco; brano che, in seguito, verrà cantato anche da Gabriella Ferri.

Si tiene il Meeting per l’ “Amicizia fra i popoli” con il Concerto a Rimini dell’ “Orchestra Sinfonica Nazionale della R.A.I.” diretta dal Maestro Piero Umiliani, con Pino Rucher accanto al Bassista Giorgio Rosciglione.

1968: si verifica una grande svolta per Umiliani quando il Regista Luigi Scattini gli chiede di comporre la colonna sonora del film “Svezia, Inferno e Paradiso”.
In tale periodo, Umiliani compone anche la celebre canzone “Mah-nà mah-nà” che, in origine s’intitola “Viva la sauna svedese”; canzone che gli porta il < successo mondiale grazie ai numerosi utilizzi da parte di programmi televisivi internazionali >.

27 dicembre 1968: a Roma, Umiliani compra alcuni locali in cui genera lo Studio di Registrazione personale chiamato “Sound Work-Shop Studio”, ispiraziondosi al più famoso “BBC Radiophonic Workshop”.
In tale studio compone e registra quasi tutti gli album e le colonne sonore degli anni successivi e realizza anche album indirizzati al mercato di sonorizzazioni per i programmi e i documentari della R.A.I.

1985, uscita dell’album “Umiliani Jazz Family”, nato dalla collaborazione con Paolo Fresu, Giovanni Tommaso e Gianpaolo Ascolese, con la figlia Alessandra in veste di vocalist per la prima volta.

Febbraio 1984: un ictus debilitante, dopo un’intervista radiofonica presso gli studi R.A.I. di Via Asiago, a Roma, coglie Umiliani e lo terrà lontano dal lavoro per lungo tempo.
1991: riabilitazione, ritorno in scena.

Fine Anni Novanta: la musica di Umiliani viene rivalutata in virtù dell’esplosione del fenomeno “lounge”, ovvero brani ispirati ad atmosfere da quelle colonne sonore, esotiche, maliziose e divertenti delle quali Piero Umiliani è uno dei massimi rappresentanti.

Raccolte e ristampe di successo (realizzate maggiormente da “Right Tempo” e “Cinevox”) convincono Umiliani a tornare a suonare dal vivo, partecipando a diversi Festival e Rassegne fino all’ultimo Concerto del 25 ottobre del 2000, che viene tenuto al “Classico Village” per il “Roma Jazz Festival”.

14 febbraio 2001: muore a Roma all’età di 74 anni.

 

Tributi e ricordi a Piero Umiliani:

Targa ad Umiliani in via Vacchereccia 3, a Firenze.

15 settembre 2021: nel Ventennale della Morte, si tiene l’Inaugurazione di una Targa Commemorativa nella sua residenza fiorentina, in via Vacchereccia numero 3, con la partecipazione del Comune di Firenze, alla presenza dei suoi familiari.

2022: alla Qurantesima Edizione di “Torino Film Festival”, viene presentato < “Il tocco di Piero – Le mille vite di Piero Umiliani”, film documentario diretto da Massimo Martella in cui la carriera di Umiliani viene ripercorsa grazie all’aiuto di famigliari e amici come Elisabetta e Alessandra Umiliani, Stefania Boffa in Umiliani, Dario Salvatori, Vincenzo Mollica, Pierpaolo De Sanctis, Luca Sapio, Edda Dell’Orso, Giovanni Tommaso, Gegè Munari, e Silvano Chimenti.
Nel documentario la produzione jazz viene reiterpretata dall’ “Enrico Pieranunzi Quintet” mentre le colonne sonore sono eseguite dai “Calibro 35” accompagnati alla voce da Serena Altavilla.

 

Le colonne sonore:

< Umiliani è noto a livello internazionale per aver composto oltre 150 colonne sonore di film; il suo primo lavoro è del 1954, quando viene chiamato a comporre le musiche di un documentario dei fratelli Taviani.

< Tra le sue colonne sonore più celebri si ricordano le musiche di “I soliti ignoti” dove appare “Blues for Gassman”, diventato quasi uno standard jazzistico in Italia, e il seguito “Audace colpo dei soliti ignoti” con la collaborazione di Chet Baker e, poi, “Svezia inferno e paradiso” (che contiene il celebre successo “Mah-nà mah-nà” cantato da Alessandro Alessandroni e Giulia De Mutiis e suonato dai “Marc 4”), “La legge dei gangster”, “La ragazza dalla pelle di luna”, “Il corpo”

< Nel 1959, un tema sentimentale della colonna sonora del film “I soliti ignoti” era stato ripreso e, con il testo di Corbucci, era divenuto una canzone con il titolo “Juke-box sentimentale” ed era stato utilizzato come sigla della omonima trasmissione radiofonica diretta da Lia Origoni con la collaborazione dello stesso Umiliani.
(Mia nota personale: ricordo bene questa bella trasmissione).

< La sua composizione “Crepuscolo sul mare” è stata inserita nel film “Ocean’s Twelve” del 2004.

Altre incisioni:

Anni ’60-inizio Anni ’70: la sua canzone “Dribbling” è la sigla iniziale della seguitissima trasmissione R.A.I. della domenica sera “La domenica sportiva”.

1968-1977: è l’autore della sigla iniziale de “La Corrida”, trasmissione radiofonica R.A.I. di Corrado Mantoni.

1972: con lo pseudonimo “Rovi”, incide, l’album “Storia e Preistoria”.

1973: al moog, con lo pseudonimo “L’ingegner Giovanni e famiglia”, incide, il brano elettronico “Telstar” dell’inglese Joe Meek (pubblicato su 45 giri dalla RCA Victor).

Altri pseudonimi utilizzati nel corso della sua carriera sono: “Catamo”, “M. Zalla”, “Moggi”, “Tusco”.

 

Discografia:

Album in studio:

1962 – Boccaccio ’70
1962 – Smog
1962 – Caratteristici
1962 – Ballabili
1963 – I piaceri proibiti
1963 – Il paradiso dell’uomo
1963 – Mondo matto al neon
1963 – 40 anni di jazz in Italia
1964 – Intrigo a Los Angeles
1964 – Il Dono del Nilo
1964 – Bianco, Rosso, Giallo
1964 – Comica Finale
1964 – Musica per due
1964 – Arie antiche
1965 – Una bella grinta
1967 – Commenti Musicali: Jazz
1967 – Jazz dall’Italia n. 1
1967 – Gli Italiani e l’Industria
1967 – Il Ponte dell’Asia
1967 – Jazz dall’Italia n. 2
1967 – La Consolazione della Pietra
1967 – La Buona Stagione
1968 – Effetti musicali
1968 – Preistoria
1968 – Playtime
1968 – I classici del mare
1968 – Charlottiana
1968 – Laura Betti con l’orchestra di Piero Umiliani
1968 – La Morte bussa due volte
1968 – Svezia inferno e paradiso (Omicron, LPM 0014)
1968 – Psichedelica
1969 – La legge dei Gangsters
1969 – Fischiando in beat
1969 – Angeli bianchi… angeli neri (Omicron, LPS 0017)
1969 – Al cinema con Piero Umiliani
1970 – Musiche per commento (Record TV Discografica, RT 14)
1970 – Musiche per commento (Record TV Discografica, RT 15)
1970 – Musiche per commento (Record TV Discografica, RT 31)
1970 – 5 bambole per la luna d’agosto
1970 – Le isole dell’amore (Cinevox Record, MDF 33/42)
1971 – Questo sporco mondo meraviglioso
1971 – Comica n.2
1971 – Paesaggi (Liuto Records, LRS 0042)
1971 – Marce e marcette
1971 – Underground
1971 – Africa
1971 – Roma
1971 – Bertoldo e Bertoldino
1972 – Il mondo dei romani
1972 – Servizio speciale
1972 – Switched on Naples
1972 – La ragazza dalla pelle di luna (Omicron, LPS 0024)
1972 – Mille e una Sera
1972 – L’uomo nello spazio
1972 – Arie romantiche e descrittive
1972 – Polinesia
1972 – Paesi balcanici
1972 – Storia e preistoria
1972 – Musica dell’era tecnologica
1972 – Percussioni ed effetti speciali
1972 – Guerra e distruzione
1972 – Suspense
1972 – Mosaico
1972 – Le canzoni di Firenze
1973 – To-Day’s Sounds (Liuto Records, LRS 0053-0054)
1973 – Temi ritmici e dinamici (Liuto Records, LRS 0055)
1973 – Problemi d’oggi (Liuto Records, LRS 0056)
1973 – La ragazza fuoristrada (Liuto Records, LRS 0057)
1973 – La schiava io ce l’ho e tu no
1973 – The Folk Group
1973 – Il corpo
1974 – Jazz a confronto vol. 35
1974 – 10 Bianchi Uccisi da un Piccolo Indiano
1974 – PianoFender Blues
1974 – Nuove arie romantiche
1974 – Musica classica per l’uomo d’oggi
1974 – Mondo inquieto
1974 – Week-End
1974 – Golden Memories
1975 – Il fidanzamento
1975 – Relax
1975 – Continente nero
1975 – Genti e paesi del mondo
1975 – Mille e una Sera IIa ed.
1975 – Atmospheres
1975 – Bon Voyage!!!
1975 – Hard Rhythms and Soft Melodies
1976 – Temi descrittivi per singolo complesso
1976 – L’uomo e la città
1976 – Chitarra classica
1976 – Omaggio ad Einstein
1976 – Tra scienza e fantascienza
1976 – Drammi e speranze
1977 – Due temi con variazioni
1978 – Motivi allegri e distensivi
1978 – Discomusic
1978 – Gli archi raccontano
1979 – Aragosta a colazione
1979 – Tensione
1979 – News! News! News!
1979 – Album di viaggio
1979 – Film concerto
1979 – Panorama italiano
1980 – Il pianino del cinema muto
1981 – Bollenti spiriti
1981 – Fascismo e dintorni
1981 – Aria di paese
1981 – Double Face
1982 – Suspence elettronica
1982 – Lunapark
1982 – Medioevo e rinascimento
1991 – Umiliani Jazz Family (Liuto Records, LRS 0063/6)

 

Singoli:

1955 – Via delle rose / Nuvola (con Rino Loddo)
1955 – Valle del Vibonese / Chitarra stanca (con Rino Loddo)
1955 – My Love / Cielo rosso (con Rino Loddo)
1955 – Serenata dal mare / Signorina di Sardegna (con Rino Loddo)
1956 – Il Trenino del destino / È bello (con Rino Loddo)
1956 – Sogni d’oro / Parole e musica (con Rino Loddo)
1959 – Lì per lì / Avevamo la stessa età (RCA Italiana, 45N 0781; con Teddy Reno)
1959 – Concertino / Sei nata per essere adorata (RCA Italiana, 45CP-11; con il Quartetto Due + Due)
1959 – Giocando alla roulotte / You’re the Gal (Juke Box, JN 1817; con Joe Sentieri)
1962 – Dribbling / Ieri e domani
1969 – Mah-nà mah-nà / You Tried to Warn Me (Ariel Records, AR 500)

 

EP:

1958 – Sottofondi musicali n. 2 (RCA Italiana, EPA 30-281; con Angelo Brigada)
1958 – Sottofondi musicali n. 3 (RCA Italiana, EPA 30-282)
1958 – Sanremo 1958 (RCA Italiana, A72V-0229; con Nilla Pizzi e Marcello De Martino)
1958 – Paolo Bacilieri alla TV (RCA Italiana, EPA 30-245; con Paolo Bacilieri e Marcello de Martino)
1958 – Resta Cu’ Mme (RCA Italiana, EPA 30-278; con Caprice Chantal e Maurizio Arena)
1958 – Addio mia bella signora (RCA Italiana, A72V-0188; con Elio Mauro)
1958 – Paola Orlandi e Piero Umiliani (RCA Italiana, A72V-0209)
1958 – La commedia è finita (RCA Italiana, A72V-0220; con Laura Betti)
1958 – Tu ce l’hai la Mamma (RCA Italiana, A72V-0221; con Elio Mauro)
1958 – I soliti ignoti (RCA Italiana, EPA 30-284)
1958 – Ricordate? Quel motivetto (RCA Italiana, EPA 10014-1, 2 e 3)
1959 – Sanremo ’59 (RCA Italiana, EPA 10038-1; con Teddy Reno)
1959 – Piero Umiliani e il suo complesso (RCA Italiana, EPA 30-343)

 

Filmografia:

1958 – I soliti ignoti, regia di Mario Monicelli
1959 – Roulotte e roulette, regia di Turi Vasile; Audace colpo dei soliti ignoti, regia di Nanni Loy
1960 – Genitori in blue-jeans, regia Camillo Mastrocinque; Il vigile, regia di Luigi Zampa; Labbra rosse, regia di Giuseppe Bennati; Urlatori alla sbarra, regia di Lucio Fulci; Caravan petrol, regia di Mario Amendola
1961 – Le ambiziose, regia di Antonio Amendola; A cavallo della tigre, regia di Luigi Comencini; – A porte chiuse, regia di Dino Risi; Venere creola, regia di Lorenzo Ricciardi; Mariti a congresso, regia di Luigi Filippo D’Amico
1962 – Smog, regia di Franco Rossi; Noi e l’automobile, regia di Luciano Emmer; I nuovi angeli, regia di Ugo Gregoretti; Boccaccio ’70 (episodio “Renzo e Luciana”), regia di Mario Monicelli; Colpo gobbo all’italiana
1963 – Omicron; Mondo matto al neon; I misteri di Roma; Il comandante; La bella di Lodi; L’amore difficile
1964 – Via Veneto; Intrigo a Los Angeles; Controsesso (episodio “Cocaina di domenica”); Bianco, rosso, giallo, rosa; Le più belle truffe del mondo (episodio “La Feuille du Route”); 00-2 agenti segretissimi; La strada per Fort Alamo; L’ultimo rififì; I due nemici pubblici
1965 – Lo scippo; I figli del leopardo; Due mafiosi contro Goldginger; Una bella grinta; La Celestina P… R…; Agente 3S3 – Passaporto per l’inferno; Peep Show; Agente X 1-7 operazione Oceano, regia di Tanio Boccia; Il morbidone, regia di Massimo Franciosa; Made in Italy; I due parà; Il Tramontana; La vendetta di Lady Morgan, regia di Massimo Pupillo
1966 – 2 mafiosi contro Al Capone; 7 monaci d’oro; Due marines e un generale; Testa di rapa, regia di Giancarlo Zagni; Ray Master l’inafferrabile; Operazione poker; Password: Uccidete agente Gordon, regia di Sergio Grieco; I due sanculotti; Un colpo da mille miliardi; Agente 3S3 – Massacro al sole; Inferno a Caracas; Che notte, ragazzi!; Tecnica di una spia; Duello nel mondo
1967 – Il tempo degli avvoltoi, regia di Nando Cicero; Rififí ad Amsterdam; Ric e Gian alla conquista del West; Password: Uccidete agente Gordon; Non sta bene rubare il tesoro; Trappola per 4; Il figlio di Django; I due figli di Ringo; Come rubare la corona d’Inghilterra, regia di Sergio Grieco; Tecnica per un massacro; Jerry Land – Cacciatore di spie; Per 50.000 maledetti dollari; 28 minuti per 3 milioni di dollari; Segretissimo; Il nero, regia di Giovanni Vento (Sax solista Gato Barbieri)
1968 – Una tranquilla villeggiatura; I nipoti di Zorro; Goldface – Il fantastico superman, regia di Bitto Albertini; Crisantemi per un branco di carogne; I 2 deputati; La vuole lui… lo vuole lei; La notte è fatta per… rubare; Due occhi per uccidere; Svezia inferno e paradiso; Scusi, lei conosce il sesso?
1969 – La legge dei gangsters; La morte bussa due volte (Blonde Köder für den Mörder), regia di Harald Philipp; Eros e Thanatos; Don Franco e Don Ciccio nell’anno della contestazione; Orgasmo; Quinto: non ammazzare; L’arcangelo, regia di Giorgio Capitani
1970 – I vendicatori dell’Ave Maria, regia di Bitto Albertini; 5 bambole per la luna d’agosto; La ragazza dalla pelle di luna; Le isole dell’amore; Dove non è peccato; Django sfida Sartana; Angeli bianchi… angeli neri, regia di Luigi Scattini; L’uomo dal pugno d’oro; Roy Colt & Winchester Jack; Due ragazzi da marciapiede
1971 – In fondo alla piscina; Questo sporco mondo meraviglioso, regia di Mino Loy e Luigi Scattini; Reverendo Colt, regia di León Klimovsky; La vendetta è un piatto che si serve freddo, regia di Pasquale Squitieri; I due assi del guantone
1972 – I vizi segreti della donna nel mondo; La schiava io ce l’ho e tu no; W Django!; Al tropico del cancro, regia di Giampaolo Lomi e Edoardo Mulargia
1973; La ragazza fuoristrada; Baba Yaga
1974 – Il corpo; L’ammazzatina; La governante; Dieci bianchi uccisi da un piccolo indiano, regia di Gianfranco Baldanello; Il domestico
1975 – L’insegnante; La pupa del gangster
1976 – La dottoressa del distretto militare; Bruciati da cocente passione; Eva nera
1977 – Pane, burro e marmellata; Blue Nude; La bella e la bestia; La notte dell’alta marea; La soldatessa alla visita militare
1978 – L’inquilina del piano di sopra; Follie di notte; Io tigro, tu tigri, egli tigra; La soldatessa alle grandi manovre
1979 – Aragosta a colazione
1980 – Quando la coppia scoppia; Odio le bionde; C’è un fantasma nel mio letto; La cameriera seduce i villeggianti, regia di Aldo Grimaldi
1981 – Il marito in vacanza; Bollenti spiriti; Teste di quoio; C’è un fantasma nel mio letto
1982 – Erotico 2000; Perdoname amor; Vai avanti tu che mi vien da ridere

Programmi radiofonici Rai:

“Juke-box sentimentale”, trasmissione radiofonica bisettimanale diretta da Lia Origoni con la collaborazione di Piero Umiliani, 1959.
“La locanda delle sette note”, di e con Lia Origoni con l’orchestra di Piero Umiliani e Mario Gangi, 1963.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

PIERO UMILIANI nel suo studio:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Piero_Umiliani_ritratto_nel_suo_studio.jpg

File:Piero Umiliani ritratto nel suo studio.jpg

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Canzone dal film “Svezia, Inferno e Paradiso”, ” Mah-nà mah-nà “:

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JUKE-BOX SENTIMENTALE:  https://youtu.be/B8FQSf2_IL0

 

 

MARCO TUTINO

  • Maggio 21, 2023 at 4:22 pm

Marco Tutino nasce a Milano il 30 maggio 1954.

E’ un compositore italiano.

In Italia, i teatri che eseguono le sue opere sono il Teatro “Alla Scala” di Milano, il “Teatro dell’ Opera” di Roma, il Teatro “Massimo” di Palermo, il Teatro “Comunale” di Bologna.

All’Estero,  le sue opere vengono rappresentate in Paesi come Austria, Ungheria, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Francia, Germania sotto le Direzioni Orchestrali di Roberto Abbado, Daniele Gatti, Riccardo Chailly, Giuseppe Sinopoli, Carlo Rizzi, Dino Scuderi.

Il filone compositivo seguito è il “neo-tonale” e il “neoromantico”, di cui ne è un esponente principale.

Fra i suoi lavori teatrali: “Pinocchio”, “Cirano”, “Vite immaginarie”, “La lupa”, “Federico II”, “Il gatto con gli stivali”, “Pugacev”, “Dylan Dog”, “Peter Pan”, “La bella e la bestia”, “Le bel indifferent”, “The servant”, “Senso”, “Le braci”, “La Ciociara”.

Tra le sue composizioni musicali, emergono il “Requiem” che viene eseguito nella Cattedrale di Palermo il 27 marzo 1993 in memoria dei Morti nelle stragi di mafia e “Canto di pace” per tenore, composto su testo di Giovanni Paolo II e interpretato da Plácido Domingo il 28 aprile del 2003.

2002-2006: è Direttore Artistico del Teatro “Regio” di Torino.

Dall’ottobre 2006 al gennaio 2011: è Sovrintendente e Direttore Artistico del Teatro “Comunale” di Bologna.

2007: è Presidente della Giuria del Concorso Internazionale di Composizione “2 Agosto”.

Le “prime” delle sue opere:  

. Pinocchio (Teatro Margherita di Genova, 23 maggio 1985)
. Cirano (Teatro Comunale di Alessandria, 18 settembre 1987)
. Vite immaginarie (Teatro Comunale di Bologna, 6 novembre 1989)
. La lupa (Teatro La Gran Guardia di Livorno, 4 settembre 1990)
. Federico II (Commissionata dal teatro di Bonn nel 1992, prima esecuzione Teatro Giovanni Battista Pergolesi di Jesi, 1º ottobre 2004)
. Il gatto con gli stivali (Teatro Filarmonico di Verona, 17 aprile 1997)
. Vita, opera in un atto di Patrizia Valduga liberamente tratta dalla commedia Wit di Margaret Edson (per il Teatro alla Scala di Milano nel Piccolo Teatro Studio, 9 maggio 2003 con Anna Caterina Antonacci)
. Le bel indifferent (Teatro Lauro Rossi di Macerata, 15 luglio 2005, con Monica Bacelli, Luca Canonici, Elena Rossi, Milton Danilo Fernández; orchestra Státní opera Praha; dir: Guillaume Tourniaire; regia: Pier Luigi Pizzi per lo Sferisterio di Macerata)
. The servant (Auditorium S. Paolo di Macerata, 27 luglio 2008) per la regia di Gabriele Lavia nell’ambito dello Sferisterio Opera Festival
. Senso (Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo, 22 gennaio 2011)
. Le braci, opera in un atto, libretto del compositore dal romanzo omonimo di Sándor Márai, commissionata del Festival della Valle d’Itria e Maggio Musicale Fiorentino (produzione del Teatro Nazionale di Seghedino, nell’ambito dell’Armel International Opera Festival, Budapest, 9 ottobre 2014)
. La ciociara (titolata Two Women, San Francisco Opera, 19 giugno 2015, con Anna Caterina Antonacci), libretto di Marco Tutino e Fabio Ceresa
. Miseria e nobiltà, 23 febbraio 2018, Teatro Carlo Felice di Genova (Ricordi), libretto di Luca Rossi e Fabio Ceresa

Battuto al computer da Lauretta

 

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LA CIOCIARA: visione di alcune scene mentre l’autore spiega tale capolavoro =

 

 

 

 

 

 

 

ARMANDO TROVAJOLI

  • Maggio 21, 2023 at 3:36 pm

Armando Trovajoli, all’anagrafe Armando Trovaioli, nasce a Roma il 2 settembre 1917 e muore a Roma il 1º marzo 2013.

E’ un Pianista, Compositore e Direttore d’Orchestra italiano.

Armando Trovajoli esprime il proprio notevole talento musicale quando inizia a studiare Violino da bambino.

Successivamente, si diploma in Pianoforte e Composizione al “Conservatorio di Musica di Santa Cecilia” di Roma.

1937: Rocco Grasso lo fa entrare nella sua orchestra e, l’anno seguente, lo vuole come Pianista nel proprio complesso.

1939: esiste una delle formazioni jazzistiche italiane dell’epoca più rinomate, l’orchestra di Sesto Carlini, con cui suona.

1944: successivamente alla Liberazione di Roma da parte degli Alleati, fonda il Gruppo Musicale “Il club del ritmo” che comprende il Chitarrista Libero Tosoni, Cecconi, Ammanniti, De Carolis, Giuseppe Carta e la cantante Anna Maria Dionisi, con cui si esibiscono in vari locali e teatri della capitale.

Nel Dopoguerra, alterna Jazz e Musica Leggera e, nel contempo, perfeziona i suoi studi musicali, diplomandosi al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, nel 1948.

1949: al “Paris Jazz Festival”, viene scelto per rappresentare l’Italia dove, con Gorni Kramer al contrabbasso e Gil Cuppini alla batteria, suona nella famosa “Salle Pleyel”.

1950: reaizza una prima serie di incisioni discografiche, pubblicate con il titolo “Musica per i vostri sogni”.
Collabora con Piero Morgan (Piero Piccioni) in un ciclo di trasmissioni radiofoniche titolate “Musica per i vostri sogni” ed “Eclipse”: si tratta di una delle prime prove italiane di presentare esecuzioni pianistiche di Jazz con Orchestra d’Archi.

1963: con Carlo Pes, compone e incide alla chitarra il brano “Quisasevà”, brano scelto come sigla del programma televisivo “Il Giornalaccio”.

1958: a Roma, fonda l’ “Orchestra Stabile di Musica Leggera della Radiotelevisione Italiana”, successivamente diretta da Gorni Kramer, Lelio Luttazzi e Piero Piccioni.

La radio:

Inizio Anni Cinquanta: su incarico della R.A.I., dirige un’orchestra di Musica Leggera, il cui organico di dodici violini, quattro viole, quattro violoncelli, un flauto, un oboe, un clarinetto, un corno, l’arpa, vibrafono, chitarra elettrica, contrabbasso, batteria e il pianoforte suonato da Trovajoli che imposta tale orchestra.
E’ stato detto che: < Questa formazione, con la collaborazione di alcuni cantanti, trasmise dai microfoni di Radio Roma eleganti brani musicali con una netta impostazione jazzistica >.

1952-1953: con Piero Piccioni, è protagonista del settimanale musicale serale “Eclipse”, nel quale l’orchestra viene diretta alternativamente dai due compositori con l’esecuzione di pezzi estremamente ricercati e sofisticati, con uno stile alquanto differente da quello delle orchestre radiofoniche del tempo.

 

Compositore per il cinema:

In tale periodo di tempo, Trovajoli (con lo pseudonimo Vatro) esordisce anche come autore di canzoni (“È l’alba”, “Dimmi un po’ Sinatra”).

1951: Dino De Laurentiis lo invita a scrivere la colonna sonora del film “Anna”, diretto da Alberto Lattuada; la canzone “El Negro Zumbón” è influenzata da ritmi tropicali e diventa un successone mondiale.
Nel film, canto e danza sono di Silvana Mangano, ma l’esecuzione vocale è di Flo Sandon’s.

Idem, 1951: Trovajoli si esibisce come Concertista eseguendo musiche di Gershwin, sotto la direzione di Rodzinsky, al Teatro “San Carlo” di Napoli e di Willy Ferrero alla “Basilica di Massenzio”, in Roma.

1953: compone il commento musicale per il film “Due notti con Cleopatra” e partecipa come Direttore d’Orchestra al “Festival della Canzone Italiana” di Sanremo, ottenendo un successo con l’arrangiamento della canzone vincitrice “Viale d’autunno”.
1957: idem, suo intervento a tale “Festival”.

1956: un secondo successo internazionale gli viene da “Che m’è mparato a ffà”, lanciata e incisa su disco da Sophia Loren.

1962: sposa l’attrice Anna Maria Pierangeli che, nel 1963, gli dà il figlio Andrew Howard Rugantino.
1968: Divorzia da Pierangeli e si risposa con Maria Paola Sapienza, madre di suo figlio Piergiorgio.

La commedia musicale:

1962: dopo avere collaborato ad alcuni spettacoli di rivista, Trovajoli viene incaricato di comporre la musica per il film scritto da Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa: “Rugantino”, non sarà realizzato e, solo nel 1973, il film sarà girato con Adriano Celentano come attore protagonista (“Rugantino”).
Il copione viene utilizzato da Garinei e Giovannini per realizzare la loro famosa commedia musicale omonima, che viene rappresentata nel 1962 con enorme successo.

E’ da tenere presente che Trovajoli è apprezzato dagli intenditori per il suo studio condotto sui motivi popolari romani dell’Ottocento, ripresi con maestria nelle sue composizioni.

Altrettanti successi sono conseguiti con “Ciao Rudy” e “Aggiungi un posto a tavola”, sempre di Garinei e Giovannini.
< Nei contenuti extra del DVD di “Aggiungi un posto a tavola”, Trovajoli afferma che, non essendo credente, gli è stato difficile comporre delle canzoni per questa commedia >.
La canzone dal fascino magnetico di “Rugantino” – “Roma nun fa’ la stupida stasera” – diventerà il suo terzo best seller mondiale.

Composizione di colonne sonore: collabora con registi come Vittorio De Sica, Marco Vicario, Dino Risi, Luigi Magni ed Ettore Scola, del quale ha musicato praticamente l’intera filmografia.

Riconoscimenti:

2007: riceve il Premio Speciale “David di Donatello” alla carriera.

2009: collabora al nuovo disco di Renato Zero e, il 20 giugno, partecipa con lo stesso Zero e con tanti altri cantanti italiani al Concerto “Corale per l’Abruzzo”, allo Stadio Olimpico.

2010: riceve il Premio “Federico Fellini 8½” per la grande qualità artistica al Bif&st di Bari.

 

Attore:

Di Trovajoli, è anche la colonna sonora del film “I complessi” e, nell’episodio “Guglielmo, il dentone”, quando Guglielmo Bertone (Alberto Sordi) cerca il professor Cutolo (Alessandro Cutolo) e apre la porta di uno studio in cui stanno registrando un brano di musica leggera, il Maestro che dirige è proprio Trovajoli.

Nel film “Ieri, oggi e domani” (1963), è l’automobilista con la spider che soccorre Sophia Loren.

La morte:

1º marzo 2013: all’età di 95 anni, muore nella sua abitazione e, come da lui disposto, il decesso è reso noto dalla moglie Maria Paola, a cremazione avvenuta. Le sue ceneri, poi, verranno sparse in natura.

I figli sono nati da altrettante relazioni: Graziella, Maurizio (nato nel 1960 dalla relazione con l’indossatrice Mirella Pettinari), Andrew avuto dalla moglie l’attrice Anna Maria Pierangeli e Piergiorgio.
La quinta figlia (la secondogenita Marina Ubalda, nata l’11 agosto 1954 a San Marino dalla relazione con Silvana Puntier) è morta il 12 agosto 2000.

 

Riconoscimenti:

30 maggio 2013: il Comune di Roma gli dedica il “Ponte della Musica-Armando Trovajoli”, inaugurato due anni prima nel quartiere Flaminio.

Discografia:

Album in studio:

1958 – One Night in Naples
1958 – Songs by Night
1959 – Trovajoli Jazz Piano
1959 – Softly
1961 – Il gigante di Metropolis
1962 – Totò di notte n. 1
1962 – Rugantino
1962 – Boccaccio ’70 (Original Soundtrack) – con Nino Rota
1963 – Ieri Oggi Domaniù

 

Singoli:

1950 – Fascinating Rhythm/Sophisticated Lady
1951 – Yesterdays/Easy to Love
1951 – Lady Bird/All the Things You Are

 

Filmografia:

Compositore:

. Riso amaro, regia di Giuseppe De Santis (musiche di Goffredo Petrassi e A. Trovajoli) (1949)
. Anna, regia di Alberto Lattuada (musiche di Nino Rota e A. Trovajoli) (1951)
. Parigi è sempre Parigi, regia di Luciano Emmer (1951)
. Eran trecento… (La spigolatrice di Sapri), regia di Gian Paolo Callegari (musiche di Giovanni Fusco e A. Trovajoli) (1952)
. La tratta delle bianche, regia di Luigi Comencini (1952)
. Era lei che lo voleva, regia di Marino Girolami e Giorgio Simonelli (1953)
. Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1953)
. La donna del fiume, regia di Mario Soldati (musiche di Angelo Francesco Lavagnino e A.Trovajoli) (1954)
. Un giorno in pretura, regia di Steno (1954)
. Due notti con Cleopatra, regia di Mario Mattoli (1954)
. Le diciottenni, regia di Mario Mattoli (1955)
. Donne sole regia di Vittorio Sala (1956)
. Camping, regia di Franco Zeffirelli (1958)
. Poveri milionari, regia di Dino Risi (1959)
. Il vedovo, regia di Dino Risi (1959)
. La cento chilometri, regia di Giulio Petroni (1959)
. Vacanze d’inverno, regia di Camillo Mastrocinque (1959)
. Le notti dei teddy boys, diretto da Leopoldo Savona (1959)
. La ciociara, regia di Vittorio De Sica (1960)
. Chiamate 22-22 tenente Sheridan, regia di Giorgio Bianchi (1960)
. Il carro armato dell’8 settembre, regia di Gianni Puccini (1960)
. Le pillole di Ercole, regia di Luciano Salce (1960)
. Tu che ne dici?, regia di Silvio Amadio (1960)
. I piaceri dello scapolo, regia di Giulio Petroni (1960)
. I piaceri del sabato notte, regia di Daniele D’Anza (1960)
. Questo amore ai confini del mondo, regia di Giuseppe Maria Scotese (1960)
. Il mantenuto, regia di Ugo Tognazzi (1961)
. La ragazza di mille mesi, regia di Steno (1961)
. Gli attendenti, regia di Giorgio Bianchi (1961)
. Laura nuda, regia di Nicolò Ferrari (1961)
. Il gigante di Metropolis, regia di Umberto Scarpelli (1961)
. Ercole alla conquista di Atlantide, regia di Vittorio Cottafavi (1961)
. Ercole al centro della Terra, regia di Mario Bava (1961)
. Totò, Peppino e… la dolce vita, regia di Sergio Corbucci (1961)
. Maciste l’uomo più forte del mondo, regia di Antonio Leone Viola (1961)
. Dieci italiani per un tedesco (Via Rasella), regia di Filippo Walter Ratti (1962)
. Totò e Peppino divisi a Berlino, regia di Giorgio Bianchi (1962)
. I pianeti contro di noi, regia di Romano Ferrara (1962)
. Totò di notte n. 1, regia di Mario Amendola (1962)
. La visita, regia di Antonio Pietrangeli (1963)
. Ieri, oggi, domani, regia di Vittorio De Sica (1963)
. I mostri, regia di Dino Risi (1963)
. Alta infedeltà, regia di Franco Rossi, Elio Petri, Luciano Salce, Mario Monicelli (1963)
. Totò sexy, regia di Mario Amendola (1963)
. Gli onorevoli, regia di Sergio Corbucci (1963)
. Il monaco di Monza, regia di Sergio Corbucci (1963)
. Il magnifico cornuto, regia di Antonio Pietrangeli (1964)
. Matrimonio all’italiana, regia di Vittorio De Sica (1964)
. Se permettete parliamo di donne, regia di Ettore Scola (1964)
. Sette uomini d’oro, regia di Marco Vicario (1964)
. Che fine ha fatto Totò Baby?, regia di Ottavio Alessi con lo pseudonimo di Roman Vatro (1964)
. Le belle famiglie, regia di Ugo Gregoretti (1964)
. Casanova ’70, regia di Mario Monicelli (1965)
. Le bambole, regia di Luigi Comencini, Dino Risi, Mauro Bolognini e Franco Rossi (1965)
. Italiani brava gente, regia di Giuseppe De Santis (1965)
. La violenza e l’amore, regia di Adimaro Sala (1965)
. I complessi, regia di Dino Risi, Franco Rossi, Luigi Filippo D’Amico (1965)
. L’arcidiavolo, regia di Ettore Scola (1966)
. Operazione San Gennaro, regia di Dino Risi (1966)
. Le spie amano i fiori, regia di Umberto Lenzi (1966)
. Adulterio all’italiana, regia di Pasquale Festa Campanile (1966)
. Le fate, regia di Luciano Salce, Mario Monicelli, Mauro Bolognini, Antonio Pietrangeli (1966)
. America paese di Dio, regia di Luigi Vanzi (1967
. I lunghi giorni della vendetta, regia di Florestano Vancini (1967)
. La matriarca, regia di Pasquale Festa Campanile (1968)
. Straziami ma di baci saziami, regia di Dino Risi (1968)
. Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?, regia di Ettore Scola (1968)
. Il profeta, regia di Dino Risi (1968)
. Sette volte sette, regia di Michele Lupo (1968)
. Le dolci signore, regia di Luigi Zampa (1968)
. Faustina, regia di Luigi Magni (1968)
. Acid – Delirio dei sensi, regia di Giuseppe Maria Scotese (1968)
. Rapporto Fuller, base Stoccolma, regia di Sergio Grieco (1968)
. Il commissario Pepe, regia di Ettore Scola (1969)
. Dove vai tutta nuda?, regia di Pasquale Festa Campanile (1969)
. Nell’anno del Signore, regia di Luigi Magni (1969)
. Vedo nudo, regia di Dino Risi (1969)
. Lovemaker – L’uomo per fare l’amore, regia di Ugo Liberatore (1969)
. La moglie del prete, regia di Dino Risi (1970)
. Dramma della gelosia – Tutti i particolari in cronaca, regia di Ettore Scola (1970)
. Il vichingo venuto dal sud, regia di Steno (1971)
. Noi donne siamo fatte così, regia di Dino Risi (1971)
. Il prete sposato, regia di Marco Vicario (1971)
. Stanza 17-17 palazzo delle tasse, ufficio imposte, regia di Michele Lupo (1971)
. Homo Eroticus, regia di Marco Vicario (1971)
. L’uccello migratore, regia di Steno (1972)
. La mala ordina, regia di Fernando Di Leo (1972)
. La più bella serata della mia vita, regia di Ettore Scola (1972)
. La Tosca, regia di Luigi Magni (1973)
. Sessomatto, regia di Dino Risi (1973)
. Amore e ginnastica, regia di Luigi Filippo D’Amico (1973)
. Paolo il caldo, regia Marco Vicario (1973)
. C’eravamo tanto amati, regia di Ettore Scola (1974)
. Profumo di donna, regia di Dino Risi (1974)
. Di mamma non ce n’è una sola, regia di Alfredo Giannetti (1974)
. La moglie vergine, regia di Marino Girolami (1975)
. L’anatra all’arancia, regia di Luciano Salce (1975)
. Brutti, sporchi e cattivi, regia di Ettore Scola (1976)
. Una Magnum Special per Tony Saitta, regia di Alberto De Martino (1976)
. Telefoni Bianchi, regia di Dino Risi (1976)
. Prima notte di nozze, regia di Corrado Prisco (1976)
. Cattivi pensieri, regia di Ugo Tognazzi (1976)
. I soliti ignoti colpiscono ancora – E una banca rapinammo per fatal combinazion (Ab morgen sind wir reich und ehrlich), regia di Franz Antel (1976)
. Dimmi che fai tutto per me, regia di Pasquale Festa Campanile (1976)
. Basta che non si sappia in giro, regia di Nanni Loy, Luigi Magni, Luigi Comencini (1976)
. Luna di miele in tre, regia di Carlo Vanzina (1976)
. In nome del Papa Re, regia di Luigi Magni (1977)
. Una giornata particolare, regia di Ettore Scola (1977)
. La stanza del vescovo, regia di Dino Risi (1977)
. Ligabue, regia di Salvatore Nocita (1977)
. Il marito in collegio, regia di Maurizio Lucidi (1977)
. I nuovi mostri, regia di Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola (1977)
. Mogliamante, regia di Marco Vicario (1977)
. L’alba dei falsi dei, regia di Duccio Tessari (1978)
. Amori miei, regia di Steno (1978)
. Dottor Jekyll e gentile signora, regia di Steno (1979)
. Passione d’amore, regia di Ettore Scola (1981)
. Plus beau que moi, tu meurs, regia di Philippe Clair (1982)
. Il mondo nuovo, regia di Ettore Scola (1982)
. Il conte Tacchia, regia di Sergio Corbucci (1982)
. Viuuulentemente mia, regia di Carlo Vanzina (1982)
. Grand Hotel Excelsior, regia di Castellano e Pipolo (1982)
. Mystère, regia di Carlo Vanzina (1983)
. Maccheroni, regia di Ettore Scola (1985)
. La Famiglia, regia di Ettore Scola (1987)
. Miss Arizona, regia di Pál Sándor (1987)
. I giorni del commissario Ambrosio, regia di Sergio Corbucci (1988)
. Che ora è, regia di Ettore Scola (1989)
. Il viaggio di Capitan Fracassa, regia di Ettore Scola (1990)
. Giovani e belli, regia di Dino Risi (1996)
. La cena, regia di Ettore Scola (1998)
. Concorrenza sleale, regia di Ettore Scola (2001)

Canzoni di musica leggera:

1950 – Dimmi un po’ Sinatra per Quartetto Cetra (testo di Tata Giacobetti)
1951 – El negro Zumbon per Flo Sandon’s (testo di Francesco Giordano)
1951 – È l’alba per Nilla Pizzi (testo di Gian Carlo Testoni)
1954 – Mambo Bacan per Sophia Loren (testo di Francesco Giordano)
1958 – Che m’è ‘mparato ‘a fa per Sophia Loren (testo di Dino Verde)
1961 – Lady luna per Miranda Martino e Jimmy Fontana (testo di Dino Verde)
1961 – Roma nun fa’ la stupida stasera per Nino Manfredi e Lea Massari (testo di Pietro Garinei e Sandro Giovannini)
1961 – Ciumachella de’ Trastevere per Lando Fiorini (testo di Pietro Garinei e Sandro Giovannini)
1963 – O meu violao per Carlo Pes (testo di Screwball)
1964 – Per una notte no per Gianni Morandi (testo di Franco Migliacci)
1965 – La verità per Paul Anka e Carmen Villani (in collaborazione con Carlo Pes; testo di Sergio Bardotti)
1966 – Bada Caterina per Carmen Villani (testo di Franco Migliacci)
1966 – Brillo bollo per Carmen Villani (testo di Giulia De Mutiis)
1968 – Il profeta per Carmen Villani (in collaborazione con Carlo Pes; testo di Antonio Amurri)
1968 – Io ti sento per Marisa Sannia (Fonit Cetra, SP 1382)
1969 – L’amore dice ciao per Andee Silver (testo di Giancarlo Guardabassi)
1969 – Love is a woman per Lydia MacDonald (vocalizzi senza testo)
1973 – Nun je da’ retta, Roma per Luigi Proietti (testo di Luigi Magni)
1975 – Aggiungi un posto a tavola per Johnny Dorelli (testo di Pietro Garinei e Sandro Giovannini)

 

Programmi radiofonici RAI:

Tre in uno, panorami internazionali, con le orchestre di Ernesto Nicelli, Francesco Donadio e Armando Trovajoli maggio 1950
Tè per due, programma musicale con le orchestre di A Trovajoli e Gorni Kramer, trasmessa il 5 giugno 1952
Fantasia in bianco e nero, con Armando Trovajoli, trasmessa il 24 luglio 1952
Orchestra Eclipse, diretta da Armando Trovajoli e Piero Piccioni, bisettimanale 1953
La penisola canta, programma scambio con la Radio Francese e la Radio Italiana, orchestra Eclipse diretta da Armando Trovajoli, trasmessa il 8 aprile 1953
Paradiso Bar, radiocommedia di Wilson Hughes, al pianoforte Armando Trovajoli, regia di Anton Giulio Majano, trasmessa il 8 luglio 1953
Invito alla canzone, programma musicale settimanale con le orchestre di Francesco Ferrari e Armando Trovajoli, con la presentazione di Galeazzo Benti giugno settembre 1953.
Concerto dalla Basilica di Massenzio, musiche di George Gershwin, diretto da Willy Ferrero con Armando Trovajoli al piano, trasmesso il 10 settembre 1953
Preludio alla notte, un programma di Armando Trovajoli, trasmesso il 13 gennaio 1954
Occhio magico, a cura di Mino Doletti, presenta Carlo Croccolo, con l’orchestra di Armando Trovajoli, trasmessa il 12 novembre 1954
Primi Piani , orchestra diretta da Armando Trovajoli cantano Luciana Gonzales, Gianni Marzocchi, presenta Enrico Luzi, mercoledì 20 giugno 1956 secondo programma ore 21.
Iridescenze, un programma di Armando Trovajoli, canta Carol Danell, presenta Nunzio Filogamo, trasmessa il 27 ottobre 1956.
Canzoni presentate al VII Festival di Sanremo 1957, orchestra di Jazz sinfonico diretta da Armando Trovajoli, con le voci di Natalino Otto, Gloria Christian, Flo Sandon’s, Luciano Virgili e il Poker di voci, febbraio 1957.
Sulle spiagge della luna , rivista di e con Luciano Salce, Franca Valeri, Vittorio Caprioli, orchestra di Armando Trovajoli, programma nazionale i sabato sera alle 21 1957.
Programmissimo musica a due colori, orchestre Armando Fragna, Armando Trovajoli con il complesso di Lelio Luttazzi, presenta Corrado, i mercoledì sera 1958
Concerto jazz, programma musicale con Armando Trovajoli e i suoi solisti, trasmesso il 2 marzo 1958
L’uovo a sorpresa, strenna pasquale con le orchestre di Beppe Mojetta e Armando Trovajoli regia di Silvio Gigli 1958.
Sera d’estate, spettacolo musicale di Antonio Amurri e Bernardino Zapponi, con l’orchestra di Armando Trovajoli, regia di Maurizio Jurgens, trasmessa il 1 luglio 1958.
Gran gala, spettacolo musicale di Armando Trovajoli presentato da Lidia Pasqualini 1959
Arcidiapason, spettacolo musicale con Mario Migliardi, Bruno Maderna e Armando Trovajoli presentato da Stefano Sibaldi 1960.
La fidanzata del bersagliere, radiodramma di Edoardo Anton, musiche di Armando Trovajoli, regia di Luciano Mondolfo, trasmessa il 19 novembre 1960.
Rolf Lieberman, Concerto per jazz-band e orchestra, pianista Tony Lenzi, Orchestra Sinfonica di Roma della RAI, diretta da Ferruccio Scaglia e Orchestra jazz di Armando Trovajoli, trasmesso il 14 giugno 1963.

 

Programmi televisivi Rai:

Concerto di musica leggera, diretto da Armando Trovajoli, regia di Vittorio Brignole, trasmesso il 25 ottobre 1956.
Ragazza mia, sceneggiato in quattro puntate da William Saroyan, musiche di Armando Trovajoli, regia di Mario Landi, marzo-aprile 1960.
Il novelliere, Una serata per Cecov, spettacolo a cura di Daniele D’Anza, musiche di Armando Trovajoli, regia di D. D’Anza, trasmesso il 14 giugno 1960

 

Il varietà teatrale:

È arrivato un bastimento… rivista di Carlo Veo con il Club del Ritmo di Armando Trovajoli e Anna Maria Dionisi, prima al Teatro 4 Fontane di Roma il 28 agosto 1944.
Siamo tutti dottori, rivista di Age, Furio Scarpelli e Dino Verde, con Mario Riva, Riccardo Billi, Franca Maj, Quartetto Cetra, Delia Lodi, Diana Dei, musiche di Armando Trovajoli, 1954.
Festival di Age, Scarpelli, Marcello Marchesi, Dino Verde e Orio Vergani, regia di Luchino Visconti, musiche di Armando Trovajoli, con Wanda Osiris, Marina Doge, Alberto Lionello, Nino Manfredi, Raffaele Pisu ed Elio Pandolfi, Teatro Nuovo di Milano, 14 ottobre 1954.

 

La commedia musicale:

“Se il tempo fosse un gambero”, commedia musicale di Jaja Fiastri e Bernardino Zapponi, regia Pietro Garinei, prima al Teatro Sistina il 23 dicembre (1986)

 

Premi e riconoscimenti:

Premi:

Ciak d’oro
1987 – Migliore colonna sonora per “La famiglia”

 

Onorificenze:

Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana – nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
— Roma, 2 giugno 1995[6]
Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica»
— Roma, 3 febbraio 2000

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

ARMANDO TROVAJOLI, 1960:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Armando_Trovajoli_1960.jpg

File:Armando Trovajoli 1960.jpg

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Film: “RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A RITROVARE L’AMICO MISTERIOSAMENTE SCOMPARSO IN AFRICA”?

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AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA, commedia di GARINEI e GIOVANNINI, canta JOHNNY DORELLI:

 

 

 

AMBROISE THOMAS

  • Maggio 21, 2023 at 1:10 pm

Charles Louis Ambroise Thomas nasce a Metz il 5 agosto 1811 e muore a Parigi il 12 febbraio 1896.

E’ un Compositore francese, molto famoso nel XIX secolo per le sue opere, specialmente per “Mignon”.

Primi anni e gioventù di Thomas:

Ambroise Thomas è figlio di un Violinista di Metz, Jean-Baptiste-Martin Thomas, e di una Cantante.
E’ un ragazzo prodigio e apprende la Musica da suo padre imparando, contemporaneamente, a suonare il Pianoforte e il Violino.

1823: purtroppo, il padre muore lasciando la famiglia senza risorse.
1827: la madre si trasferisce a Parigi.

1828: Ambroise entra al Conservatorio di Parigi dove studia Composizione con Zimmerman, Doulen, Jean-François Lesueur, mentre l’insegnamento del Pianoforte gli proviene da Kalkbrenner.

1829: vince il “Primo Premio” di Pianoforte.
1830: vince il “Primo Premio” di Armonia.
1831: un primo tentativo si presenta infruttuoso ma, nel
1832: vince il “Prix de Rome” con la Cantata “Herman et Ketty”.

Soggiornando in Italia, trovandosi a “Villa Medici”, compone Musica da Camera e stringe amicizia con Hippolyte Frandin (che esegue un suo ritratto) e con Dominique Ingres, allora Direttore dell’ “Accademia di Francia”.

In seguito, va a Vienna, a Monaco di Baviera e a Lipsia.
A quel tempo, secondo la descrizione di Léon Escudier, è < un giovane uomo di linea slanciata, dalla fisionomia espressiva, con degli occhi azzurri di una dolcezza ammaliante, dal passo noncurante e dai modi eleganti e garbati, con la voce flessuosa e penetrante e non si fa pregare molto per sedersi al pianoforte e suonare. Thomas suona bene questo strumento, non alla maniera dei virtuosi da concerto sempre in cerca di approvazione e produttori di sonorità assordanti; ma un poeta che sa parlare al cuore e trovare i colori per dipingere i suoi trasporti e i suoi sogni >.

1837: al suo ritorno a Parigi, Thomas inizia la composizione di opere, che saranno tutte brillanti.
Le opere di questo periodo vengono composte in uno stile leggero e melodioso e ottengono un buon successo, ma nessuna rimane in repertorio:
. 1837: “La Double Échelle” riceve i complimenti di Hector Berlioz.
. 1849: “Le Caïd” è un’operetta brillante che ottiene un grande successo.
. 1850: “Le Songe d’une Nuit d’Été” è una fantasia drammatica e viene ben accolta (basso: “Falstaff” da William Shakespeare).
. 1851: “Raymond” la cui ouverture rimane popolare, “Le Roman d’Elvire”; e altre.

1851: il successo di “Le Caïd” regala un’elezione trionfale ad Ambroise Thomas presso l’ “Académie des Beaux-Arts de l’Institut de France”, superando Berlioz che non ottiene voti.

All’età di cinquant’anni compiuti, “Mignon”, la sua opera del 1866, ottiene un granissimo successo, dopo un debutto modesto.
Da allora “Thomas”, con piccola fama, sale al “grado” di grande compositore.
1894: Mignon è già stata rappresentata oltre 1.000 volte solo all’ “Opéra-Comique” ed è un successo in tutti i teatri europei.

1868: “Hamlet”, dalla tragedia di Shakespeare, è la sua opera successiva, gli darà fama internazionale e lo stesso Thomas sarà il primo compositore che riceverà l’insegna di Commendatore della “Légion d’honneur” direttamente dalle mani di Napoleone III.

1856: Thomas è Professore di Composizione al Conservatorio di Parigi, succedendo ad Adolphe Adam, e sono suoi colleghi Massenet, Édouard Colonne, Théodore Dubois, Albert Bourgault-Ducoudray, Albert Lavignac e Francis Thomé.

1871: alla morte di Daniel Auber, Thomas riceve lo stesso incarico di Direttore del Conservatorio, per cui smette di comporre, salvo “Françoise de Rimini” (del 1882) con Louis Mérante, opera che non ottiene grande successo e salvo un balletto, “La Tempête” (del 1889), entrambi da Shakespeare, rappresentati all’ “Opéra de Paris”.

In tale periodo di Direzione, non accetta le influenze tedesche sulla Musica francese, assegna la Cattedra di Organo a César Franck (nel 1872) e combatte contro la nomina di Gabriel Fauré, che diventa Direttore del Conservatorio solo nel 1896, dopo la morte dello stesso Thomas.

Ad inizio carriera: Thomas compone alcuni pezzi di Musica Sacra, di Musica Strumentale e Sinfonica.

1887: presiede la Commissione creata dal Ministro della Guerra per scegliere la versione ufficiale de “La Marseillaise”; versione che viene adottata fino al 1974.

Opere liriche:

. La Double échelle, Opéra-Comique, 1837
. Le Perruquier de la Régence, 1838
. Gipsy, 1839
. Le comte de Carmagnola, libretto di Eugène Scribe 1842 all’Académie Royale de Musique di Parigi con Prosper Dérivis
. Angélique et Médor, 1843
. Le Caïd, 1849
. Le Songe d’une nuit d’été, 1850
. Raymond, 1851
. Psyché, 1857
. Le Roman d’Elvire, 1860
. Mignon, tragedia lirica in 3 atti e 5 quadri, libretto di Michel Carré e Jules Barbier, rappresentata al Opéra-Comique il 17 novembre 1866
. Hamlet, opera in 5 atti, libretto di Michel Carré e Jules Barbier, rappresentata all’Opéra de Paris il 9 marzo 1868
. Françoise de Rimini, Opéra de Paris, 1882
. La Tempête, balletto, 1889

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Ambroise Thomas, circa 1865:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ambroise_Thomas_2.jpg

File:Ambroise Thomas 2.jpg

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MIGNON, “IO SON TITANIA”:  https://youtu.be/t6GbL8w-62w

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MIGNON, “NON CONOSCI IL BEL SUOL”:

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HAMLET, “O VIN DISCACCIA LA TRISTEZZA”:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RENATA TEBALDI

  • Maggio 18, 2023 at 12:20 pm

Mia nota personale:

Ho conosciuto personalmente il soprano RENATA TEBALDI: era la PRESIDENTE del nostro “Club Amici della Lirica RENATA TEBLDI” di Soresina (Cremona).
A Soresina, c’è il Teatro “Sociale” dove, assistendo ad alcuni Concerti a cui ero invitata da parte del Club e da parte dell’amico Presentatore, ho sentito più di una volta, la Renata, invitata sul palco, complimentarsi con il Pubblico e, in particolare, definire il Teatro “UN GIOIELLINO”.
RENATA TEBALDI: a quel tenpo, era una donna molto bella di circa settant’anni, gentilissima e paziente.
Una Signora vera.

Claudio Del Monaco mi diceva: “La Tebaldi aveva una canna respiratoria forte”.

_________________________

Renata Tebaldi nasce a Pesaro, in via XX settembre, il 1º febbraio 1922 e muore a Città di San Marino il 19 dicembre 2004.

E’ un soprano italiano ed è ritenuta una delle cantanti liriche più amate di tutti i tempi, celebrata – in particolare – come interprete di Verdi e Puccini.

 

Infanzia, esordi e affermazione di Renata Tebaldi:

I genitori sono Teobaldo Tebaldi (Violoncellista) e Giuseppina Barbieri (originaria di Langhirano, in provincia di Parma).
Renata nasce due anni dopo il matrimonio (poi, rivelatosi infelice), per cui sua madre torna a Langhirano, dove la bambina trascorre l’infanzia.

All’età di tre anni viene colpita da poliomielite, ma guarisce completamente.

1935: Renata inizia gli studi pianistici con Guseppina Passani, che indovina le possibilità della sua voce e, nonostante l’età contemplata, viene ammessa in anticipo, al Conservatorio di Parma, nella classe del Maestro Ettore Campogalliani.

1940: a Pesaro viene ascoltata da Carmen Melis, celebre soprano, specializzata nel repertorio naturalista, che la porta come allieva nel Conservatorio di là, il “Liceo Musicale Gioachino Rossini”.

1943: al Teatro “Raffaello Sanzio” di Urbino, canta in concerto diretta dal Maestro Riccardo Zandonai.
Novi Mengaroni, responsabile della sartoria del teatro “Alla Scala” di Milano, si interessa per un’audizione, purtroppo, senza esito.

1944: a Rovigo, esordisce come Elena, in “Mefistofele”.

1945: al Teatro “Ducale” di Parma, canta come Mimì ne “La bohème” di Giacomo Puccini, che replica al Teatro “Verdi”, dove interpreta Maddalena di “Andrea Chénier” di Umberto Giordano e Suzel de “L’Amico Fritz” di Pietro Mascagni; al Teatro “Verdi” di Trieste, è Desdemona in “Otello” di Verdi e, al Teatro “Regio” di Parma, è Elsa di “Lohengrin” di Wagner.

Il suo successo aumenta e, di lei, si interessa l’Agenzia “ALCI”, potente in questo campo; inoltre, si perfeziona con il Maestro Giuseppe Pais.

Aprile 1946: a Brescia, il tenore Giacinto Prandelli è suo partner ne “L’Amico Fritz” e le procura una audizione a “La Scala” con Arturo Toscanini che la giudica idonea per il “Concerto Inaugurale” in occasione della ricostruzione di tale Teatro (il cosiddetto “precoce esordio “toscaniniano” ad inizio carriera).
Concerto-evento importante di cui esiste una registrazione.
11 e 14 maggio 1946: Renata Tebaldi canta nella “Preghiera” dell’opera “Mosè” di Gioachino Rossini e nel “Te Deum” di Giuseppe Verdi.
A questo punto, nasce la leggenda che, Toscanini, durante le prove, la definisce “voce d’angelo”: non è così perché Toscanini – per mezzo di queste parole – dà l’attacco al soprano a cui spetta la cosiddetta parte dell’Angelo per “In te, Domine, speravi”.

1946: subito, diventa una delle voci più amate dal pubblico de “La Scala”, dove canterà in “Lohengrin”.
Le opere di Wagner, in lingua italiana, sono sostenute con esiti fantastici, nella prima parte della sua carriera: infatti, le sue interpretazioni del personaggio di Elsa in “Lohengrin”, diventano famosissime, oltre ad essere Elisabetta in “Tannhäuser”, e oltre alle riprese storiche di lavori di Händel (“Giulio Cesare”), Spontini (“Olimpia”, “Fernando Cortez”), Rossini (“L’assedio di Corinto”) e del primo Verdi (“Giovanna D’Arco”).
Presto interpreta il grande repertorio italiano: “Tosca”, “Desdemona”, “Violetta” (Teatro “La Fenice” di Venezia, 1947-48), “Maddalena” (Teatro “Regio” di Parma, 1949), “Aida” (Teatro “Comunale” di Firenze, 1951).

1947: a “La Scala”, canta ne “La bohème” di Puccini e come Eva ne “I Maestri cantori di Norimberga” di Wagner.
1947: debutta al Teatro “La Fenice” di Venezia (con “Otello” e “Tosca”), all’ “Opera” di Roma (“Otello”), al Teatro “Bellini” di Catania (“Andrea Chénier”).
A causa del maltempo, la “prima”-Inaugurazione della Stagione Lirica all’Arena di Verona slitta e “Faust” di Charles Gounod (Margherita), a fianco del giovane basso Nicola Rossi-Lemeni, verrà affrontata attraverso un altro spettacolo, per cui la Stagione Lirica inizia con “La Gioconda” con, protagonista, Maria Callas, un giovane e allora sconosciuto soprano greco (ma nato a New York).

Il Teatro “San Carlo” di Napoli è particolarmente legato alla sua carriera italiana e il suo pubblico la predilige sempre, nonostante a metà degli Anni Cinquanta, il Teatro “Alla Scala” sembri preferirle Maria Callas.
1948: quindi, esordisce al Teatro “San Carlo” di Napoli ne “La Traviata”; lì, la canta anche nel 1951, ottenendo un grande successo che la impegna successivamente per nove repliche fuori programma; repliche che registrano il “tutto esaurito” e spingono la Direzione del Teatro a renderle omaggio per mezzo di una Medaglia d’Oro.

Sempre, nel 1948, canta alle “Terme di Caracalla” in “Mefistofele”, e a “La Scala” in “Andrea Chénier” e in “Faust”.

1949: canta “Otello” di Verdi con Ramón Vinay e “Andrea Chénier” con Mario Del Monaco, sotto la Direzione di Victor De Sabata.
Canta al “São Carlos” di Lisbona in “Andrea Chénier” e “Don Giovanni” (Elvira).
Canta nella “Messa di Requiem” di Verdi (ancora, sotto la direzione di Toscanini).

Idem, 1949: debutta al “Maggio Musicale Fiorentino” in una famosa rappresentazione di “L’assedio di Corinto” (Pamira), di Rossini.
1950: sempre, qui, interpreta “Olimpia” nell’omonima opera di Gaspare Spontini.

1950: al Teatro “Alla Scala”, debutta in “Aida”.
Qui, canta in “Falstaff” (Alice), nel “Requiem” di Wolfgang Amadeus Mozart (diretto da Guido Cantelli), e la “Messa di Requiem” di Verdi, diretta da Toscanini.
Si esibisce alla “Royal Opera House” di Londra (“Messa di Requiem”) con i complessi del teatro scaligero).
Ritorna al “São Carlos” (“Faust”, “La traviata”, “Stabat Mater” di Rossini, “Falstaff”).
Passa negli Stati Uniti, alla “War Memorial Opera House” di San Francisco, a Los Angeles e a Fresno per “Aida”, “Le nozze di Figaro” (Contessa d’Almaviva) e “Otello” (con cui, il 26 dicembre, canta anche nel programma della Stagione Lirica de “La Scala”).
Inoltre, nei primi Anni Cinquanta, intraprende una tournée in Sudamerica.

1951: la Tebaldi canta “La traviata”, ma annulla tutte le recite a causa dell’esito infelice della “prima” del 3 febbraio che le regala < un’«immeritata umiliazione, quando si era illusa di aver conquistato il cuore del pubblico» (Lauri-Volpi, 1960, p. 73) >.
Al “San Carlo” si riscatta con il trionfo del marzo seguente nello stesso lavoro verdiano e in cui, in occasione del “50° Anniversario della Morte di Verdi”, interpreta anche il ruolo eroico di Giovanna d’Arco in una rara rappresentazione dell’opera omonima (che canterà, poi, al “Teatro dell’Arte” di Milano col tenore Carlo Bergonzi, agli esordi e col quale sono diventati amici di famiglia).

1952: canta “La traviata”, “Falstaff” e “Mefistofele”.

1953: interpreta “Tosca” e “La Wally”.

1954: “Otello” ed “Eugenio Onieghin”.

1955: è Leonora ne “La forza del destino.

1955-1959: per oltre 4 anni, la sua presenza a “La Scala” si interrompe.

1959: ritorna sul palcoscenico scaligero, dove riscuote quaranta minuti di applausi per la sua esecuzione di “Tosca”.

 

Il successo internazionale di Renata Tebaldi:

Nei principali teatri italiani (soprattutto al “San Carlo”, il cui pubblico la venera), la Tebaldi raccoglie successi e, nel 1955, partecipa ad una tournée in Brasile, a San Paolo e a Rio de Janeiro dove, il 14 settembre, partecipa al Concerto con Tebaldi e Callas e dove – sembra – inizia l’antagonismo tra le due grandi protagoniste; antagonismo che interessa la stampa per vari anni, spartendo i pubblici di tutto il Mondo in correnti contrarie, miscelando arte e chiacchiere.

E’ importante segnalare che < il rapporto con “La Scala” inizia a logorarsi > : a Renata Tebaldi, sono proposti titoli abituali, a differenza di Maria Callas, protagonista dell’ “Inaugurazione della Stagione Lirica 1952-53” con “I Vespri siciliani” di Verdi, per cui, il 7 dicembre, la Tebaldi inaugura la Scala con “Wally” di Alfredo Catalani, però, tre giorni dopo, viene rappresentata “Medea” di Luigi Cherubini, che valorizza la Callas, ponendola all’attenzione di tutti e le permette di collaborare con tale teatro, supportata e voluta dall’ambiente-istituzione milanese.
In maggio, laTebaldi debutta come Tatiana in “Eugenio Onegin”, con Giuseppe Di Stefano, in un’edizione in lingua italiana delle «scene liriche» di Pëtr Il′ič Čajkovskij.
A questo punto, dopo un’altra tournée in America Latina, è al “Metropolitan” di New York dove, il 31 gennaio 1955, debutta e trionfa con “Otello”, a fianco di Del Monaco e Leonard Warren, eccellente baritono statunitense, iniziando il rapporto che durerà fino al 1973, in totali diciassette Stagioni d’Opera, con un repertorio che include “Adriana Lecouvreur”, “Aida”, “Andrea Chénier”, “La bohème”, “Falstaff”, “La fanciulla del West”, “La forza del destino”, “La Gioconda”, “Madama Butterfly”, “Manon Lescaut”, “Il pipistrello”, “Simon Boccanegra”, “Tosca” e “La traviata”, oltre ai Concerti di Gala.

31 dicembre 1955: durante l’operetta “Die Fledermaus” di Johann Strauss, è presente come cantante-ospite nel “Festino del Principe Orlovsky”, cantando “Io son l’umile ancella” da “Adriana Lecouvreur” e altri due pezzi.

Infatti, il Teatro “Metropolitan” di New York diventa il suo punto maggiore lavorativo a seguito della temporanea rottura con il Teatro “Alla Scala”, dove presenzia con grande regolarità dal 1955 al 1973 con circa duecentosettanta rappresentazioni, tanto da venire titolata come “La Regina del Met” e che, nel periodo 1955-1965; punto lavorativo che la porta a cantare in quaranta rappresentazioni alla “Lyric Opera” di Chicago.

Inoltre:

. 1955: si esibisce in “Tosca” alla “Royal Opera House” di Londra.

. 1958: appare alla “Wiener Staatsoper” per “Tosca” e “Otello”.

. 1959: canta in “Aida”.

. 1960: è Maddalena in “Andrea Chénier”.

Nel teatro viennese, canta in diciotto rappresentazioni totali.
Canta nei principali teatri del Mondo: Parigi, Barcellona, Berlino, Messico, Brasile, Argentina, Giappone.

Pur lavorando lontanissima dall’Italia e dall’Europa, spesso, vi rientra e canta:

. 1956: “Guglielmo Tell”, al Teatro “San Carlo”, “La traviata” e “La forza del destino” al “Maggio Musicale Fiorentino”, “Tosca” e “Aida” al “Liceu” di Barcellona.

. 1958: debutta alla “Staatsoper” di Vienna con “Tosca” diretta da Herbert von Karajan, oltre al “San Carlo” dove è la protagonista in “Adriana Lecouvreur”.

1959: con “Tosca”, rientra a “La Scala”, da cui manca da “La forza del destino” del 1955 (nel gennaio del 1957, comunque, al Teatro “Manzoni” di Milano, tiene uno storico concerto accompagnata al pianoforte da Giorgio Favaretto).

La sua attività intensissima la vede anche in altri teatri degli U.S.A., tra cui la “Lyric Opera” di Chicago.

Il suo programma si arricchisce dei Concerti che si aggiungono alle opere, oltre a debuttare in Giappone.

1960: avviene la riconciliazione con il padre che non ha più visto fin dal 1941; padre che, in tale anno, inizia il legame con la sua nuova compagna.

30 dicembre 1962: al Teatro “San Carlo” di Napoli, dopo il primo quadro, abbandona la recita de “La Bohème” a causa della stanchezza dovuta alla carriera ininterrotta da più di quindici anni; stanchezza dovuta alla delusione per la fine della relazione con il Direttore d’Orchestra Arturo Basile (il suo vero Amore) e con il quale ha diviso numerosi lavori artistici; lo stress dovuto alla vita pubblica continuamente davanti all’attenzione del Mondo; la rivalità con la Callas, eternamente alimentata da giornali e riviste (che non tacciono episodi tristi e imbarazzanti).
A causa di tutto ciò, si prende un periodo di riposo, interrotto soltanto nel gennaio-febbraio del 1963 dalle recite di “Adriana Lecouvreur” che, finalmente, dopo continue richieste, fa rappresentare al “Metropolitan” (qui, l’opera era andata in scena nel 1907, una sola volta), persuadendo il Sovrintendente Rudolf Bing, che non ama l’opera di Francesco Cilea.

10 marzo 1964: a Filadelfia, riprende la carriera cantando, ne “La bohème”; carriera che si svolge unicamente negli Stati Uniti, sino al 1967.
Settembre 1966: RenataTebaldi canta “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli per l’apertura della Nuova Sala del “Metropolitan” al “Lincoln Center”.

Fine 1967: sceglie di cantare nell’opera di Ponchielli al Teatro “San Carlo”.

16 settembre 1968: “prima” di “Adriana Lecouvreur” per l’Apertura della Stagione al “Metropolitan” che viene ben accolta dalla critica di New York.
Con l’occasione, nel camerino del tenore Franco Corelli/Maurizio di Sassonia, avviene l’incontro-riconciliazione con la Callas dopo che quest’ultima aveva espresso il desiderio di assistere allo spettacolo e di incontrare Renata.

Nel 1968: a Montecarlo, la Tebaldi canta ne “La Wally” di Alfredo Catalani.

1970: per la prima volta, con successo al “Metropolitan”, è Minnie ne “La fanciulla del West” (già eseguita in disco nel 1958).

Gennaio 1973: per l’ultima volta canta al “Met”: “Otello”(è l’ultima opera cantata da lei).

Fino al 1976: in tutto il Mondo tiene ancora concerti (uniche sue presenze in Russia: a Mosca e a Leningrado nell’ottobre del 1975).
I Concerti sono spesso con Corelli, con il quale stringe un sodalizio artistico fin dagli anni Sessanta.

19 febbraio 1976: la sua carriera americana, la Tebaldi la chiude cantando in un Concerto alla “Carnegie Hall” di New York, Concerto che ricompensa e gratifica il pubblico dall’insuccesso del 16 gennaio, quando la stessa Tebaldi, non riesce a cantare.
Al termine della romanza, dopo che Renata intona la frase di Mimì, “Addio senza rancore”, il pubblico reagisce entusiasticamente commosso verso il carisma della grande cantante italiana.

23 maggio 1976: Renata Tebaldi si congeda dal pubblico italiano dopo un concerto trionfale di beneficenza, al Teatro “Alla Scala” di Milano, a sostegno dei terremotati del Friuli.
Qui, è già tornata l’anno precedente cantando in due Concerti, uno alla “Piccola Scala” e uno nella sala del “Piermarini”, dove viene salutata da manifestazioni di indescrivibile entusiasmo, per cui il critico del “Corriere della sera” Duilio Courir dichiarò ‘meritevoli di essere esaminate da uno psicologo’.

Riportato dalla cronaca:
< Dopo il ritiro dalle scene vive a Milano, nell’appartamento di piazzetta Guastalla, acquistato negli anni Cinquanta, sempre assistita da Ernestina Viganò, a tutti nota come Tina, sua ammiratrice fin dagli anni degli esordi che, poi, divenne la fidata governante.
Tebaldi rimase nubile, non insegnò mai canto né tenne masterclasses >.

28 febbraio 2002: al Teatro “Alla Scala” viene organizzata una serata per festeggiare il suo ottantesimo compleanno.

Mai dedicata al Cinema, nel 1947 partecipa alla colonna sonora di “Lohengrin” e, nel 1953, doppia Sophia Loren per il film-opera “Aida” (della “Scalera Film”); nel film “Casa Ricordi”, interpreta la morte di Mimì.

19 dicembre 2004: muore a San Marino all’età di 82 anni e viene sepolta a Mattaleto di Langhirano (Parma).

30 dicembre 2004: vine costituita la “Fondazione Renata Tebaldi”.

2014: nelle scuderie di “Villa Pallavicino”, a Busseto (Parma), viene inaugurato il “Museo Renata Tebaldi”.

 

Caratteristiche vocali e interpretative di Renata Tebaldi:

Comunque, così, era stato detto:

< Renata Tebaldi possedeva una voce dal timbro cristallino, opulenta, morbida, vellutata (è stata coniata l’espressione “velluto della Tebaldi”) e nel contempo penetrante, da autentico soprano lirico spinto.
Era in possesso altresì di una somma tecnica di emissione che le consentiva perfetta omogeneità fra i registri, fluidità di legato e spettacolari messe di voce, capaci di passare da aerei pianissimi ad aurei torrenti di suono.
Non particolarmente versata nel canto di agilità, il temperamento era portato più all’abbandono sentimentale che all’espressione tragica, raggiungendo però compiutezza interpretativa grazie alla nobiltà del fraseggio e alla sensibilità musicale e stilistica.

< Possedeva anche singolare bellezza di lineamenti e figura scenica imponente.
L’ho vista personalmente: era davvero bella ed era la Presidente del nostro “Club Amici della Musica “Renta Tebaldi” di Soresina.

Soprattutto nel repertorio del secondo Verdi (Aida, La forza del destino, Otello) e in Puccini (in particolare La bohème, Tosca e Madama Butterfly), ma anche in titoli della “Giovane Scuola Italiana”, come Adriana Lecouvreur, La Wally, Andrea Chénier, espresse una linea di purezza vocale aliena dalla predominante platealità dei soprani veristi e improntata a un gusto classico.
Per quanto il canto di forza non le sia stato sempre congeniale (gli estremi acuti, nell’ultima parte della carriera, costituirono il suo tallone d’Achille), diede eccellente prova anche in ruoli drammatici, come le già citate Tosca, Aida e Leonora de La forza del destino, a cui vanno aggiunte Gioconda e Minnie.

< Interpretazioni solo discografiche furono i tre ruoli principali del Trittico, Cavalleria rusticana, Il trovatore, Turandot (Liù), Don Carlo e Un ballo in maschera, ultima incisione nel 1970.

Media:

< Renata Tebaldi è la prima cantante d’opera ad avere un’applicazione per iPad dedicata: immagini, incisioni ufficiali e inedite, video e rassegna stampa dell’epoca.
L’applicazione è stata pubblicata nel 2012.

Curiosità:

< E’ stata riconosciuta la Stella di Renata Tebaldi sulla “Hollywood Walk of Fame”

< Renata Tebaldi veniva affettuosamente chiamata negli USA “Miss Sold Out”, ovvero “Miss Tutto Esaurito”, grazie alla vastissima partecipazione del pubblico alle produzioni di cui era protagonista.

< Renata Tebaldi è una delle personalità italiane ad avere una stella nella celebre Hollywood Walk of Fame, la famosa strada di Hollywood dove sono incastonate oltre 2000 stelle a cinque punte che recano i nomi di celebrità onorate per il loro contributo allo star system e all’industria dello spettacolo.

< Renata Tebaldi è risultata tra i 150 italiani più votati nel progetto “150 Italiani” a cura della città di Fabriano, che prevedeva la votazione di personalità italiane meritevoli di essere ricordate in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia nel 2011.
È stato in merito pubblicato un piccolo quaderno con in copertina la sua foto.

< Renata Tebaldi fu definita “voce d’angelo” dal grande maestro Arturo Toscanini, in occasione del Concerto di Riapertura del Teatro “Alla Scala”, nel 1946.

 

Repertorio musicale:

Ruolo – Titolo – Autore:

. Elena, Mefistofele, Boito
. Margherita, Mefistofele, Boito
. Salammbô, Salammbô, Casavola
. Wally, La Wally, Catalani
. Tatiana, Eugenio Onegin, Čajkovskij
. Adriana Lecouvreur, Adriana Lecouvreur, Cilea
. Maddalena di Coigny Andrea Chénier Giordano
. Fedora, , Fedora, Giordano
. Margherita, Faust, Gounod
. Cleopatra, Giulio Cesare in Egitto, Händel
. Santuzza, Cavalleria rusticana, Mascagni
. Suzel, L’amico Fritz, Mascagni
. La Contessa d’Almaviva, Le nozze di Figaro, Mozart
. Donna Elvira, Don Giovanni, Mozart
. La Gioconda, La Gioconda, Ponchielli
. Manon Lescaut, Manon Lescaut, Puccini
. Mimì, La bohème, Puccini
. Floria Tosca, Tosca, Puccini
. Cio-Cio-San, Madama Butterfly , Puccini
. Minnie, La fanciulla del West, Puccini
. Giorgetta, Il tabarro, Puccini
. Suor Angelica, Suor Angelica, Puccini
. Lauretta, Gianni Schicchi, Puccini
. Liù, Turandot, Puccini
. Cecilia , Cecilia , Refice
. Pamira, L’assedio di Corinto, Rossini
. Matilde, Guglielmo Tell, Rossini
. Amazily, Fernando Cortez, Spontini
. Olimpia, Olimpia, Spontini
. Giovanna d’Arco, Giovanna d’Arco, Verdi
. Leonora, Il trovatore, Verdi
. Violetta Valery , La traviata, Verdi
. Amelia Grimaldi, Simon Boccanegra, Verdi
. Amelia, Un ballo in maschera, Verdi
. Elisabetta di Valois, Don Carlo, Verdi
. Leonora, La forza del destino, Verdi
. Aida, Aida, Verdi
. Desdemona, Otello, Verdi
. Mrs Alice Ford, Falstaff, Verdi
. Elisabetta, Tannhäuser, Wagner
. Elsa di Brabante, Lohengrin, Wagner
. Eva, I Maestri cantori di Norimberga, Wagner

 

Discografia:

Incisioni in studio:

– 1951
– La bohème: Mimì Giacinto Prandelli, Hilde Güden, Giovanni Inghilleri, Raffaele Arié Alberto Erede Decca
– Madama Butterfly: Cio-Cio-San Giuseppe Campora, Giovanni Inghilleri, Nell Rankin Alberto Erede Decca
– 1952
– Aida: Aida Mario Del Monaco, Ebe Stignani, Aldo Protti Alberto Erede Decca
– Tosca: Floria Tosca Giuseppe Campora, Enzo Mascherini Alberto Erede Decca
1953
– Andrea Chénier: Maddalena di Coigny José Soler, Ugo Savarese Arturo Basile Cetra
1954
– Manon Lescaut: Manon Lescaut Mario del Monaco, Mario Borriello Francesco Molinari-Pradelli Decca
– Otello: Desdemona Mario del Monaco, Aldo Protti Alberto Erede Decca
– La traviata: Violetta Valery Gianni Poggi, Aldo Protti Francesco Molinari-Pradelli Decca
1955
– Turandot: Liù Inge Borkh, Mario del Monaco, Nicola Zaccaria Alberto Erede Decca
– La forza del destino: Donna Leonora di Vargas Mario del Monaco, Ettore Bastianini, Cesare Siepi, Giulietta Simionato Francesco Molinari-Pradelli Decca
1956
– Il trovatore: Leonora Mario del Monaco, Ugo Savarese, Giulietta Simionato Alberto Erede Decca
1957
– Andrea Chénier: Maddalena di Coigny Mario del Monaco, Ettore Bastianini Gianandrea Gavazzeni Decca
– Cavalleria rusticana: Santuzza Jussi Björling, Ettore Bastianini Alberto Erede RCA/Decca
1958
– La fanciulla del West: Minnie Mario del Monaco, Cornell MacNeil Franco Capuana Decca
– Madama Butterfly: Cio-Cio-San Carlo Bergonzi, Enzo Sordello, Fiorenza Cossotto Tullio Serafin Decca
– Mefistofele: Margherita Cesare Siepi, Mario del Monaco Tullio Serafin Decca
1959
– Aida: Aida Carlo Bergonzi, Giulietta Simionato, Cornell MacNeil Herbert von Karajan Decca
– La bohème: Mimì Carlo Bergonzi, Ettore Bastianini, Gianna D’Angelo, Cesare Siepi Tullio Serafin Decca
– Tosca: Floria Tosca Mario del Monaco, George London Francesco Molinari-Pradelli Decca
– Turandot: Liù Birgit Nilsson, Jussi Björling, Giorgio Tozzi Erich Leinsdorf RCA
1961
– Adriana Lecouvreur: Adriana Lecouvreur Mario del Monaco, Giulietta Simionato, Giulio Fioravanti Franco Capuana Decca
– Otello: Desdemona Mario del Monaco, Aldo Protti Herbert von Karajan Decca
1962
– Il trittico: Giorgetta, Suor Angelica, Lauretta Fernando Corena, Robert Merrill, Mario del Monaco, Giulietta Simionato Lamberto Gardelli Decca
1965
– Don Carlo: Elisabetta di Valois Carlo Bergonzi, Nicolaj Ghiaurov, Dietrich Fischer-Dieskau, Grace Bumbry Georg Solti Decca
1967
– La Gioconda: La Gioconda Carlo Bergonzi, Robert Merrill, Marilyn Horne, Nikola Gjuzelev Lamberto Gardelli Decca
– 1968
– La Wally: Wally Mario del Monaco, Piero Cappuccilli Fausto Cleva Decca
1970
– Un ballo in maschera: Amelia Luciano Pavarotti, Sherrill Milnes, Regina Resnik Bruno Bartoletti Decca

Registrazioni dal vivo (selezione):

. Andrea Chenier, selez., 1949 (Del Monaco, Silveri, dir. De Sabata, La Scala) Cetra/Myto
. Messa di requiem, 1950 (Elmo, Prandelli, Siepi, dir. Toscanini, La Scala) IDIS
. Messa di requiem, 1951 (Prandelli, Rossi Lemeni, Rankin, dir. De Sabata, La Scala) Decca
. Fernando Cortez, o La conquista del Messico, 1951 (Penno, Protti, Tajo, dir. Santini, San Carlo di Napoli) Hardy Classic/IDIS
. La bohème, 1951 (Lauri-Volpi, Gobbi, dir. Santini, San Carlo di Napoli) IDIS/GOP
. Giovanna d’Arco, 1951 (Bergonzi, Panerai, dir. Simonetto, RAI Milano) Melodram/Opera D’Oro/IDIS
. La traviata, 1952 (Prandelli, Orlandini, dir. Giulini, RAI Milano) Opera D’Oro/IDIS
. Otello, 1952 (Vinay, Bechi, dir. Santini, San Carlo di Napoli) Bongiovanni
. La forza del destino, 1953 (Del Monaco, Protti, Siepi, Barbieri, Capecchi, dir. Mitropoulos, Maggio Musicale Fiorentino) Cetra/Foyer/Archipel
. La Wally, 1953 (Del Monaco, Guelfi, Scotto, dir. Giulini, la Scala) IDIS
. Aida, 1953 (Penno, Stignani, Savarese, Neri, dir. Serafin, Napoli) Edizione Lirica/Lyric Distribution
. Le nozze di Figaro (Contessa), 1954 (Tajo, Noni, Colombo, Simionato, dir. Perlea, San Carlo di Napoli) Hardy Classic
. La bohème, 1954 (Poggi, Ausensi, Rovero, Neri, dir. Rapalo, Barcellona) Premiere Opera
. Otello, 1954 (Del Monaco, Warren, dir. Votto, La Scala) Melodram
. Tosca, 1955 (Tagliavini, Gobbi, dir. Molinari Pradelli, Royal Hopera House di Londra) Bongiovanni
. Tosca, 1956 (Tucker, Warren, dir. Mitropoulos, Metropolitan) Myto/Cetra
. La traviata, 1957 (Campora, Warren, dir. Cleva, Metropolitan) Melodram
. Adriana Lecouvreur, 1958 (Filacuridi, Pirazzini, Capecchi, dir. Molinari Pradelli, San Carlo di Napoli) Lyric Distribution
. Manon Lescaut, 1959 (Tucker, Guarrera, Corena, dir. Cleva, Metropolitan) Lyric Distribution
. Tosca, 1959 (Corelli, Colzani, dir. Parenti, Livorno) Urania
. Andrea Chenier, 1960 (Corelli, Bastianini, dir. von Matacic, Staatsoper di Vienna) Cetra/Melodram/Opera D’Oro
. La Wally, 1960 (Prandelli, Dondi, Majonica, Gardino, dir. Basile, RAI-Roma) Opera D’Oro
. La fanciulla del west, 1961 (Barioni, Guelfi, dir. Basile, RAI Roma) Opera d’Oro
. Fedora, 1961 (Di Stefano, Sereni, dir. Basile, Napoli) Arkadia/Opera D’Oro
. Adriana Lecouvreur, 1963 (Corelli, Cvejic, Colzani, dir. Varviso, Metropolitan) GOP/Opera Lovers
. La Gioconda, 1966 (Corelli, MacNeil, Cvejic, Siepi, dir. Cleva, Metropolitan) Opera Lovers
. La Gioconda, 1968 (Bergonzi, MacNeil, Cossotto, Giaiotti, dir. Cleva, Metropolitan) GOP

Video:

. La forza del destino, 1958 (Corelli, Bastianini, Christoff, Domínguez, Capecchi, dir. Molinari Pradelli, Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo di Napoli) Hardy Classics DVD HCD4002
. Tosca, 1961 (Tobin, London, dir. Patanè, Orchestra e Coro della Staatsoper di Stoccarda) VAI DVD 4217
. Tosca, 1961 (Poggi, Guelfi, dir. Basile, Orchestra e Coro NHK di Tokyo) VAI-V 4416
. Andrea Chénier, 1961 (Del Monaco, Protti, dir. Capuana, Orchestra e Coro NHK di Tokyo) VAI-V 4419
. Otello, 1962 (Beirer, Dooley, dir. Patanè, Coro ed Orchestra Deutsche Oper Berlin) Legato Classics/ARTHAUS

 

Brani singoli:

Aida: Ritorna vincitor, Il trovatore: Tacea la notte placida, Faust: Air des bijoux (in ital.), Madama Butterfly: Un bel dì vedremo, Manon Lescaut: In quelle trine morbide, Tosca: Vissi d’arte – Decca 1949
La traviata: Addio del passato, Aida: O cieli azzurri, Otello: Canzone del salice, Le nozze di Figaro: Deh vieni non tardar, La bohéme: Mi chiamano Mimì – Donde lieta uscì, La Wally: Ebben, n’andrò lontana, Mefistofele: L’altra notte in fondo al mare – Cetra 1950
Le nozze di Figaro: Porgi amor – Dove sono i bei momenti, Adriana Lecouvreur: Io son l’umile ancella – Poveri fiori, La Wally: Nè mai dunque avrò pace, Lodoletta: Flammen perdonami, Guglielmo Tell: Selva opaca, Cecilia: L’annunzio – La morte di Cecilia – Decca 1955
Don Carlo: Tu che le vanità, Un ballo in maschera: Ecco l’orrido campo – Morrò, ma prima in grazia, Giovanna D’Arco: Oh ben s’addice, Turandot: In questa reggia, La Gioconda: Suicidio, La Rondine: Sogno di Doretta, Cavalleria rusticana: Voi lo sapete o mamma, L’Arlesiana: Esser madre è un inferno – Decca 1964
Norma: Sediziose voci – Casta diva – Ah bello a me ritorna, I Puritani: Qui la voce sua soave – Vien diletto, La sonnambula: Oh se una volta sola – Ah non credea mirati, Nabucco: Ben io t’invenni – Anch’io dischiuso un giorno – Salgo già del trono aurato, Don Carlo: Oh don fatale – Decca 1968
Tannhäuser: Salve d’amor – O vergine santa, Tristano e Isotta: Dolce e calmo, Carmen:Habanera – Quadri, picche!, Sansone e Dalila: Amor i miei fini proteggi, S’apre per te il mio cuor, Manon: Addio o nostro picciol desco – La tua non è la mano che mi tocca? – Decca 1969
Manon Lescaut: Tu, tu, amore tu, Aida: Già i sacerdoti adunansi, Adriana Lecouvreur: Ma dunque, è vero?, La Gioconda: Ma chi vien?, Francesca da Rimini: Inghirlandata di violette. Duetti con Franco Corelli – Decca 1972

 

Varie:

. Concerto di riapertura del Teatro “Alla Scala”, 1946 (dir. Toscanini, Coro e Orchestra del Teatro “Alla Scala” di Milano) NAXOS 8110821/2
. Concert at “Lewinsohn Stadium”, 1966, VAI 1148
. Renata Tebaldi – “The Farewell Tour” – Moscow, 1975, VAI 1164
. Renata Tebaldi – “The New York Farewell Recital”, 1976, VAI 1116

 

Onorificenze:

Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana – nastrino per uniforme ordinaria Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
— 27 dicembre 1968
Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
— Roma, 1º ottobre 1992
La Grande Plaque de Vermeil de la Ville de Paris – nastrino per uniforme ordinaria La Grande Plaque de Vermeil de la Ville de Paris
— Parigi, giugno 1986
La Cravate de Commandeurs des Arts et Lettres – nastrino per uniforme ordinaria La Cravate de Commandeurs des Arts et Lettres
— Parigi, febbraio 1987

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

RENATA TEBALDI:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Renata_Tebaldi.jpg

File:Renata Tebaldi.jpg

.

Dall’opera “La forza del destino” di Verdi, ascoltiamo “La Vergine degli Angeli” cantata da Renata Tebaldi:

Firenze, anno 1956; direzione di Gabriele Santini.

.

Dall’opera “Gianni Schicchi” di Puccini, Renata Tebaldi canta “O mio babbino caro”:

 

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TEBALDI RENATA, di Giancarlo Landini – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 95 (2019)

Accanto alla carriera teatrale, Tebaldi svolse un’intensissima attività discografica.
Dopo le prime incisioni a 78 giri, realizzate per Fonit-Cetra, dagli anni Cinquanta firmò un contratto in esclusiva con Decca, che mantenne fino alla fine.
Oltre ai numerosi recital, registrò una collana di opere complete, molte di esse con Mario Del Monaco (Aida, La forza del destino, Il trovatore, La Wally, Adriana Lecouvreur, Andrea Chénier, La fanciulla del West, Manon Lescaut, Tosca, il Trittico pucciniano, e due registrazioni di Otello, di cui la seconda diretta da von Karajan), formando con il tenore una coppia artistica antagonista rispetto a quella formata da Callas e Di Stefano, che registrava in esclusiva per Columbia; nondimeno, alla fine degli anni Cinquanta, Tebaldi e Di Stefano registrarono una selezione dal Mefistofele, direttore Tullio Serafin, immessa sul mercato solo molti anni dopo.
Il mezzo discografico potenziò la fama planetaria del soprano, che peraltro registrò opere da lei mai affrontate in teatro, il citato Trovatore, Don Carlos (direttore George Solti, con Nicolai Ghiaurov, Carlo Bergonzi e i complessi del Covent Garden) e Un ballo in maschera (direttore Bruno Bartoletti, con Luciano Pavarotti).
Accanto alle incisioni ufficiali, è oggi presente sul mercato un ingente numero di registrazioni dal vivo, documenti importanti per ricostruire e valutare la parabola artistica della cantante.

Splendida voce di soprano lirico, tra le più belle che si siano mai ascoltate, dal timbro spiccatamente muliebre e intenso, capace di sfumature angeliche, che gli straordinari armonici rendevano potente e penetrante senza che mai perdesse in dolcezza e morbidezza, con suoni trasparenti e ‘soffiati’che a detta di Eugenio Gara ricordavano la purezza dei vetri di Murano.
Tanta claritate ospitava una vibrante passione e un canto pieno di autentico, umanissimo trasporto. Incarnò così il tipo della voce per antonomasia italiana, baciata dalla natura, anche se di fatto sostenne le proprie doti originarie con una tecnica agguerrita, un canto d’alta scuola (sebbene non vada sottaciuto qualche problema nel registro acuto, non particolarmente esteso).
Nei primi anni della carriera seppe affrontare con notevoli risultati anche partiture del primo Ottocento dalla vocalità decisamente belcantistica, che per scelta non volle approfondire, declinando il suggerimento di Serafin di cimentarsi con Norma, alla quale pure la riteneva adatta lo stesso Giacomo Lauri-Volpi.
Pur avendo ottenuto risultati egregi nelle Nozze di Figaro, nella Traviata, in Lohengrin (fu tra gli ultimi artisti che contribuirono al filone del Wagner cantato in italiano), trovò il terreno d’elezione nella produzione della maturità verdiana (La forza del destino, Otello, Falstaff, Aida) e della Scapigliatura (La Gioconda), nonché nella Giovane Scuola (La bohème, Tosca, Madama Butterfly, La fanciulla del West, Andrea Chénier, Adriana Lecouvreur): e qui seppe aggiornare lo stile verista di voci storiche come Maria Caniglia al rinnovamento del gusto, che esigeva un canto più sorvegliato.

La rivalità con Callas e il continuo confronto tra le due prime donne, sostenuto da critici illustri, troppo insistenti nel definire il canto di Tebaldi angelico e apollineo e quello di Callas demoniaco e dionisiaco, ha in parte pregiudicato l’esatta valutazione dei meriti specifici della cantante pesarese sotto il profilo vocale e interpretativo: si è esagerato nel sottolineare i presunti limiti dell’attrice, né è stata evidenziata a sufficienza l’espressività che sapeva conferire al canto, creando personaggi vivi e palpitanti.

Più calzante è il dittico che alle due dive, mascherate sotto gli pseudonimi di Giulia Pascucci (Tebaldi) e Sdenka Di Carlo (Callas), ha dedicato Rodolfo Celletti nel romanzo Tu che le vanità (Milano 1981).
Tra tanti passi illuminanti, spicca il parallelo tra le due cantanti in rapporto a Verdi: se i meriti della cantante balcanica rifulgevano in Nabucco e Macbeth, ruoli che recano netta l’impronta del cosiddetto soprano drammatico d’agilità di primo Ottocento (p. 189), per tacere della Traviata («Sdenka, oltre a prevalere nei virtuosismi del primo atto, era splendidamente salottiera.
Voglio dire lievissima e civetta», p. 190), nelle opere del Verdi «contadino», in primis in Aida o nella Forza del destino, svettava l’italiana.
La Leonora di Giulia, «anche scenicamente, era davvero l’aristocratica che per il rimorso si vota a Dio. Tutte le antiche pietose nenie e tetre ballate di baronesse, contesse, marchese, principesse entrate in convento per una pena d’amore o per scontare il peccato, s’insinuavano nel suo canto con il tremito della commozione popolare. Ma con l’accento della gran dama» (p. 191).
In altre parole, «prevaleva l’angelo italiano» (p. 192), libero da pose intellettuali. Tebaldi, insomma, non poteva essere «divina» alla maniera della Callas o di Greta Garbo (p. 193), ma ci fu sempre in lei, anche negli anni del declino, una gioia sorgiva nel cantare che nessun confronto ha mai potuto appannare.

 

 

 

FRANCESCO TAMAGNO

  • Maggio 17, 2023 at 10:21 pm

Francesco Innocenzo Tamagno nasce a Torino il 28 dicembre 1850 e muore a Varese il 31 agosto 1905.

E’ un tenore lirico italiano.

Francesco Tamagno nasce nel quartiere torinese di Borgo Dora da una famiglia umile composta da quindici fra fratelli e sorelle (purtroppo, dieci dei quali morti in giovanissima età per colera o per tubercolosi).
Carlo, il padre, è l’oste di una trattoria senza pretese di Porta Palazzo (“La Trattoria dei Pesci Vivi”).
Sua madre è Margherita Protto e muore quando Francesco è ancora ragazzino.
Fin da piccolo, Francesco lavora nella trattoria, come cameriere.

Pur non coltivando il Bel Canto, suo padre ne è appassionato, tanto che trasmette tale passione ai figli.
Il padre giudica Francesco dotato per la Musica, e lo manda a lezione presso un Maestro di Torino.
Settimanalmente, Francesco effettua i suoi esercizi corali coi suoi compagni, sotto le arcate del Ponte Mosca della Dora, in un luogo abbastanza lontano dalle abitazioni.

Tamagno con la figlia Margherita:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Francesco_e_Margherita_Tamagno.jpg

File:Francesco e Margherita Tamagno.jpg

 

Capita che il Teatro “Regio” di Torino necessiti urgentemente di un tenore, per “Poliuto” di Donizetti, dal momento che uno dei comprimari si è ammalato improvvisamente.
Il Maestro, suo insegnante di canto, è informato e pensa a lui, per cui lo segnala.

1871: perciò, Tamagno esordisce a Torino, come comprimario nel “Poliuto”, nella parte di Nearco, per cui, nel 1875, ottiene il suo primo notevole successo a Palermo, in “Un ballo in maschera” di Verdi.

1874: viene scritturato a “La Fenice” di Venezia, nel ruolo di “Pery” ne “Il Guarany” di Gomes e al “San Carlo” di Napoli.

1878: debutta a “La Scala” di Milano, ne “L’Africana” di Meyerbeer.

1894: è al Teatro “Metropolitan” di New York, come “Arnoldo” in “Guglielmo Tell” di Rossini.

2 settembre 1879: da una relazione clandestina con una nobildonna già sposata, nasce Margherita, la sua unica e amatissima figlia.
Tamagno, non rivela mai il nome di questa donna e non allontana da sé la bambina (“scomoda” per la sua carriera): preferisce essere un “ragazzo padre”, portandola sempre con sé e badandole con amore.
A quel tempo, la sua situazione di famiglia è molto insolita per l’epoca.

Alla “prima” assoluta di “Otello” di Giuseppe Verdi, il 5 febbraio 1887, a “La Scala di Milano, è il protagonista e, tale ruolo diventerà il suo cavallo di battaglia.

E’ il primo “Gabriele Adorno”, nella seconda versione di “Simon Boccanegra” di Verdi (Teatro “Alla Scala”, 24 marzo 1881).
E’ il primo che ricopre il ruolo di “Azaele” ne “Il Figliuol prodigo” e quello di “Didier” in “Marion Delorme”: entrambe opere composte da Amilcare Ponchielli.

Nel suo repertorio, comprende anche titoli della prima metà dell’Ottocento, tra cui “Gli Ugonotti” e “Il profeta” di Meyerbeer, oltre a “Guglielmo Tell” di Rossini.

Tamagno viaggia molto e si esibisce anche nella Americhe: Città del Messico, Montevideo, Chicago, Buenos Aires, al “Metropolitan Opera” di New York (1894), dove riscuote un enorme successo.

L’ultima esibizione pubblica l’artista la tiene il 27 marzo 1905, al “Circolo degli Artisti” di Torino.

In seguito, gli succede un attacco letale di angina pectoris, per cui la sua salute cala in modo tale da costringerlo a sospendere la sua attività a tempo indeterminato.

Sera del 30 agosto 1905: Tamagno è in visita ad un amico di Varese e viene colto da un’emorragia cerebrale che gli provoca lo stato comatoso.
Viene trasportato nella sua importante dimora cittadina, “Villa Margherita” (così chiamata in onore della figlia), dove i medici cercano di salvargli la vita.
Nella notte, sopraggiunge il secondo attacco, per cui l’artista decede alle ore 7:30 seguenti.

Per sua volontà precedente, viene imbalsamato e i funerali si tengono il 5 settembre a Torino, sua città di nascita.
Arrigo Boito, amico di Tamagno, è tra coloro che portano a spalle la bara per la tumulazione.

È sepolto nel mausoleo bianco alto trentasette metri, eretto per volontà della figlia Margherita, sempre stata molto affezionata al padre.
Il mausoleo si trova all’interno del Cimitero Monumentale di Torino, nella parte antica (quinta ampliazione).
1990: tale sepolcro lussuoso viene acquistato dal Comune di Torino, per cui viene restaurato nel 1999.

Dopo la sua morte, la sua dimora varesina, ribattezzata “Villa Tamagno”, entra a far parte del patrimonio edilizio dell’ “Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi”.

Giudizio critico:

E’ il più grande tenore verdiano e uno dei massimi artisti lirici della fine del 1800. grazie alla sua voce prodigiosa per potenza, per squillo, per estensione, grazie al suo vocalizzo vigoroso, secondo la critica.

La sua è la tecnica ancora legata alla tradizione italiana con grande importanza per la comprensibilità fedele: vocali ben differenziate con una chiara comprensione dei significati del libretto, consolidandone così l’interpretazione drammatica.

Tamagno raggiunge grande fama e benessere economico ma, ricordando le sue origini modeste, tiene un tenore di vita moderato e parsimonioso, venendo accusato di avarizia: ad esempio, < durante i suoi frequenti viaggi, soggiornava solamente in hotel di livello medio-basso, viaggiando in treno sempre in seconda classe, inoltre lavava da sé tutti i suoi vestiti e si portava da casa le candele, per evitare di pagarle a un prezzo più alto >.

Riconoscimenti:

La “Società Culturale Artisti Lirici Torinese Francesco Tamagno” di Torino è intitolata a suo nome; impresa lirica presieduta dal soprano Angelica Frassetto e, idem, a Tmagno, è intitolata l’Associazione “Amici della lirica Francesco Tamagno” di Varese.

Costumi e oggetti di scena di Tamagno sono custoditi nel Teatro “Regio” di Torino: alcuni gioielli preziosi, usati in scena da Tamagno, sono esposti nella hall del Piccolo Regio “G. Puccini”.

Una via, nel quartiere Barriera, è stata intitolata a Francesco Tamagno dal Comune di Torino.

Ruoli creati per Francesco Tamagno:

“Fabiano Fabiani”, in Maria Tudor di Gomes (27 marzo 1879, Milano)

“Azaele”, ne Il figliuol prodigo di Ponchielli (26 dicembre 1880, Milano)

“Didier”, in Marion Delorme di Ponchielli (17 marzo 1885, Milano)

“Otello”, nell’omonima opera di Verdi (5 febbraio 1887, Milano)

“Giuliano de’ Medici”, ne I Medici di Leoncavallo (9 novembre 1893, Milano)

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

Francesco Tamagno nel ruolo di Otello, 1896:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Francesco_Tamagno_dans_le_r%C3%B4le_d%27Otello_-_Foto_di_Ganzini.jpg

File:Francesco Tamagno dans le rôle d'Otello - Foto di Ganzini.jpg

 

Un “OTELLO” per antonomasia è il tenore Mario Del Monaco del quale lascio un’interpretazione in duetto col baritono Tito Gobbi di “Ora e per sempre addio, sante memorie”, edizione diretta da Gabriele Santini: https://youtu.be/aWJxSEWfJik

Quando l’opera “Otello” di Verdi è stata rappresentata, il musicista aveva 74 anni: si noti com’era riuscito a scrivere la musica potente!

 

 

 

 

ELENA SULIOTIS

  • Maggio 17, 2023 at 9:55 pm

Elena Souliotis nasce ad Atene il 28 maggio 1943 e muore a Firenze il 4 dicembre 2004.

E’ un soprano greco.

Ha origini greche e russe e, all’età di cinque anni, si trasferisce a Buenos Aires assieme alla famiglia, dove inizia lo studio del Canto privatamente con Alfredo Bontà, Jascha Galperin e Bianca Lietti.

1962: va a Milano dove studia con Mercedes Llopart.

1964: debutta al Teatro “San Carlo” di Napoli come Santuzza in “Cavalleria Rusticana”.

Ottobre 1965: come Elena, in “Mefistofele”, canta all’ “Opera” di Chicago, cominciando a presenziare nel repertorio di Soprano drammatico, nei maggiori teatri internazionali .

3 novembre 1968: esordisce in “Nabucco”, al “Drury Lane” di Londra.

1969: in “Macbeth”, debutta alla “Royal Opera House”.

1970: il suo debutto è programmato al Teatro “Metropolitan Opera” di New York, ma non può a causa di uno sciopero protrattosi per diversi mesi.

Possiede notevoli qualità vocali ma, già a partire dai primi Anni Settanta, la sua voce mostra segni di declino, per cui si ritira nel 1976, dopo un Concerto alla “Carnegie Hall”.

1979: ritorna a cantare in ruoli di comprimario incentrati sulla tessitura mezzosopranile e si ritira definitivamente nel 2000.

Muore all’età di 61 anni a causa di un attacco cardiaco

 

Repertorio:

Repertorio operistico:

. Alaide, La straniera, Bellini
. Norma, Norma, Bellini
. Elena, Mefistofele, Boito
. Contessa, La dama di picche, Čajkovskij
. Loreley, Loreley, Catalani
. Anna Bolena, Anna Bolena, Donizetti
. Santuzza, Cavalleria rusticana, Mascagni
. Mamma Lucia, Cavalleria rusticana, Mascagni
. Margherita, Guglielmo Ratcliff, Mascagni
. Donna Elvira, Don Giovanni, Mozart
. Susanna, Chovanščina, Musorgskij
. Gioconda, La Gioconda, Ponchielli
. Babulenka, Il giocatore, Prokof’ev
. Fata Morgana, L’amore delle tre melarance, Prokof’ev
. Manon Lescaut, Manon Lescaut, Puccini
. Floria Tosca, Tosca, Puccini
. Minnie, La fanciulla del West, Puccini
. La zia principessa, Suor Angelica, Puccini
. Abigaille, Nabucco, Verdi
. Lady Macbeth, Macbeth, Verdi
. Luisa Miller, Luisa Miller, Verdi
. Leonora, Il trovatore, Verdi
. Amelia, Un ballo in maschera, Verdi
. Leonora di Vargas, La forza del destino, Verdi
. Aida, Aida, Verdi
. Desdemona, Otello, Verdi
. Francesca, Francesca da Rimini, Zandonai

Discografia:

. 1965 Nabucco
Abigaille Tito Gobbi, Carlo Cava, Bruno Prevedi Lamberto Gardelli Decca

. 1966 Cavalleria rusticana
Santuzza Mario Del Monaco, Tito Gobbi, Anna Di Stasio Silvio Varviso Decca

. 1967 Norma
Norma Mario Del Monaco, Fiorenza Cossotto, Carlo Cava Silvio Varviso Decca

. 1970 Anna Bolena
Anna Bolena Nicolai Ghiaurov, John Alexander, Marilyn Horne Silvio Varviso Decca

. 1970 Macbeth
Lady Macbeth Dietrich Fischer-Dieskau, Nicolai Ghiaurov, Luciano Pavarotti Lamberto Gardelli Decca

. 1991 Suor Angelica
La zia principessa Mirella Freni, Ewa Podleś, Barbara Frittoli Bruno Bartoletti Decca

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

ELENA SULIOTIS:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Elena_Souliotis_Allan_Warren.jpg

File:Elena Souliotis Allan Warren.jpg

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Nabucco, SALGO GIA’ DEL TRONO AURATO:

 

 

 

 

 

 

 

IGOR STRAVINSKIJ

  • Maggio 17, 2023 at 2:26 pm

Igor’ Fëdorovič Stravinskij nasce il 17 giugno 1882, a Lomonosov/San Pietroburgo, nella Baia del fiume Neva, nel Golfo di Finlandia, e muore il … a … .

E’ un Compositore e Direttore d’Orchestra russo che, nel 1934, viene naturalizzato francese.
1945: diventa statunitense e il suo nome è anglicizzato e francesizzato in Igor Stravinsky.
Neoclassicista prima e, poi, seriale/dodecafonico, diventa celebre grazie ai tre balletti creati nel suo primo periodo con i Balletti russi: “L’uccello di fuoco”, “Petruška” e “La sagra della primavera”.

In famiglia, ha rapporti difficili e la sua infanzia subisce l’incisività del padre autoritario (e, anche, celebre basso del Teatro “Mariinskij”) che – come reazione conseguenziale – provoca iperattività psicologica e fisica, oltre a non far pensare che diventi l’artista cosmopolita che conosciamo e a cui restano impressi i ricordi felici di Ustyluh e i canti delle donne dei villaggi.

All’età di nove anni, Stravinskij si dedica alla Musica iniziando lo studio del Pianoforte sortendo progressi veloci, riuscendo ad improvvisare e a leggere spartiti d’opera.
Inizia gli studi di Giurisprudenza senza convinzione, ma laureandosi nel 1905, e continua autodidattiamente gli studi di Armonia-Contrappunto-Pianoforte con Madame Khachperova, ex alunna di Anton Rubinstein.

Frequentando l’Università, conosce Vladimir (il figlio di Nikolaj Rimskij-Korsakov) che, da buon amico, gli presenta il padre, nel 1902; musicista che gli sconsiglia di iscriversi al Conservatorio, ma che, poi, gli impartisce lezioni private, accettandolo come allievo e con il quale si instaurerà un affetto reciproco durato fino al decesso di Rimskij-Korsakov.
Come Compositore, Stravinskij si valuta sempre autodidatta e non considera tale il suo Maestro.

Fin dall’infanzia, frequenta sua cugina Katerina Nossenko, che sposa il 24 gennaio 1906 vicino a San Pietroburgo, nel villaggio di Novaja Derevnja con la presenza dei due soli testimoni, Andrej e Vladimir Rimsky-Korsakov, figli di Nicolaj.
Arrivano in viaggio di nozze a Imatra (Finlandia), famosa per le cascate, dove Stravinskij progetta la creazione di una suite di canzoni.
Hanno quattro figli, Fëdor-Theodore), Ludmila, Svjatoslav-Soulima e Marija Milena-Mika).
Artisticamente, Theodore diventerà un pittore, Soulima diventerà un musicista e accompagnerà spesso il padre nei suoi concerti.

Stravinskij è veramente addolorato per la morte di Rimskij-Korsakov, per cui compone il “Canto funebre per coro e orchestra”.

1908: due composizioni sinfoniche (“Feu d’artifice” e “Scherzo fantastique”), richiamano l’attenzione di Sergej Djagilev che le ascolterà ai “Concerti Ziloti” di San Pietroburgo, il 6 febbraio 1909.

1909: Su richiesta di Djagilev, compone un balletto originale, “L’uccello di fuoco”, tratto da una fiaba russa, e che termina l’anno seguente.

Giugno 1910: lascia la Russia alla volta di Parigi per la prima rappresentazione dei “Balletti Russi realizzati per Diaghilev” che produce grande successo ponendo Stravinskij all’attenzione del mondo musicale dell’Europa e che diventa immediatamente celebre.
Questa combinazione gli permette di conoscere Claude Debussy, importante compositore francese, suo grande amico fino al decesso avvenuto nel 1918.

Stravinskij e famiglia si trasferiscono in Svizzera e, nel 1911, con “Petruška”, i suoi tratti musicali lo rappresentano nitidamente anche se spiccherà all’attenzione mondiale con “La Sagra della primavera” la cui “prima” del 29 maggio 1913 (con la coreografia di Vaclav Nižinskij) resterà famosa come “La battaglia del Sacre”, ottenendo un successo ecezionale e strepitoso.

1914: si svolge l’ultimo viaggio in Russia di Stravinskij per cui, a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione d’ottobre (1917), è obbligato a stabilirsi in Svizzera, a lasciare tutti i suoi beni in Russia, ritrovandosi in stato indigente e aiutato da amici, oltre alle commissioni di lavori retribuiti magnanimamente.

Dopo la creazione de “La Sagra della primavera”, Stravinskij crea lavori adatti ad un numero ristretto di esecutori perché guerra e pochissime disponibilità economiche hanno interrotto l’attività dei Balletti russi, praticamente.
Allora, con due amici , lo scrittore Charles-Ferdinand Ramuz e il Direttore d’Orchestra Ernest Ansermet, concretizza uno spettacolo ambulante, un piccolo teatro da spostare di paese in paese (tipo quello dell’opera “I Pagliacci” di Leoncavallo), originando l’opera da camera, “L’Histoire du soldat”, nel 1918.
Però, questo progetto di presentare gli spettacoli girando attraverso la Svizzera viene interrotto di colpo dall’epidemia di influenza “spagnola” che colpisce Stravinskij e parecchi dei suoi amici e collaboratori.
Durante un viaggio a Parigi, dopo la guarigione, il musicista ricontatta Djagilev che si dà da fare per farlo di nuovo collaborare con i “Balletti Russi”.

Dotato di desiderio illimitato di imparare e conoscere Arte e Letteratura, è sempre disposto a collaborare con artisti e musicisti, specialmente, a Parigi, fra cui “Pulcinella” (il balletto proposto da Diaghilev su musiche di Pergolesi), e per il quale Stravinskij collabora con Pablo Picasso per l’organizzzazione di scene costumi.
1920: “Pulcinella” viene rappresentato e segna la nascita del suo periodo “neoclassico”.

Stravinskij – dopo la “prima” di “Pulcinella” – si stabilisce in Francia e soggiorna a Carantec, in Bretagna.
A questo punto, vengono modificate vita e attività, per cui nasce un periodo molto ampio circa conoscenze, viaggi, interessi, rendendolo anche interprete di proprie composizioni in parecchi concerti.

Non è proprio bello, ha statura fisica alta ed è espressivo, per cui – da “uomo di mondo” con moltissime conoscenze, è “chiacchierato” nella buona società circa “avventure” (fra cui la Chanel).

Legatissimo alla famiglia, rimane vedovo nel 1939 e sposa Vera de Bosset, a New York, nel 1940, con la quale ha già una relazione.

Settembre 1920: Stravinskij e famiglia si trasferiscono a Garches (Parigi), ospiti della lussuosa dimora di Coco Chanel, la quale permette loro di restarci fino ad avere un alloggio positivo dove termina le Sinfonie di strumenti a fiato, scritte in memoria di Debussy.

Estate 1921: per varie settimane è a Londra per la rappresentazione de “La Sagra della primavera” e progetta con Djagilev un lavoro tratto da una novella di Puškin: l’opera buffa “Mavra” (è ultima composizione di esempio russo del musicista).

Fine estate 1921: Stravinskij si trasferisce ad Anglet (Biarritz); lavora a “Mavra”; compie vari viaggi a Parigi (alla Casa Musicale “Pleyel”) e a Montecarlo (prove di un altro suo balletto: “Renard”).

1923: prima rappresentazione de “Les noces” (opera a cui lavora da alcuni anni).
Il clima oceanico dell’Atlantico, a Biarritz, non piace a Stravinskij, per cui – nell’autunno del 1924 – si sposta a Nizza.
1925: primo viaggio di Stravinskij negli Stati Uniti, dove rimane due mesi per una serie di concerti.

1926-1927: rientra in Francia e compone l’opera-oratorio “Oedipus Rex”, collaborando per la stesura del testo con Jean Cocteau.

Stravinskij diventa presto cosmopolita, a causa dei moltissimi viaggi, tutti ne parlano come di una persona cortese, gentile e servizievole, visti il suo carattere e la sua semplicità d’animo: infatti, viene ospitato come Pianista e Direttore d’Orchestra in città come Parigi, Venezia, Berlino, Londra e New York.
I testi e le fonti per il suo lavoro sono molti, ma iniziano dal folklore russo, arrivando agli autori classici, alla liturgia latina e alla Francia contemporanea (André Gide, con “Perséphone”), alla letteratura inglese: Auden, Thomas Stearns Eliot, la poesia medievale e anche alle opere di Shakespeare.

Fra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, il suo lavoro è intensissimo.
1928: termina la stesura del balletto neoclassico, “Apollon Musagète”, con la coreografia di George Balanchine.
1930: nasce la “Symphonie de Psaumes”, una delle sue opere più conosciute.
1934: dopo tre anni passati a Voreppe, nell’Isère, si stabilìsce a Parigi e acquisìsce la cittadinanza francese.
In questo periodo nascono “Perséphone”, “Jeu de cartes”, il Concerto in mi bemolle “Dumbarton Oaks”.

1938-1939: mancano la figlia Ludmila, la madre, la moglie.
La figlia Mika passa molto tempo in sanatorio ed egli stesso è ricoverato a lungo, sempre a causa di tubercolosi.
Fortunatamente, le sue composizioni non vengono coinvolte emotivamente.

1939: Stravinskij parte alla volta degli Stati Uniti, chiamato là per tenere un Corso di Poetica Musicale, precisamente a Harvard ma, a causa della guerra, si stabilìsce a Los Angeles e, in seguito, a Hollywood: nel 1945, diventa cittadino naturalizzato statunitense fino alla sua morte nel 1971.

1919: arrangia “La Marsigliese”.
Luglio 1941: arrangia l’Inno americano “The Star-Spangled Banner”, la cui prima esecuzione si tiene a Boston il 14 ottobre dello stesso anno, ma non potrà più eseguirlo a causa delle leggi del Massachusetts (che proibiscono qualsiasi trascrizione dell’Inno) e a seguito di un intervento della polizia locale.

Adeguato professionalmente e intellettualmente a vivere in Francia, si adegua anche a vivere nello stesso modo negli U.S.A.

1951: attraverso l’opera con W.H. Auden, “The Rake’s Progress”, Stravinskij incontra il Direttore d’Orchestra e Musicologo Robert Craft: ora, il suo periodo neoclassico culmina e termina.
Nota Bene: Il primo interprete maschile di quest’opera è Raphael Arie’ del quale ho conosciuto la moglie vedova che mi ha regalato un libro che parla di alcuni episodi della sua vita col marito.

Capace di “reinventarsi”, si accosta nuovamente alla tecnica dodecafonica, soprattutto dopo avere conosciuto i lavori di Anton Webern, progredendo e arrivando a “convertirsi” scrivendo la Cantata , il Settimino, In memoriam Dylan Thomas, il Canticum Sacrum, il balletto Agon, Threni.

Viaggia moltissimo per lavoro (suoi concerti e sue composizioni) in particolare, nel 1958, anno in cui dirige un concerto di sue musiche presso il Teatro “La Fenice” di Venezia e “Oedipus Rex” alla “Wiener Staatsoper” di Vienna.

1962: ha forti radici in Occidente e si interessa alla scrittura ebraica.
1962-1963: compone la ballata sacra “Abramo e Isacco” e continua a scrivere musica per lavoro fino alla fine della sua vita.

1966: il suo ultimo lavoro importante è costituito dai “Requiem Canticles” e, dall’anno successivo, la sua salute peggiora provocandogli vari ricoveri ospedalieri.

Riesce ancora a viaggiare: Parigi, Zurigo, e a dedicarsi a trascrizioni, fra cui due lieder di Hugo Wolf.

1969: si ammala di bronchite fortissima, conseguenza riacutizzata della vecchia tubercolosi.

1970: è invitato in Italia e annuncia di voler tornare in Europa, ma è bloccato a New York da un edema polmonare, dove muore all’età di ottantotto anni nella notte fra il 6 e il 7 aprile 1971, a seguito di una crisi cardiaca.

Su sua richiesta, la sua tomba è vicina a quella di Sergej Djagilev, suo collaboratore da tantissimi anni: si trova a Venezia, nel Settore Ortodosso del Cimitero Monumentale dell’Isola di San Michele.
Secondo la convinzione di Robert Siohan, la moglie del Musicista rifiuterà la proposta del Governo Sovietico di inumare il corpo a Leningrado, sicura di rispettare il pensiero fedele ai desideri del marito.

Stravinskij racchiude molti stili musicali classico-moderni e influenza compositori sia durante la sua vita e dopo.

Una stella a suo nome si trova all’interno della “Hollywood Walk of Fame”, al numero 6340 di Hollywood Boulevard.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Stravinskij, anni ’30:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Igor_Stravinsky_LOC_32392u.jpg

File:Igor Stravinsky LOC 32392u.jpg

 

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La parte più conosciuta di questo Balletto si trova al minuto 2:45.

L’UCCELLO DI FUOCO:

 

 

 

 

 

 

 

 

RICHARD STRAUSS

  • Maggio 16, 2023 at 3:56 pm

Richard Georg Strauss nasce a Monaco di Baviera l’11 giugno 1864 e muore a Garmisch-Partenkirchen l’8 settembre 1949.

E’ un Compositore e Direttore d’Orchestra tedesco del periodo tardo-romantico.

Richard Strauss è conosciuto per i suoi poemi sinfonici e le sue opere liriche, ma non è parente degli Strauss viennesi, famosi compositori di musica da ballo.

La sua famiglia è abbastanza agiata (il padre è Primo Corno dell’ “Orchestra del Teatro di Corte” di Monaco e la madre appartiene alla famiglia dei birrai Pschorr) e con grandi interessi musicali, per cui Richard si appassiona alla Musica e inizia a comporre quando ha sei anni.
In seguito riceverà lezioni di Composizione dal Maestro di Cappella Frederick Wilhelm Meyer e, dietro la sua guida (o forse da lui ispirati), dopo le prime opere (spesso solo per pianoforte e canto) compone i “Concerti”, una “Grande Sonata”, un “Quartetto d’archi”, due “Sinfonie” e una “Serenata per fiati (Op. 7)”.

1882: inizia a studiare presso l’Università di Monaco, ma interrompe presto.

1883: compie un viaggio fra Dresda e Berlino, dove contatta personaggi importanti, tra cui il noto Direttore della “Orchestra di Corte” di Meiningen, Hans von Bülow (ex genero di Listz).

1885: Bülow assume Strauss come Maestro di Cappella del “Meininger Hof” (dove, fra gli altri, Strauss conosce Johannes Brahms); poco dopo, Bülow, lascia l’incarico e Strauss diventa il suo successore fino al termine della stagione 1885/86.

Fino a quel momento, compone con uno stile simile a Brahms o Schumann, ma la sua tendenza musicale cambia incontrando il Violinista Alexander Ritter che convince Strauss a prestare attenzione alla musica di Wagner dopo essersi cimentato con poemi sinfonici che hanno qualche idea di Franz Liszt.
Il nuovo stile di Strauss si nota nella Fantasia per Orchestra in quattro movimenti “Aus Italien”, eseguita nel 1887, al “Nationaltheater” (Monaco di Baviera); stile che si nota maggiormente nei successivi lavori per orchestra, programmatici e in un solo movimento, chiamati da Strauss “Tondichtungen” (normalmente tradotto con “Poemi Sinfonici”, anche se il termine più adatto sarebbe “Poemi Sonori”).

Inizialmente, ha difficoltà (del primo poema sinfonico, “Macbeth”, esistono tre versioni), ma Strauss trova il suo stile con “Don Juan” (del 1888-89) e soprattutto “Tod und Verklärung” (del 1888-90), che gli danno subito celebrità per la “vicinanza” con il “Tristano e Isotta” di Wagner.

Dopo alcuni anni, segue una seconda serie di Poemi Sinfonici, fra cui “Also sprach Zarathustra” (del 1896), < le cui battute iniziali, che rappresentano il sorgere del sole, acquisiscono grande notorietà grazie all’impiego nel film “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick.
Qui, lo stile straussiano appartiene al Tardo Romanticismo, ma la “Sinfonia delle Alpi” è ricordata per l’imponente organico orchestrale, simile a quello delle grandi sinfonie di Mahler.

1887: Strauss comincia la composizione della sua prima opera, “Guntram” (poco rappresentata dopo il 1894).

1899-1913: è Direttore della “Staatsoper Umaggiorenter den Linden”.
1901: “Feuersnot” è un successo; un trionfo internazionale e fama come Compositore operistico gli arrivano con “Salome” (del 1905) ed “Elektra” (del 1909): quest’ultima è la prima opera di collaborazione fra Strauss e lo Scrittore e Drammaturgo Hugo von Hofmannsthal.

In seguito i due artisti lavorano assieme, nonostante Strauss modifichi in parte il suo stile in “Der Rosenkavalier” (del 1911), opera in tre atti e < ambientata nel Settecento, ricca di riferimenti erotici e più favorevolmente accettata dal pubblico rispetto alle precedenti “Elektra” e “Salomè”, le due partiture più innovative di Strauss, classificate per il contenuto poetico e musicale come esempi di teatro orgiastico >.
“Salome” è la più nota tra le opere teatrali di Strauss e, all’esordio scandalizza la Critica mondiale anche se raggiungerà un buon successo, in seguito.
1907: a proposito, è importante ricordare la rappresentazione a New York che viene ritirata su richiesta della Chiesa per la scena in cui “Salome” bacia la testa mozza di San Giovanni, seguendo fedelmente il testo di Oscar Wilde da cui l’opera è tratta.

1930: fino a questa data, Strauss compone ancora numerose opere, però il suo stile si riduce ad un livello minore e la grande opera “La donna senz’ombra” (“Die Frau ohne Schatten”) rappresenta il punto finale di una fase drammatico-sperimentale.
I lavori seguenti hanno costruzione più leggera e in stile classicistico, come “Capriccio” e “Daphne”, la sicurezza drammaturgica per il teatro musicale rimane e, quasi tutte le sue opere liriche, sono dei successi.

 

Strauss e il Nazismo:

Nell’epoca del “Nazionalsocialismo”, non si conosce precisamente il ruolo di Strauss perché risulta dubbioso: secondo alcune opinioni, Strauss sarebbe apolitico e non avrebbe mai cooperato con il “potere”, ma è da tenere ben presente che, durante le “Olimpiadi” di Berlino del 1936, Strauss non dirige l’Inno Nazionalsocialista.
Secondo altri, l’obiezione della sua “Presidenza della Camera Musicale del Reich”, nel periodo 1933-1935, nonostante ricopra una carica elevata di rappresentanza, dovrebbe fargli prendere posizione contro il Nazionalsocialismo.

Strauss corre un rischio, pubblicando l’opera “La donna silenziosa” (“Die schweigsame Frau”) su libretto dello scrittore ebreo Stefan Zweig perché, a seguito dell’enorme successo ottenuto (la cui prima rappresentazione viene autorizzata in via eccezionale dallo stesso Hitler), Strauss è costretto a dimettersi dalla “Camera Musicale del Reich” (Zweig, 1942) in quanto viene intercettato un messaggio troppo “libero” diretto allo stesso Stefan Zweig per chiedergli la stesura di un libretto per una nuova opera,
Altre supposizioni: Strauss sfrutterebbe la sua carica per proteggere i suoi amici e colleghi ebrei.

Il nuovo ruolo di musicista nella società:

Richard Strauss è un compositore geniale e ha anche ridefinito il ruolo del Musicista nella Società: ha già una solida base finanziaria (per via della famiglia materna), ma dimostra anche che un compositore può vivere del suo lavoro.
Infatti, giunge alla conclusione che il comporre sia una professione vera e propria, per cui il totale del compenso sia pari a quello di un Medico o di un Giurista.
Questa idea è contraria alla funzione sempre ricoperta dall’ “Artista”, nella società, fino ad allora, per cui Strauss è cotretto a difendersi contro l’accusa di essere particolarmente tendente agli affari e molto avaro: in parte, tale cattiva fama gli resta ancora oggi.

1889: assieme a Hans Sommer e Friedrich Rösch, Strauss pensa di fondare una sorta di “Sindacato dei Compositori” per raggiungere questi suoi scopi e, da questa sua iniziativa, nel 1903, viene fondata la Società per i Diritti nelle Rappresentazioni Musicali e nella Riproduzione Meccanica (la corrispondente tedesca della SIAE italiana).
E’ importante ricordare che la villa di Garmisch, dove Strauss trascorse gli ultimi anni della sua vita, è chiamata “Villa Salome”, perché acquistata con i diritti d’autore di tale opera.

Opere:

Poemi sinfonici:

. Aus Italien op. 16 (1886)
. Don Juan op. 20 (1888)
. Macbeth op. 23 (1888-90)
. Morte e Trasfigurazione (Tod und Verklärung) op. 24 (1889)
. I tiri burloni di Till Eulenspiegel (Till Eulenspiegels lustige Streiche) op.28 (1895)
. Così parlò Zarathustra (Also sprach Zarathustra) op. 30 (1896)
. Don Chisciotte (Don Quixote) op. 35 (1897)
. Una vita d’eroe (Ein Heldenleben) op. 40 (1898)
. Sinfonia domestica (Symphonia Domestica) op.53 (1903)
. Sinfonia delle Alpi (Eine Alpensinfonie) op. 64 (1915)

 

Altre composizioni orchestrali:

. Romanza per clarinetto (1879)
. Concerto per violino e orchestra Op. 8 (1881)
. Concerto per corno n. 1 in mi bemolle maggiore op.11 (1882-83)
. Romanza per Violoncello (1883)
. Burlesca per pianoforte e orchestra, in re minore (1890),
. Parergon dalla Symphonia Domestica per pianoforte (mano sinistra) e orchestra, Op. 73
. Panathenäenzug, studio sinfonico in forma di passacaglia per pianoforte (mano sinistra) e orchestra, Op. 74
. Japanische Festmusik
. Concerto per corno n. 2 in mi bemolle maggiore (11 agosto 1943 al Festival di Salisburgo diretto da Karl Böhm)
. Concerto per oboe e piccola orchestra, in re maggiore (1945-46)
. Duetto-Concertino per clarinetto, fagotto, arpa e archi (1947)
. Sinfonia per strumenti a fiato “The happy workshop”
. Sinfonia in re minore
. Suite per orchestra: musica strumentale per lavori teatrali
. “Musica da film” per la pellicola Rosenkavalier (1925)
. Festliches Präludium, Op. 61, con organo in orchestra

 

Opere liriche:

. Guntram (1894)
. Feuersnot (1901)
. Salome (1905)
. Elektra (1909)
. Il cavaliere della rosa (Der Rosenkavalier) (1911)
. Ariadne auf Naxos (1912/16)
. La donna senz’ombra (Die Frau ohne Schatten) (1919)
. Intermezzo (1924)
. Elena egizia (Die ägyptische Helena) (1928)
. Arabella (1933)
. La donna silenziosa (Die schweigsame Frau) (1935)
. Il giorno della pace (Friedenstag) (1938)
. Daphne (1938)
. Die Liebe der Danae (1940; rappresentata postuma nel 1952)
. Capriccio (1942)
. L’ombra dell’asino (Des Esels Schatten) (1949; incompiuta)

 

Musiche per balletto:

. Josephslegende o La légende de Joseph (1914 al Palais Garnier di Parigi con Léonide Massine e Maria Nikolaevna Kuznetsova)
. Schlagobers (1924)

 

Cori a cappella:

. 2 cori a 16 voci op.34:
. n. 1 Der Abend
. n. 2 Hymne
. An den Baum Daphne
. Die Göttin im Putzzimmer
. Deutsche Mottette
. Altre opere per coro maschile

 

Altre opere:

. Lieder per piano e per orchestra
. Vier letzte Lieder (Ultimi quattro lieder) per soprano e orchestra
. Frühling (Primavera), su testo di Hermann Hesse
. September (Settembre), su testo di Hermann Hesse
. Beim Schlafengehen (Tempo di dormire), su testo di Hermann Hesse
. Im Abendrot (Al crepuscolo), su testo di Joseph von Eichendorff
. Musica per pianoforte (tra cui la Sonata in si minore op.5)
. Metamorphosen, per 23 archi solisti (1946)
. Der Bürger als Edelmann (Il borghese gentiluomo), Suite da musiche di scena, op. 60 (TRV 228c) (1920)

 

Musica da camera:

. Concertante per 2 violini, violoncello e pianoforte (ca.1875)
. Trio in la maggiore per violino, violoncello e pianoforte (1877)
. Trio in re maggiore per violino, violoncello e pianoforte (1877)
. Introduzione, tema e variazioni per corno e pianoforte in mi bemolle maggiore (1878)
. Introduzione, tema e variazioni per flauto e pianoforte in sol maggiore (1879)
. Quartetto per archi in la maggiore op.2 (1880)
. Ständchen per violino, viola, violoncello e pianoforte (ca.1881)
. Variazioni per quartetto d’archi su un tema di C.Negri (1883)
. Festmarsch per violino, viola, violoncello e pianoforte (1884)
. Sonata per violoncello e pianoforte in fa maggiore op.6 (1882-83)
. Quartetto per archi in do minore op.13 (1882-84)
. Sonata per violino e pianoforte in mi bemolle maggiore op.18 (1887-88)
. Andante per corno e pianoforte op. postuma (1888)
. 2 pezzi per violino, viola, violoncello e pianoforte (Arabischer Tanz, Liebesliedchen) (1893)

 

Discografia parziale:

. Strauss, R. – Strauss dirige Strauss, Mozart e Bethoveen – Staatskap. Berlin/Bayer. Staatsorchester, 1921/1941 Deutsche Grammophon
. Strauss, R. – Richard Strauss and the Piano – Costantino Catena & Quartetto Savinio – Camerata Tokyo CMCD-28309

 

Onorificenze:

Medaglia dell’Ordine di Massimiliano per le Scienze e le Arti – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia dell’Ordine di Massimiliano per le Scienze e le Arti
— 1910

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

Richard Georg Strauss nel 1920–1925 circa:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Richard_Strauss_(cropped).jpg

File:Richard Strauss (cropped).jpg

.

COSI’ PARLO’ ZARATUSTRA: Direttore: Georg Solti & Chicago Symphony Orchestra

.

DANZA DEI SETTE VELI dall’opera “Salomè”:

.

IL CAVALIERE DELLA ROSA, VALZER:  https://youtu.be/yF1rh7qkQkQ

 

 

JOHANN STRAUSS Padre

  • Maggio 16, 2023 at 1:34 pm

Johann Baptist Strauss nasce a Vienna il 14 marzo 1804 e muore a Vienna il 25 settembre 1849.

E’ un compositore e direttore d’orchestra austriaco.

E’ considerato il “Padre del Valzer”, assieme a Joseph Lanner ma, in effetti, Johann Strauss ha creato il “Valzer Viennese”, a cui SA conferire livelli dignitosi mai raggiunti fino a quel momento, contribuendo alla sua diffusione nel resto del continente europeo.
Con lui, il Valzer NON è più una semplice danza contadina ed entra nei livelli più alti della Società, come Musica da Ballo e come Musica da Concerti.

Johann Strauss Padre è il capostipite-fondatore della celebre famiglia di compositori viennesi che raccoglie anche i suoi tre figli Johann, Josef ed Eduard.

A tutt’oggi, risulta ancora famoso per la “Radetzky-Marsch op. 228” (la “Marcia di Radetzky”), che viene eseguita ogni anno come fuori programma conclusivo durante il “Concerto di Capodanno” tenuto dai “Wiener Philharmoniker”.

Le origini e l’infanzia di Johann Strauss Padre:

La famiglia Strauss vive a Leopoldstadt che, oggi, è il secondo Distretto della città di Vienna.
Il nonno, Johann Michael Strauss, è un ebreo originario di Budapest che, l’11 febbraio 1762, nel Duomo di Santo Stefano, sposa Rosalia Buschin, figlia di un guardiacaccia originario dell’Austria Inferiore, e per cui si converte al Cattolicesimo.
Johann Michael lavora come servitore presso il Feldmaresciallo, Conte Franz Von Roggendorff, che ha combattuto nella “Guerra dei Sette Anni”.
1763-1769: gli Strauss hanno quattro figli e, il loro secondogenito, Franz Borgias Strauss, futuro padre di Johann, il 23 ottobre 1797, sposa Barbara Dollmann.

1800: Nonno Johann Michael muore e la coppia Franz Borgias-Barbara assume la gestione di una locanda nella Flossgasse n. 7.
La locanda viene frequentata, per la maggior parte, da marinai che navigano sul Danubio e che provengono da Linz.

14 marzo 1804: in tale locanda, nasce Johann Strauss che viene battezzato lo stesso giorno secondo il Rito Cattolico Romano.
Dei sei figli nati da Franz e Barbara, quattro muoiono entro il secondo anno di vita: Anna, Franz, Josefa e Antonia.
L’età adulta la raggiungono solo Johann e la sorella maggiore Ernestine (futura sposa di Karl Fux, Membro dell’Orchestra di Johann che, in seguito diventerà segretario del nipote Johann der Jung).

Barbara, la mamma del piccolo Johann, muore nel 1811 (quando il bambino ha 7 anni) e, l’anno seguente, il padre si risposa con Katharina Feldberger.

1816: il disperato 52enne Franz Borgias annega nel Danubio, probabilmente per suicidio a causa dei pesanti debiti contratti.
Quasi subito, Katharina si risposa con un certo Golder, che si affeziona sinceramente ai figli di Franz e si dedica volentieri alla gestione della locanda riuscendo presto a risollevarla, pur essendo numerosi i debiti che Franz ha lasciato aperti con i carrettieri che gli fornivano la birra.

Nella locanda ex paterna, Johann Strauss entra presto in contatto con la Musica, ascoltando e appassionandosi alle esibizioni dei viandanti che improvvisavano dei Piccoli Concerti.
Da subito, Golder appoggia le inclinazioni musicali del figliastro e, durante la Festa di San Giovanni, gli regala un violino di rozza manifattura, fatto con legni economici.
I genitori si rendono conto che lo strumento non è un passatempo per Johann e che l’intenzione del ragazzo è proprio quella di dedicarsi alla Musica, per cui lo vogliono distogliere in continuazione, dal momento che Golder e Katharina immaginano un futuro più sicuro per il figlio e fargli imparare un mestiere.
All’età di dodici anni, Johann inizia a lavorare come apprendista presso il rilegatore “Lichtscheild”, nella casa del Barone Metsch (in Taborstrasse) ma, non riuscendo più a sopportare l’attività di rilegatore, fugge.
Subito dopo, nei boschi vicini alla città, incontra Polischansky, un suonatore ambulante che riaccompagna Johann dai genitori ed ottiene da Golder il permesso di impartirgli le prime Lezioni di Musica (si tratta di una preparazione piuttosto veloce e, soltanto dopo il debutto e i primi successi, Johann si perfeziona con Maestri di una certa importanza come Leopold Jansa per il Violino e Ignaz von Seyfried per la Composizione).

 

L’incontro con Lanner e i primi successi:

All’età di 15 anni, Johann entra nell’orchestra da ballo di Michael Pamer (all’epoca, una delle più celebri di Vienna) che si esibisce regolarmente al “Cafè Sperl”.
Michael Pamer, nato nel 1782, è uno degli artisti più noti di tutta la città ed è nella sua orchestra che Johann Strauss, per la prima volta, incontra colui che diventerà il suo grande amico e rivale: Joseph Lanner.
1818: Lanner abbandona l’orchestra di Pamer per fondare un Trio con i fratelli boemi Karl e Johann Drahanek (rispettivamente, Violino e Chitarra); Trio che, presto, diventa un Quintetto per mezzo dell’ingresso di un nuovo Violoncellista e di Johann Strauss alla Viola.

I due giovani artisti conducono, praticamente, il Quintetto che si impone velocemente all’attenzione del pubblico ottenendo successi che inducono Lanner e Strauss a trasformare il piccolo Complesso in una vera Orchestra e, successivamente, a imporre il pagamento dei biglietti, per cui, nel giro di poco tempo l’Orchestra Lanner-Strauss diventa la migliore della città.
In questo periodo che lavorano assieme, Johann e Joseph, condividono un piccolo alloggio al numero 18 di Windmuhlgasse.

Sera di settembre del 1825: purtroppo, il rapporto fra Lanner e Strauss si interrompe di colpo durante l’esibizione dei due presso lo “Zum Bock” (il locale che Strauss e Lanner preferiscono per la sua acustica) a causa di una banale osservazione di Lanner a Strauss, per cui nasce una discussione violenta, che degenera in una lite accesa davanti all’intero pubblico.
I due si separano e quattordici strumentisti della precedente Orchestra seguono Strauss e, nell’occasione, Lanner compone il “Trennungs-Walzer op. 19” (“Il valzer della separazione”).

11 luglio 1825: il ventunenne Johann Strauss sposa Anna Streim, la ventiquattrenne figlia del proprietario della locanda “Il Gallo Rosso”, dove Strauss e Lanner si erano esibiti in diverse occasioni.
25 ottobre 1825 nasce il loro primogenito e futuro compositore: Johann der Jung, ossia colui che sarà “Il Re del Valzer”.

Nei primi anni di matrimonio, la famiglia Strauss cambia varie abitazioni (intanto, sono nati altri due figli) e si stabilisce nella Hirschenhaus, sulla Taborstrasse, dove occupa un appartamento separato dal resto della famiglia nel quale potere dedicarsi completamente alla Composizione.
In questa casa la famiglia Strauss si stabilisce in modo fisso dal 1834; casa in cui, il 22 agosto 1827, nasce il secondogenito: Josef.

Il grande successo acquisito in breve tempo, spinge Johann Strauss ad intensificare il proprio lavoro arrivando a creare più Complessi che si esibiscono contemporaneamente in più locali.
1830: gli strumentisti sono duecento, suddivisi in gruppi di venticinque l’uno.
In quegli anni, dopo Johann e Josef, nascono Anna, Teresa ed Eduard e Ferdinand (quest’ultimo muore prematuramente pochi mesi dopo la nascita, nel 1834).

4 ottobre 1829: Strauss debutta allo “Sperl” dove, quindici anni prima, aveva suonato come elemento dell’Orchestra di Pamer.
Fra gli spettatori presenti ai concerti di Strauss, allo “Sperl” ci sono anche il giovane Richard Wagner e Heinrich Laube.

 

Il valzer alla conquista dell’Europa:

1833: Johann Strauss è il dominatore dei locali viennesi, ma decide di uscire dalla capitale per intraprendere la sua prima tournée per esibirsi a Budapest, Dresda, Lipsia e Berlino.
Berlino, dove si esibisce davanti al re di Prussia e alla sua Corte.
Il Critico berlinese Eduard Maria Ottinger scrive:
«Strauss è un fenomeno musicale. È il valzer personificato.»
(Eduard Maria Ottinger)

Mentre si trova a Praga, Strauss conosce una nuova Danza: la Polka.
Danza di origine boema (secondo la tradizione, viene inventata da una giovane contadina), viene traportata a Vienna nel 1839 dalla Banda di un Reggimento Militare.

28 giugno 1837: viene tenuta l’Incoronazione della Regina Vittoria (che sarà un’alleata valida del musicista per la futura affermazione del Valzer nel suo Paese) e Strauss, ricevuto dall’aristocrazia inglese con tutti gli onori, partecipa ai festeggiamenti reali.
Oltre a Londra, Strauss si esibisce a Birmingham, Glasgow e in altri Centri, arrivando ad un totale di settantadue esibizioni.

Il primo viaggio a Parigi di Johann Strauss è importante per la sua carriera: infatti, lì, debutta il 1º novembre 1837 attraverso un Concerto Inaugurale, ottenendo un vero trionfo, al quale assistono compositori come Adam, Auber, Berlioz, Cherubini, Meyerbeer e Paganini.

5 novembre 1837: Strauss si esibisce alle “Tuileries”, in presenza di Re Luigi Filippo e di Re Leopoldo del Belgio che, a fine Concerto, lo incontrano e si congratulano con lui.
In seguito, Strauss firma un accordo con Philippe Musard (Violinista, Compositore e Direttore per la Musica da Ballo) col quale tiene una trentina di Concerti nella capitale francese (arrivando ad ottantasei Concerti complessivi).

Dopo la Francia, Strauss e la sua Orchestra sono a Londra e, dopo lo spettacolo inaugurale, il Morning Post scrive:
«Un’orchestra così perfetta non si era mai sentita al di qua della Manica…»
(Morning Post)

1838: una malattia lo colpisce e, assieme alla reticenza dei suoi strumentisti, lo convince a rinunciare a recarsi in America.

Il ritorno a Vienna:

13 gennaio 1839: dopo un periodo di convalescenza, e dopo il suo riorno a Vienna, Strauss si ripresenta allo “Sperl” accolto entusiasticamente da parte del pubblico viennese che aveva seguito avventure e brillanti successi nelle maggiori città europee.

1840: ottiene l’autorizzazione per poter partecipare ai Balli di Corte in alternanza con Lanner.
1843: Lanner muore di tifo, per cui Strauss si ritrova con assoluto dominio sulle scene musicali viennesi (proprio Strauss dirige la musica ai Funerali del compagno di avventure).

In questo periodo, la situazione di famiglia peggiora a causa dei rapporti raffreddati da anni fra Johann e Anna anche a causa dei figli: a Johann non piacciono i metodi educativi della moglie e, soprattutto, le rimprovera di aver permesso a Johann e Josef di prendere lezioni di Musica.
Però, la ragione principale dei contrasti è la doppia vita di Strauss che, a Vienna, ha due famiglie: la famiglia “ufficiale” (con Anna e i suoi figli) e la famiglia “segreta” con una giovane cappellaia, Emilie Trampusch, incontrata a Vienna nel 1833.

1835-1844: Emilie rende Johann padre di altri sei figli e, quando la moglie Anna gli impone la scelta fra la prima e la seconda famiglia, Johann sceglie la seconda.
1844: Anna chiede il divorzio che le sarà concesso due anni dopo e, nel frattempo, grazie anche all’allontanamento del padre dalla famiglia, il giovane Johann jr. è libero di debuttare come Compositore e Direttore d’Orchestra al “Casinò Dommayer” di Hietzing, vicino al Palazzo di Schönbrunn.
7 gennaio 1846: Johann Strauss figlio chiede all’Imperatore il titolo di “Direttore Musicale del Balli di Corte”, titolo che gli venne concesso 17 giorni dopo la richiesta.

La rivoluzione del 1848 e la morte:

Le rivoluzioni che attraversano l’Europa coinvolgono anche Vienna, il 13 marzo 1848, con violente manifestazioni di protesta da parte di studenti e lavoratori contro lo Stato di Polizia creato da Metternich, per cui le divergenze tra padre (sostenitore della Monarchia) e figlio (sostenitore dei Rivoluzionari) diventano ancora più esplicite.
Proprio in questo periodo, nasce il brano più celebre del compositore: la “Radetzky-Marsch op. 228” (“La Marcia di Radetzky”), eseguita da Strauss Padre il 31 agosto 1848, al “Water-Glass” di Vienna, in presenza di Ufficiali dell’Esercito invitati a festeggiare il “Feldmaresciallo Radetzky”, l’eroe che piega la resistenza italiana e sconfigge il Re Carlo Alberto.

La Marcia viene ripetuta quattro volte e, da subito, diventa l’ “inno spirituale” dei soldati austriaci; marcia che, a Strauss, vale l’avversione da parte dei Rivoluzionari amareggiati.
A Praga, viene fischiato; a Heilbronne e a Heidelberg (in Germania), alcuni studenti organizzano una manifestazione di protesta davanti all’albergo in cui alloggia.
Riacquista un po’ di serenità solo a Londra, dove incontra il Cancelliere Metternich (là, in esilio) e, in occasione di quel viaggio nel Regno Unito, durante un Concerto, si esibisce con la cantante Jetty Treffz che diventerà la prima moglie di suo figlio Johann Jr.

La sua situazione peggiora sempre più e, rientrato a Vienna, il 16 settembre, esegue la “Jellacic-Marsch”, dedicata al Croato Josip Jelačić, colui che il 31 ottobre riconquista Vienna asburgica e che, per la crudezza dei suoi metodi per piegare i moti rivoluzionari, si attira l’avversione e l’odio di molti filoasburgici.

Dopo qualche giorno, si ammala gravemente; è assistito da Emilie e muore il 25 settembre 1849, contagiato dalla scarlattina.
Al suo Funerale, partecipano migliaia di persone.
Durante la funzione viene eseguito il “Valzer Das Wanderers Lebewohl op. 237” (“L’addio del viandante”) scritto da Strauss prima di partire per la sua ultima tournée.
Strauss Padre viene sepolto nel “Cimitero di Oberdöbling” ma, nel 1904, i suoi resti vengono riesumati e spostati in una Tomba d’Onore nel “Zentralfriedhof” (“Cimitero Centrale”) nella Zona dedicata ai Grandi Compositori, a fianco dell’amico e “rivale” Joseph Lanner.

Curiosità:

< ^ Sebbene il nome Strauss sia scritto con la ß, cioè una doppia s con legatura, Strauss si firmava Strauſs, ovvero con la s lunga prima della s senza legatura. Si veda Strauß oder Strauss?

 

Opere:

. Täuberln-Walzer op. 1
. Döblinger Reunion-Walzer op. 2
. Wiener Carneval op. 3 (1827)
. Kettenbrücken-Walzer op. 4 (1827)
. Gesellschafts-Walzer op. 5
. Wiener Launenwalzer op. 6
. Alpenkoning-Galopp op. 7 No 1
. Alpenkoning-Galopp op. 7 No 2
. Champagner-Galopp op. 8
. Seufzer-Galopp op. 9
. Alte und neve Tempete op. 10
. Walzer a la Paganini op. 11
. Krapfen-Walden-Walzer op. 12
. Die beliebten Trompeten-Walzer op. 13
. Champagner Walzer op. 14
. Die so segr beliebten Erinnerungs-Länder op. 15
. Fort nacheinander! Walzer op. 16
. Gesellschafts-Galopp op. 17
. Lust-Lager-Walzer op. 18
. Liefung der Kettenbrucke-Walzer op. 19
. Chineser-Galopp op. 20
. Wilhelm Tell-Galopp, op. 29b
. Charmant-Walzer op. 31 (1829)
. Benifice-Walzer op. 33 (1830)
. Einzugs-Galopp op. 35
. Tivoli-Rutsch Walzer op. 39 (1830)
. Sperl-Galopp op. 42
. Heiter auch in ernster Zeit op. 48
. Mein schönster Tag in Baden op. 58 (1835)
. Zanpa Galopp, op. 62
. Gabrielen-Walzer op. 68
. Fortuna-Galopp op. 69
. Elisabethen-Walzer op. 71
. Rosa-Walzer op. 76 (1836)
. Huldigungs-Walzer op. 80 (1836)
. Philomelen-Walzer op. 82 (1836)
. Ballnacht-Galopp op. 86
. Ball-Racketen op. 96 (1837)
. Cachucha-Galopp op. 97
. Der carneval in Paris, Galopp, op. 100
. Paris, Walzer op. 101 (1838)
. Versailler-Galopp op. 107
. Indianer-Galopp op. 111
. Furioso-Galopp op. 114
. Wiener Gemüths-Walzer op. 116 (1840)
. Cäcilien-Walzer op. 120 (1839)
. Der Carneval in Venedig, Fantasie, op. 126
. Apollo-Walzer op. 128 (1839)
. Beliente- Sperl, Polka op. 133
. Egerien-Walzer op. 134 (1842)
. Beliebte Annen-Polka op. 137
. Loreley-Rhein-Klänge op. 154 (1843)
. Geheimnis aus der Wiener-Tanzwelt op. 176
. Eisele und Beisele Sprünge op. 202
. Freiheits marsch, op. 226
. Radetzky-Marsch op. 228 (1848)
. Sorgenbrecher, Walzer op. 230
. Piefke und Pufke Polka op. 235
. Damen-Souvenir-Polka op. 236
. Alice-Polka op. 238
. Frederika-Polka op. 239
. Jelačić-Marsch op. 244

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

JOHANN STRASS PADRE in una litografia di Joseph Kriehuber, 1835:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Strau%C3%9FVaterLitho.jpg

File:StraußVaterLitho.jpg
.

Vienna, Philharmonic, “New Year Concert 1987” – Herbert von Karajan dirige la MARCIA DI RADETZKY:

https://youtu.be/GTZlB2mUwjQ

 

 

 

 

 

 

 

JOHANN STRAUSS Figlio

  • Maggio 15, 2023 at 11:38 pm

Johann Strauss nasce a Vienna il 25 ottobre 1825 e muore a Vienna il 3 giugno 1899.

E’ un compositore e direttore d’orchestra austriaco, figlio dell’omonimo compositore Johann Strauss.

Johann Strauss-figlio, famoso come “Il Re del Valzer”, è conosciuto soprattutto come compositore di musica da ballo e di operette.

I suoi fratelli sono i compositori Josef ed Eduard Strauss e, a lui e agli altri membri della sua famiglia, è dedicato l’annuale “Concerto di Capodanno”, trasmesso in diretta mondovisione dal “Wiener Philharmoniker, dalla sala dorata del “Musikverein” di Vienna.

1890: un sondaggio opinionistico lo rivela come “il terzo tra le personalità più celebri d’Europa”: viene preceduto dalla Regina Vittoria e dal Cancelliere Otto von Bismarck.

In Johann Strauss figlio, l’omonima famiglia di musicisti il personaggio più celebre
che, per quasi un secolo, primeggia le scene musicali viennesi e oscura artisti contemporanei a lui come Joseph Labitzky.
Alcuni suoi valzer sono celeberrimi: “Wiener Bonbons”, “Künstlerleben”, “Geschichten aus dem Wienerwald”, “Wein, Weib und Gesang”, “Wiener Blut”, “Rosen aus dem Süden”, “Frühlingsstimmen”, “Kaiser-Walzer” e il valzer più famoso di tutti i tempi “An der schönen blauen Donau” (“Al bel Danubio blu”).
Per quanto sta scritto sopra, a Strauss è stato universalmente riconosciuto l’appellativo di “Re del Valzer”

La sua lunga produzione comprende circa 500 composizioni fra valzer, polke, marce e quadriglie, fra cui: “Annen-Polka”, “Leichtes Blut”, “Éljen a Magyar!”, “Pizzicato Polka” (scritta a quattro mani col fratello Josef), “Auf der Jagd!”, “Unter Donner und Blitz” e la “Tritsch-Tratsch-Polka”.

Strauss compone sedici operette in poco meno di trent’anni.
Il suo più grande successo “Die Fledermaus” (“Il Pipistrello”), ancora oggi è considerata l’apice di quel periodo musicale rinominato “Goldene Operettenära” (“Era d’oro dell’operetta viennese”).

 

Infanzia e adolescenza di Johann Strauss, der Jung:

Johann Strauss figlio nasce a Vienna, nel distretto di Neubau (oggi, Settimo distretto della città), da Johann Strauss padre e Anna Streim.
Il bimbo viene battezzato nel giorno della sua nascita, nella Chiesa di “St. Ulrich”, dove – nell’inverno del 1800 – si erano sposati i suoi nonni materni, Maria Anna Rober (figlia di un pasticciere) e Joseph Streim (un cocchiere immigrato dall’Austria Inferiore).
Agosto del 1800: nella medesima Chiesa, viene battezzata Anna Streim, sua madre.

Il giovane Strauss è predisposto agli studi musicali, ma suo padre è sempre contrario che anche il figlio diventi musicista, dal momento che tale padre ha già deciso per il figlio la carriera sicura di bancario.
Dopo le scuole elementari, frequenta la scuola media assieme al fratello Josef presso il collegio scozzese che sorge a Freyung, in centro alla città (l’istituto è retto dai Benedettini ed è una delle scuole più importanti di Vienna).

Nel 1839: successivamente alla malattia del padre, Johann e Josef diventano Cantori nel Coro della “Chiesa di St. Leopold”, cosa che li esonera dal pagamento della retta scolastica.

Dal 1841: Johann frequenta il “Politecnico” di Vienna, nella parte ad indirizzo Commerciale e, nonostante il dvieto del padre, la madre lo appoggia nel prendere segretamente lezioni di Violino e di Teoria della Musica; il suo primo Maestro è Franz Amon, il Primo Violino dell’orchestra di suo padre.
Però, Johann padre, scopre la cosa e, arrabbiatissimo, scaraventa a terra il violino, spezzandolo.

1843: Joseph Lanner muore e Johann abbandona gli studi commerciali per dedicarsi completamente alla Musica.
Dopo il forte litigio con il marito, la madre difende apertamente il figlio, permettendogli di proseguire la propria formazione musicale e di diventare professionista.
Estate del 1843: la cosa è possibile soprattutto perché Johann padre lascia la famiglia e va a vivere con la sua giovane amante, la modista Emilie Trampusch, dalla quale avrà altri otto figli

1843-1844: Johann prese lezioni di Violino da Anton Kohlmann, Violinista delle opere di Corte e corripetitore di balletto; proprio Kohlmann certificò e attesta che il suo allievo è un buon violinista e che sue composizioni rivelano un buon talento.
Talento riconosciuto poi anche dal compositore Josef Drechsler che, dal 1844, è Maestro di Cappella alla Cattedrale di Santo Stefano e che istruisce Strauss nel Basso Continuo.
4 agosto 1844: è proprio Drechsler che dirige, in forma di offertorio, la prima esecuzione della prova d’esame di Johann, la piéce corale per quattro voci “Tu qui regis totum orbem”, nella “Kirche zu den neun Chören der Engel di Am Hof”, nel centro della città.

Estate 1844: Anna Streim chiede e ottiene il divorzio da Johann Strauss padre, battendosi per il pagamento ritardato dovutole per gli alimenti che le spettavano per i figli.

 

Il debutto nel mondo della Musica: L’annuncio del debutto di Strauss figlio al Casinò Dommayer:

8 ottobre 1844: stipula un contratto con 24 musicisti reclutati alla taverna “Zur Stadt Belgrad”, dopo che, all’inizio di settembre, ottiene l’autorizzazione, a “Guadagnarsi da vivere come direttore d’orchestra che dirige anche imprese musicali”.

Johann Strauss padre è capace di esercitare grandissima influenza psicologia su molti
locali di intrattenimento che sono alquanto cauti nell’assumere Johann il Giovane (salvo il “Casinò Dommayer”): idem, nello stesso mese di ottobre, Strauss padre tenta di impedire l’esordio del figlio minorenne ricorrendo alle Autorità rekative, ma inutilmente.

15 ottobre 1844: serata danzante al “Casinò Dommayer”, in occasione delle celebrazioni teresiane, con orchestra e composizioni proprie, dove comincia la carriera musicale di Johann Strauss figlio, esibendosi per la prima volta, senza l’approvazione del padre (padre che incarica alcuni suoi collaboratori di presenziare e di riferire).
Annunci sui giornali e ampia curiosità del pubblico richiamano una folla numerosa ed entusiasta al primo concerto di Strauss.

Il programma della serata include l’Ouverture dall’opera di Auber “La muta di Portici”, l’Ouverture da “Sirena” (ancora di Auber), l’Ouverture da “Roberto il Diavolo” di Meyerbeer seguita dalle prime composizioni di Johann: “Gunstwerber valzer op. 4”, “Herzenslust polka op. 3”, “Debut-Quadrille op. 2” e “Sinngedichte valzer op. 1”.
Al termine, Johann rende omaggio al padre attraverso la direzione dirigendo del suo valzer più celebre: “Loreley-Rhein-Klänge op. 154”

Una serata-trionfo, un successone; gli amici di Strauss padre (che, all’ inizio, lo fischiano per creargli difficoltà) si uniscono agli applausi.
Il pubblico del locale si entusiasma e richiede, sempre di più, i brani: Strauss ne ripete alcuni per diciannove volte.

Le prime quattro opere di Strauss figlio saranno pubblicate a Vienna dall’editore musicale della corte imperiale Pietro Michetti tre mesi dopo.

 

I primi passi:

Prima dell’esordio di Strauss figlio, molti locali non lo vogliono “tenere a Battesimo” nelle loro serate danzanti per non offendere Strauss padre ma, presto, lo invitano e, come era accaduto per Strauss padre e Lanner, i Viennesi originano due fazioni verso il giovane o il vecchio Strauss.
Padre e figlio usano metodi musicali diversi per conquistare Vienna: il giovane Strauss si rivolge alla gioventù viennese attraverso “Die Jungen Wiener op. 7 (“I giovani viennesi”) e alle minoranze nazionali dell’Impero austriaco, attraverso opere o citando nelle composizioni le melodie dei balli nazionali: “Czechen-Walzer op. 13”, “Serben-Quadrille op. 14”, “Slaven-Pot-pourri op. 39”.

1845: il primo compito importante di Strauss è qello di “Maestro di Cappella del II Reggimento cittadino di Vienna”, a seguito della prematura morte di Joseph Lanner, nel 1843.
Per tale nomina, Strauss esprime la sua gratitudine agli ufficiali del reggimento dedicando loro la “Patrioten-Marsch op. 8”.

Strauss padre è “Maestro di Cappella del I Reggimento”, per cui, a volte, i due Strauss si incontrano e marciano alla testa dei loro complessi, salutandosi e dirigendo la stessa marcia.

Giugno 1846: Johann Strauss inizia la sua prima breve tournée che lo porta a Pest, capitale dell’Ungheria, dove eseguì per la prima volta la “Pesther Csárdás op. 23”.

Ottobre 1847-primavera 1848: prima lunga e impegnativa tournée di Strauss, che lo porta da Pest fino a Belgrado e a Bucarest dove, per la prima volta, esegue il valzer “Klänge aus der Walachei (“Suoni dalla Valacchia”) op. 50″, la “Marien-Quadrille op. 51” e la “Annika-Quadrille op. 53”, tre composizioni che richiamano motivi della Valacchia.

 

La rivoluzione del 1800:

Le Rivoluzioni che attraversano l’Europa raggiungono il culmine nel 1848, arrivando anche a Venna, il 13 marzo 1848, evidenziando le divergenze fra i due Strauss: il padre è sostenitore della Monarchia e il figlio sostiene i Rivoluzionari.

Inizio 1848: Johann sta effettuando la sua prima tournée in Serbia e in Romania e, al giungere della rivoluzione in città, Strauss è impegnato in una serie di concerti a Bucarest.
Ne “I giorni delle barricate”, rientra a Vienna, dove si schiera subito dalla parte dei rivoltosi (giovani studenti, per la maggior parte) attraverso le proprie musiche: “Freiheitslieder (“Canti per la libertà”) valzer op. 52″, “Revolutions-Marsch (Marcia della Rivoluzione), op. 54”, “Burschen-Lieder (Canti dei ragazzi) op. 55”, “Studenten Marsch (Marcia degli studenti) op. 56”, “Liguorianer Seufzer Scherz-Polka (Sospiro dei Liguoriani) polka op. 57″, Brünner Nationalgarde Marsch (Marcia della guardia nazionale di Brno) op. 58”, “Geisselhiebe-Polka (Polka della frustata) op. 60”.

3 dicembre 1848: il giorno seguente all’Incoronazione di Francesco Giuseppe (quale nuovo imperatore dell’Impero d’Austria), Johann Strauss dirige la “Marsigliese” (a quel tempo, vietatissima) durante un Concerto pubblico nella locanda “Zum Grünen Thor”, nel quartiere di Josefstadt, cosa che gli vale l’arresto e la segnalazione nei verbali della Polizia; cosa che,
in seguito, si rivela profondamente dannosa per la sua futura carriera.
Infatti, la tanto sognata nomina a Direttore dei balli di Corte (K.K. Hofballmusikdirektor) gli viene negata per due volte.

Invece, Johann Strauss padre, sempre fedele alla Monarchia Asburgica, compone per il Feldmaresciallo Josef Radetzky (vittorioso nella battaglia di Novara contro Carlo Alberto) la sua celeberrima “Radetzky-Marsch (“Marcia di Radetzky”) op. 228.

 

Un unico Strauss:

Moti rivoluzionari: i mesi seguenti sono difficili per entrambi gli Strauss e, mentre il figlio viene criticato aspramente dagli ambienti più conservatori, il padre è criticato duramente e contestato dai rivoluzionari delusi per la sua condivisione verso la Monarchia.

L’ultima tournée lo conduce a Praga, in diverse città tedesche e a Londra dopodiché, rientrato a Vienna, Johann Strauss padre muore il 25 settembre 1849.

Scomparsa che rende Strauss ancora oggetto di attacchi e di critiche, a cui – il 3 ottobre 1849 – risponde con un articolo pubblicato sul “Wiener Zeitung”.
«Degno di compassione è ogni figlio costretto a piangere su questa terra la morte del padre troppo presto scomparso; ma ancor più degno di compassione è colui il quale vede il proprio destino segnato dalle sventure dei rapporti familiari sbagliati e che dopo essersi esposto al giudizio non di rado parziale della società deve sentire il giudizio su se stesso e sui propri compagni dalle malelingue dei propri nemici senza alcuna arma per potersi difendere se non il ricorso ad una casa, una casa di una gioventù troppo presto accantonata, alla madre abbandonata e ai fratelli minorenni. Ho utilizzato tutto il mio talento per sostenere e per dar da mangiare alla mia famiglia… A ciò non valse, come i miei nemici più ostili hanno scritto, ingaggiare un duello con un maestro venerato e affermato come fu il mio amato padre;… Voglio essere degno, foss’anche della più piccola parte, di quanto il mio meritevolissimo padre ha seminato e, nello stesso tempo, assolvere i miei doveri verso madre e fratelli…»
(Johann Strauss)

Per cui, Johann Strauss vince ogni resistenza e, per la prima volta, il 7 ottobre 1849, dirige l’orchestra che era stata del padre nel Salone del “Volksgarten”, mentre – il seguente 11 ottobre – salì nuovamente sul podio del Complesso per dedicare al genitore scomparso il “Requiem di Mozart”.
Pur esisyendo difficoltà iniziali, a causa dell’avversione di una parte degli strumentisti, Johann riesce ad unire le due orchestre, divenendo così l’unico Strauss della città.

 

Johann e i suoi fratelli: la “Ditta Strauss” con Eduard e Josef Strauss.

1800, Anni Cinquanta: per la prima volta, la popolarità di Strauss raggiunge il proprio apice quando Eduard Hanslick (il più importante critico musicale viennese) lo definisce:
«Il miglior compositore di valzer contemporaneo.»
(Eduard Hanslick)

Strauss compone anche polke, marce, quadriglie e tutti i balli alla moda, del tempo.

L’orchestra di Strauss si esibisce sovente in ritrovi e locali quali il “Dommayer”, lo “Sperl”, il “Prater” e altri già citati.

Nel periodo di Carnevale, Strauss dirige spesso orchestre impegnate in più balli, spostandosi in carrozza da un ballo all’altro per rispettare gli annunci che garantiscono la sua presenza alle serate.

1853: la sua salute è danneggiata dallo stress eccessivo che gli provoca un crollo psicofisico, per cui i medici gli impomgono un periodo di completo riposo.

Allora, Josef viene chiamato a sostituire il fratello nella Direzione dell’Impresa di famiglia., perfezionandosi sotto la guida di Amon e che il
31 agosto 1853, presenta il suo primo valzer: “Die Ersten und Letzten” (“I primi e gli ultimi”).
L’ingresso di Josef consente a Johann, una volta rimesso, di dedicare più energie alla composizione e meno alla Direzione.
Josef ottiene degli ottimi risultati, fino a quando gli impegni diventano troppi anche per lui, per cui subentra il giovanissimo Eduard che comincia la sua carriera musicale come arpista in una delle orchestre del fratello Johann.

1861: per la prima volta, i tre fratelli si esibiscono assieme, con tre orchestre, nelle cosiddette galoppate-monstre.
In questa occasione vennero eseguiti anche galoppi di Strauss padre e di Lanner con un nuovo finale composto appositamente da Johann e Josef e suonato dalle tre orchestre riunite.
e che, dopo avere preso lezioni di arpa, violino, pianoforte e teoria musicale, debutta come Direttore d’Orchestra.

1865: un lavoro collettivo dei tre fratelli è il valzer “Trifolien” (“Il Trifoglio”) e,
nel 1868, nasce la “Schützen-Quadrille” (“Quadriglia dei Tiratori).

I tre fratelli Stauss concentrano maggiormente le loro creazioni nel periodo di Carnevale per il quale, a Vienna, si festeggia per settimane con balli e concerti di beneficenza: la cosa diventa una consuetudine per loro che la tengono L “Volksgarten”.

1870: in occasione del ballo per l’inaugurazione del palazzo della “Gesellschaft der Musikfreunde” (“Associazione degli Amici della Musica”), i tre Strauss presentano una serie di nuovi brani per solennizzare l’occasione.
Per l’avvenimento, Johann esegue il valzer “Freut Euch des Lebens (“Godetevi la Vita”) op. 340″ e, con l’occasione si rendono conto che i membri dell’associazione sono sensibili anche alla loro musica, oltre a quelle di Mozart, Beethoven, Brahms.

Marzo 1870: ogni domenica pomeriggio, Eduard diresse un concerto nella grande sala del “Musikverein”.
Queste esibizioni, sono definite Concerti-Promenade sull’esempio di quelli londinesi, dirige qualche “prima” di Johann e i “Concerti-Promenade” rimangono un appuntamento fisso fino agli Anni Novanta del 1800.

Inizia la fusione fra la musica degli Strauss e la sede degli “Amici della musica”, unione che vive ancora oggi: il tradizionale “Concerto di Capodanno” offerto dai “Wiener Philharmoniker” viene effettuato proprio nella sala dorata del “Musikverein”.

1870: Josef scompare prematuramente inferendo un colpo ai due fratelli rimasti (Johann ed Eduard), e le divergenze già esistenti fra loro aumentano ancora di più.
In una lettera indirizzata ad Eduard in tarda età, Johann scrive ciò che la moderna Psicologia spiegherebbe con disagi psichici provocati dal comportamento paterno:
.)«Tu vedi sempre tutto nero, pensi sempre che io ti voglia fare qualcosa di male.Smetti una buona volta di fare queste stupide uscite! Quanti anni dovrai avere per capire finalmente che tuo fratello non è un tuo nemico? Hai già una certa età, io ho 10 anni più di te, anche se vivessimo tutti e due per mille anni, troveresti sempre un motivo per lamentarti…»
(Johann Strauss jr).

 

I viaggi, Strauss conquista l’Europa e il Mondo: La Russia:

1855: la società ferroviaria russa, che gestisce la linea Zarskoje-Selo, contatta Strauss lo ingaggia come Maestro di Cappella per i Concerti estivi a Pavlovsk, vicino a San Pietroburgo.
Per rendere più redditizia l’attività della linea ferroviaria San Pietroburgo/Pavlovsk , Strauss si esibirà nel “Vauxhall”, un elegante locale che sorge nei pressi della stazione.
I dirigenti ferroviari puntano a rilanciare il sito come nuovo punto di ritrovo per l’aristocrazia russa, grazie alla presenza di Johann Strauss che accetta la proposta ed esordisce nell’aprile 1856 con un Concerto d’esordio che ottiene successo e fa guadagnare allo stesso Strauss un contratto biennale per tenere concerti per circa tre mesi all’anno (nel periodo estivo) e garantendogli i liberi vaggi sulla linea ferroviaria.

In breve, Pavlosk diventa un punto obbligatoriao della nobiltà russa e, ai Concerti di Strauss presenziano in diverse occasioni lo zar Alessandro II, la sua Corte e anche il giovane Rimskij-Korsakov per il qule Johann dirige alcune sue prime assolute.
Strauss dedica alla buona società russa molti suoi lavori: compone la “Krönungsmarsch (“Marcia dell’Incoronazione”) op. 183″, per lo Zar, in occasione dell’incoronazione dello Zar Alessandro II a Mosca nel 1856, e anche il valzer “Krönungslieder (“Canti per l’Incoronazione”) op. 184″, dedicato all’Imperatrice russa.

1856-1865 e 1869: a Pavlovsk, complessivamente, Strauss suona per undici estati: con i programmi dei Concerti ha la possibilità di dirigere sue composizioni, oltre ad ouvertures, brani da sinfonie, frammenti e poutpourris di lavori operistici non ancora conosciuti in Russia, e oltre anche pezzi solistici.
1865: dirige la prima esecuzione del “Tanz der Magde” (“Ballo delle Vergini”) di Tchaikovsky.
A Pavlovsk, per lo Zar Alessandro III, compone la “Russischer-Marsch (“Marcia Russa”) op. 426″.

Parigi: l’Esposizione Universale del 1867:

1867: il mecenate parigino, il Comte Universale”, conducendo l’ Orchestra berlinese del compositore di musica da ballo Benjamin Bilse.
28 maggio 1867: esibizione di Strauss in una festa organizzata dal principe Richard Von Metternich (figlio dell’ex Cancelliere austriaco) e da sua moglie Pauline, presso l’ “Ambasciata austriaca.
1866: per il Carnevale di tale anno, Strauss dedica alla Principessa Pauline, il valzer “Wiener Bonbons” (‘Caramelle Viennesi’) op. 307″.

Da giugno ad ‘inizio mese di agosto 1867: il compositore dirige alcuni Concerti nel locale parigino “Cercle International”, alternandosi alla direzione con Bilse.
Giovanni Ippolito Villemessant, caporedattore del quotidiano parigino, “Le figaro”, per Strauss, mette in moto la macchina della propaganda pubblicitaria, pianificando una “Festa di Artisti” nei locali della redazione; per l’occasione Strauss compone la “Figaro-Polka op. 320”, dedicata al caporedattore, che viene subito stampata e pubblicata come supplemento del giornale.

La “Revue et Gazette Musicale de Paris” scrive:
«Strauss non è solo un direttore, egli è un eccellente violinista; con la magia del proprio arco egli domina tanto i propri musicisti quanto il pubblico…»

Durante uno di questi concerti tenuti a Parigi, Johann ripropone un valzer eseguito a Vienna qualche mese prima: “An der Schönen Blauen Donau (“Al bel Danubio blu”) op. 314″, che lì viene consacrato a livello internazionale e accolto trionfalmente.

Gennaio-marzo 1877: Strauss si reca di nuovo a Parigi, dove dirige alcuni Concerti-Monstre, conseguendo un grande successo con i balli dell’ “Opéra”, grazie anche alla collaborazione del Direttore d’Orchestra e Compositore Olivier Métra.

Fine marzo 1877: il Presidente francese Patrice de Mac-Mahon, insignisce Strauss del titolo di “Cavaliere della Legion d’Onore”.

A Londra:

A seguito dei successi di Parigi, Strauss è invitato dal Principe di Galles per esibirsi a Londra, dove si reca accompagnato dalla prima moglie, Jetty.
15 agosto-26 ottobre 1867: qui, presso la “Royal italian Opera House”, al “Covent Garden”, tiene sessantatré “Concerti-Promenade”.
La moglie Jetty, in diversi momenti, canta arie e Lieder, accompagnata al pianoforte dal marito e, a Londra, hanno un buon ricordo di lei come cantante lirica: infatti, nel 1849 si esibisce al fianco di Johann Strauss padre.

In questo periodo londinese vengono composti il valzer “Erinnerung an Covent Garden (‘Ricordo del Covent Garden’) op. 329” e la “Festival-Quadrille op. 341”, una quadriglia su arie inglesi.

21 settembre 1867: a capo dell’orchestra di Giovanni Bottesini (il primo Direttore di “Aida” di Verdi), Strauss dirige la prima londinese del valzer “An der Schönen Blauen Donau” (‘Al bel Danubio blu’) op. 314″, nella versione originale per coro e orchestra.
Il Times commenta:
«Il signor Strauss, che rassomiglia molto al padre nei modi, possiede in gran parte anche quelle qualità che condussero il padre stesso al successo. Egli dirige l’orchestra come suo padre, con il violino in mano e si unisce all’orchestra per suonare i principali passaggi. E lo fa con una trascinante vivacità…»
(Times)

Come trent’anni prima era successo a suo padre, questi concerti a Londra e a Parigi, danno a Strauss, notevole fama internazionale.

La tournée statunitense del 1872: il Giubileo della Pace a Boston:

Primavera 1872: Strauss viene invitato dal Direttore d’Orchestra Patrick Sarsfield Gilmore, con Hans Von Bulow, a tenere una serie di concerti nell’ambito durante le “Manifestazioni per il Giubileo della Pace” che saranno tenute dal 17 giugno al 4 luglio dello stesso anno, a Boston.

Strauss non è convinto di affrontare un viaggio così lungo, per cui la moglie Jetty lo persuade ricordandogli l’alto onorario di 100.000 dollari per quattordici concerti.
Pretende il deposito sul suo conto nella banca viennese prima di partire dall’Austria e la garanzia di tutte le spese di viaggio, vitto, alloggio e personale di servizio.

Inoltre, prima di iniziare il Vienna, Strauss redige il auo testamento.

L’interno del “Coliseum” di Boston:

1º giugno 1872: Johann e Jetty si imbarcano, raggiungendo New York il successivo 16 giugno. la mattina successiva, Strauss è già a Boston per le prove.

Al suo arrivo a New York, i giornali scrivono:
«Johann Strauss, il re del valzer, è chiaramente una brava persona. Parla soltanto tedesco, ma sorride in tutte le lingue.»
(World)

Il “Coliseum” è la Sede dell’evento ed è creato appositamente: è una enorme sala dalle dimensioni colossali (165 metri di lunghezza e 105 di larghezza) in cui Strauss avrebbe dirige un’orchestra di 1500 elementi, aiutato da 100 Vice-Direttori, davanti ad un pubblico di 100.000 persone con l’esecuzione degli Inni nazionali inglese e americano.
Le orchestre tedesche, inglesi e francesi si uniscono alla banda della Marina americana e il Coliseum risuona di urla e grida di “EVVIVA!” e di “HURRAH!”.
l tutto in presenza del presidente Grant.

Strauss descriverà la sua esperienza come “la cosa più incredibile capitatagli durante i suoi viaggi”, per cui omaggia gli Stati Uniti a mezzo del “Jubille Waltz” (“Valzer del Giubileo”), nella cui coda finale inserisce un arrangiamento, a tempo di valzer, dell’Inno americano.

L’Italia:

Maggio-giugno 1874: l’impresario Ducci di Firenze invita Strauss a in Italia per una tournée di ventuno concerti da tenere nelle maggiori città del Bel Paese e un’offerta al musicista di 120.000 lire in oro.

3 maggio 1874: il Concerto d’Inaugurazione si tiene a Venezia, al “Teatro Rossini” e i due Direttori (Johann Strauss e Julius Lagerbach) si alternano sul podio proponendo, oltre a pagine di musica da ballo, anche l’Ouverture da “Mignon” di Thomas, una “Rapsodia Ungherese” di Franz Liszt e l’Ouverture dall’opera “Tannhäuser” di Richard Wagner.

5 maggio 1874: Strauss e Langerbach arrivano a Milano, dove ottengono grande successo attraverso l’esibizione al Teatro “Alla Scala” e dove, oltre ai citati lavori di Thomas e Liszt, vengono eseguiti l’Ouverture di Weber da “Oberon” e diverse pagine di Strauss, come “Wiener Blut”, “Al bel Danubio blu” e “Pizzicato-Polka”.
7 maggio ossia, due giorni dopo, a Milano: Strauss e Lagerbach è al Teatro “Dal Verme”, dove ripetono il successo precedente includendo l’Ouverture dell’opera “La muta di Portici” di Auber, i valzer “Geschichten aus dem Wienerwald”, “Wein, Weib und Gesang” e la “Perpetuum Mobile polka” di Strauss.

Maggio 1874: “La Gazzetta Musicale” di Milano dedica un ampio articolo allo spettacolo di successo e cita: “La chiave di quell’entusiasmo era la presenza in teatro di Verdi, al cui si volle fare un’ovazione”.

Il giorno seguente l’applaudito concerto al “Dal Verme”, Strauss e i suoi strumentisti vanno a Genova per l’esibizione al Teatro “Paganini”, dove esegue pagine proprie e musiche di Liszt e Wagner; ancora una volta, Langerbach dirige la Sinfonia da “Tannhäuser” di Wagner e una Rapsodia Ungherese di Liszt”.
Viene scritto che si tratta di un successo splendidissimo”.

9 maggio 1874: Strauss e Lagerbach sono al Teatro “Regio” in cui Strauss dà la prima esecuzione del suo ultimo valzer (espressamente composto per l’occasione), ossia “Bella Italia”, successivamente ribattezzato “Wo die Zitronen blühen (“Dove fioriscono i limoni”) op. 364″.

Poi, Strauss e Lagerbach toccano altre città fra cui Firenze e Livorno e, a fine maggio, a Napoli.

 

Gli anni settanta: l’esordio nell’operetta:

Johann Strauss Jr.
L’inizio degli Anni Settanta corrisponde ad un’importante pausa per Johann e per la famiglia Strauss, dal momento che Eduard diventa l’unico Direttore dell’Orchestra di famiglia, dopo la scomparsa prematura di Josef, il 22 luglio 1870.

Il 23 febbraio 1870, scompare Anna, la madre generosa, coraggiosa e determinata, guida dei suoi tre figli sulla strada del successo artistico.

1871: Johann lavora quasi esclusivamente alla composizione di Operette, il nuovo genere che si sta affermando a Vienna, per cui i Concerti da lui diretti in prima persona si diradano notevolmente.

Inizi Anni Sessanta: a Vienna, il primato di Strauss è messo in discussione da un compositore tedesco naturalizzato francese: Jacques Offenbach, maggiore di sei anni di Strauss e, come Strauss, aveva origini ebraiche.

Metà degli Anni Cinquanta: si trasferisce a Parigi, la città dei suoi grandi successi iniziali con il suo teatro leggero formato da umorismo e da fine parodia; tale genere teatrale viene ribattezzato da Offenbach ribattezza tale genere teatrale “Operetta”.

1864: Offenbach è in tournée a Vienna, dove succede l’incontro fra i due.
Offenbach tenta di convincere Strauss a cimentarsi nella composizione di operette.

Strauss non è convito ad avviare il discorso come operettista, per cui interviene segretamente la moglie Jetty, sottraendogli alcune melodie che passa a Max Steiner, impresario del “Theater an der Wien” e a cui dà un testo.
Qualche sera dopo, Strauss si ritrova diversi cantanti di Steiner a casa propria che intonano alcune sue melodie, lasciandolo sorpreso.
Dopo parecchia opposizione, Jetty e Steiner lo convincono e Strauss accetta il libretto di Joseph Braun, già collaboratore di Franz Von Suppè (il “Padre dell’Operetta viennese”).

Ispirandosi al celebre successo di Otto Nicolai, “Die lustigen Weiber von Windsor” (“Le (“Le allegre comari di Vienna”) che, però non viene mai rappresentata perché Strauss non accetta dispute riguardanti la scelta degli interpreti e preferisce ritirare lo spartito.

Alcune parti dell’operetta “Die lustigen Weiber von Wien” sarebbero state successivamente impiegate, con un libretto diverso di Maximilian Steiner, nella prima operetta di Strauss, “Indigo und die vierzig Räuber” (prima, come “Indigo e i quaranta ladroni” e, poi, come “Le mille e una notte o , und eine Nacht”); operetta che viene rappresentata il 10 febbraio 1871, al “Theater an der Wien” dando a Strauss l’esordio sui palcoscenici, definendo il lavoro come avvenimento teatrale di grande importanza ed elogiato dalla critica.

Negli anni seguenti, il fratello Eduard (che, nel frattempo, il 18 febbraio 1872, succede al fratello Johann nell’incarico di Direttore dei Balli di Corte: carica che manterrà fino all’inizio del XX secolo) conduce al debutto i brani di musica da ballo tratti dalle melodie delle sue operette.

1º marzo 1873: al “Theater an der Wien”, al “Der Karneval in Rom” (“Il Carnevale a Roma”), con il libretto di Joseph Braun e Carl Lindau, il pubblico riserva un’accoglienza tiepida.

5 aprile 1874: viene tenuta la prima rappresentazione dell’operetta “Die Fledermaus” (“Il Pipistrello”), che riscuote un successo strepitoso.

Negli anni successivi, seguono operette con esiti deludenti e che non si affermano nei repertori dei teatri: “Cagliostro in Wien” (“Cagliostro a Vienna”, libretto di Camillo Walzel e Richard Genée, andata in scena il 27 febbraio 1875 al “Theater an der Wien”), ” Prinz Methusalem” (“Principe Matusalemme”, libretto di Karl Treumann ed Alfred Delacour, rappresentata il 3 gennaio 1877 al “Carltheater” di Vienna, “Blindekuh” (“Mosca cieca”, libretto di Rudolf Kneisel, la cui “prima” è il 18 dIcembre 1878 al “Theater an der Wien” e “Das Spitzentuch der Königin” (“Il fazzoletto di pizzo della Regina”, libretto di Heinrich Bohrmann-Riegen e Richard Genée, in scena il 1º ottobre 1880 al “Theater an der Wien” [che, nella versione di James Frenor, debutta al “Casino Theatre” per il “Broadway Theatre” di New York il 21 ottobre 1882, arrivando a 113 recite]).

“Eine Nacht in Venedig” (“Una notte a Venezia”, del 1883): Strauss non conosce la trama del lavoro e, quando riesce a leggere il libretto per intero rimane demoralizzato.
Così racconta l’episodio:
«Non avevo mai visto i dialoghi, ma soltanto le parole delle arie da musicare. Perciò in alcune parti avevo messo troppa nobiltà che non si adattava all’opera considerata nel suo complesso… Alla prova generale, quando conobbi tutta la vicenda nel giusto ordine, rimasi inorridito.»
(Johann Strauss)

25 novembre 1881: al “Theater an der Wien”, l’operetta “Der lustige Krieg” (“L’allegra guerra”) con il libretto di Camillo Walzel e Richard Genée, ottiene un successo assoluto con applausi calorosissimi.

Gli anni della maturità artistica:

1884: Serata di Gala al “Theater an der Wien” per festeggiare i “Quarant’anni dal debutto artistico di Johann Strauss”, avvenuto il 15 ottobre 1844.
Serata che gli porta moltissime congratulazioni che gli arrivano dai suoi illustri colleghi (Verdi, Suppè e Rubinstein) e da celebri personalità del tempo (Bismarck e Mahon).
Strauss dirige l’Ouverture dall’operetta “Indigo”, il primo atto dell’operetta “Eine Nacht in Venedig”, il valzer “An der schönen blauen Donau” e il secondo atto dell’operetta “Die Fledermaus”, inserendo anche personaggi di sue altre operette.
La sua città lo nomina “Cittadino di Vienna” con tutti gli onori.

24 ottobre 1885: la “prima” dell’operetta “Der Zigeunerbaron” (“Lo Zingaro barone”) avviene al “Theater an der Wien” sotto la personale direzione di Strauss, conseguendo successo.
Le melodie ungheresi e viennesi garantiscono le repliche che arrivano adottantasette, senza interruzione, al “Theater an der Wien”.
Inoltre’operetta esordisce inoltre presso oltre centoquaranta teatri diversi, fino al 1899.

Aprile 1886: Strauss, accompagnato dalla terza moglie Adele, si reca per l’ultima volta a San Pietroburgo e a Mosca, facendo tappa anche a Pavlovsk: nessuno ha dimenticato gli entusiastici successi di anni prima.

1887: Strauss accetta il libretto di “Simplicius”: testo proposto da Victor Léon (futuro librettista de “La vedova allegra” di Franz Lehár).
il 17 dicembre 1887: prima rappresentazione al “Theater an der Wien” dove non ottiene alcun riconoscimento né alla prima né alle successive versioni rielaborate seguenti.

Rielaborando i motivi delle operette create in quegli anni, nascono i valzer “Rosen aus dem Süden op. 388” (basato su motivi dell’operetta “Das Spitzentuch der Königin”), Kuss-Walzer op. 400 basato su motivi dell’operetta “Der lustige Krieg”), “Lagunen-Walzer op. 411” (basato su motivi dell’operetta “Eine nacht in Venedig”), “Schatz-Walzer op. 418” (basato su motivi dell (‘operetta “Der Zigeunerbaron”), “Donauweibchen op. 427” (basato su motivi dell’operetta “Simplicius”).
Altri celebri lavori che nascono sono i valzer “Frühlingsstimmen” (‘Voci di Primavera’, 1883) op. 410″ e il “Kaiser-Walzer op. 437” (“Valzer dell’Imperatore”, 1889).

Da sempre, Strauss desidera comporre un’opera vera e propria per cui accetta il libretto di Ludwig Doczi intitolato “Ritter Pásmán” (“Cavaliere Pásmán”), ispirato a una ballata del poeta ungherese János Arany.
L’ambientazione magiara appassiona il musicista in questa esperienza nuova.
1º gennaio 1892: dopo tre anni di lavoro, “Ritter Pásmán”, viene rappresentata all’ “Opera di Stato” ma il lavoro non ottiene un grande successo di pubblico e viene stroncato dalla critica, ad eccezione per la musica del balletto nel 3º atto.

Dopo la delusione riguardnte la sua unica opera, in seguito, Strauss torna ad impegnarsi nella composizione di operette, come “Fürstin Ninetta” (1893).

 

Gli ultimi anni e la morte:

30 marzo 1895: Strauss redige un nuovo testamento, nel quale nominò erede universale di tutti i propri beni la “Società degli Amici della Musica di Vienna”, di cui l’anno precedente è diventato Membro Onorario.
Stabilisce i vitalizi per la moglie Adele, per sua figlia Alice, per le sorelle Anna e Teresa e per altri fedeli collaboratori.

24 marzo del 1897: Strauss aggiunse un codicillo al testamento con alcune modifiche a favore della figlia di Adele, mentre esclude da ogni lascito testamentario il fratello Eduard:«Se io non ho pensato al mio caro fratello Eduard, il motivo è da ricercarsi soltanto nel fatto che egli si trova in una condizione di vita particolarmente favorevole.»
(Johann Strauss)

Gli ultimi anni di vita, Strauss li trascorre dividendosi fra le sue quattro case: quella in città nella Igelgasse, quella a Hietzing nei sobborghi di Vienna, la tenuta di campagna a Schönau an der Triesting e la villa estiva a Ischl.

Strauss continua a comporre, preferibilmente, nelle ore notturne.
La salute fisica e soffriva tuttavia di buona, ma soffre di depressioni sche, spesso, lo fanno chiudere in sé stesso e sfuggire gli amici.
La causa, sicuramente, è da imputare al dolore che lo tocca profondamente dato dalla morte di molti suoi vecchi amici, come Clara Schumann e Anton Bruckner (scomparsi entrambi nel 1896) e soprattutto la scomparsa di Brahms, nel 1897, cui era stato legato da una forte amicizia e stima per molti anni.

22 maggio 1899: Johann Strauss è all’ “Opera di Corte” per dirigere una rappresentazione del “Fledermaus”: dopo l’Ouverture, però, chiede di essere sostituito perché ha alcune vertigini: è la la sua ultima apparizione in pubblico.
Due giorni dopo, mentre si trovava al “Prater” ha un malore, per cui si mette a letto, ma la sua salute peggiora velocemente e subentra una polmonite.

Così, ci è pervenuto:

< Ricordando le ultime ore del marito, Adele scrisse:

«Il 1º giugno 1899, povero Jean, in un momento di delirio, continuava a chiamare me e mia figlia incessantemente, nonostante noi fossimo state entrambe sul suo letto di morte. E quando ci riconobbe, un sorriso stanco passò sulla faccia pallida e sui suoi occhi malinconici (che in altri tempi erano stati così brillanti) e mentre stava lottando per l’ultimo respiro, cantò una straziante canzone! Una vecchia canzone, ben conosciuta da me e mia figlia, ma che non l’avevo mai sentita cantata da lui. Pronunciò solennemente, con le sue labbra pallide, delle parole che risuonarono in maniera spettrale nella stanza: Brüderlein fein, Brüderlein fein, einmal muss geschieden sein! (Piccolo fratellino, piccolo fratellino, un giorno ci dovremo dividere!). Il mattino del 3 giugno mi prese la mano, la baciò due volte senza parlare. Fu la sua ultima carezza. Nel pomeriggio, alle 16.15 morì fra le mie braccia.
(Adele Strauss)

< Alla stessa ora, al “Volksgarten”, Eduard Kremser sta dirigendo un concerto benefico per raccogliere i fondi per il progettato monumento a Lanner e Strauss padre, nel Cimitero di Dobling.
< Qualcuno si avvicinò e parla a Kremser, avvisandolo della scomparsa del Maestro, e fa fermare l’orchestra.
Davanti al pubblico silenzioso e attonito vengono subito cambiati gli spartiti: Kremser attacca il tremolio e le prime note del “Danubio blu”.

6 giugno: nella Chiesa Evangelica del I distretto, la Cerimonia Funebre è seguita dal trasporto della salma al Cimitero Centrale, nell’area dedicata ai grandi compositori: qui, viene tumulata in una tomba onoraria messa a disposizione dalla città di Vienna a fianco di Schubert, Beethoven e Brahms.
Le case espongono drappi a lutto e le strade sono chiuse al traffico, per la partecipazione digran molte di personalità che presenti al corteo funebre

Fra le ultime personalità accorse al suo capezzale, Mark Twain (che si trovava a Vienna), qualche giorno, dopo la scomparsa di Strauss, scrive alla vedova Adele:
«Quando ho chiacchierato e fumato il sigaro a casa vostra con il sig. Strauss egli sembrava aver ritrovato la sua energia; era sveglio, pronto, brillante nella conversazione… Sembra impossibile che sia morto! Sono felice di aver avuto il privilegio di incontrarmi con lui e questo incontro rimarrà un bellissimo ricordo per me…»
(Mark Twain)

Composizioni:

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Composizioni di Johann Strauss (figlio).

Operette:

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Operette di Johann Strauss (figlio).

Opere:

Ritter Pásmán (Cavaliere Pásmán, 1892)

Balletti:

Aschenbrödel (Cenerentola, 1899)

Valzer:

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Valzer di Johann Strauss (figlio).

Polke:

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Polke di Johann Strauss (figlio).

Marce:

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Marce di Johann Strauss (figlio).

Matrimoni:

1862 – 1878 Henrietta Treffz

Onorificenze:

Cavaliere dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Imperiale di Francesco Giuseppe
— Conferita dall’Imperatore austriaco Francesco Giuseppe
Cavaliere del Regio Ordine Prussiano della Corona di IV Classe – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere del Regio Ordine Prussiano della Corona di IV Classe
— Conferita dall’Imperatore tedesco Guglielmo I
Croce dell’Ordine di Isabella la Cattolica – nastrino per uniforme ordinaria Croce dell’Ordine di Isabella la Cattolica
— Conferita da Maria Cristina d’Asburgo-Teschen, reggente di Spagna, 1888
Cavaliere dell’Ordine Persiano del Sole e del Leone – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Persiano del Sole e del Leone
— Conferita dallo Scià di Persia Nasser al-Din Shah Qajar, 1864
Grande Medaglia d’Oro al Merito dell’Impero Russo dell’Ordine di Aleksandr Nevskij – nastrino per uniforme ordinaria Grande Medaglia d’Oro al Merito dell’Impero Russo dell’Ordine di Aleksandr Nevskij
— Conferita dallo Zar di Russia Alessandro II
Medaglia dell’Ordine Turco di Mejidiyye – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia dell’Ordine Turco di Mejidiyye
— Conferita dal sultano dell’Impero Ottomano Abdul-Hamid II, 1892
Cavaliere di IV Classe dell’Ordine dell’Aquila Rossa – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di IV Classe dell’Ordine dell’Aquila Rossa
— Conferita dall’Imperatore tedesco Guglielmo I
Cavaliere della Legion d’Onore – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere della Legion d’Onore
— Conferita dal presidente francese Patrice de Mac-Mahon, 1877
Filmografia
Vienna di Strauss (Waltzes from Vienna), regia di Alfred Hitchcock (1934)
Una notte a Pietroburgo (Petersburger Nächte), regia di E.W. Emo (1935)
The Great Waltz, regia di Julien Duvivier (1938)
Sangue viennese (Wiener Blut), regia di Willi Forst (1942)
Die Fledermaus, regia di Géza von Bolváry (1946)
Die Fledermaus, regia di Géza von Cziffra (1962)
Danubio blu – Strauss Dynasty (The Strauss Dynasty), regia di Marvin J. Chomsky mini-serie tv (1991)
Strauss: The King of 3/4 Time, regia di Kit Hood (1995)

Battuto al computer da Lauretta

 

Johann Strauss (figlio), negli anni ottanta del 1800:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Johann_Strauss_Jr._1880%27s.jpg

File:Johann Strauss Jr. 1880's.jpg

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“AL BEL DANUBIO BLU”:

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“VALZER IMPERIALE”: https://youtu.be/LAVvBF7m260

.

OUVERTURE dall’operetta “IL PIPISTRELLO”:

https://www.youtube.com/watch?v=CGEgh9kivl4&pp=ygUjT1VWRVJUVVJFICJJTCBQSVBJU1RSRUxMTyIsIFNUUkFVU1M%3D

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GASPARE SPONTINI

  • Maggio 15, 2023 at 10:43 pm

Gaspare Luigi Pacifico Spontini nasce a Maiolati, nelle Marche (allora, parte dello Stato Pontificio), il 14 novembre 1774 e muore a Maiolati, il 24 gennaio 1851.

E’ un musicista italiano, esponente del Classicismo.

La sua famiglia è di umili origini, per cui i genitori lo inviano presso lo zio paterno per iniziare la carriera ecclesiastica, nonostante i suoi desideri e le sue inclinazioni siano musicali.
I primi studi musicali sono effettuati a Jesi e, nel gennaio 1793, viene accettato nel “Conservatorio della Pietà dei Turchini” di Napoli dove, fra gli altri, è allievo di Nicola Sala, e dove ben presto comincia a comporre.

 

Il periodo francese di Spontini:

1803: si trasferisce in Francia dove comincia una carriera di grandi successi.
Compone opere che acquisteranno fama: “Milton” (1804), “La Vestale” (1807), “Fernand Cortez” (1809) e “Olympie” (1819), che lo portano alla più alta attenzione presso la Corte di Napoleone prima e di Luigi XVIII poi.
In particolare, “La Vestale” viene accolta in modo trionfale, trattandosi di una “tragédie lyrique” neoclassica esemplare e idonea a rappresentare un’intera epoca, viene replicata addirittura 200 volte.
In questo periodo viene iniziato in Massoneria nella Loggia “L’Age d’Or” di Parigi.

 

Il periodo prussiano:

1820: La Corte del Re di Prussia, Federico Guglielmo III, chiama Spontini a Berlino e gli affida l’incarico di Primo Maestro di Cappella (l’attuale “Staatskapelle Berlin”) accanto alla “Soprintendenza Generale della Musica” (attuale “Staatsoper Unter den Linden”), col titolo di “Generalmusikdirektor”.

1840: Alla morte di Federico Guglielmo III, Spontini cade in disgrazia, per cui viene addirittura accusato e condannato per “lesa maestà” nei confronti di Federico Guglielmo IV.
In Germania, sarà Dresda a tributargli nuovi onori.

Idem, anno 1840: Spontini viene insignito dell’onorificenza pontificia di Conte di Sant’Andrea, dopo una parentesi in Inghilterra dove è accolto con grande onore dalla Regina Vittoria.

 

Il ritiro di Spontini a Maiolati e la morte:

Passa a Parigi e a Colonia, dopodiché – nel 1850 – si ritira a Maiolati dove muore il 24 gennaio 1851.
In onore del suo cittadino illustre, Maiolati aggiunge la dicitura “Spontini” al proprio toponimo.

Spontini è filantropo e, in questo periodo, dona tutti i suoi averi per la creazione di importanti opere di beneficenza tra cui la “Casa di Riposo per Anziani”, la “Casa delle Fanciulle”, il “Monte di Pietà” per i poveri di Jesi e Maiolati.

Spontini, in omaggio alla sua sposa, Céleste Erard, in un’ampia area delle sue proprietà, crea il “Parco Colle Celeste” per il pubblico passeggio un giardino.

 

Considerazioni sull’artista:

Tra Domenico Cimarosa e Giovanni Paisiello – da un lato – e Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini, e Gaetano Donizetti – dall’altro – Spontini e Luigi Cherubini sono i più importanti rappresentanti del teatro musicale italiano dell’epoca e Spontini, nelle prime opere (composte in Italia), si adegua allo stile operistico napoletano e non sembra molto originale.
A Parigi, però, Spontini contatta un ambiente musicale più moderno e conscio, venendo a conoscenza della riforma gluckiana, dalla quale rimane influenzato: in questo periodo, scrive le sue opere più importanti (“La Vestale”, “Fernand Cortez” e “Olympie”), con una forte capacità creativa drammatica di tipo preromantico e chiara e solida di struttura di tipo neoclassico.
Inoltre, non passa inosservata la fedeltà della musica alla qualità drammatica e psicologica del testo, oltre alla nobiltà espressiva delle melodie.
Come Cherubini, Spontini cura molto la strumentazione delle proprie opere molto fini e allo stesso tempo potenti.

In conclusione, Spontini è il maggiore rappresentante musicale di quell’epoca carica di esaltazione eroica, collegamento fra i ricordi dell’antica Roma e le imprese di Napoleone Bonaparte.
Il suo stile e le sue innovazioni musicali e drammatiche influenzano gli autori successivi: Rossini, Weber, Wagner e gli autori dei Grand-Opéra francesi Meyerbeer e Auber.

Nella città di Ascoli Piceno, il prestigioso e storico “Istituto Musicale” fondato nel 1957, è intitolato al musicista di Maiolati.

Onorificenze:

Commendatore dell’Ordine di Luigi d’Assia (Granducato d’Assia) – nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine di Luigi d’Assia (Granducato d’Assia)

Cavaliere di III Classe dell’Ordine dell’Aquila Rossa (Prussia) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di III Classe dell’Ordine dell’Aquila Rossa (Prussia)

Ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore (Francia) – nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore (Francia)

Ufficiale dell’Ordine di Leopoldo (Belgio) – nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale dell’Ordine di Leopoldo (Belgio)

Cavaliere dell’Ordine al Merito della Corona Bavarese (Baviera) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine al Merito della Corona Bavarese (Baviera)

Cavaliere dell’Ordine di San Gregorio Magno (Stato Pontificio) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine di San Gregorio Magno (Stato Pontificio)

Cavaliere del Reale Ordine di Francesco I (Regno delle Due Sicilie) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere del Reale Ordine di Francesco I (Regno delle Due Sicilie)

Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace) – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell’Ordine Pour le Mérite (classe di pace) — 1842

Composizioni:

Opere:

Titolo Genere Atti Librettista Première Città, teatro
Li puntigli delle donne farsetta per musica 2 atti ignoto carnevale 1796 Firenze, Regio Teatro degli Intrepidi
Adelina Senese o sia l’Amore secreto dramma giocoso 2 atti Giovanni Bertati, dal suo libretto La principessa d’Amalfi per Joseph Weigl 10 ottobre 1797 Venezia, Teatro San Samuele
Il finto pittore farsetta/melodramma buffo? ignoto ignoto 1797/1798; 1800 Roma (?);
Palermo, Teatro Santa Cecilia
L’eroismo ridicolo farsa per musica 1 atto D. Piccinni carnevale 1798 Napoli, Teatro Nuovo sopra Toledo
Il Teseo riconosciuto dramma per musica 2 atti Cosimo Giotti 22 maggio 1798 Firenze, Regio Teatro degli Intrepidi
La finta filosofa commedia per musica 2 atti D. Piccinni 1º luglio 1799 Napoli, Teatro Nuovo sopra Toledo
La fuga in maschera commedia per musica 2 atti Giuseppe Palomba carnevale 1800 Napoli, Teatro Nuovo sopra Toledo
I quadri parlanti melodramma buffo ignoto ignoto 1800 Palermo, Teatro Santa Cecilia
Gli Elisi delusi melodramma buffo 2 atti M. Monti 28 agosto 1800 Palermo, Teatro Santa Cecilia
Gli amanti in cimento, o sia Il geloso audace dramma giocoso 2 atti Giovanni Bertati 3 novembre 1801 Roma, Teatro Valle
Le metamorfosi di Pasquale, o sia Tutto è illusione nel mondo farsa giocosa per musica 1 atto Giuseppe Foppa carnevale 1802 Venezia, Teatro Giustiniani in San Moisè
La petite maison opéra comique 3 atti Joseph Marie Armand Michel Dieulafoy e N. Gersin 12 maggio 1804 Parigi, Opéra-Comique, Salle Feydeau
Milton fait historique 1 atto Victor-Joseph Étienne de Jouy e Joseph Marie Armand Michel Dieulafoy 27 novembre 1804 Parigi, Opéra Comique, Salle Favart
Julie, ou Le pot de fleurs comédie en prose, mêlée de chants 1 atto Antoine Gabriel Jars 12 marzo 1805 Parigi, Opéra Comique, Salle Favart
La Vestale tragédie lyrique 3 atti Victor-Joseph Étienne de Jouy, da Monumenti antichi inediti (1767) di Johann Joachim Winckelmann 15 dicembre 1807 Parigi, Opéra
Fernand Cortez, ou La conquête de Mexique;
terza e quarta versione, in tedesco, come Fernand Cortez oder Die Eroberung von Mexiko tragédie lyrique 3 atti Victor-Joseph Etienne de Jouy e Joseph-Alphonse d’Esménard, da Alexis Piron;
seconda versione: revisionata da Victor-Joseph Etienne de Jouy;
terza versione: revisionata da Emmanuel Théaulon, tradotta da J. C. May;
quarta versione: revisionata da Karl August von Lichtenstein 28 novembre 1809;
seconda versione: 28 maggio 1817;
terza versione: 6 aprile 1824;
quarta versione: 26 febbraio 1832 Parigi, Opéra (prima e seconda versione);
Berlino, Königliches Opernhaus (terza e quarta versione)
Pélage, ou Le roi et la paix opéra 2 atti Victor-Joseph Etienne de Jouy 23 agosto 1814 Parigi, Opéra
Les dieux rivaux, ou Les fêtes de Cythère
(con Rodolphe Kreutzer, Louis-Luc Loiseau de Persuis e Henri Montan Berton) opéra-ballet 1 atto Joseph Marie Armand Michel Dieulafoy e Charles Brifaut 21 giugno 1816 Parigi, Opéra
Olympie;
seconda versione, in tedesco, come Olimpia;
terza versione, di nuovo in francese, come Olimpie tragédie lyrique 3 atti Joseph Marie Armand Michel Dieulafoy e Charles Brifaut, da Voltaire;
seconda versione tradotta e revisionata da E. T. A. Hoffmann 22 dicembre 1819;
seconda versione: 14 maggio 1821;
terza versione: 28 febbraio 1826 Parigi, Opéra (prima e terza versione);
Berlino, Königliches Opernhaus (seconda versione)
Nurmahal, oder das Rosenfest von Caschmir lyrisches Drama mit Ballet 2 atti Carl Alexander Herklots, da Lalla Rookh di Thomas Moore 27 maggio 1822 Berlino, Königliches Opernhaus
Alcidor Zauberoper mit Ballet 3 atti Marie-Emmanuel-Guillaume Théaulon de Lambert e C. Nutty, da Rochon de Chabannes;
traduzione tedesca di Carl Alexander Herklots 23 maggio 1825 (per celebrare il matrimonio di Federico d’Orange-Nassau e Luisa di Prussia il 21 maggio 1825) Berlino, Königliches Opernhaus
Agnes von Hohenstaufen lyrisches Drama 3 atti[6] Ernst Raupach (prima e seconda versione);
revisionata da Karl August von Lichtenstein e dal compositore (terza versione) 28 maggio 1827 (prima versione, comprendente solo il primo atto);
12 giugno 1829 (seconda versione in 3 atti);
6 dicembre 1837 (terza versione in 3 atti) Berlino, Königliches Opernhaus (tutte le versioni)

 

Altra musica per il teatro:

L’eccelsa gara, cantata, testo di Luigi Balocchi, Parigi, L’Impératrice (Salle Louvois), 8 febbraio 1806
Tout le monde a tort, vaudeville, Malmaison, 17 marzo 1806
Lalla Rûkh, Festspiel, testo di S.H. Spicker, da Thomas Moore, Berlino, Castello, 27 gennaio 1821
Qui vive, qui spiro la bella che adoro, aria con clarinetto obbligato
Sentimi, o padre amato, scena e aria
Se non piange un infelice, aria (per L’isola disabitata di Pietro Metastasio)
Immagini funeste, duetto (per L’isola disabitata di Pietro Metastasio)
Parlami Eurilla mia, duetto (come Parla Lisetta mia, in Le metamorfosi di Pasquale)
Grand Bacchanale per orchestra (per la rappresentazione in Parigi di Les Danaides di Antonio Salieri)

 

Arie e duetti:

Consiglio a Nice, arietta, testo di Giovanni Battista Bordese (Parigi, circa 1804)
Sensations douces, mélancoliques et douleureuses (Parigi, circa 1804):
I Toi dont l’amour
II Les graces, la beauté
III Vous n’êtes rien
IV Viens o divine mélodie
V Jours fortunés
VI Depuis l’instant affreux
3 romanze (Parigi, circa 1804):
I Chant du troubadour
II Etre aimé
III Les regrets
3 romances (Parigi, circa 1805):
I Le songe du prisonnier
II Le premier jour
III Romance
3 duos italiens (Parigi, circa 1806):
I Due bell’alme innamorate
II Ninfe, se liete viver bramate
III Oh dio, non sdegnarti
Les adieux d’un jeune croisé (Parigi, circa 1806)
Les riens d’amour (Parigi, circa 1806)
Flambeau d’amour (Parigi, circa 1811)
3 nocturnes, testi di Pietro Metastasio, per due voci (Parigi, circa 1811; ristampati come 3 Nocturni, Berlino, 1836):
I Fra tutte le pene
II Parto, sì parto
III Basta, così intendo
La nouvelle Valentine: stances élégiaques sur la mort de … Monseigneur le duc de Berry (Parigi, 1820)
Tout deuil: romance sur la mort du duc de Berry (Parigi, 1820)
Stances sur la mort de S.A.R. Mons. le duc de Berry, testo di Desaugiers (Parigi, 1820)
Les pleurs de Béarnais: romance sur la mort du Duc de Berry, testo di Delagarde (Parigi, 1820)
Mignon’s Lied, testo di Goethe (Berlino, forse 1830)
4 romances (Berlino, circa 1831):
I La petite sorcière, chansonette, testo di Ambroise Bétourné
II L’heureux gondolier, barcarola
III Il reviendra
IV Salut, vertes campagnes, notturno
Zephir und die Träume (Berlino)
6 oeuvres nouvelles (Parigi, forse 1839):
I Il faut mourir
II Le départ
III Le rêve d’Orient, testo di Léon Escudier
IV Mignon, testo di E. Deschamps, da Goethe
V Les regrets
VI Arietta
L’adieu (Parigi, 1840)
Che non mi disse un dì, testo di Pietro Metastasio, arietta; Es blühte ein Blümchen, testo di J.F.L. Duncker, romanza (in Album neuer Original-Compositionen für Gesang und Piano Berlino, circa 1840)
Spontini’s Lebewohl an seine Freunde in Berlin, testo di Spontini (Berlino, 1842)
A quinze ans, testo di Gayrard (Berlino, circa 1840–1850)
L’orphelin du malheur (Berlino, circa 1840–50)
Ben mio ricordati, testo di Metastasio (in Les cantilènes: album de chant)
La charité (Parigi, circa 1855)
L’inconstance
Le retour
Canzonetta tarantina, per soprano e basso continuo (Parigi, circa 1795)
La pêche de l’ambre: chant de Prusse orientale, duetto (Parigi, 1832)
Ma dernière plainte au bord de mon tombeau (Parigi, 1838)

 

Musica corale:

Leta voce et fide vera, motetto pieno, per due soprani, tenore, quattro voci e orchestra, circa 1794–1795
Preussischer Volksgesang (Borussia), testo di J.F.L. Duncker, per coro e orchestra, (Berlino, 1818; arrangiamento per orchestra come Grosser Sieges- und Festmarsch)
Gebet, Duetto und Hymnus, cantata per voci soliste, sei voci e orchestra (composta in occasione della visita dello zar a Berlino, 1826)
Gott segne den König, cantata, testo di Herklotz, Halle, 12 settembre 1829
An den Frieden, per tenore, voci e orchestra, 1831
Les cimbres, chant de guerre, per due tenori, baritono e pianoforte
Begrüsst den Tag, inno festivo, 1840
Domine salvum fac regem nostrum, per voci soliste, coro, organo, violoncelli e contrabbassi (composto per l’incoronazione di Federico Guglielmo IV, 1840)
Jesu Christe Domine, offertorio, per voci maschili, doppio coro e organo (Parigi, 1854)
Domine Jesu, per coro e organo

 

Musica strumentale:

Notturno, per orchestra, Napoli, 1795
Ballo marziale, per banda militare:
I Evoluzioni militari
II Preludio ai combattimenti ed alla vittoria sul campo di Marte
Geschwindmarsch, per banda militare (in Sammlung von Märschen für türkische Musik zum bestimmten Gebrauch der königlichen preussischen Armée)
4 Fackeltänze, per orchestra, per i matrimoni dei reali di Prussia (1822, 1823, 1825, 1829; anche in arrangiamento per pianoforte)
Les charmes d’un fête, divertissement per pianoforte

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

Gaspare Spontini:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Gaspare_Spontini.jpg

File:Gaspare Spontini.jpg

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Da MARIA CALLAS, ascoltiamo: “Tu che invoco con orrore”, dall’opera “LA VESTALE” di Spontini:

 

 

BEDŘICH SMETANA

  • Maggio 15, 2023 at 10:13 pm

Bedřich Smetana nasce a Litomyšl il 2 marzo 1824 e muore a Praga, 12 maggio 1884.

E’ un compositore ceco.

È conosciutissimo per il suo poema sinfonico “Vltava” (“La Moldava”).
E’ il secondo lavoro compreso in un ciclo di sei il cui titolo è “Má vlast” (“La mia patria”: 1874-1879), e per la sua opera “La sposa venduta” (del 1866), particolarmente ricca di motivi cechi.

Sin da piccolo, studia autodidatticamente Pianoforte e Violino.
Il padre gli dà la prima formazione musicale.
Il padre – nell’ambito familiare – ha già creato un quartetto d’archi dilettante, oltre a ricevere inegnamenti anche da due Maestri a Plzeň.
Studia con il Maestro Josef Proksch, al Conservatorio di Praga, il quale provvede a fargli avere alcuni lavori a Corte, generalmente di tipo didattico.

1848: fonda una Scuola di Musica sostenuta anche da Liszt.

Scrive la sua Prima Sinfonia Nazionalista per i Moti Insurrezionali del 1848, a Praga che, in quel tempo, è parte dell’Impero Austriaco, a cui partecipa brevemente.

1856: suo trasferimento a Göteborg, in Svezia.
Là, dirige la “Società Filarmonica” e inizia a comporre, intraprendendo varie tournées in Europa, ottenendo molto successo, accompagnato dalla prima moglie, la pianista Katarina Kolár; in seguito, sarà accompagnato dalla seconda moglie, Ferdinandi, dopo la morte di Katarina, nel 1859.

1861: Smetana torna a Praga qando la situazione sociale e politica si è sistemata, a seguito dei moti rivoluzionari del 1848 (la famosa “Primavera dei Popoli”), dove apre un nuovo Istituto Musicale, la “Società Filarmonica Hlahol”, che promuove la musica ceca.

Inoltre, Smetana è Critico Musicale e, dal 1866, è il Direttore d’Orchestra nel “Teatro Nazionale” di Praga, in cui le sue opere teatrali vengono rappresentate.

1874-1875: a Smetana, si manifesta una sordità sempre più grave (sente una nota acuta nella testa: cosa che, poi, scrive nel “Quartetto n.1 “Dalla mia vita”) che lo obbliga a dimettersi e a trasferirsi nel villaggio di Jabkenice.
Negli ultimi anni della malattia, compone:

. Il ciclo sinfonico “La mia Patria”, fra il 1874 e il 1879, composto di sei poemi sinfonici: Vyšehrad, Vltava, Šárka, Dai prati e dai boschi di Boemia, Tábor, Blaník

. la Polka “La contadinella” e “Il carnevale di Praga”

. Due pezzi per Violino e Pianoforte, intitolati “Dal mio paese”

. Lieder per voce e pianoforte, facenti parte del ciclo “Canti della sera”

Pur con problemi di salute, Smetana continua a comporre fino alla morte, avvenuta nel 1884, in un ospedale psichiatrico di Praga.
Viene sepolto a Praga, nel Cimitero di Vyšehrad.
Praga gli rende onore per mezzo di un monumento vicino al fiume Moldava-“Ponte Carlo”.

Smetana: lascito culturale:

1884-1892: Josef Foerster si distingue come Direttore Musicale della “National Leaf” e s’impone, come suo impegno, promuovere le opere di Smetana.

E’ importante evidenziare che Smetana pone le basi di un linguaggio musicale di carattere nazionale che, con richiami a modelli stranieri (in particolare a Hector Berlioz e a Franz Liszt), valorizza il patrimonio culturale etnico della Boemia (miti, danze, canzoni), portando la sua nazione ad un ruolo di primo piano nella musica europea del secondo XIX secolo.

Influenza grandemente Antonín Dvořák, il quale – idem – usa temi cechi, nelle sue opere, e su molti compositori posteriori, come Arnold Schönberg.

La “Primavera di Praga”, Festival di Musica Classica, si apre ogni anno il 12 maggio, Anniversario della sua morte, con un’esecuzione della “Moldava”.

Composizioni: Poema Sinfonico

• La Moldava

Opere liriche:

B T Titolo SubN. atti Libretto Data composizione Data primio Teatro
124 90 I brandeburghesi in Boemia (Braniboři v Čechách) 3 Karel Sabina 1862–1863 5 gennaio 1866 Teatro Provvisorio
143 93 La sposa venduta (Prodaná nevěsta) 3 Karel Sabina 1863–1866, revis. 1869 e 1870 30 maggio 1866 Teatro Provvisorio
133 96 Dalibor 3 Josef Wenzig 1865–1867, revis. 1870 16 maggio 1868 Teatro Nuovo
109 Le due vedove (Dvě vdovy) 2 Emanuel Züngel 1873–1874, revis. 1877 27 marzo 1874 Teatro Provvisorio
115 Il bacio (Hubička) 2 Eliška Krásnohorská 1875–1876 7 novembre 1876 Teatro Provvisorio
118 Il Segreto (Tajemství) 3 Eliška Krásnohorská 1877–1878 18 settembre 1878 Teatro Nuovo
107 Libuše 3 Josef Wenzig 1869–1872 11 giugno 1881 Teatro Nuovo
129 Il muro del diavolo (Čertova stěna) 3 Eliška Krásnohorská 1879–1882 29 ottobre 1882 Teatro Nuovo
133 Viola Eliška Krásnohorská 1874, 1883–1884 (frammenti) 11 maggio 1924 Teatro Nuovo

 

Musica per orchestra:

. Minuetto (1842)
. Bayadere Galop (1842)
. Festive Ouverture, op.4 (1848-1849)
. Festive Symphony, op.6 (1853-1854)
. Riccardo III, op.11, poema sinfonico (1857-1858)
. Doktor Faust, ouverture per una commedia di marionette (1862)
. Alle nostre ragazze (Našim děvám), Polka (1862)
. Marcia solenne per le celebrazioni di Shakespeare, op.20 (1864)
. Preludio Solenne in occasione della posa della prima pietra per il Teatro Nazionale (1868)
. La mia patria, poemi sinfonici (1874-1879)

 

Musica da camera:

.Trio per pianoforte, op.15 (1855)
. Quartetto per archi n.1 (Dalla mia vita) (1876)
. Quartetto per archi n.2 (1882-1883)
. Musiche per pianoforte
. Galop
. Galoppo di bravura (1840)
. Louisine Polka (1840) (trascritta anche per orchestra)
. Georgine Polka (1840) (trascritta anche per orchestra)
. Souvenir di Pilsen, polka (1843-1844)

 

Bagatelle e Improvvisi (1844):

. Innocenza
. Sconforto

. Idillio
. Brama
. Felicità
. Fiaba
. Amore
. Lite
. 5 Valzer (1844)
. La marcia dei soldati (1845)
. Sonata per pianoforte (1846)
. Sei preludi (1846)
. Morceau caractéristique (1847-1848)
. La Marcia della Legione Studentesca di Praga (1848)

 

. Scene di matrimonio (1849):

. Marcia Nuziale
. La sposa e sposo
. Danza
. Allegro capriccioso (1849)

 

. Sei pezzi d’album (1849-1850):

. Allegro – Prélude
. Moderato – Chanson
. Vivace
. Allegro Comodo
. Moderato con Anima
. Andante ma non troppo

. Studio da Concerto (1858-1859):

. Souvenir di Boemia in forma di polka, op.12 (1859-1860)
. In riva al mare, studio da concerto (1861)
. Fantasia su canti popolari cechi (1862)
. Quattro Dance Ceche (1877)
. Bettina Polka (1883)

. Cori e canzoni :

. Jesu meine Freude (1846)
. Scapulis suis obumbrabit tibi dominus (1846)
. Medtabitur in mandatis tuis (1846)
. Canzoni serali, op. 124 (Večerní písně, 1879, dall’omonima raccolta di Vítězslav Hálek)
. Kdo v zlaté struny zahrát zná
. Nekamenujte proroky!
. Mně zdálo se
. Hej, jaká radost v kole
. Z svých písní trůn ti udělám

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Bedřich Smetana:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Bedrich_Smetana.jpg

File:Bedrich Smetana.jpg

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HERBERT von KARAJAN dirige “LA MOLDAVA”:

 

 

 

 

CHRISTIAN SINDING

  • Maggio 15, 2023 at 1:59 pm

Christian August Sinding nasce a Kongsberg l’11 gennaio 1856 e muore a Oslo il 3 dicembre 1941.

E’ un compositore norvegese.

Nella prima età, studia il Violino e il Pianoforte, dopodiché compie corsi di studio più regolari presso il Conservatorio di Lipsia, perfezionandosi poi a Berlino, a Dresda e a Monaco.

Il “Quintetto” che entusiasma Čajkovskij, lo rivela al mondo musicale e Sinding si dedica alla composizione inserendo, spesso, nella musica, le tradizioni del suo Paese.

Compone pagine sinfoniche pregevoli da camera e vocali ed è celebre il suo pezzo pianistico esile e felice: il “Mormorio di Primavera”, del 1893, e diffuso in numerosissime trascrizioni.

Il momento più vivo della sua arte è da ricercare nella Musica da Camera, Musica Vocale (ben duecento liriche per Canto e Pianoforte) e Strumentale; musica incentrata sul breve respiro melodico e sostenuto da personali tessiture armoniche.

Battuto al computer da Lauretta

 

Christian August Sinding:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Christian_Sinding.jpeg

File:Christian Sinding.jpeg

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MORMORIO DI PRIMAVERA:

 

 

 

 

JEAN SIBELIUS

  • Maggio 14, 2023 at 6:27 pm

Johan Julius Christian Sibelius (conociuto internazionalmente come Jean Sibelius e in Finlandia come Janne Sibelius) nasce a Hämeenlinna (Granducato di Finlandia, sotto il dominio russo) l’8 dicembre 1865 e muore a Järvenpää il 20 settembre 1957.

E’ un Compositore e Violinista finlandese; insieme a Elias Lönnrot e Johan Ludvig Runeberg, forma il Trio simbolico musicale dell’identità nazionale finlandese.

Le sue composizioni più conosciute: le “Sette Sinfonie”, il “Concerto per Violino e Orchestra”, il Poema sinfonico “Finlandia”, la “Valse triste”, la Suite “Karelia” e l’altro Poema sinfonico “Il cigno di Tuonela” (un movimento della Suite “Lemminkäinen”).
Scrive molta altra Musica, tra cui pezzi ispirati al “Kalevala”, oltre Cento “Lieder per voce e pianoforte”, “Musiche di scena per 13 drammi”, un’Opera (“Jungfrun i tornet”), Musica da Camera tra cui un “Quartetto d’archi”, Musica per pianoforte, Musica Corale e Musica rituale massonica.

La famiglia di Sibelius è per metà svedese ed è conscia di poterlo mandare in un’importante scuola di lingua finlandese.
Ciò sarebbe dovuto anche a parte della più vasta crescita del Movimento dei Fennomani, un’espressione del Nazionalismo Romantico che diventerà una parte fondamentale della produzione artistica e delle idee politiche di Sibelius.

La sua morte è dovuta ad un’emorragia cerebrale.

Stile musicale:

Jean Sibelius appartiene ad un gruppo di compositori che – esteriormente – accettano le norme di composizione della fine del XIX secolo, ma semplifica anche radicalmente la costruzione interna della Musica.

All’inizio, Sibelius viene influenzato da Ferruccio Busoni e Pëtr Il’ič Čajkovskij ma, in seguito, egli rimuove progressivamente gli indicatori formali della “sonata” dalle sue opere, sviluppa continuamente cellule e frammenti per arrivare ad una grandiosa composizione finale, dando l’impressione che parta dalla composizione finita e lavori a ritroso.
Infatti, a differenza di Arnold Schönberg e Alban Berg (che abbandonano la tonalità per costruire un nuovo sistema armonico proprio), Sibelius cerca una nuova ispirazione partendo dagli antichi modi, quasi non più utilizzati nella Musica Colta successiva al Medioevo, ma ancora vivi nella Musica Tradizionale e Popolare.
Attualmente Paavo Berglund e Sir Colin Davis sono considerati i maggiori interpreti del suo lavoro.
Altre raccolte classiche di sinfonie si devono a John Barbirolli, Leonard Bernstein, Herbert von Karajan e Vladimir Aškenazi.

Nonostante abbia avuto fortuna artistica varia, Sibelius rimane fra i più popolari compositori sinfonici del XX secolo i cui interi cicli sinfonici vengono riproposti a mezzo di registrazione ma, a suo tempo, si concentra sulla Musica da Camera (più remunerativa) e solo occasionalmente per il palcoscenico.

 

Composizioni scelte:

Ordinate cronologicamente per data di composizione (non di pubblicazione o di prima esecuzione).

Musica orchestrale:

. Kullervo, Sinfonia per soprano, baritono, coro ed orchestra Op.7 (1892)
. En Saga, poema sinfonico per orchestra Op.9 (1892)
. Karelia, Ouverture per orchestra Op.10 (1893)
. Karelia, Suite per orchestra Op.11 (1893)
. Rakastava (L’amante), per voci maschili ed archi / per archi e percussioni Op.14 (1893/1911)
. Suite Lemminkäinen (Quattro leggende tratte da Kalevala) per orchestra Op.22 (1893)
. Skogsrået (La ninfa del bosco), poema sinfonico per orchestra Op.15 (1894)
. Vårsång, per orchestra Op.16 (1894)
. Kung Kristian (Re Cristiano), Suite dalle Musiche di scena per orchestra op.27 (1898)
. Sandels, Improvvisazione per coro e orchestra op.28 (1898)
. Finlandia per orchestra (e coro opzionale) op.26 (1899)
. Snöfrid per voce recitante, coro e orchestra op.29 (1899)
. Sinfonia n. 1 in Mi minore, Op.39 per orchestra (1899/1900)
. Sinfonia n. 2 in Re maggiore, Op.43 per orchestra (1902)
. Concerto per violino e orchestra in Re minore, Op.47 (1903/1905)
. Valse triste (Valzer Triste & Scene med Tranor) per orchestra op.44 (1904/1906)
. Intermezzo danzante per orchestra op.45/2 (1904/1907)
. Pelléas et Mélisande Musiche di scena / Suite per orchestra op.46 (1905)
. La figlia di Pohjola, Poema sinfonico per orchestra op.49 (1906)
. Sinfonia n. 3 in Do maggiore, Op.52 per orchestra (1907)
. Svanevit (Il cigno bianco) Suite dalle Musiche di scena per orchestra op.54 (1908)
. Cavalcata notturna e alba, Poema sinfonico per orchestra op.55 (1909)
. Dryadi, per orchestra op.45/1(1910)
. Due Pezzi per Kuomela per orchestra op.62 (1911)
. Sinfonia n. 4 in La minore op.63 per orchestra (1911)
. Due Serenate per Violino e Orchestra op.69 (1912)
. Barden (Il bardo), poema sinfonico per orchestra e arpa op.64 (1913/1914)
. Luonnotar, poema sinfonico per soprano e orchestra op.70 (1913)
. Le Oceanidi (Aallottaret), poema sinfonico per orchestra op.73 (1914)
. Sinfonia n. 5 in Mi bemolle maggiore op.82 per orchestra (1915, rivista nel 1916 e 1919)
. Oma Maa, per coro e orchestra op.92 (1918)
. Jordens sång (Il canto della terra) per coro e orchestra op.93 (1919)
. Sinfonia n. 6 in Re minore op.104 per orchestra (1923)
. Sinfonia n. 7 in Do maggiore op.105 per orchestra (1924)
. La tempesta, musica di scena per solisti, coro e orchestra, Op.109 (1925)
. Väinön virsi (La canzone di Väinö) per coro e orchestra op.110 (1926)
. Tapiola, poema sinfonico per orchestra op.112 (1926)
. Andante Festivo per orchestra d’archi op. post. (1925/1930)
. Sinfonia n. 8 incompiuta, quasi certamente distrutta (1920-1938)

 

Altri lavori:

. Duo in Do maggiore per violino e viola (1891-1892)
. Viisi joululaulua Op.1, cinque canzoni di Natale (1895-1913)
. Voces intimae, Op.56, per quartetto d’archi (1909)
. Jääkärimarssi, (1915)

 

Onorificenze:

Cavaliere di Gran Croce con gioielli dell’Ordine della Rosa Bianca – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce con gioielli dell’Ordine della Rosa Bianca
— 1950

 

Omaggi:

< A Jean Sibelius è intitolato l’omonimo parco ad Helsinki, all’interno del quale si trova il monumento “Passio musicae”, dedicato al compositore.

< Al compositore sono dedicate anche delle serie numismatiche finalndesi: il suo ritratto compare sul fronte della banconota da 100 marchi nella serie disegnata dal grafico finlandese Erik Bruun emessa dal 1986 al 1999 e, nel 2015, viene dedicata al 150º anniversario della sua nascita la moneta da 2 euro commemorativi.

Battuto al computer da Lauretta 

 

JEAN SIBELIUS:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Jean_Sibelius,_1913.jpg

File:Jean Sibelius, 1913.jpg

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VALSE TRISTE, Dirige Herbert von Karajan:

 

 

DMITRIJ DMITRIEVIč ŠHOSTAKOVIč

  • Maggio 14, 2023 at 5:32 pm

Dmítrij Dmítrievič Šostakóvič nasce a San Pietroburgo il 25 settembre 1906 e muore a Mosca il 9 agosto 1975.

Compositore e Pianista, è uno dei più importanti musicisti della Scuola Russa, oltre che della musica del Novecento.

Ha un difficile rapporto con il governo sovietico, ma si dimostra capace di combattere anche a mezzo di diplomazia: due denunce ufficiali per via delle sue composizioni (la prima nel 1936, la seconda nel 1948) e le censure periodiche dei suoi lavori.
La sua totale riabilitazione la riceve solo dopo la morte di Stalin, dopodiché viene eletto al Consiglio Supremo Sovietico con la sua nomina ad Ambasciatore dell’URSS in importanti eventi culturali di tutto il mondo.
Riceve moltissimi titoli e riconoscimenti internazionali.
La sua fama risale ai primi anni dell’Unione Sovietica per mezzo di opere come “Prima Sinfonia” e l’opera “Il naso”: lavori con grande originalità della tradizione russa miste a correnti moderne dell’Occidente.
In seguito, la sua musica viene classificata decadente e reazionaria (da alcuni), oppure elogiata come rappresentante della “Nuova Arte Socialista dal Partito Comunista dell’Unione Sovietica” (PCUS).
In pubblico, è un fedele del sistema sovietico, ha importanti responsabilità nell’ambito artistico, aderisce al PCUS nel 1960 e diventa membro del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica.

Lo stile di Šostakóvič è ibrido dal momento che, inizialmente, è influenzato da Sergej Prokof’ev, Igor Stravinskij e Paul Hindemith: di ciò è un esempio la sua opera “Lady Macbeth del distretto di Mtsensk” (del 1934).
In seguito, adotta uno stile post-romantico, ben visibile nella “Quinta Sinfonia” (del 1937) e dove l’influenza di Gustav Mahler si fonde bene con la musica russa tradizionale (Modest Musorgskij e Igor Stravinskij).
Integrando tali influenze, crea uno stile molto personale.
Solitamente, i suoi lavori comprendono divergenze e componenti bizzarre e strane, con un ritmo molto importante e, orchestralmente, si distinguono quindici sinfonie e sei concerti; nella sua musica da camera, è opportuno menzionare i suoi Quindici Quartetti d’archi, oltre ad avere composto diverse Opere, oltre a Musica per Film e Balletto.
Infatti, Šostakovič è uno dei più fertili autori di musiche per pellicole della Russia sovietica.

L’infanzia di Šostakóvič:

Nasce a San Pietroburgo il 25 settembre 1906 (ma, secondo il calendario giuliano ortodosso, sarebbe il 12), al numero 2 di via Podólskaya (ora Scuola n. 267: sulla sinistra dell’edificio, presenzia una targa commemorativa).

I genitori di Šostakovič (secondo di tre figli) sono Dmitri Boleslávovich Šostakovič e Sofiya Vasílievna Kokoúlina.
La famiglia, di origini polacche, appartiene alla nuova borghesia nascente in Russia, in quel tempo, borghesia critica verso la politica repressiva del governo zarista e sostenitrice delle vedute dell’Intelligencija.
La madre è pianista e il padre ama suonare il pianoforte e la chitarra.
1903: Dmitri Boleslávovich sposa Sofiya Vasílievna Kokoúlina, una dei sei figli nati da un siberiano emigrato là.

 

Gli studi di Šostakóvič:

Da come si legge nella sua autobiografia del 1927, Dmitrij Šostakovič comincia lo studio del pianoforte incoraggiato dalla madre.
All’inizio, non è convinto ma, in seguito, dimostra un talento eccezionale per il pianoforte e, poi, per la composizione.

1915: Mitja ha 9 anni quando crea le sue prime composizioni “Il soldato”, si esibisce ed esegue l’ “Album per la gioventù” di Čajkovskij.
Avvenimenti di questi anni (i discorsi di Lenin alla città di Pietrogrado, la Rivoluzione d’Ottobre e le notevoli quantità di vittime provocate dalla guerra), incidono sulla sua formazione umana e musicale.
In questo periodo, compone l’opera “Gli zingari”, il balletto “La sirenetta” (dalla favola di Andersen), una “Fantasia per due pianoforti”, diverse polke e musiche per solo piano, ma anche un “Inno alla libertà” e una “Marcia funebre”.
Intanto, la sua famiglia contatta personalità russe molto note: il pittore Boris Kustodiev (conosciuto poco dopo la rivoluzione e a cui Šostakovič dedicherà il “Preludio n. 1”), il compositore Glazunov (direttore del Conservatorio di Pietrogrado), il pianista Sofronickij, gli scrittori Gor’kij e Tolstoj.

 

Il Conservatorio e il lavoro nei cinema:

1919: Šostakovič entra al Conservatorio di San Pietroburgo, dove continua a studiare il pianoforte con Leonid Nikolaev, solfeggio con Aleksej Alekseevič Petrov e composizione con Maksimilian Štejnberg (a cui dedicherà lo “Scherzo per orchestra in Fa diesis, op. 1.
Personalmente, Glazunov riesce a fargli avere una borsa di studio, visto che sta diventando noto come un bambino prodigio.
In questo periodo, compone la “Danza Fantastica n. 1”, “Ti ho atteso nella grotta” (trascrizione di Rimskij-Korsakov), “Tema e variazioni, op. 3”, “le Due Favole di Krylov” e le “Tre danze fantastiche”, prima opera edita del musicista.

Inizio del 1922: il padre muore di polmonite e a lui dedica la “Suite in Fa Sharp.svg minore per due pianoforti”.
Nonostante questa disgrazia, nel 1923, Šostakovič continua gli studi, diplomandosi con il massimo dei voti, il cui programma d’esame comprende: Bach (“Preludio e fuga in Do diesis minore”), Beethoven (“Sonata n. 21”), Chopin (“Terza Ballata”), Mozart (“Variazioni in Do maggiore”), Schumann (“Humoreske” e “Concerto in La minore”) e Liszt (“Venezia e Napoli”).
1923: abbozza la “Sinfonia n. 1”, il “Trio n. 1” e i “Tre pezzi per violoncello e pianoforte”, oltre ad esibirsi in varie manifestazioni (eseguendo anche il “Concerto n. 1 per pianoforte” di Čajkovskij) ricevendo molti elogi dal ramo giornalistico.
Ma, nonostante i risultati fantastici, gli viene vietato di proseguire il Corso di Composizione, per cui tenta l’ammissione al Conservatorio di Mosca.
La morte del padre, causa una situazione economica precaria, per cui è costretto a lavorare come illustratore-pianista accompagnatore, nelle sale di proiezione di film muti.
Si tratta di lavoro faticoso e debilitante, ma questa esperienza si rivela utile negli anni successivi, per la composizione di musiche per film.
In questo periodo, rivela le prime insofferenze nei confronti dell’ambiente musicale leningradese molto tradizionalista, accademico e ancora abbastanza legato all’ “eredità” di Rimskij-Korsakov.

Il successo della Prima Sinfonia di Šostakovič e il Primo Dopoguerra:

20 marzo 1925: a Mosca, Šostakovič esegue le proprie opere.
Si verificano gli applausi, ma non il gusto dei moscoviti per il compositore, il cui grande talento è notato dal Maresciallo Tuchačevskij e dal compositore e teorico Boleslav Javorskij, i quali fanno pressione sul direttore Nikolaj Mal’ko affinché approvi l’esecuzione della “Prima sinfonia” del ragazzo.
12 maggio 1926: con la Filarmonica di Leningrado, Mal’ko riesce a far eseguire il lavoro di Šostakovič e il successo è clamoroso, per cui gli insegnanti del Conservatorio di Leningrado decidono di ammettere al Corso di Composizione il giovane il quale porta tale sinfonia all’esame di diploma in composizione, ottenendo il massimo dei voti.
Inoltre, tale sinfonia viene eseguita in tournée dalla “Filarmonica” a Char’kov, Kislovodsk e Baku entrando quasi subito nel repertorio dei più grandi direttori dell’epoca: nel 1927, Bruno Walter, a Berlino; nel 1928, Leopold Stokowski, a Filadelfia e Artur Rodziński a New York.
1931: la sinfonia viene eseguita da Arturo Toscanini più volte.

 

Šostakovič al termine degli Anni Venti:

1927: Šostakovič compone l’ “Ottetto, op. 11”, e la “Sonata n. 1 per pianoforte, op. 12”.
Inizia la “Seconda sinfonia” e l’opera “Il naso”, su testi di Gogol’.
1929: l’ARMP (il Partito Sovietico dei Musicisti), critica il suo lavoro, definendolo rigoroso e, nel 1930, ne pubblica una versione ridotta che ottiene un grande successo ancora prima di essere criticato e proibito, dal momento che è considerato “il prodotto di un semplice borghese decadente”.

Al Concorso “Chopin” di Varsavia ottiene una menzione d’onore dalla giuria, però riceve grandi ovazioni dal pubblico.

Gli ultimi lavori appena composti, fra cui gli “Aforismi, op. 13”, appena composti, non destano molti consensi da parte di Steinberg.

Fine dell’anno 1930: viene eseguita la “Seconda sinfonia, op. 14”, dedicata alla Rivoluzione d’Ottobre.

Qui, si iniziano ad osservare la satira e il grottesco, ossia gli elementi che distingueranno la musica di Šostakovič da altri; elementi che si uniranno al credo costruttivista, che si va diffondendo in Unione Sovietica, in questi anni, nei diversi campi artistici (Tatlin, Mejerchol’d, oltre ad alcuni esperimenti cinematografici di Ėjzenštejn) e che, nella sua musica, “si concretizzano con la presenza di melodie cromatiche, di una durezza ritmica notevole e di modulazioni improvvise”.

1928: compone il “Tahiti Trot, op. 16” (arrangiamento del popolare fox trot da “No, no, Nanette” di Vincent Youmans); la trascrizione per orchestra di “Due pezzi di Scarlatti, op. 17”; a luglio, Šostakovič termina “Il naso”: è la sua prima opera teatrale, ed è tratta da “I Racconti di Pietroburgo” di Gogol’, librettisti sono Zamjatin, Prejs (che sarà ucciso durante le purghe degli anni ’30) e il grande regista teatrale Mejerchol’d (che ha una grande importanza nella stesura e nella realizzazione dell’opera) con un rapporto che proseguirà anche in seguito (nel 1929, il regista chiederà al compositore di scrivere le musiche di scena per “La cimice”).

A Šostakovič, vengono anche commissionate le musiche del film “Nuova Babilonia” di Kozincev e Trauberg, i registi più conosciuti dell’epoca insieme ad Ėjzenštejn.
Però, i brani della colonna sonora del film sono criticati duramente.

1930: a Leningrado, si svolge la première de “Il Naso”, diretta da Samosud e, nonostante l’immenso successo, la critica non capisce appieno il significato reale tragico-umoristico dell’opera che, in seguito, viene proibita e rimessa in scena solamente quarant’anni dopo.
1929-1930: altri lavori sono i due pezzi per l’ “Armer Columbus, op. 23”; le musiche di scena per “Lo sparo, op. 24”, e per “Terra vergine dissodata, op. 25” (di L’vov); una trascrizione per pianoforte della “Sinfonia dei Salmi” di Stravinskij; la colonna sonora del film “Sola, op. 27”, per la coppia Trauberg-Kozincev; i balletti “L’età dell’oro, op. 22”, su libretto di Ivanovskij (un insuccesso), e “Il bullone, op. 27”.

Nei due anni successivi, invece, sono create la commedia “La compagnia verde”, “Rule, Britannia!”, la colonna sonora de “Le montagne dorate” e dello spettacolo “Giustiziati con Condizionale”, le musiche dello spettacolo teatrale “Amleto”, “Due pezzi per quartetto”, una trascrizione della polka de “L’età dell’oro”, dopodiché inizia a lavorare sull’opera “Lady Macbeth del distretto di Mcensk”.

 

Inizi anni Trenta:

1932: a Šostakovič viene commissionata la musica per il film “Genu in Pilae” (in seguito, distrutto dietro ordine di Stalin).
Avendo ottenuto un grande successo solamente attraverso la “Prima sinfonia”, è costretto ad affiancarsi alle idee e alle linee-guida del regime, componendo musiche di carattere celebrativo, elogiativo e trionfale.
1932: infatti, inizia a comporre una sinfonia (che resta incompiuta) il cui titolo è ” Da Karl Marx ai nostri giorni”, per soli coro e orchestra; lavoro che doveva essere basato sulla vita dello stesso Marx e di Feuerbach.
Aprile 1932: il Partito dà vita alla “Lega dei Compositori Sovietici” e i suoi brani musicali devono contenere canti popolari, inni e finali trionfanti.
Šostakovič, eletto Presidente della Sezione di Leningrado, si salva dalle censure perché compone musiche per film (infatti, la produzione di colonne sonore è in linea con l’esaltazione della patria dal regime stalinista).
Il compositore è costretto a tenere “clandestina” la sua produzione cameristica e, a questo periodo risalgono le “Sei romanze su parole di poeti giapponesi, op. 21”, che saranno eseguite solamente nel 1966.
Maggio 1932: sposa Nina Vasil’evna Varzar e, dal matrimonio, nascono due figli (Galina, nel 1936, e Maksim, nel 1938, che diventerà Direttore d’Orchestra).

1934: completa “Lady Macbeth” e la dedica alla moglie.
L’anno seguente, compone i “Ventiquattro preludi, op. 34”, e il “Concerto n. 1 in Do min. per Pianoforte, tromba e orchestra, op. 35”.
Crea “Il grande Fulmine” (un Madrigale per l’anno nuovo), e crea anche delle musiche per la pièce teatrale “La commedia umana, op. 37”, per il Teatro “Bachtangov” di Mosca.

 

Lady Macbeth del distretto di Mcensk:

1934: la sua seconda opera, “Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, è completa e, per l’onore di presenziare alla première, si propongono il Malyj di Leningrado e il Nemirovič di Mosca, per cui Šostakovič la concede loro e l’opera viene rappresentata il 22 e il 24 gennaio 1934.
A Mosca, il titolo è diverso: Katerina Izmajlova.
Il successo è strepitoso e la critica entusiasta: inoltre, nei primi due anni, l’opera è replicata ottantatré volte a Leningrado e novantasette volte a Mosca; in seguito, viene rappresentata a Londra, Praga, Lubiana, Cleveland, Copenaghen.
Riceve i complimenti di Rodziński, Aram Chačaturjan, Arturo Toscanini e del musicista inglese Benjamin Britten.
Nasce la “Suite per orchestra jazz n. 1”, le musiche per il film “Amore e odio”, la “Sonata per Violoncello e Pianoforte, op. 40”.
Aiuta Ivan Dzerzinskij nella stesura de “Il placido Don”.

La prima condanna per Šostakóvič:

1º dicembre 1934: uccisione di Kirov, il responsabile del Partito dei Compositori Sovietici, a cui succede Andrej Ždanov, iniziatore di una campagna di irrigidimento della produzione artistica.

1935: intanto “Lady Macbeth” continua nel suo successo: viene rappresentata a New York, Filadelfia, Buenos Aires, Praga, Bratislava e Stoccolma.

Šostakovič intanto compone il terzo balletto (“Il rivo chiaro, op. 39”), la colonna sonora per il film “La giovinezza di Maksim, op. 41” (il primo di una trilogia) della coppia Trauberg-Kozincev e “Amiche (op. 41a)” di Arnštam, oltre che il cartone animato “Il racconto del pope e del suo servo Balda”.
Idem, dello stesso anno: i “Cinque frammenti, op. 42”, dei brani avanguardistici che serviranno da prova per uno dei suoi più grandi lavori: la “Quarta sinfonia”.
Quando “Lady Macbeth” viene rappresentata anche al Reatro “Bol’šoj”, Stalin c’è, ad una rappresentazione (pare il 28 gennaio 1936, mentre altre fonti anticipano la data di un mese) ma, secondo il racconto di alcuni, sembra che abbandoni la sala durante il primo intervallo, dopo la scena di sesso tra Sergej e Katerina; secondo altri, rimarrebbe fino alla fine, sghignazzando con i suoi accompagnatori; è cosa certa che Stalin non inviti Šostakovič nel suo palco, come è sua abitudine per commentare l’opera e propinare “consigli”.
Idem, 28 gennaio 1936: sulla “Pravda” appare un articolo anonimo intitolato “Caos invece di Musica”: tale articolo abbatte l’opera, definendola “caotica, apolitica, pervertita”.
Nonostante il successo ottenuto dall’opera, tale denuncia inaspettata provoca la cancellazione del lavoro dai programmi a Mosca e a Leningrado.
Dopo pochi giorni, la Pravda pubblica articoli anche contro “Il rivo chiaro” e composizioni come il “Concerto per piano” e i “Preludi” vengono demolite nei dibattiti a Leningrado e a Mosca verso la “Lega dei Compositori”.
Per la loro posizione di potere, Sollertinskij e Asaf’ev non contraddiscono il Regime e, dalla testimonianza di Ervin Sinkó, a questo punto, pare che Šostakovič voglia suicidarsi e che lo stesso Stalin, incontrando il musicista, sminuisca le accuse degli articoli e gli consigli di approfondire maggiormente le canzoni popolari.

 

La risposta di Šostakovič è la Quinta sinfonia:

Aprile 1936: Šostakovič termina la “Quarta sinfonia, op. 43” e la fa ascoltare a una piccola cerchia di persone, tra cui Ivan Sollertinskij e il grande Direttore d’Orchestra-Compositore Otto Klemperer.
La sinfonia deve essere eseguita a novembre, ma Šostakovič la ritira al’ultimo momento e, tale lavoro monumentale, sarà rappresentato venticinque anni dopo.

Sempre, nel 1936, compone: le musiche per lo spettacolo “Salve, Spagna!” e le “Quattro romanze su versi di Puškin, op. 46”.
Purtroppo, il Regime moltiplica gli omicidi e parecchi amici stretti di Mitja perdono la vita, fra cui il maresciallo Tuchačevskij, il già nominato Mejerchol’d, il musicologo Žiljaev e le loro famiglie.

1937: sua nomina di “Professore di Composizione” al Conservatorio di Leningrado.
In questo periodo, crea la “Quinta sinfonia, op. 47”, la quale è scritta tra l’aprile e il luglio (l’ “Adagio” è composto in soli tre giorni) e viene rappresentata a novembre, sotto la direzione di Evgenij Mravinskij (Direttore di molte altre “prime” di Šostakovič).
Tale sinfonia è mostrata come la “Risposta ad una giusta critica” e pare che desti immensa commozione e un entusiasmo generale.
Consta di diversi movimenti, ma il quarto è definito dai critici una “forzatura trionfale-ottimistica” e “una volontà di vendetta da parte del compositore”.
Secondo Volkov, Šostakovič descriverebbe così l’epico movimento finale della “Quinta”:
«Di cosa si dovrebbe giubilare. Ritengo sia chiaro quel che accade veramente nella Quinta. Il giubilo è forzato, è frutto di costruzione. È come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e intanto ti ripetesse: “Il tuo dovere è di giubilare, il tuo dovere è di giubilare”. E tu ti rialzi tremante con le ossa rotte e riprendi a marciare bofonchiando: “Il nostro dovere è di giubilare, il nostro dovere è di giubilare”».
Šostakovič riconquista gli allori della fama: la sinfonia è eseguita a Tbilisi, Char’kov e Rostov, mentre la partitura viene richiesta da Klemperer e Toscanini e viene registrata da Rodziński. Intanto, stanno nascendo le musiche per i film “Il ritorno di Maksim (op. 45, seconda parte della trilogia di Maksim)”, “I giorni di Volocaevskij (op. 48)”, “Il distretto di Viborg (op. 50)”, “Amici (op. 51)”, “Il grande cittadino (op. 52)” e “L’uomo col fucile (op. 53)”; oltre ad un’altra opera, “Le dodici sedie”, basata su scritti di Evgenij Petrovič Petrov e Il’ja Arnol’dovič Il’f”.
Inoltre, crea la “Seconda Suite per Orchestra Jazz e il Primo Quartetto”.
1938: Šostakovič diventa Professore Ordinario a Leningrado e pare che si parli di una sua “Sinfonia dedicata a Lenin”, ma rimasta incompleta, mentre gli schizzi della sinfonia andranno a far parte della “Sesta” che sarà eseguita da Mravinskij nel 1939.
Invece di una gigantesca sinfonia per Lenin, Šostakovič compone una melodia scherzosa messicana, con autocitazioni dalla “Lady Macbeth” e frammenti di Mozart, Rossini e Verdi. Accolta con curiosità, è accusata di formalismo.
1939: il Kirov di Leningrado incarica Šostakovič di fare una nuova strumentazione per il “Boris Godunov”.

1940: compone i “Tre pezzi per violino” (forse ritirati dall’autore), l’orchestrazione del “Vergnügungszug” di Johann Strauss, le musiche per i films “Le avventure di Korzinka (op. 58)”, “Il grande cittadino – II Parte (op. 55)”, “Lo stupido topolino, op. 56” (film mai realizzato).
Idem, 1940: scrive il “Quintetto per Pianoforte, lavoro che gli varrà il “Premio Stalin” (l’anno seguente) e progetta l’opera “Katjuša Maslova” e la composizione delle musiche per la messa in scena del “Re Lear” di Shakespeare.
A questo punto, Šostakovič diventa Presidente della “Lega dei Compositori Sovietici”.

Le opere belliche e la Sinfonia di Leningrado:

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Šostakovič si trova a Komarovo, allora in Finlandia.
In breve tempo, La Wehrmacht raggiunge Leningrado.
Šostakovič è di salute cagionevole, ma chiede più volte di farsi arruolare nell’Armata Rossa, venendo puntualmente respinto.
Però, riesce a farsi arruolare in un gruppo addetto al controllo degli incendi, viene assegnato al tetto del Conservatorio e, il 15 luglio 1941, Mitja comincia a comporre il suo lavoro più famoso: la “Settima sinfonia” che, in breve, diventa l’emblema della resistenza russa verso la Germania.

Attraverso una trasmissione radiofonica, il 16 settembre, incoraggia i soldati al fronte, parlando della creazione della sua opera:
«Un’ora fa, ho completato la composizione del secondo movimento di una grande sinfonia. Se riuscirò a scrivere bene la sinfonia, se completerò il terzo ed il quarto movimento, sarà possibile chiamare questa composizione la Settima sinfonia. Perché vi annuncio questo? Perché tutti gli ascoltatori devono sapere che le cose nella nostra città procedono come sempre e ognuno rimane al suo posto, malgrado la minaccia che pende sulla vita di Leningrado. Sbrighiamo ora tutte le faccende militari. Musicisti sovietici, miei cari amici e numerosi compagni di lotta, amici miei! Ricordiamoci che la nostra arte è ora in grande pericolo. Lasciateci difendere la nostra musica, lasciateci lavorare onestamente ed indipendentemente.»27 dicembre: Šostakovič completa la “Sinfornia op. 60”.
4 marzo 1942: viene eseguita per la prima volta a Kujbyšev, diretta da Samosud.
Esplode il “Mito della Leningrado” in quanto viene poi eseguita a Leningrado, sotto i continui bombardamenti, suscitando la commozione di tutti i presenti e provocando un’ondata di applausi per Dmitrij Šostakovič.
E’ replicata in tutta la Russia, fino ad arrivare a Toscanini a mezzo di un microfilm contenente la partitura.
In quest’occasione Šostakovič ritiene opportuno avvicinarsi al Regime e a comporre musica che esalti la Patria e l’Antifascismo, come vuole anche la “Lega dei Compositori”.
Non a caso, in questo periodo, orchestra l’ “Internazionale” e “Il giuramento del Commissario del popolo”.
Da ricordare che, negli scontri fra Sovietici e Nazisti, muore il giovane musicista Veniamin Flejšman.
Inoltre, Šostakovič completa l’opera “Il violino di Rothschild”, lasciato incompiuto dall’autore-vittima.

L’Ottava sinfonia:

1942: inizia “I giocatori” dal lavoro di Gogol’, terminando solamente il primo atto ma, tale lavoro, sarà completato dal polacco Krzysztof Meyer, biografo di Šostakovič.
Comunque, alcune bozze dell’opera lasciata incompleta saranno utilizzate da Mitja per la sua ultima composizione, la “Sonata per viola”.

1942: Šostakovič compone la “Sonata n. 2 per pianoforte, op. 61” (che dedica a Nikolaev, suo Maestro), una “Marcia Cerimoniale”, le musiche per lo spettacolo “Patria”, di Dolmatovskij (la “Suite” è l’ “op. 63, Leningrado città natia”) e “Sei romanze su versi di poeti inglesi, op. 62”, che dedica a sua moglie Nina, ad Atovm’jan, a Sollertinskij, a Glikman, a Sviridov e a Šebalin, creandone anche una “Versione per orchestra, op. 140”.

Essendo preso dalla composizione di una nuova sinfonia, Šostakovič accantona l’idea del brano sinfonico, “Gli eroici difensori di Mosca”, per cui musica in soli due mesi l’ “Ottava sinfonia”, una pagina fra le più lugubri e drammatiche (tipo cupo Requiem per le vittime del conflitto).
4 novembre 1943: viene eseguita a Mosca per la prima volta, sotto la solita direzione orchestrale di Mravinskij (a cui dedica l’opera stessa), ma la sinfonia suscita molti dibattiti, a causa della mancanza dei toni trionfali e della prolissità.
L’opera viene messa all’indice e sarà rieseguita solamente quindici anni dopo.

 

La Nona sinfonia:

1943: muore Sollertinskij, caro amico di Mitja che, addoloratissimo, dedica il “Trio n. 2, op. 67 per pianoforte, violino e cello”.
Šostakovič viene nominato Membro dell’ “Istituto Americano di Arte e Letteratura” e gli viene consegnata la medaglia “Per la difesa di Leningrado”.

1944: completa l’opera “Il violino di Rothschild” e scrive le musiche e la suite del film “Zoya” di Leo Arnštam e per lo spettacolo “Il fiume russo”; musica gli “Otto canti popolari inglesi e americani”, il “Secondo quartetto, op. 68” (dedicato a Sebalin), e il “Quaderno infantile, op. 69”, per la figlia Galina.
Intanto, Šostakovič pensa di comporre una nuova sinfonia, che rappresenti la vittoria su Hitler per cui abbozza una “Sinfonia della Vittoria”, però cambia idea e compone le musiche per il film “Gente semplice, op. 71, e Due canti, op. 72”.
1945: per i Festeggiamenti della Fine della Guerra, l’evento lo esprime al contrario della “Nona” trionfalistica di Beethoven.
Infatti, Šostakovič stupisce tutti componendo una sinfonia senza coro, senza finale grandioso ma, anzi, utilizzando lo schema classico della sinfonia del ‘700-‘800, con i toni leggeri e ironici, quasi canzonatori in certi passaggi e, per molti è una specie di insulto ai Caduti della Patria.

1946: il suo trasferimento a Mosca diventa permanente.
Šostakovič termina il “Terzo quartetto, op. 73”, dopodiché viene insignito dell’ “Ordine di Lenin” per l’evoluzione musicale e del “Premio Stalin” per il “Trio n. 2”.

 

Il Secondo Dopoguerra:

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, nasce l’ostilità tra il blocco sovietico e quello occidentale che arreca danno anche a Šostakovič: ad esempio, negli Stati dell’Ovest, il “Times” descrive la sua “Sesta sinfonia” come “il prodotto di una mente feconda, ma poco cospicua”, dal momento che, in Occidente, si ritiene che il compositore accetti passivamente le imposizioni di Ždanov del regime stalinista (cosa NON vera).
Per cui, Šostakovič si vede costretto a comporre musica di gradimento per il Regime: il “Poema sulla Patria, op. 74”, con i tanto richiesti solisti, coro ed orchestra, e l’ “Ouverture festiva, op. 96”, che verranno eseguiti solamente dopo anni.

Continua la composizione delle colonne sonore per “Pigorov, op. 76”, e per “La giovane guardia, op. 75”.
Abbandona la composizione dei “Tre pezzi”.

Estate 1947: inizia a lavorare al “Primo concerto per violino”.

9 febbraio 1947: è nominato Presidente della “Lega dei Compositori” di Leningrado e tre giorni dopo viene eletto Deputato del Soviet Supremo delle Repubbliche Sovietiche.

1948: il Partito accusa, attraverso Chrennikov (Primo segretario della Lega), di formalismo i compositori sovietici Muradeli, Mjaskovskij, Šebalin, Popov, Prokofiev, Chačaturjan e, soprattutto, Šostakovič.
Quest’ultimo perde il posto di insegnante a Mosca e al Conservatorio di Leningrado e Ždanov lancia una nuova offensiva (satiricamente, chiamata ždanovščina), ancora più violenta di quella del 1936 (in cui le sue opere erano state definite “perverse, formalistiche e antipopolari”).
In seguito a questo, e fino alla morte di Stalin (1953), la musica sarebbe diventata, una celebrazione altezzosa e boriosa del despota.

La situazione economica di Šostakovič è precaria e, ancora una volta, ricorre alla composizione di colonne sonore: “La caduta di Berlino, op. 82” (del 1949), “Belinskij, op. 85 (del 1950 e da cui verranno tratti diversi brani)”, una “Suite (op. 82a)”, il canto “Una bella giornata per coro a cappella”, un “Vocalizzo: Suite (op. 85a) e quattro cori a cappella”.
Termina il “Concerto per violino” e il ciclo “Dalla poesia popolare ebraica” (che rimangono in un cassetto), e “Il canto delle foreste, op. 81”, composto per celebrare le politiche ambientali del regime.
1949: Šostakovič è Ambasciatore inviato alla “Conferenza Internazionale della Pace” a New York, insieme a diversi altri artisti, diventando vittima della Guerra Fredda: nel clima del tempo, Toscanini, che lo aveva invitato anni prima in America, si rifiuta di incontrarlo e il concerto programmato per la “Quinta” viene bloccato da una manifestazione di combattenti.
Il musicista, pover’uomo, riceve questa “particolare” accoglienza perchè è visto, in questo periodo, come un componente della macchina propagandistica sovietica.
1949: compone la “Suite da balletto n. 1” e il “Quarto Quartetto”.

1950: riceve due Premi Stalin: uno per “La caduta di Berlino” e uno per “Il canto delle foreste”.
Poi, va a Varsavia, per il Consiglio Mondiale della Pace”, e a Lipsia per il “Bicentenario della morte di Bach” e, grazie allo spirito-genio del contrappunto, compone i propri “Ventiquattro preludi e fughe, op. 87”.

1951: l’anno è prolifico.
Compone solamente le “Due romanze su versi di Lermontov, op. 84”.
Viene eletto “Deputato del Soviet Supremo” e compone i “Dieci poemi su testi di poeti rivoluzionari, op. 88” che, l’anno successivo, gli fa guadagnare il suo quinto “Premio Stalin”.
Crea anche i “Quattro canti su parole di Evgenij Dolmatovskij, op. 86”, le “Danze di bambole”, “Dieci canti popolari russi”, la “Suite per balletto n. 2”, le musiche per il film “Il memorabile anno 1919 (ricomposti da Atovm’jan nei Frammenti), op. 89a”, i “Quattro monologhi su versi di Puškin, op. 91”, il “Quinto Quartetto, op. 92”.
1952-1953: compone “Il sole splende sulla nostra patria, op. 90”, che viene eseguito per l’Anniversario del Partito Comunista, le “Suite da balletto n. 3 e 4” e i “Canti greci”.

1953: si reca a Vienna per il Congresso Mondiale della Pace.

La morte di Stalin, nel 1953:

Il monogramma sonoro del compositore deriva dalle iniziali del suo nome e cognome in tedesco: Dmitri SCHostakowitsch: le lettere D, Es, C ed H equivalgono alle note Re, Mi bemolle, Do e Si.
La combinazione delle quattro note Šostakovič la utilizza in molte sue opere, fra cui la “Decima sinfonia” (nel finale), e l’ “Ottavo Quartetto” (nelle prime note del brano).
5 marzo 1953: muore Iosif Stalin e l’ “omaggio” di Šostakovič alla memoria del dittatore è la “Decima sinfonia”.
Essa contiene sonorità terribili e spietate, buona descrizione di Stalin attraverso il compositore russo: sembra che suo figlio Maksim, durante un’intervista, dichiari che il secondo movimento, ossia “Allegro”, descrive il “ritratto del volto spaventevole di Stalin”(con violenza e spietatezza).
Sotto il solito Direttore d’Orchestra Mravinskij, l’esecuzione consegue un successo clamoroso e, all’Estero, tale sinfonia viene eseguita a Londra, a Parigi, a Lipsia, a New York, a Tokyo, a Vienna, a Basilea, a Zurigo, a Milano e ad Atene.
A Šostakovič, è conferito il titolo di “Artista del Popolo” e, per il suo Compleanno del 1956 , gli viene dato l’ “Ordine di Lenin”).

1953: hanno luogo le prime del “Quarto” e “Quinto Quartetto” e dell’ “Ouverture Festiva, op. 96”, Šostakovič si dedica anche alla composizione del “Concertino per due pianoforti, op. 94” e, nel 1954, a “Il canto dei grandi fiumi-Unità”, “Cinque romanze (Canti dei nostri giorni), op. 98”, e “Furono baci”.

Questo periodo della sua vita è felice, ma è funestato dalla morte della moglie, Nina Vasil’evna (morta di cancro) e della madre, Sof’ja Vasil’evna.
Šostakovič continua a comporre “Dalla poesia popolare ebraica” e il “Concerto per violino n. 1”, eseguito dall’amico David Ojstrach e diretto da Mravinskij.
Il lavoro sortisce poco successo ma, eseguito in America, consegue un successo eccezionale.

1955: l’unico lavoro musicale composto è la colonna sonora de “Il tafano”.
E’ nominato Membro Corrispondente dell’ “Accademia delle Arti della Repubblica Democratica Tedesca” e, il 15 gennaio 1956, diventa Membro Onorario dell’ “Accademia Nazionale di Santa Cecilia” di Roma: è l’unica volta che il grande musicista sovietico viene in Italia.

1956: Nikita Chruščёv, nuova Guida Russa, denuncia i crimini del suo predecessore Stalin, aprendo un nuovo periodo per l’Arte Russa a cui viene tolta la censura del Regime, per cui
Šostakovič attacca energicamente Stalin attraverso alcuni articoli (pubblicati anche sulla Pravda), l’idea di Formalismo e la povertà di ideali della musica prodotta allora.

1956: Šostakovič sposa improvvisamente Margarita Andreevna Kainova, ma divorziano nel 1959.

Sempre, nel 1956: per i suoi cinquanta anni, in tutta la Russia, gli sono dedicati diversi concerti , specialmente nella sua Leningrado, e Chruščёv lo decora con l’ “Ordine di Lenin”.
In quest’anno, compone il “Sesto Quartetto, op. 101”, le musiche del film “Il primo contingente, op. 99a”, “Due canti e i cinque Canti spagnoli, op. 100”.

Il Partito e i riconoscimenti internazionali:

Chruscev inizia il “processo di destalinizzazione e di distruzione del culto della personalità di Stalin” e Šostakovič venne eletto Segretario della “Lega dei Compositori”, carica che mantiene fino al 1968.

1957: compone l’ “Undicesima sinfonia – L’anno 1905”, dedicata alla prima Rivoluzione Russa (qui, c’è “La Domenica di sangue”, atto culminante della Rivoluzione del 1905).
E’ il primo lavoro in cui Šostakovič dà il titolo ai diversi movimenti (in passato, aveva dato i titoli alla “Settima” ma, poi, li aveva eliminati prima dell’esecuzione: La guerra, Il ricordo, Gli spazi sconfinati della Patria, La vittoria.
La composizione riceve il “Premio Lenin”.
Il figlio Maksim consegue il diploma e Šostakovič gli compone il “Concerto n. 2 per pianoforte, op. 102” che, l’anno seguente, è diretto e suonato da Leonard Bernstein a New York.
Compone le “Undici variazioni su tema di Glinka”, in collaborazione con Šebalin, Kabalevskij, Kapp, Levitin, Ščedrin e Sviridov, e “Due adattamenti di canti popolari russi, op. 104”.
Inizia a lavorare anche ad un’operetta: “Moskva, Čerëmuški”.
In questo periodo riceve diversi riconoscimenti: Cavaliere delle Arti e delle Lettere (Francia), ed è il primo straniero a ricevere questo titolo francese; Socio Onorario dell’Accademia Musicale della Corona Inglese; l’Alto Dottorato dell’Università di Oxford; il Premio Internazionale Jan Sibelius (Finlandia); diventa Presidente Onorario della Società Austria-URSS.

1958: gli cominciano i problemi fisici attraverso i primi sintomi di quella paralisi che finirà per impedirgli l’uso della mano destra e, quindi, la fine dell’attività pianistica.
In occasione del matrimonio del figlio, si frattura una gamba che lo farà zoppicare per il resto della vita, soprattutto dopo la seconda rottura della stessa gamba, nove anni dopo.

Mstislav Rostropovič e Galina Višnevskaja, grandi amici di Dmitrij Šostakovič
1959: compone il “Concerto n. 1 per violoncello” (solista della prima esecuzione sarà il dedicatario stesso, Mstislav Rostropovič, mentre il direttore è sempre Mravinskij) e una nuova versione dell’opera “Chovanščina” di Musorgskij, ancora oggi preferita all’originale e che consegue un successo enorme.

1960: in Occidente riprendono le rappresentazioni di “Lady Macbeth”; molti i critici giudicano l’opera volgare e senza scrupoli.
Infatti, in Italia, sono molte le polemiche a seguito della sua rappresentazione a Venezia: dopo la prima esecuzione il soprano si vergogna di comparire nuovamente in camicia da notte nella scena del rapporto e del bacio con il tenore (Sergej): la scena scandalizza tutti, dal Patriarca della città ad Andreotti e, alla seconda rappresentazione, la scena viene eseguita con il sipario chiuso.

1960: Šostakovič entra nel Partito Comunista, segno evidente della fiducia accordata al musicista nel “post-Stalin”.
Compone molte opere: il “Settimo Quartetto, op. 108”, in memoria della prima moglie Nina; le “Satire, op. 109”; la colonna sonora per “Cinque giorni, cinque notti, op. 111”, composta in Germania Est; l’ “Ottavo Quartetto, op. 110” (è una delle sue opere più tristi dedicata alle vittime del Fascismo e della Guerra; contiene diverse citazioni, dalla “Prima sinfonia”, dal “Trio n. 2 (la danza dei Nazisti sui cadaveri degli Ebrei del quarto movimento)” e da “Lady Macbeth”.
Compare anche il suo nome – motto musicale, ovvero le note Re – Mi bemolle – Do – Si.
Del Quartetto, Rudol’f Baršaj farà una trascrizione per orchestra, chiamata “Sinfonia da camera, op. 110a”.

Idem, 1960: “I rintocchi di Novorossijsky – La fiamma della gloria eterna” (in memoria dei Caduti della Grande Guerra Patriottica) , la cui melodia è udibile ogni ora dalla torre dell’orologio della città.

Gli anni Sessanta:

1960-1961: finalmente, scrive la “Sinfonia per Lenin”: è la “Dodicesima Sinfonia” ed è dedicata alla Rivoluzione Russa del 1917, più che a Lenin stesso.
Anche qui, i movimenti hanno un titolo e ciascuno richiama alcuni eventi o luoghi della Rivoluzione d’Ottobre e, tale sinfonia è eseguita in occasione del ventiduesimo anniversario del PCUS, con grande accoglienza russa, ma attaccata in Occidente , pare per “accontentare” l’anticomunismo, ma anche per i contenuti con poca retorica.
1961: esecuzione della storica “Quarta sinfonia, sotto la bacchetta di Kirill Kondrašin” con successo straordinario, mentre la critica osanna l’opera come uno dei più grandi lavori del Novecento.

Marzo 1961: viene eletto Deputato del Soviet Supremo dell’URSS.
Poco prima dell’esecuzione della “Quarta”, Dmitrij aveva cominciato a scrivere la sua “Tredicesima Sinfonia”, su testi del poeta Evgenij Evtušenko, che parla principalmente di antisemitismo.
L’opera viene ostacolata dalla “Lega dei Compositori”, in particolare da Chrennikov, ma nessuno alla fine riusce a vietare la stesura dell’opera sinfonica.
Questo piccolo scontro è l’ultimo della vita di Šostakovič perché, finalmente, non verrà mai più osteggiato né dallo stato né dalla “Lega dei Compositori”.
Dicembre 1962: alla prma esecuzione, riceve un’ovazione infinita, con gli ascoltatori commossi sino a piangere.
La sinfonia diretta da Kirill Kondrasin (successo a Mravinskij nelle esecuzioni delle prime di Šostakovič) perché i rapporti con Mravinskij si sono raffreddati dopo che questi aveva preferito non dirigere la “Tredicesima”.
In merito alla nuova sinfonia, la stampa tace visto che vengono toccati temi-tabù nella Russia appena post-stalinista: l’antisemitismo, la persecuzione della satira, la lode della donna, il timore di fronte al terrore dello stalinismo e della vendita dello studioso al regime.
Per alcuni anni la sinfonia non viene eseguita, salvo solamente negli anni settanta, con alcuni versi cambiati.
In Occidente, Šostakovič è visto come un sottomesso al potere, per cui la “Tredicesima” è ritenuta opera di “artista nuovamente dissidente” e per cui tale successo nei Paesi capitalisti, gli crea diffidenza, in Russia.
Potere cauto con il musicista (e non come in passato).

Šostakovič riprende “Lady Macbeth”, con il consenso del Ministero della Cultura: in seguito, cambia il titolo in “Katerina Izmajlova” e compie alcuni aggiustamenti, l’opera viene inserita nel programma di molti teatri e, in breve tempo, ottiene un successo immenso che le permette di venire eseguita in molti Stati occidentali.

1962: Šostakovič, all’età di 58 anni, contrae il suo terzo matrimonio; la moglie è l’editrice Irina Antonovna Supinkskaja.
Nonostante la grande differenza d’età, il matrimonio è felice.

1963: Šostakovič musica il film “Ceremuski”j, tratto dall’opera omonima, per cui arrangia i “Due cori, op. 124, per orchestra”; orchestra i “Canti e danze della morte” di Musorgskij (che dedica a Galina Višnevskaja); riorchestra il “Concerto per violoncello di Robert Schumann”, che dedica a Mstislav Rostropovič, marito della Višnevskaja; compone l’ “Ouverture su temi circassi e russi”, per il centenario dell’annessione del Kirghizistan alla Russia; compone le musiche per il film “Amleto, op. 116”.
Per il momento, solamente all’Estero, ricominciano, le rappresentazioni de “Il naso”.
Le sue condizioni di salute peggiorano e Šostakovič compone il “Nono Quartetto” (orchestrato da Baršaj col titolo “Sinfonia da camera, op. 118a”) e il “Decimo Quartetto” (dedicato alla moglie Irina, che lo assiste sempre più”.

La cantata “L’esecuzione di Stepan Sten’ka Razin, op. 119” viene composta su poema dell’amico Evtušenko.
Razin è un eroe popolare russo, capo della Rivoluzione contro i Boiardi del 1671 e parla di una ribellione contro il “potere”, per cui il testo non piace al Regime, che impone alcuni tagli a tale lavoro.
1964: è l’unica volta, nella sua vita, che Šostakovič dirige al Festival di Gor’kij l’ “Ouverture Festiva” di Brahms e il proprio “Concerto n. 1 per cello”.

1965: la sua salute peggiora ulteriormente e Šostakovič compone solamente le musiche per il film “Un anno, una vita, op. 120”, e le < Cinque romanze su testi della rivista “Krokodil”, op. 121 >.

1966: completa l’ “Undicesimo Quartetto” dello storico “Quartetto Beethoven” che dedica a Sirinskij, e la “Prefazione alle mie opere complete e brevi riflessioni in proposito, op. 123” (qui, con molta autoironia, parla di sé).

1966: infarto e rottura della gamba fratturatasi anni prima, in occasione del matrimonio del figlio Maksim.
Mentre è ricoverato in ospedale, compone il “Concerto n. 2 per violoncello” (ancora, per Rostropovič).

1967: compone un ciclo su testi di Aleksandr Blok, per soprano, pianoforte, violino e cello, dedicandolo a Galina Visnevskaja, e il “Concerto n. 2 per violino, op. 129”, come regalo di compleanno per David Ojstrach.

Sempre, in ospedale, compone un canto dall’ “Evgenij Onegin”, intitolato “Primavera, primavera, op. 128”; le musiche per il film “Sof’ja Perovskaja, op. 132”; il “Preludio funebre-trionfale, op. 130” (dedicato alla memoria dei Caduti nella Battaglia di Stalingrado); il poema sinfonico “Ottobre, op. 132”, per il Cinquantesimo Anniversario della Rivoluzione.

1968: termina il “Dodicesimo Quartetto, op. 133” (opera con contenuti dodecafonici), e la “Sonata per violino, op. 134” (dedicata all’amico Ojstrach).

1969: Šostakovič cade malato seriamente (il braccio destro è, praticamente, paralizzato) e, a causa delle molte morti avvenute nell’anno, cade anche in depressione: sono tre membri del “Quartetto Beethoven” (Borisovskij, Vasilij e Sirinskij), la sorella maggiore Marija, Lev Oborin, il regista Kozincev.

 

Gli anni Settanta:

Il clima è davvero triste, ma il musicista compone la sua “Quattordicesima Sinfonia” (tratta da temi riguardanti la morte) e la dedica all’amico Benjamin Britten, conosciuto anni prima. Molti complimenti e ottime critiche, anche se manca l’ottimismo tanto voluto dal regime. Orchestra anche il “Primo Concerto per violoncello” di Boris Tiščenko.
1970: Nonostante le sempre peggiori condizioni di salute fisica, Šostakovič ritira diversi premi in tutto il Mondo e, mentre è in ospedale, compone il ciclo “Lealtà, op. 136”.
Nel mese di agosto, termina il “Tredicesimo Quartetto, op. 138”, le musiche per il film “Re Lear, op. 137”, e la “Marcia della Milizia Sovietica, op. 139”.

1971: compone la “Quindicesima Sinfonia” (ultima ed enigmatica) che contiene molti ricordi e molte citazioni di proprie opere passate e di lavori di Rossini (“Guglielmo Tell”, i famosi squilli di tromba del finale dell’ouverture) e Wagner (“Tannhäuser”).
Mentre scrive il “Quattordicesimo Quartetto, viene colpito da un altro infarto.

1973: si riprende e compie diversi viaggi in Europa e in America dove presenzia a diverse esecuzioni delle sue opere, ormai rappresentate in molti teatri.
Tornato in Russia, gli vengono diagnosticati la progressiva paralisi degli arti e un carcinoma al polmone.
Estate 1973: lavora al ciclo sulle “Sei poesie di Marina Cvetaeva, op. 143”.

1974: alla “Lega dei Compositori”, pronuncia un discorso e, un mese dopo torna in ospedale, in cui compone l’ultimo Quartetto, il “Quindicesimo”.
Per l’esecuzione, deve essere cercato un nuovo Quartetto, viste le morti dei membri precedenti del “Quartetto Beethoven” (a questo punto manca anche l’ultimo ancora vivente, Sirinski).
1974: Šostakovič, per mezzo di amici che sono stati in Italia, conosce le opere letterarie di Michelangelo e, quindi, compone una “Suite su versi di Michelangelo Buonarroti, op. 145”, con temi quali Politica, Amore e Arte.

I brani della penultima opera, le “Quattro poesie del Capitano Lebjadkin, op. 146”, sono tratti da “I demoni” di Dostoevskij.

Nell’autunno, dopo quarant’anni di ostracismo, a Mosca, viene ripresentata la sua opera “Il naso”: Šostakovič partecipa alla preparazione dell’opera e alcuni video (presenti anche in rete), lo ritraggono stanco e molto malato, mentre farà la stessa cosa per Katerina Izmajlova, rappresentata a dicembre.

 

La riabilitazione e la morte:

Inizi 1975: orchestrazione del Lied di Beethoven “Il canto della pulce (op. 75, n. 3)”.

Aprile 1975: viene ricoverato in ospedale.

6 luglio 1975: termina la composizione della “Sonata per viola, op. 147”.
Il lavoro cita “I giocatori” e la Sonata “Al chiaro di luna” di Beethoven e, qui, in questo lavoro, la nota finale della viola, che svanisce in un emblematico morendo, è l’ultima scritta dal compositore.

9 agosto 1975: a seguito dell’ennesimo infarto cardiaco, alle ore 18:30, Dmitrij Dmitrievič Šostakovič muore nell’ospedale di Kunzevo, lo stesso sobborgo moscovita dove era morto il “nemico” Stalin.
I funerali di Stato si tengono cinque giorni dopo, il 14 agosto e vi partecipano autorità politiche, familiari e moltissime persone, che salutano uno dei più grandi compositori.
Il Maestro Šostakovič è sepolto nel cimitero di Novodevičij.

Šostakovič insegnante:

Secondo Edison Denisov, allievo e corrispondente di Šostakovič, il musicista si è sempre dimostrato un ottimo didatta: durante il periodo di insegnamento ai Conservatori di Mosca e San Pietroburgo, tiene lezioni a moltissimi allievi che lo giudicano “votato” all’insegnamento e che, essendo impegnatissimo, non si assenta mai dalle lezioni, oltre a far studiare brani di Beethoven, Brahms, Čajkovskij, Mahler e Verdi, Richard Strauss (il “Don Juan”) e Stravinskij (la sua riduzione per piano della” Sinfonia dei Salmi”).

Lo stile:

Lo stile musicale di Šostakovič si rifà alla tradizione e alla cultura russa, amalgamandole in una propria e insolita visione della forma e del contenuto.
Dopo un primo periodo, Šostakovič si ricollega alla musica romantica, ispirandosi a Gustav Mahler e a Musorgskij.
La sua musica spesso inserisce acute divergenze e componenti paradossali.

Šostakovič e gli ideali della rivoluzione:
Šostakovič aderisce con sincerità agli ideali della Rivoluzione e la figura di Lenin è il suo punto di riferimento per tutta la vita: addirittura, sembra che, all’età di undici anni, insieme al padre e allo zio Maksim, si trovi in mezzo alla folla che aspetta il rientro del grande personaggio, alla stazione di Pietrogrado, il 3 aprile 1917, dove assiste al suo discorso.
In Šostakovič, esiste la volontà di dedicargli una sinfonia.

1917: in questo stesso anno, Mitja (così chiamato, da piccolo), dopo la partecipazione ad un corteo popolare, compone una “Marcia funebre” e un inno per onorare le vittime della Rivoluzione.
Comunque, queste idee non gli impediscono di denunciare il tradimento di questi ideali compiuto dal potere di pochi del Partito, nel tempo seguente.

Šostakovič e la società: ”
1934: l’opera “Lady Macbeth del Distretto di Mcensk” (titolo, poi, cambiato in “Katerina Izmajlova”) racconta il delitto di Macbeth come gesto di rivolta antiborghese e, dopo due anni e dopo più di cento repliche dalla sua prima rappresentazione, viene assalita dal Partito Comunista per mezzo di un articolo sul giornale “Pravda” con il titolo “Caos anziché musica” (si pensa che, probabilmente, sia redatto dal medesimo Stalin) in cui l’intelligente opera di Šostakovič viene criticata perhé non rispetta i canoni appena definiti del cosiddetto “Realismo socialista”.
“Realismo socialista” in cui vive l’affermazione di un “ingranaggio” secondo il quale il “crimine artistico” costituisce un crimine politico, e la parola del partito diventa legge, in ambito culturale.

1941/1945: la situazione interna è tragica e il regime tollera la maturazione di una certa libertà d’espressione, purché sia indirizzata a celebrare la tradizione della grande Russia post-zarista e inneggi alla Resistenza contro l’invasione nazista ma che nel biennio 1946-1948 porta ad infinite purghe nelle arti e nelle scienze (azione chiamata col dispregiativo “ždanovščina”).

Le opere di Šostakovič:
La produzione musicale di Šostakovič è vastissima: Sinfonie, Quartetti, Concerti, Opere liriche, Trii, Sonate, … oltre a diversi adattamenti o riorchestrazioni di musiche di altri grandi compositori, tra cui Rimskij-Korsakov, Scarlatti, Musorgskij, Strauss, Flejšman, Schumann, Tiščenko e Beethoven.

 

Il pianoforte:

Fra i lavori per pianoforte: i “24 preludi e fughe” (scritti sulla linea del Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach), le due “Sonate per pianoforte” (1926-1942: la prima è un abbozzo della “Quarta Sinfonia” in cui i movimenti sono attaccati e lo stile è molto vicino a Prokof’ev), gli “Aforismi Op.13” (1927) più altri lavori per due pianoforti (la Suite del ’22 e il Concertino del ’53), …

Šostakovič attraverso i media:

Sul grande Šostakovič, sono stati girati diversi film e documentari:
. Testimony: The Story of Shostakovich, diretto da Tony Palmer ed interpretato dall’attore inglese Ben Kingsley.
Il film, del 1987, è basato sul libro di Solomon Volkov “Testimony”.
Il film ha ottenuto diversi riconoscimenti: il “Premio per il Miglior Film Drammatico” presso il “New York International Film Festival”, il “Premio Fellini” dell’UNESCO e il “Premio della Critica” al “Festival Internazionale” di San Paolo.
. Sonata per viola – Dmitrij Shostakovich (Al’tovaya Sonata: Dmitrij Shostakovich), di Semën Aranovič e Aleksandr Sokurov.
Girato del 1989, è un documentario che, sulle note de “Il naso” e dell’ultimo brano, la “Sonata per viola”, descrive in particolare lo scontro tra il Regime e Šostakovič.

Diversi sono i films con le musiche di Šostakovič (oltre a quelli per cui ha scritto appositamente la colonna sonora):
. 1976: edizione del capolavoro di Ėjzenštejn “La corazzata Potëmkin” in cui sono utilizzate varie musiche di Šostakovič.
Nella scena della famosa discesa dei soldati dalla scalinata, si ascolta l’ “Undicesima Sinfonia”, che descrive il massacro della popolazione nella Domenica di Sangue, episodio chiave della prima Rivoluzione Russa e avvenimento ispiratore del film di Ėjzenštejn.
Šostakovič è emozionante e rende bene l’idea.

. In “Fantasia 2000” (della “Disney”), il “Primo soldatino di stagno”, di Andersen.
. In “Eyes Wide Shut”, di Stanley Kubrick (1999), presenzia il “Valzer n. 2 della Suite per orchestra di varietà”.
. In “Fascisti su Marte”, di Corrado Guzzanti e Igor Skofic (2006), sono presenti alcuni estratti dal I e dal IV movimento della “Sinfonia n. 7” e dal II della “Sinfonia n. 10”.

 

 

Riconoscimenti:

Membro del Consiglio internazionale UNESCO
Membro del Consiglio internazionale per la Musica, UNESCO (1966)
Unione Sovietica
Eroe del Lavoro Socialista – nastrino per uniforme ordinaria Eroe del Lavoro Socialista
— 1966
Ordine di Lenin – nastrino per uniforme ordinaria Ordine di Lenin
— 1956
Ordine della Rivoluzione di Ottobre – nastrino per uniforme ordinaria Ordine della Rivoluzione di Ottobre
— 1971
Ordine dell’Amicizia tra i Popoli – nastrino per uniforme ordinaria Ordine dell’Amicizia tra i Popoli
— 1972
Ordine della Bandiera rossa del Lavoro – nastrino per uniforme ordinaria Ordine della Bandiera rossa del Lavoro
— 1940
Artista Nazionale dell’URSS (1954)
Due volte Premio Lenin: (1958), per l’Undicesima sinfonia; (1966)
Cinque volte Premio Stalin di Stato per le arti: 1940 (Quintetto per Pianoforte); 1946 (Trio n. 2); 1950 (Il canto della Foresta); 1950 (La caduta di Berlino); 1952 (Dieci poemi su testi di poeti rivoluzionari);
Medaglia “Per la difesa di Leningrado”.
Presidente della Lega dei Compositori di Leningrado
Deputato del Soviet Supremo
Deputato del Soviet Supremo di Leningrado
Presidente della Lega dei Compositori Sovietici
Presidente della Lega dei Compositori di Leningrado (1946)
Segretario della Lega dei Compositori Sovietici (1957-1968)
Consigliere del Consiglio Nazionale dell’Unione Sovietica (1966)
Deputato dell’Alto Consiglio nazionale dell’URSS per l’area della repubblica Jadrino-Vuvasise (1974).
Stati Uniti d’America
Membro onorario dell’Istituto Americano di Arte e Letteratura.
Membro dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (1959)
Laurea honoris causa in Belle Arti all’università di Evanston (1973).
Regno Unito
Medaglia d’Oro della Royal Philharmonic Society (1966).
Socio onorario della Royal Academy of Music (1958)
Alto dottorato dell’Università di Oxford (1958).
Italia
Accademico Onorario di Santa Cecilia (1956).
Repubblica Democratica Tedesca
Membro corrispondente dell’Accademia delle Arti (1956).
Repubblica Federale Tedesca
Membro corrispondente Accademia delle belle Arti di Monaco di Baviera (1969).
Francia
Cavaliere de l’Ordre des Arts et des Lettres – nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere de l’Ordre des Arts et des Lettres
— 1958
Finlandia
Wihuri Premio Jean Sibelius (1958).
Danimarca
Premio musicale Léonie Sonning (1973).
Austria
Gran Decorazione d’Onore in Argento dell’Ordine al Merito della Repubblica Austriaca – nastrino per uniforme ordinaria Gran Decorazione d’Onore in Argento dell’Ordine al Merito della Repubblica Austriaca
— 1967
Medaglia per le scienze e per le arti (Austria) – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia per le scienze e per le arti (Austria)
— 1974
Presidente onorario della società Austria – URSS (1958).
Medaglia commemorativa della Società Mozart (1970).
Irlanda
Dottore honoris causa al St. Trinity College (1973).
Serbia
Socio onorario dell’Accademia Serba delle Arti (1965)
Buriazia
Artista del Popolo
Messico
Professore onorario del conservatorio del Messico (1959)

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Dmitrij Dmitrievič Šostakovič:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Dmitri_Shostakovich_credit_Deutsche_Fotothek_adjusted.jpg

File:Dmitri Shostakovich credit Deutsche Fotothek adjusted.jpg

.

THE SECOND WALTZ:  https://youtu.be/xtac0FxEfmQ

 

 

 

ALBERTO SEMPRINI

  • Maggio 14, 2023 at 4:23 pm

Alberto Fernando Riccardo Semprini nasce a Bath (Inghilterra) il 27 marzo 1908 e muore a Brixham (Inghilterra) il 19 gennaio 1990.

E’ un Pianista e Direttore d’Orchestra inglese naturalizzato italiano.

La carriera di Semprini:

La sua famiglia è italiana, di origine romagnola.

Studia Musica e, dietro consiglio del padre, sceglie il Pianoforte e il Violoncello.
Segue un periodo di perfezionamento al Conservatorio di Milano, dopodiché fonda vari gruppi fino ai primi Anni Quaranta.

Poi, dirige l’Orchestra della R.A.I. e, nel 1958, vince la prima edizione del “Burlamacco d’Oro”.

Partecipa per tre volte al “Festival di Sanremo”: entra nella storia della Musica Leggera italiana con l’edizione del 1958, in cui arrangia e dirige l’orchestra nell’esecuzione di “Nel blu dipinto di blu”, cantata da Domenico Modugno suonando, inoltre (sia nel disco, sia dal vivo), insieme al “Sestetto Azzurro” (Semprini al pianoforte, Bruno De Filippi alla Chitarra, Ebe Mautino all’Arpa, Mario Migliardi all’Organo Hammond, Walter Beduschi al Basso e Pupo De Luca alla Batteria).

Dopo le tre partecipazioni sanremesi, Semprini torna in Inghilterra, dove tiene altri Concerti e conduce una trasmissione radiofonica.

1973: riceve il titolo di Ufficiale del Venerabile Ordine di “San Giovanni”.
30 novembre 1983: gli viene riconosciuto il titolo di “Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico”, per il suo impegno nel campo della solidarietà.

 

Discografia parziale:

78 giri:

Alberto Semprini al pianoforte
Fantasia Ritmica n.1: Maria la O
Amami di più
Tutto blu (Fonit 8424)
Ti bacerò stasera con la luna
Il campione del ritmo (Fonit 8424)
Fantasia Ritmica n.2: Paswonky
Dimmi una parola
Chi sarà
Cuore innamorato
Mio sogno (Fonit 8425)
Tu sei la musica
Ua da da (Fonit 8448)
Polvere di stelle (Star Dust, Carmichael) Fonit 8498,12862
Il ballo del trombettiere V (Bugle Call Rag, Pettis, Schoebel) Fonit 8489, 12862
Ti sogno (Fonit 8549)
Orchidee blu (Blue Orchids, Carmichael) Fonit 8549
Se ascolti la radio
Ti parlerò d’amore (Fonit 8566)
Milano, 1939

 

Semprini e il suo quintetto ritmico:

Nino Impallomeni, tromba · Franco Mojoli, clarinetto · Alberto Semprini, pianoforte, chitarra · Natalino Otto, voce

Oi Marì (Di Ceglie) – NO v Fonit 8564, 8695
Quando la radio – NO v
Non so più sognar – NO v (Fonit 8616)
Bach va in Città-Tiger rag (Fonit 8629)

 

Semprini e la sua orchestra ritmo melodica:

Formazione di circa 70 elementi: Pino Moschini · Aldo Landi · Astore Pittana e 3 tr. Athos Ceroni e 3 tbn Giuseppe Cattafesta · Bruno Gavazzi e 3 cl-sax 24 vl. 12 vla.6 vc. Giorgio Poli e 3 cb. Alberto Semprini pf. ch. bt. Natalino Otto

Illusione (Deep Purple, DeRose) Fonit 8630
Milano, 1941

 

Semprini e il suo quintetto ritmico:

Preferisco tua sorella – NO v
Ho imparato una canzone – NO v (Fonit 8633)
Milano, marzo-aprile 1941

 

Semprini e la sua orchestra:

Aldo Landi · Astore Pittana · Pino Moschini e 2 tr. · Athos Ceroni · Giuseppe Schezzi e altro tbn. · Giuseppe Cattafesta · Franco Mojoli · Bruno Gavazzi e 3 cl-sax.24 vl.12 vla.6vc.4cb. · Alberto Semprini pf. ch. · Giorgio Poli cb.bt. · Natalino Otto voce

Tristezze di Saint Louis (St.Louis Blues, Handy) – NO v (Fonit 8630)
Saltando le pozzanghere – NO v (Fonit 8703)
Milano, dicembre 1942

 

Semprini e il suo nuovo ritmo:

Astore Pittana? tr.cl. · Alberto Semprini pf. cb.bt. · Natalino Otto voce

Maria Luisa – NO v (Fonit 8685,8695)
Dammi un fior – NO v (Fonit 8686)

 

Semprini e la sua orchestra ritmo melodica:

Aldo Landi · Astore Pittana e 3 tr. · Athos Ceroni e altro tbn. · Bruno Gavazzi ten-vl. · Giuseppe Cattafesta · Franco Mojoli e 3 altri fl-cl-sax.24 vl.12 vls.6 vc.4 cb. · Alberto Semprini pf. ch.bt. · Natalino Otto v.

Canto dei timidi – NO v (Fonit 8703)
Variazioni (Fonit 8739)
Tristezze (dall’op.10 n.3 di Chopin) Fonit 8739
Semprini e il suo quintetto ritmico
Non parlar (Fonit 8731)
Questa sera (Fonit 8731)
Una carezza e un bacio (Fonit 8732)
Giacomino il bello (Fonit 8732)
Quando Canta Rabagliati (Fonit 8733)
Scherzi Maestro? (Fonit 8733)
Scherzando nel bagno (Fonit 8800)
Domani è Festa (Fonit 8800)
Semprini e la sua orchestra
Ritmando in sol (Fonit 8797, 8804)
Tu, musica divina (Fonit 8798,8805)
Quando suona il disco (Fonit 8801,8805)
La barca dei sogni (Fonit 8801,8804)
Musica nell’aria (The Music Goes “Round and Round”, Riley) Fonit 8802
Semprini e il suo quintetto ritmico
Ho un sassolino nella scarpa (Fonit 8848)
Qui nel cuor (Fonit 8848)
Semprini e la sua orchestra ritmico melodica
Musica maestro (Music, Maestro, Please, Wrubel) Fonit 12014, 12017
Sei o non sei (La mia bambina) Fonit 12243
You Bby (Shoo Shoo Baby, Moore) Fonit 12243
Alberto Semprini
I Should Care (Fonit 12267)
Perdoni signor Bach (Fonit 12329)
Music, Music, Music (Fonit 13624)
Disperazione mia (Fonit 13624)
Lettere d’amore (Fonit 13626)
Triste solitudine (Fonit 13791)
Il canto di Dalila (The song of Delilah, Young) Fonit 13791.

 

33 giri:

1953: Parata di successi n° 5 (Fonit, LP 105; con Nino Impallomeni, Armando Sciascia, Gorni Kramer ed altri)
1953: Parata di successi n° 6 (Fonit, LP 106; con Nino Impallomeni, Armando Sciascia, Gorni Kramer ed altri)
1954: Alberto Semprini (Fonit, LP 127)
1954: Alberto Semprini n° 3 (Fonit, LP 142)
1955: Celebri fantasie ritmiche (Fonit, LP 150)
1956: Celebri fantasie ritmiche vol. 2 (Fonit, LP 166)
1956: Sanremo 1956 (Fonit, LP 176)
1957: Celebri fantasie ritmiche vol. 3 (Fonit, LP 212)
1957: Celebri fantasie ritmiche vol. 4 (Fonit, LP 213)
1956: Sanremo 1957 (Fonit, LP 215)
1957: Celebri fantasie ritmiche vol. 5 (Fonit, LP 239)
Gennaio 1958: Sanremo 1958 (Fonit, LP 253)
Gennaio 1958: Celebri fantasie ritmiche vol. 6 (Fonit, LP 259)
1958: Rhapsody in Blue (Fonit, LP 306)
Semprini e la sua orchestra da concerto
Un Americano a Parigi
Rhapsody in blue LP 306 (Fonit)
Alberto Semprini – I Grandi Successi
Fantasie ritmiche (FonitCetra PL 449)

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

ALBERTO SEMPRINI, nel 1954:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Alberto_Semprini_1954.jpg

File:Alberto Semprini 1954.jpg

.

Direzione orchestrale di “Nel Blu dipinto di blu”, Festival di San Remo, 1958:

 

 

 

 

 

ROBERT SCHUMANN

  • Maggio 14, 2023 at 1:46 pm

Robert Alexander Schumann nasce a Zwickau l’8 giugno 1810 e muore ad Endenich il 29 luglio 1856.

E’ un Compositore, Pianista e Critico musicale tedesco.

È ritenuto uno degli iniziatori e uno degli esponenti più importanti del Romanticismo Musicale: le prime composizioni sono considerate romantiche in modo vero e, infatti, le sue opere pianistiche sono pubblicate intorno al 1830.

La sua musica è profonda e individualista del Romanticismo.

Schumann è intellettuale, esteta, meditativo ed è sempre rivolto verso il futuro.
In vita, viene compreso poco, a differenza di oggi in cui la sua musica è considerata originale per l’armonia, il ritmo, la forma e la tecnica pianistica innovativa, ma sempre lontana da effetti virtuosistici.

Come Critico musicale sostiene e fa conoscere l’arte di Chopin e le composizioni di Brahms.

1840: sposa Clara Wieck, idem Pianista e Compositrice la quale, dopo la morte del marito, opera in modo incessante per la diffusione della sua musica oltre la cerchia dei suoi famosi ammiratori, tra cui Franz Liszt, Felix Mendelssohn, Ferdinand Hiller e il giovane Brahms.
Clara non risparmia feroci critiche a chi, come Wagner che, in buona o in malafede, si esprime negativamente su Robert Schumann.

 

I primi anni di Robert Schumann: 

Zwickau è il piccolo paese della Sassonia dove Schumann nasce; un paese circondato da quel tipo di natura che influenzerà molto la formazione del futuro compositore.

E’ il sesto ed ultimo figlio di August Schumann: libraio, editore e autore di racconti e romanzi.
La madre, Johanne Christiane Schnabel, è figlia di un medico ed è una discreta Pianista dilettante.

Durante la sua fanciullezza, Robert si appassiona alla Poesia e alla Musica, grazie anche alla spinta del padre che gli trasmette l’amore per la Letteratura, incentivandolo nelle letture.
Ha sette anni quando inizia a studiare Musica con Johann Gottfried Kentsch, Organista della Cattedrale.
August ha salute malferma e si reca spesso a curarsi alle Terme di Carlsbad dove, nel 1819, porta il figlio e lo accompagna ad un Concerto di Ignaz Moscheles, celebre virtuoso.
Robert rimane impressionato fortemente: decide assolutamente di diventare pianista.

1826: August Schumann muore.
Continuando a coltivare la passione per la Musica, Robert si diploma al Liceo due anni dopo per soddisfare il desiderio “fredda giurisprudenza”, (il padre, nel testamento, gli lascia una somma di diecimila talleri affinché termini gli studi) e per entrare a far parte della ditta di famiglia di cui si occupano già i suoi fratelli.

A Lipsia, Robert si interessa maggiormente alla vita musicale della città, frequenta i Concerti e affitta un pianoforte.
In questo periodo, conosce Friedrich Wieck, all’epoca, il più importante Insegnante di Pianoforte di Lipsia: ne diventa allievo, si dedica interamente alla Musica, studiando da subito, incessantemente, per riguadagnare il tempo perduto durante gli anni di Università.
Robert subisce molto l’influenza del padre August, definito un “Homme de Lettres” che gestisce la Libreria e Casa Editrice “Gebrüder Schumann” con il fratellastro, a Zwickau, specializzata nella pubblicazione in formato tascabile di narrativa, soprattutto inglese, per cui legge moltissimo, Byron, Tieck e, soprattutto, il prediletto Jean Paul Richter.

In seguito, Schumann si trasferisce a Heidelberg e intraprende un viaggio in Italia durante il quale sente cantare Giuditta Pasta, al Teatro “Alla Scala” di Milano.

1830: rientrato in Germania e, a Francoforte, ascolta suonare Paganini il cui virtuosismo incoraggia maggiormente il suo desiderio di diventare Pianista Concertista.
In una lettera alla madre (è consapevole del dispiacere che le avrebbe provocato lasciando l’Università), le palesa di essere “più risoluto che mai” nel volere intraprendere la strada artistica.

 

Gli inizi di Schumann:

Schumann ha l’età di 19 anni quando, inconsapevolmente, sogna il suo destino, la vita che avrebbe trascorso in Renania e anche il tentativo di suicidio nel fiume: “Ho sognato di affogare nel Reno”; infatti, annota subito su un foglietto questo particolare.

Robert riprende le lezioni con Wieck e, come era in uso all’epoca, si trasferisce in casa del Maestro dove, per i primi sei mesi studia intensamente il Pianoforte: suona spesso a quattro mani con Clara, la figlia del Maestro, senza compiere molti progressi.
In questo periodo scrive la sua prima composizione, le “Variazioni sul nome Abegg”, che pubblicherà come “op. 1” l’anno seguente.
Schumann non ascolta i consigli di Wieck, per cui non vuole prendere lezioni di Teoria Musicale con Carl Theodor Weinlig preferendogli Heinrich Dorn, più giovane e disponibile, che lo introduce allo studio delle partiture di Beethoven.

Schumann è convinto di non diventare un Compositore, ma un Concertista: però, lo studio dello strumento, come viene affrontato, lo insoddisfa e innervosisce.

Inverno 1831-1832: la figlia Clara è undicenne, ma è già una Pianista di talento che Wieck accompagna in un giro di Concerti, per cui Schumann approfitta per esperimentare alcuni miglioramenti della sua tecnica.
Infatti, escogita un apparecchio che allargherebbe la divaricazione fra le dita e, di conseguenza, agevolare l’estensione della mano.
In precedenza ha avuto difficoltà alla mano destra, sicuramente dovute ad un grande affaticamento: difficoltà che, in seguito, si appesantiscono.

Nel frattempo, scrive la sua seconda composizione, “Papillons” e, al rientro dei Wieck, Schumann non può fare ascoltare la nuova opera al Maestro a causa dell’aggravamento del problema alla mano che non permette l’uso del dito medio: “Papillons” viene eseguita da Clara che impara la composizione in soli tre giorni.
Schumann, allora, si dedica alla composizione e, presto, fa seguire alle “Variazioni” e ai “Papillons” altri pezzi per solo pianoforte.
Da quel momento, per il lasso di tempo di dieci anni, scrive esclusivamente per Pianoforte, incoraggiato anche dalle buone recensioni critiche ottenute dai “Papillons”.
Continua lo studio con Dorn, con il quale analizza molte “Fughe”, però si stanca presto e tronca le lezioni; dopodiché, continua da solo ad esaminare “Il clavicembalo ben temperato.

1833: il fratello Julius muore a causa di tubercolosi e la cosa gli provoca una profonda crisi depressiva che, dopo averla superata, lo lascia irrequieto e pieno di paure.
In seguito, si ammala anche di malaria, malattia di cui muore la cognata Rosalie, da lui considerata quasi una sorella: l’avvenimento lo scombussola molto e gli causa una nuova crisi nervosa.

Con Wieck e altri intellettuali, Schumann partecipa a serate durante le quali si discute delle nuove idee musicali rendendosi conto di come l’Editoria sia legatissima al Classicismo e non accetti la Nuova Musica.

Da qualche tempo, Schumann ha iniziato a pubblicare articoli di Critica musicale, scrivendo anche sui concerti di Clara, lodandola, pur rimanendo anonimo.
Fra le sue recensioni, celebre è quella sulle “Variazioni op. 2” di Chopin, ascoltate nel dicembre 1831 e pubblicate sull’ “Allgemeine musikalische Zeitung”, dove si esprime dicendo: “Giù il cappello signori, un genio!”.

Con la sua prima produzione musicale tenta di rompere con la tradizione delle forme e delle strutture classiche, secondo lui troppo restrittive.
Le sue composizioni gli attirano l’attenzione di giovani musicisti e appassionati di Musica; con alcuni di loro (compreso Wieck), nel 1834, crea una nuova rivista, la “Neue Leipziger Zeitschrift für Musik” che, purtroppo, ha una vendita limitata; per cui Schumann acquista i diritti di stampa e, da solo, si dedica alla rivista che diventa la “Neue Zeitschrift für Musik”, raggiungendo lo scopo desiderato.

La nuova pubblicazione esiste ancora oggi e si basa sul progresso musicale, opponendosi ai vecchi metodi di insegnamento che non rispettano il gusto e impediscono lo slancio dell’arte, oltre ad un certo dilettantismo invadente.

Scrive con passione e, a seconda del suo umore o stato d’animo, si firma con pseudonimi: “Eusebius”, “Florestan” o “Meister Raro”.

I “Davidsbündler” (“Lega dei compagni di David”) rappresenta gli artisti che si oppongono ai “Reazionari” e che lottano metaforicamente contro i “Filistei dell’Arte”.
Questa Lega esiste solo nella fantasia di Schumann, ma viene corrisposta dai giovani Musicisti che frequentano i caffè letterari di Lipsia, in cui si parla di Musica e a cui partecipa anche Wieck, che, reazionario in materia d’arte, non è.

1844: Schumann tiene la redazione della rivista quasi da solo, scrivendo molti articoli e studi, nonostante le sue prime composizioni trovino favore fra gli amici e appassionati come Mendelssohn e Liszt che giudicano positivi i suoi lavori che, per il grande pubblico, risultano troppo complicati.

 

Robert Schumann e Clara Wieck:

Ernestine von Fricken è una giovane boema che studia Pianoforte e che vive nell’abitazione di Wieck; è una compagna di studi di Schumann ed è il suo primo vero amore.
Il “Carnaval op. 9” gli viene ispirato da lei per una delle sue prime composizioni importanti.

In tale periodo, Schumann stende gli “Studi sinfonici” (da uno spunto musicale del Barone von Fricken, padre di Ernestine e musicista dilettante).
Con Ernestine, la storia dura poco più di un anno perché il musicista comincia ad accorgersi di Clara Wieck in un modo diverso, non più solo come pianista: infatti, Clara ha appena quindici anni e Robert l’ha conosciuta quando la bambina aveva dieci anni.
Wieck, però, vuole per lei il futuro di grande Concertista e, quando percepisce l’interesse di Schumann, le impone lunghe tournées.
Clara, è ormai, una giovane pianista affermata e, ai suoi Concerti, sono presenti Goethe, Nicolò Paganini (che l’ascolta suonare più volte e che la presenta a Critici musicali; le regala anche una composizione scritta appositamente per lei).
In seguito Clara diventerà una delle pianiste più ricercate del suo tempo.

Wieck tenta in tutti i modi di tenere separati Clara e Robert con ogni mezzo, arrivando alla maldicenza e alla proibizione alla figlia di scrivere lettere a Schumann che, comunque, continuano a comunicare in maniera clandestina.

1836: muore la madre di Schumann, causandogli sconforto e ancor più bisognoso di avere l’affetto di Clara.
In tale stato di desolazione, riesce a comporre alcune delle sue opere più intense: la “Sonata in Fa diesis minore” e il “Concerto senza orchestra”.

1837: Clara è lontana per via dei suoi Concerti da tenere e Schumann incomincia a cercare rifugio nell’alcool, pur continuando a comporre e riuscendo a terminare gli “Studi sinfonici”.
Lui e Clara si rivedono nel mese di agosto ad un Concerto che Clara tiene a Lipsia, durante il quale esegue la “Sonata op. 11” che Robert le ha dedicato.

1838: per Schumann, l’anno è più tranquillo per cui riesce a scrivere lavori più calmi e sereni come le “Kinderszenen” e le “Novellette”.

Va alla conquista dell’ambiente musicale viennese, ma rimane fortemente deluso : infatti, i viennesi non prestano la minima attenzione alle sue opere e, nonostante la tristezza dei sei mesi passati là, Schumann trova l’ispirazione e compone alcune opere tra cui “Humoreske”.

Ha occasione di conoscere anche Ferdinand, il fratello di Franz Schubert, che gli mostra molti manoscritti ancora inediti di Franz e, fra i quali, trova una sinfonia di parecchie dimensioni che, in seguito, fa eseguire a Lipsia al “Gewandhaus”: si tratta della “Sinfonia in Do maggiore, La grande”.

Dopo il ritorno in Germania, Robert trascorre un nuovo periodo scuro, angosciato da premonizioni anormali che logorano maggiormente la sua stabilità psicologica.
Chiede ancora una volta la mano di Clara a Wieck che si oppone al matrimonio duramente, dal momento che, pur riconoscendo il talento sconfinato del ragazzo, si rende conto anche dell’insufficiente equilibrio mentale, deplorando la sua tendenza all’alcolismo: addirittura pensa di diseredare Clara e tenere per sé i compensi dei suoi concerti per contrastare la loro decisione.
Ma quest’ultima mossa paterna provoca nella figlia la ricerca di soluzioni radicali, per cui, ad entrambi, per avere il consenso, rimane solamente da imboccare la via legale attraverso la Corte d’Appello.

Schumann, sempre più rattristato, per circa un anno non riesce a comporre e, solo nel 1840, crea i lieder: infatti, scrive diversi cicli su testi di Heine e di Eichendorff.

Agosto 1840: arriva il parere favorevole della Corte e i due giovani si sposano a Schönefeld, il 12 settembre, giorno precedente al ventunesimo compleanno di Clara.

 

La maturità artistica e il declino di Schumann:

Nei primi anni di matrimonio, Schumann è felicissimo e il lavoro è fecondo: ritrova una nuova vena creativa e, dopo le Composizioni per pianoforte e quelle di Lieder, si appassiona alla Musica Sinfonica e a quella da Camera, tanto da scrivere moltissimi lavori di tutti i generi.

1841: nasce la prima figlia, Marie, per cui Clara è obbligata ad interrompere la sua attività di Concertista per qualche tempo.

Nel frattempo, Robert fa conoscere alla moglie le Sonate di Beethoven con lo scopo di ampliare il suo repertorio, scoprendosi, quindi, compositore di Musica orchestrale, accostandosi alla Sinfonia.
Nasce la sua “Sinfonia n. 1, La primavera”, diretta in prima esecuzione da Mendelsshon con grande successo.

1842: accompagna Clara in una serie di Concerti che vengono tenuti a Weimar e a Brema. Presto, si sente inadeguato e rientra a Lipsia dove si cimenta nella Musica da Camera e, in soli due mesi, scrive i “Tre Quartetti op. 41”, il “Quintetto” e il “Quartetto per pianoforte e archi”.

1843: nasce Elisa, la seconda figlia e, sempre nello stesso anno, Schumann crea una composizione molto ambiziosa (è un Oratorio profano, tratto da un testo di Thomas Moore: “Il Paradiso e la Peri”) che ottiene grande successo, tanto che il vecchio Wieck si sente in dovere di tentare la riconciliazione.

Per la famiglia Schumann iniziano i problemi economici e l’amico Mendelssohn, che ha fondato il Conservatorio di Lipsia, chiama Schumann ad insegnare, conferendogli la Cattedra di Pianoforte, Composizione e Lettura della partitura.
Il musicista mantiene l’incarico per un anno, dopodiché, seguirà la moglie in una tournée impegnativa in Russia, dopo aver affidato le due figlie al fratello Carl.

Clara si esibisce a Mosca, a Riga e a San Pietroburgo, mentre Robert dirige la sua “Sinfonia n. 1”.

Maggio 1844: Schumann rientra a Lipsia e spera di poter subentrare a Mendelsshon (trasferitosi a Berlino, nella direzione della “Gewandhaus”), ma gli viene preferito Niels Gade.
Schumann è nuovamente deluso, per cui lascia Lipsia con la famiglia e si trasferisce a Dresda dove, inizialmente, non si trova a suo agio, in particolare perché la giudica molto arretrata, in campo musicale.
Decide di formare un nuovo Circolo che riunisce intellettuali e artisti, tra cui Wagner (allora, Kappelmeister al “Teatro di Corte”) col quale entra presto in disaccordo sia sul terreno musicale, sia sul terreno politico: infatti, Wagner ha idee rivoluzionarie e si interessa alle teorie di Bakunin, mentre Schumann non approva le idee che provochino agitazioni sociali e cambiamenti radicali.

I sintomi della sua instabilità mentale si aggravano: soffre di amnesie, di allucinazioni sonore, resta assorto per ore.

1844-1845: compone poco e studia Bach e, poi, scriverà le “Quattro fughe op. 72”.
Inoltre, completa quindi il “Concerto per pianoforte” e scrive la sua “Seconda sinfonia” (la dirige a Vienna, Praga e Berlino, mentre Clara si esibisce nei suoi Concerti).

1847: diventa Direttore della Società Corale “Liedertafel” in sostituzione di Ferdinand Hiller.

1848: per poter eseguire opere di portata maggiore, fonda il “Verein für Chorgesang”, una società corale “mista”.

Si cimenta nell’Opera Lirica, volendo musicare un lavoro profondamente tedesco, tipo “Fidelio” di Beethoven.
Sceglie una storia medievale, “Genoveva di Brabante”, il cui libretto è scritto dall’amico Robert Reinick: terminerà l’opera l’anno seguente, opera che viene rappresentata dopo due anni e che ottiene poco successo.
Per cui riprende a scrivere per pianoforte creando due lavori che esprimono il suo grande amore per Madre Natura, l’ “Album della gioventù” e le “Scene del bosco”.

1849: le sommosse coinvolgono anche Dresda; Wagner combatte a fianco di Bakunin mentre il tranquillo Schumann (però, personalità complessa e, a volte, contorta), preferisce ritirarsi in un paese di campagna, Kreischa.
Scrive i due “Konzertstück”, altre Composizioni da Camera e termina un Oratorio profano (“Szenen aus Goethes Faust”), già iniziato precedentemente.

1850: viene chiamato a Düsseldorf come Direttore dei “Concerti temporali e spirituali” e della “Società Corale”, dove non apprezza molto l’incarico di Direttore perché, per suo carattere, non è capace di imporsi e coordinare le persone, pur avendo la necessità di una rendita salda e impellente (ha cinque figli), in quanto è impensabile per lui che solo Clara guadagni (probabilmente, si tratta di un insegnamento della sua famiglia, poi radicato nella personalità dello stesso Schumann, oltre al modo di ragionare del tempo).

Fra i molti pezzi composti in questo periodo, spicca la sua Sinfonia più celebre, la “Terza, ossia la Renana”.
Si dimostra subito un inesperto e poco efficace Direttore e litiga spesso con gli orchestrali (probabilmente, inconsciamente, si sente escluso, abbandonato: potrebbe essere che la salute malferma del padre abbia influito negativamente sull’infanzia-adolescenza di Schumann, traumatizzandolo e creandogli paura inconscia, oltre a soffrire – forse – di disturbo bipolare).
Schumann ha una nuova crisi depressiva con allucinazioni (fenomeni psichici che fanno sembrare come reale qualcosa che, in reatà, è solo immaginato): cose che lo portano ad interessarsi di Spiritismo.
Il Comitato dei Concerti non gli rinnova l’incarico e viene licenziato.
Lo sdoppiamento della personalità di Schumann prelude, a un’instabilità mentale che lo fa vivere infelicemente, lo porta a tentare il suicidio, al ricovero in manicomio e ad una triste morte.
Ma il concetto di due anime che convivono in una stessa personalità artistica è il dualismo che, in modo diverso, rappresenta un concetto fondamentale del romanticismo ottocentesco.
L’idea schumanniana di scomporre la propria personalità in vari personaggi trova radici nella Letteratura del primo Ottocento e, in particolare, in Jean Paul, autore molto caro al giovane Robert.

1853: conoscendo Johannes Brahms, giovane Compositore (del quale indovina la grande potenzialità) e il Violinista Joseph Joachim (per cui comporrà il” Concerto per violino e orchestra in Re minore”), vive un ultimo periodo di tranquillità.

26 febbraio del 1854: tenta il suicidio buttandosi nel Reno, ma viene salvato da alcuni barcaioli a cui gli stesso chiede di essere ricoverato in Casa di Cura e da cui, in seguito, viene internato nel Manicomio di Endenich, presso Bonn.
Dopo pochi mesi nasce Felix, il suo ottavo figlio, che non potrà conoscere.

1855: migliora lievemente; va a Bonn dove rimane molte ore fermo davanti al monumento di Beethoven, nella piazza.
La situazione precipita dopo poco e, a Endenich, si trascina ancora per circa un anno: viene rischiarato da fuggevoli lampi di lucidità, sempre assistito da Clara (quando è libera dai Concerti), da Brahms e da altri amici che lo vanno a trovare spesso fino alla morte, successa il 29 luglio del 1856.
Negli ultimi due giorni di vita, Clara gli è accanto, ma non lo vede spirare.
31 luglio 1856: a Bonn, vengono tenuti i funerali.

Fra quanto è stato ipotizzato, presenzia anche l’ipotesi di una base genetica della sua famiglia circa la patologia di cui soffre: è da attribuirsi alla malattia maniaco-depressiva, ossia il disturbo bipolare.
La morte sembra che sia causata da avvelenamento da mercurio, usato all’epoca come trattamento della sifilide da cui si pensa sia affetto.

Dopo la morte del marito, Clara continua la sua carriera di Pianista per quarant’anni, tenendo Concerti in Europa, nei quali propone, accanto a Chopin e Beethoven, anche le musiche del “suo” Robert, aumentando la conoscenza verso Schumann al punto che i Diritti d’Autore, per l’esecuzione delle sue composizioni, diventeranno maggiori rispetto a quasi tutti i musicisti contemporanei.

 

Composizioni:

Antonio Rostagno sostiene che Schumann è uno dei compositori romantici per eccellenza.
< Le sue opere sono un esempio di intensa passionalità e di sentimenti intimi, delicati, sensuali, autunnali.
< Il suo stile, ricco di sfumature è espresso attraverso un uso dell’armonia molto personale che, come Chopin e Liszt, si rende immediatamente riconoscibile all’orecchio dell’ascoltatore.
< Ad ogni modo, pur, a volte, strumentalmente imperfetta, la produzione orchestrale di Schumann (compresa la tanto discussa opera “Genoveva”), occupa un posto fondamentale nella Musica.

 

Selezione delle opere principali:

Per pianoforte solo:

Op. 1, Variazioni sul nome “Abegg” (1830)
Op. 2, Papillons (1831)
Op. 3, Sei studi sui Capricci di Paganini (1832)
Op. 4, Sei Intermezzi (1832)
Op. 5, Improvvisi su una romanza di Clara Wieck (prima versione 1833, seconda versione 1850)
Op. 6, Davidsbündlertänze (prima versione 1837, seconda versione 1850)
Op. 7, Toccata in Do maggiore (1832)
OP. 8, Allegro in Si minore (1831)
Op. 9, Carnaval, scènes mignonnes sur quatre notes (1833 e inverno 1834-1835)
Op. 10, Sei studi da concerto dai Capricci di Paganini (1833)
Op. 11, Sonata n. 1 in Fa diesis minore (1832-1835)
Op. 12, Phantasiestücke (1837)
Op. 13, Studi sinfonici (1837)
Op. 14, Concerto senza orchestra in Fa minore (poi Sonata n. 3) (1836)
Op. 15, Kinderszenen (1838)
Op. 16, Kreisleriana (1838)
Op. 17, Fantasia in Do maggiore (1836-1838)
Op. 18, Arabeske (1838)
OP. 19, Blumenstück (1839)
Op. 20, Humoreske (1839)
Op. 21, Novellette (1838)
Op. 22, Sonata n. 2 in Sol minore (1838)
Op. 23, Nachtstücke (1839)
Op. 26, Faschingsschwank aus Wien (n. 1-4 1839; n. 5 forse inverno 1839-1840)
Op. 28, Tre romanze (1839)
Op. 32, Klavierstücke: Scherzo, Gigue, Romanze, Fuguette (1839)
Op. 56, Studien für den Pedal-Flügel, sei pezzi in forma di canone (1845)
Op. 58, Vier Skizzen für den Pedal-Flügel (1845)
OP. 68, Album für die Jugend (1848)
Op. 72, Quattro fughe (1845)
Op. 76, Quattro marce (1849)
Op. 82, Waldszenen (1849)
Op. 99, Bunte Blätter(1836-1849)
Op.111, Phantasiestücke (1851)
Op.118, Drei Clavier-Sonaten für die Jugend (1853)
Op.124, Albumblätter (1832-1845)
Op.133, Gesänge der Frühe (1853)
Per pianoforte a quattro mani
Op. 66, Bilder aus Osten, sei improvvisi (1848)
Op. 85, Zwölf vierhandige Klavierstücke für kleine und grosse Kinder (1849)
Op. 109, Ballszellen (1851)
Op. 130, Kinderball (1853)
Per due pianoforti
Op. 46, Andante e variazioni in Si bemolle maggiore (1843)

 

Per orchestra:

Include i concerti per strumento solista con orchestra:

Op. 38, Sinfonia n. 1 in Si bemolle maggiore Primavera (1841)
Op. 52, Ouverture, Scherzo e Finale in Mi maggiore (1841)
Op. 54, Concerto per pianoforte e orchestra in La minore (1841-1845)
Op. 61, Sinfonia n. 2 in Do maggiore (1845-1846, revisione 1846-1847)
Op. 86, Concerto per quattro corni e orchestra in Fa maggiore (1849)
Op. 92, Introduzione e Allegro appassionato in Sol maggiore per pianoforte e orchestra (1849)
Op. 97, Sinfonia n. 3 in Mi bemolle maggiore Renana (1850)
Op. 100, Ouverture in Do minore per La sposa di Messina di Friedrich Schiller (1850-1851)
Op. 120, Sinfonia n. 4 in Re minore (prima versione 1841, seconda versione 1851)
Op. 128, Ouverture in Fa minore per Giulio Cesare di William Shakespeare (1851)
Op. 129, Concerto per violoncello e orchestra in La minore (1850)
Op. 131, Fantasia per violino e orchestra in Do maggiore (1853)
Op. 134, Introduzione e Allegro in Re minore per pianoforte e orchestra (1853)
Op. 136, Ouverture in Si minore per Hermann e Dorothea di Johann Wolfgang von Goethe (1851)
Op.post, Concerto per violino e orchestra in Re minore (1853)

 

Musica da camera:

OP. 41, Tre quartetti per archi in La minore, Fa maggiore, La maggiore (1842)
Op. 44, Quintetto per pianoforte e archi in Mi bemolle maggiore (1842)
Op. 47, Quartetto per pianoforte e archi in Mi bemolle maggiore (1842)
Op. 105, Sonata per violino e pianoforte n. 1 in La minore (1851)
Op. 110, Trio n. 3 in Sol minore per pianoforte, violino e violoncello (1851)
Op. 121, Sonata per violino e pianoforte n. 2 in Re minore (1851)

 

Lavori vocali:

I lavori vocali di Schumann toccarono varie tipologie, dal Lieder fino all’opera. La tipologia è indicata dopo la data delle opere.
Op. 50, Das Paradies und die Peri (1843); oratorio per solisti, coro e orchestra
Op. 81, Genoveva (1847-1848); opera
Op. 103, Mädchenlieder (1851); Lieder per due voci femminili e pianoforte su testi di Elisabeth Kulmann
Op. 104, Sette Lieder (1851); Lieder per voce femminile e pianoforte su testi di Elisabeth Kulmann
Op. 112, Der Rose Pilgerfahrt (1851); oratorio per solisti, coro e orchestra
Op. 115, Manfred (1848); musica di scena per solisti, coro e orchestra
WoO 3, Scene dal ‘Faust’ di Goethe (1844-1853); oratorio per solisti, coro e orchestra

 

Strumenti:

Uno degli strumenti più noti che Robert Schumann suona è il pianoforte a coda di Conrad Graf, un regalo del costruttore di pianoforti in occasione del matrimonio di Robert e Clara nel 1840.
Questo strumento si trova nello studio di Schumann a Düsseldorf e sarà poi donato da Clara Schumann a Johannes Brahms.

Dopo aver cambiato alcune sistemazioni, è stato portato alla “Gesellschaft der Musikfreunde” (“Società degli Amici della Musica”) e può essere ammirato al “Kunsthistorisches Museum” di Vienna.

Registrazioni su strumenti d’epoca:

Jörg Demus. Robert Schumann, Clara Schumann. Schumann’s Clavier. Pianoforte 1839 Graf
Alexander Melnikov. Robert Schumann. Piano Concerto. Pianoforti 1837 Erard, 1847 Streicher
Penelope Crawford. Robert Schumann. Kinderszenen Op.15 – Abegg Variations Op.1. Pianoforte 1835 Graf
Andreas Staier. Kinderszenen op. 15, Waldszenen op. 82, Scherzo, Gigue, Romanze und Fughette op. 32, Abegg-Variationen op. 1, Fantasiestücke op. 12, Fantasiestücke op. 111, Gesänge der Frühe op. 133, Sonate per violino e pianoforte op. 105 e 121, etc. Piano Érard, Paris 1837
The Hanover Band, direttore Roy Goodman. Schumann. 4 Symphonies, Overture, Scherzo & Finale. Performed on period instruments, BMG 1994

 

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

 

Robert Schumann:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Robert-schumann.jpg

File:Robert-schumann.jpg

 

FRANZ SCHUBERT

  • Maggio 13, 2023 at 8:47 pm

Franz Peter Schubert nasce a Vienna il 31 gennaio 1797 e muore a Vienna il 19 novembre 1828.

E’ un compositore austriaco del periodo romantico.

Schubert è vissuto appena trentun’anni, ma ha lasciato tantissime composizioni, molte delle quali pubblicate postume.
In vita, è apprezzato particolarmente per i suoi lieder, per cui è considerato l’indubbio Maestro, però l’interesse per la sua musica gli viene da pochi amici e estimatori viennesi.

Inoltre, scrive molta Musica da Camera, per Pianoforte, Musica Sacra, Musiche di Scena e, specialmente, undici Snfonie (tre di queste sono incompiute), rimaste sconosciute anche per parecchi anni, dopo la sua morte.

In seguito, l’attrazione per i suoi lavori cresce per merito di Liszt, Schumann e Brahms che li scoprono e divulgano.

E’ un musicista romantico che, < nelle sue opere rivela aspetti elegiaci, una nostalgia per il passato visto come simbolo di bellezza, momenti malinconici, ma anche di grazia e di divertimento leggero e spontaneo, il tutto unito a una grande sensibilità e profondità interiore >.

Infanzia e adolescenza di Schubert:

Franz Schubert nasce a Vienna, nella casa detta “Zum roten Krebsen”: oggi, si trova al n. 54 della Nußdorfer Straße ma, a quel tempo, è al n. 72 del sobborgo del Himmelpfortgrund, nella zona nord-occidentale della città.
Viene battezzato il giorno dopo nella Parrocchia del distretto di Lichtental.

Suo padre è Franz Theodor Schubert ed è figlio di un contadino di Neudorf, in Moravia, studia a Vienna e, nel 1786, diventa Maestro nella Scuola Elementare situata al n. 12 del Himmelpfortgrund (ora, Säulengasse 3), nel distretto povero di Lichtental.
La madre, Elisabeth Vietz, figlia di un fabbro di Zuckmantel (Slesia), prima del matrimonio lavora a Vienna come cuoca.

Il matrimonio dei suoi genitori ha luogo il 17 gennaio 1785 e Franz è il dodicesimo di quattordici figli, dei quali solo cinque vedono l’età adulta: Ignaz, Ferdinand, Karl, Franz e Maria Teresa.
1813: l’anno seguente alla morte della prima moglie, Franz Theodor si risposa con Anna Kleyenböck, figlia di un fabbricante di seta: è più giovane di lui di vent’anni e gli dà altri cinque figli.

Franz Theodor è devotamente religioso e fortemente monarchico.
1797: acquista l’immobile scolastico della Säulengasse e vi si trasferisce con la famiglia.
1818: viene nominato Maestro della Scuola del distretto ricco e borghese di Rossau, dove insegna, coadiuvato dai figli Ignaz e Franz.
1829: le Autorità lo ripagano concedendogli la Cittadinanza Onoraria di Vienna.
19 luglio 1830: muore poco prima di ricevere la Medaglia d’Oro al Valor Civile.

 

L’abitazione di Schubert nella Säulengasse:

Ai tempi del piccolo Franz, un Maestro delle scuole austriache deve conoscere la Musica, per cui il bambino riceve le prime lezioni dal padre e dal fratello maggiore Ignaz.
All’età di sette anni, viene affidato al Maestro del Coro della Parrocchia di Lichtental, Michael Holzer, a cui, nel 1825, Schubert dedicherà la sua “Messa in Do maggiore”; Maestro che gli impartisce lezioni di Contrappunto e gli insegna a cantare e a suonare l’organo.

Un particolare importante: Holzer ripete spesso di non aver mai avuto un simile allievo, e lo contempla spesso con le lacrime agli occhi, dicendo: «In che posso essergli utile? Quando voglio insegnargli qualcosa, la sa già» e, un giorno in cui Franz riesce ad elaborare un tema in modo eccezionale per la sua età, esclama: «Ha l’armonia nel dito mignolo!».

30 settembre 1808: Schubert supera l’esame per entrare come Corista nella Cappella Reale, quindi può frequentare l’Imperiale Convitto Civico.
Qui studia Canto con Philipp Korner, studia Violino con Ferdinand Hofmann e Pianoforte con Wenzel Ruziczka, emergendo anche in altri studi e nella condotta.
Importante: egli stesso ritiene «piacevole» la vita che conduce nel convitto, a parte il «modesto pranzo e una ben misera specie di cena».

Prime composizioni:

Le sue prime composizioni vengono create negli anni del Convitto:

. Aprile 1810: compone la “Fantasia in sol maggiore per pianoforte a quattro mani D 1”, un genere nel quale Schubert diventerà < il compositore più fecondo e anche il più insigne >.
Appartengono a questo genere la “Fantasia D 2e” (1811), e la “Fantasia D 48” (1813).
Attraverso la prima, viene dimostrato che Schubert ha imparato il Contrappunto senza dover aspettare le lezioni di Salieri (iniziate il 18 giugno 1812); la seconda si ispira all’Andantino della “Fantasia in do minore K 475” di Mozart.
Nonostante la sua immaturità, la “Fantasia D 48” sarà ripresa direttamente nella “Wanderer-Fantasie” e nella “Fantasia in fa minore” (1828), definita «superba».

. Schubert, i suoi compagni e la sua famiglia preferiscono l’esercizio del “Quartetto d’archi”.
1812: ne compone tre di cui il primo riesce male e immaturo; nel secondo, in “do maggiore”, manca di un vero e proprio sviluppo; il terzo è quasi una ripetizione del “Quartetto op. 76 n. 2 di Haydn”.

. 3 marzo 1813: inizia e termina in quattro giorni il quarto “Quartetto”: il cui primo movimento ricorda il “Quartetto K 465” di Mozart, il secondo movimento è nello stile di Haydn e il terzo è molto beethoveniano.
Però, nel finale, Schubert dimentica i suoi esempi, generando una piccola opera-maestra.

Il “Quartetto per archi n. 6 in re maggiore D 74”, scritto tra il 22 agosto e il 3 settembre 1813, presenta molti richiami a Mozart: nel primo movimento, si riferisce ai “Quartetti K 575” e “Hoffmeister”, e all’ouverture de “Il Flauto magico”; nel secondo, all’ “Andante” della “Sinfonia-Praga”.
Questo ripetuto ritorno al Maestro del passato, Mozart, è dovuto all’influenza di Salieri, suo nuovo insegnante al Convitto.

28 ottobre 1813: Schubert esegue la sua prima sinfonia (D 82), composta in occasione dell’ “Addio al Convitto” e dedicata al Direttore Innozenz Lang.

Il lavoro è scritto nello spirito di Mozart/Haydn, ma il primo tema ricorda l’Ouverture del “Prometeo” e il “Minuetto” lo scherzo della “Seconda Sinfonia”: entrambi di Beethoven.
In tale sinfonia, “tutto è superficiale, musicale e festoso»”, come ci si aspetta da “un giovane ricco di doti misteriose, ma intimamente sano”.

23 settembre: per la festa del padre, viene eseguita una “Cantata per due tenori, un basso e una chitarra”.
Sempre, in tale anno, compone alcuni Canoni prevalentemente su testi di Friedrich Schiller.
Da segnalare anche tre “Kyrie” e molti “Lieder”, tra cui spiccano “Thecla” e “Der Taucher”.
Scritti metastasiani li musica attraverso canzoni e dà la prova di un anno di intensa creatività componendo cinque minuetti con “Trio per Orchestra”.

1814: inizia a lavorare come Maestro di Scuola, continuando a comporre musiche; in quel periodo, quattro Singspiel, la Seconda e la Terza Sinfonia, e quattordici Lieder (“canzoni”), tra cui “Gretchen am Spinnrade” (“Margherita all’arcolaio”).
Inoltre, compone una Messa per le “Celebrazioni del Centenario della Parrocchia” nativa di Lichtenthal.
In questa occasione, conosce i Grob, commercianti in seta e, quindi, la figlia Therese, dotata di una bella voce duttile che esegue la parte del soprano.
Incomincia una relazione tra Therese e Schubert, ma il sogno matrimoniale viene annullato a causa delle ristrettezze economiche in cui versa il compositore.
21 novembre 1820: Therese sposa il panettiere Johann Bergmann, di condizioni molto più agiate.

Per qualche tempo, Schubert vive con l’amico Franz von Schober e, poi, diventa Maestro di Musica a Zelis: incarico presto abbandonato.
Per mezzo degli aiuti di pochi amici (Johann Michael Vogl e Johann Mayrhofer) e di intellettuali estimatori delle sue opere, il musicista, nonostanze si trovi in ristrettezze economiche, riesce a vivere senza impiego sicuro e a continuare a comporre.

 

Anni di maturità e morte:

Primi Anni Venti 1800: nascono i primi lavori teatrali, come “Die Zwillingbrüder” (“I gemelli”), rappresentato nel 1820.

1826: grazie ad una donazione ricevuta dalla “Società degli Amici della Musica”, la produzione artistica si rafforza e Schubert termina il ciclo liederistico “Winterreise” (“Viaggio d’inverno”, 1827).
Vengono composti circa seicento brani liederistici, tra cui i Quattordici Lieder raccolti che l’Editore Haslinger intitola, dopo la sua morte, “Schwanengesang” (“Canto del cigno”, 1828), il Ciclo Liederistico chiamato “Die schöne Müllerin” (“La bella mugnaia”), la”Sinfonia Grande in do maggiore (1828)”, il “Quintetto per archi in do maggiore”, le “Sonate per Pianoforte” e la “Fantasia in fa minore per pianoforte a quattro mani”.

1822: intorno a questa data, a Schubert, si manifesta la sifilide, una malattia venerea grave che minerà il suo fisico.
Scubert non ce la fa a resistere ad un attacco di febbre tifoide, contratta a Eisenstadt durante una visita alla tomba di Franz Joseph Haydn, per cui muore il 19 novembre 1828, all’età di 31 anni.

Stile e influenze:

1947: durante una discussione circa lo stile di Schubert, il musicista Ernst Krenek ammette che, all’inizio della sua carriera, credeva nell’opinione diffusa che riteneva Schubert “un fortunato inventore di melodie piacevoli” ma che, dopo aver studiato alcuni brani del compositore austriaco, si è ricreduto, per cui afferma che “al contrario, egli era artista di concetto con un forte appetito per la sperimentazione” (Krenek intende la stesura e composizione di una varietà di forme e generi musicali assai differenti tra loro).
Infatti, all’inizio, Scubert è influenzato da Beethoven e Mozart; poi, mostrerà interesse per forme e generi diversi (opera, musica sinfonica, musica liturgica e composizioni per solo pianoforte).

A cavallo fra forme classiche e tendenze romantiche, Schubert è innovativo nell’uso assolutamente sperimentale delle modulazioni, quali alcuni brani come la “Nona Sinfonia” o la “Sonata in la minore per Pianoforte e Arpeggione).

Ma è soprattutto nei Lieder che Schubert lascia il segno, esplorando il genere: oltre seicento composizioni e, con alcune di esse, arriva a risultati considerevoli come innovazione del genere stesso, con tendenza a forme più libere (anche a livello metrico), tipiche del nuovo movimento romantico.

 

Strumenti:

Schubert ha l’accesso a pianoforti fra cui un pianoforte Benignus Seidner (ora esposto alla Schubert Geburtshaus di Vienna) e un Anton Walter & Sohn (custodito al Kunsthistorisches Museum di Vienna), oltre ad avere familiaritá con gli strumenti del costruttore viennese Conrad Graf.

Composizioni:

Il catalogo Deutsch:

“La numerazione tradizionale delle opere di Schubert è stata via via sostituita dalla notazione fornita dal catalogo redatto da Otto Erich Deutsch e pubblicato per la prima volta nel 1951. La notazione è composta dalla lettera D seguita da un numero ed eventualmente da una lettera minuscola per inserimenti, spostamenti o ritrovamenti successivi.
Ad esempio alla “Sinfonia n. 8 Incompiuta” corrisponde il numero di catalogo “D 759”.

 

Franz Schubert = lavori musicali:

Sonate per pianoforte:

. Sonata n. 1 in mi maggiore D 157 (frammento)
. Sonata n. 2 in do maggiore D 279 (frammento)
. Sonata n. 3 in mi maggiore D 459 (Fünf Klavierstücke)
. Sonata n. 4 in la minore D 537 (op. 164)
. Sonata n. 5 in la bemolle maggiore D 557
. Sonata n. 6 in mi minore D 566
. Sonata n. 7 in re bemolle maggiore D 567
. Sonata n. 8 in mi bemolle maggiore D 568 (op. 122)
. Sonata in fa diesis minore D 571 (frammento)
. Sonata n. 9 in si maggiore D 575 (op. 147)
. Sonata n. 10 in do maggiore D 613
. Sonata n. 11 in fa minore D 625
. Sonata n. 12 in do diesis minore D 655 (singolo movimento)
. Sonata n. 13 in la maggiore D 664 (op.120)
. Sonata n. 14 in la minore D 784 (op.143)
. Sonata n. 15 in do maggiore D 840 “Reliquie” (frammento)
. Sonata n. 16 in la minore D 845 (op. 42)
. Sonata n. 17 in re maggiore D 850 (op. 53)
. Sonata n. 18 in sol maggiore D 894 (op. 78)
. Sonata n. 19 in do minore D 958
. Sonata n. 20 in la maggiore D 959
. Sonata n. 21 in si bemolle maggiore D 960

 

Altre composizioni per pianoforte:

. Improvviso op. posth. 142 n° 3 (D 935/3) in Si bemolle maggiore, variazione I, di Franz . Schubert
. Fantasia in Do maggiore “Wanderer” op. 15 D 760
. Vier Impromptus op. 90 D 899
. Vier Impromptus op. 142 D 935
. Six moments musicaux op. 94 D 780
. Drei Klavierstücke D 946
. Fantasia in Fa minore op. 103 D 940 a 4 mani
. Tre marce militari op. 51 D 733 a 4 mani
. 16 Danze tedesche D 783
. 12 Deutsche “Landler” op. 171, D 790
. 2 Scherzi D 593

 

Quartetti per archi:

. Quartetto per archi n. 1 D 18 (in diverse tonalità)
. Quartetto per archi n. 2 in do maggiore D 32
. Quartetto per archi n. 3 in si bemolle maggiore D 36
. Quartetto per archi n. 4 in do maggiore D 46
. Quartetto per archi n. 5 in si bemolle maggiore D 68
. Quartetto per archi n. 6 in re maggiore D 74
. Quartetto per archi n. 7 in re maggiore D 94
. Quartetto per archi n. 8 in si bemolle maggiore D 112
. Quartetto per archi n. 9 in sol minore D 173
. Quartetto per archi n. 10 in mi bemolle maggiore D 87 (opera postuma 125 n. 1)
. Quartetto per archi n. 11 in mi maggiore D 353 (opera postuma 125 n. 2)
. Quartetto per archi n. 12 in do minore D 703
. Quartetto per archi n. 13 in la minore Rosamunda D 804 (op. 29 n. 1)[20]
. Quartetto per archi n. 14 in re minore La morte e la fanciulla D 810
. Quartetto per archi n. 15 in sol maggiore D 887 (opera postuma 161)
. Movimento di quartetto in do minore D 103

 

Trii per pianoforte e archi:

. Trio per pianoforte, violino e violoncello n. 1 in si bemolle maggiore D 898 op.99
. Trio per pianoforte, violino e violoncello n. 2 in mi bemolle maggiore D 929 op.100
. Trio per pianoforte, violino e violoncello in si bemolle maggiore D 28 («Sonata»)
. Adagio per pianoforte, violino e violoncello in mi bemolle maggiore D 897 («Notturno»)

 

Altre composizioni da camera:

. Trio per violino, viola e violoncello in si bemolle maggiore D 581
. Trio per violino, viola e violoncello in si bemolle maggiore D 471
. Sonata in la minore per arpeggione e pianoforte D 821
. Quintetto per pianoforte e archi in la maggiore “La trota” op. 114 D 667
. Quintetto per archi in do maggiore D 956 (opera postuma 163)
. Ottetto in fa maggiore per clarinetto, fagotto, corno, due violini, viola, violoncello e contrabbasso D 803 (opera postuma 166)
. Variazioni sul tema ‘Trockne Blumen’ per pianoforte e flauto D 802 (opera postuma 160)
. Tre Sonatine per pianoforte e violino op. 137, n.1 in Re maggiore D.384, n. 2 in La minore D. 385, n. 3 in Sol minore D 408
. Sonata in La maggiore per violino e pianoforte op. 162 D574

 

Musica orchestrale:

. Sinfonia n. D 2B in re maggiore (1811)
. Sinfonia n. 1 in re maggiore D 82 (1813)
. Sinfonia n. 2 in si bemolle maggiore D 125 (1814-1815)
. Sinfonia n. 3 in re maggiore D 200 (1815)
. Sinfonia n. 4 in do minore La tragica D 417 (1816)
. Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore D 485 (1816)
. Sinfonia n. 6 in do maggiore La piccola D 589 (1817-1818)
. Sinfonia n. D 615 in re maggiore (1818)
. Sinfonia n. 7 in mi maggiore D 729 (1821)
. Sinfonia n. D 708A in re maggiore (1821)
. Sinfonia n. 8 in si minore Incompiuta D 759 (1822)
. Sinfonia n. 9 in do maggiore La grande D 944 (1825-1828)
. Sinfonia n.10 in re maggiore D 936a (1828)
. Ouverture in re maggiore per la commedia Der Teufel als Hydraulicus di Johann Ernst Friedrich Albrecht per orchestra D 4 (1812?)
. Ouverture in re maggiore per orchestra D 12 (1811)
. Ouverture in re maggiore per orchestra D 26 (1812)
. Ouverture in si bemolle maggiore per orchestra D 470 (1816)
. Ouverture in re maggiore per orchestra D 556 (1817)
. Ouverture nello stile italiano in re maggiore per orchestra D 590 (1817)
. Ouverture nello stile italiano in do maggiore per orchestra D 591 (1817)
. Ouverture in mi minore per orchestra D 648 (1819)
. Konzertstück in re maggiore per violino e orchestra D 345 (1816)
. Rondò in la maggiore per violino e orchestra d’archi D 438 (1816)
. Polacca in si bemolle maggiore per violino e orchestra D 580 (1817)

 

Musica sacra:

. Messa n. 1 in fa maggiore D 105
. Messa n. 2 in sol maggiore D 167
. Messa n. 3 in si bemolle maggiore D 324
. Messa n. 4 in do maggiore D 452
. Messa n. 5 in la bemolle maggiore D 678
. Messa n. 6 in mi bemolle maggiore D 950
. Deutsche Messe (Messa tedesca) n. 7 in fa maggiore D 872
. Stabat Mater D 175
. Magnificat D 486
. Salve Regina D 676

 

Musica vocale:

. Gretchen am Spinnrade (Margherita all’arcolaio) D 118
. Erlkönig (Il re degli Elfi) D 328
. Auf dem Wasser zu singen (Da cantare sull’acqua) D 774
. Chor der Engel (Coro degli Angeli) D 440
. Die Schöne Müllerin (La bella mugnaia) D 795
. Winterreise (Viaggio d’inverno) D 911
. Schwanengesang (Canto del cigno) D 957
. Der Hirt auf dem Felsen (Il Pastore sulla rupe) D 965
. Ave Maria D 839

 

Musica operistica:

. Der Spiegelritter (Il cavaliere specchio) D 11 (incompiuta, 1811)
. Des Teufels Lustschloß (Il palazzo del piacere del diavolo) D 84 (1814)
. Der vierjährige Posten (Il lavoro di quattro anni) D 190 (1815)
. Fernando D 220 (1815)
. Claudine von Villa Bella D 239 (incompiuta, 1815)
. Die Freunde von Salamanka (Gli amici di Salamanca) D 326 (1815)
. Die Bürgschaft (La garanzia) D 435 (incompiuta, 1816)
. Adrast D 137 (incompiuta, 1817)
. Die Zwillingsbrüder (I gemelli) D 647 (1820)
. Die Zauberharfe (L’arpa magica) D 644 (1820)
. Lazarus D 689 (incompiuta, 1820)
. Sakuntala D 701 (incompiuta, 1820)
. Alfonso und Estrella (Alfonso ed Estrella) D 732 (1821-1822)
. Die Verschworenen (I cospiratori) D 787 (1823)
. Rüdiger D 791 (incompiuta, 1823)
. Fierrabras D 796 (1823)
. Rosamunde D 797 (1823)
. Der Graf von Gleichen (Il conte di Gleichen) D 918 (incompiuta, 1827)
. Der Minnesänger (Il menestrello) D 981 (incompiuta, perduta, data sconosciuta)
. Sophie D 982 (incompiuta, 1819-1821)

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Franz Schubert ritratto da Wilhelm Rieder:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Franz_Schubert_by_Wilhelm_August_Rieder_1875_larger_version_crop.png

File:Franz Schubert by Wilhelm August Rieder 1875 larger version crop.png

.

“AVE MARIA”, cantata dal tenore Luciano Pavarotti, sotto la direzione del Maestro Zubin Mehta:

 

 

 

 

 

 

 

 

“AVE MARIA”, cantata dal tenore Luciano Pavarotti, sotto la direzione del Maestro Zubin Mehta: https://youtu.be/XpYGgtrMTYs

 

 

 

 

 

ARNOLD SCHÖNBERG

  • Maggio 13, 2023 at 8:23 pm

Arnold Franz Walther Schönberg nasce a Vienna, il 13 settembre 1874 da famiglia colta ebraica da cui riceve le prime nozioni musicali.
Samuel, il padre, ha un piccolo negozio di scarpe, per cui – nel settore “Lettere” – Arnold viene educato dal modesto insegnante di francese che è conosciuto a Vienna, in particolare, come poeta dilettante.
Ottilie ed Heinrich, i suoi due fratelli, ben presto, provano a cimentarsi con la Musica ed MA PARTE MIO COMMENTO: Heinrich diventerà un famoso basso, interpretando anche alcuni lavori del fratello.

Per mezzo di un compagno di scuola, quando ha otto anni, Schönberg scopre il violino: inizia a studiarlo entusiasticamente e le uniche musiche su cui studia sono piccoli studi per uno o due violini di Pleyel e di Viotti che, in pochi anni, è in grado di suonare, mentre inizia a cimentarsi nella composizione di piccoli pezzetti per duo.
Conosciuto un altro compagno di scuola che suona la viola, si spinge oltre, nella composizione, e scrive dei piccoli trii per due violini e viola.

1889: Schönberg ha 15 anni e, a causa di un tracollo economico familiare, è costretto a lasciare la scuola.
Infatti, essendo morto il padre, per sopravvivere, lavora da commesso in una piccola banca privata viennese ma, cinque anni dopo, lascia l’impiego (consigliato dall’amico pianista Joseph Labor) e si trasferisce per un breve lasso di tempo a Berlino, dove ha modo di sviluppare le proprie possibilità creative presso alcuni locali pubblici del tempo conosciuti (il cabaret dello “Überbrettl” è il suo primo “trampolino di lancio”), sostenuto da intellettuali berlinesi di tendenze rivoluzionarie.
Tale compositore austriaco naturalizzato statunitense che, nel XX secolo è uno tra i primi a scrivere musica al di fuori dalle regole del sistema tonale, con Josef Matthias Hauer, teorizza il Metodo Dodecafonico, metodo basato su una sequenza (detta serie = musica seriale) e comprendente tutti i dodici suoni della scala musicale cromatica temperata.

1903: a Vienna, comincia ad insegnare (e insegnerà per tutta la vita) armonia e contrappunto: fra i suoi allievi, presenziano Anton Webern, Alban Berg e John Cage ed è buon amico del compositore e direttore d’orchestra Alexander von Zemlinsky (considerato l’erede direttoriale di Gustav Mahler).

Si trasferirà in Francia dove, nel 1912, compone il “Pierrot Lunaire”, un ciclo musicale basato su 21 poesie ispirate alla celebre maschera francese e in cui il compositore inserisce un tipo di canto già parzialmente introdotto nei precedenti “Gurrelieder” e “La Mano felice”: si tratta dello “Sprechgesang”, il canto parlato dove l’esecutore non intona le parole, ma le declama con un vago accento musicale.

Schönberg si diletta anche nella Pittura; in questi anni, viene in contatto con Vasilij Kandinskij ed espone anche con il gruppo “Der Blaue Reiter”.

Verso il 1920, compone iniziando ad usare il metodo della Dodecafonia.

Nel 1933, a causa delle persecuzioni antisemitiche naziste, è costretto, a trasferirsi negli Stati Uniti d’America, prima a Boston e poi a Los Angeles: in quest’ultima città, muore a Los Angeles il 13 luglio 1951.

Dodecafonia:

Schönberg definisce la Dodecafonia il “metodo di composizione con dodici note poste in relazione soltanto l’una con l’altra” e prevede che tutti i dodici suoni della scala cromatica appaiano lo stesso numero di volte nell’esposizione, affinché nessun suono prevalga sugli altri; le composizioni non sono pertanto basate sul rapporto tonica-dominante e non presentano più la struttura gerarchica tipica del sistema tonale.

Secondo Schönberg, i principi fondamentali del metodo dodecafonico sono:

. Uso del “totale cromatico”, per cui la scala diatonica è sostituita da quella cromatica: quindi è previsto l’uso di tutti i dodici suoni disponibili nella divisione dell’ottava secondo il temperamento equabile.

. Onde evitare la prevalenza di un suono sugli altri, bisogna che nessuno di essi si ripeta prima che tutti gli altri siano comparsi.
All’inizio viene quindi stabilita una serie, per fissare l’ordine in cui le note devono succedersi in una determinata composizione.

. Per evitare un’eccessiva uniformità, si può ricorrere ad alcuni artifici, come l’utilizzo della versione retrogradata della serie originale, o l’inversione di questa (con tutti gli intervalli disposti per moto contrario), o ancora l’inversione della versione retrogradata.
Si ottengono così quattro ordini principali della serie; in più, è possibile trasporre la serie originale e le sue tre “versioni” su tutti i restanti 11 gradi della scala cromatica.

. La successione degli accordi costruiti sui gradi IV, V e I di una scala maggiore o minore (formula cadenzale) fornisce all’ascoltatore il senso della tonalità di un brano.
Sostituendo l’accordo di tonica con un altro grado della scala (oppure con un accordo di un’altra tonalità), si ottiene una cadenza evitata.

. Modulazioni e cadenze evitate sempre più frequenti e ardite hanno portato storicamente a un affievolimento del senso tonale. Anche perché, se in un brano di cinque minuti la ripetizione del tema iniziale, nella stessa tonalità, può essere percepita come un “ritorno all’origine”, in uno molto più lungo difficilmente produce il medesimo effetto.
Il massimo sviluppo del sistema tonale (fine del XIX secolo) ha coinciso con l’inizio della sua crisi.

. Si consideri che i termini < atonale > e < dodecafonico > non sono sinonimi: il primo indica qualunque musica priva di riferimenti tonali, mentre il secondo si riferisce al metodo sopra descritto.
Diversi compositori nel corso del Novecento hanno adottato il metodo dodecafonico.

Il sipario tagliafuoco del Teatro dell’Opera “Carlo Felice” di Genova è un omaggio al compositore viennese: intitolato “Viva Schönberg” viene realizzato dallo scultore Nerone Ceccarelli in occasione della ricostruzione dell’edificio ad opera degli architetti Aldo Rossi, Ignazio Gardella e Angelo Sibilla.

Sembra che Giacomo Puccini sia uno dei musicisti che si sono ispirati al Metodo Dodecafonico per la composizione della sua ultima e postuma opera: “Turandot”.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Arnold Schönberg a Los Angeles nel 1948:

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Arnold_Schoenberg_la_1948.jpg

 

File:Arnold Schoenberg la 1948.jpg

 

WOLFGANG SAWALLISCH

  • Maggio 13, 2023 at 5:36 pm

Wolfgang Sawallisch nasce a Monaco di Baviera il 26 agosto 1923 e muore a Grassau il 22 febbraio 2013

E’ un Direttore d’Orchestra e Pianista tedesco.

Seconda Guerra Mondiale: Sawallisch presta servizio nella “Wehrmacht” in Italia e in Francia.
E’ prigioniero di guerra in un campo inglese e, dopo aver terminato la detenzione, perfeziona gli studi musicali alla “Hochschule für Musik und Theater München”, dove si diploma nel 1946.

Sawallisch inizia la sua carriera di Direttore d’Orchestra al “Teatro dell’Opera” di Augusta e, nel periodo 1947-1949, vince – con Gerhard Seitz – il 2º premio presso il Concorso internazionale di Ginevra nella categoria “Duo Violino e Pianoforte”.
1952-1953: è l’assistente di Igor Markevitch al “Mozarteum” di Salisburgo.

1953: è uno dei direttori più giovani che abbiano condotto l’Orchestra “Filarmonica” di Berlino.

1957: idem, succede al “Festspielhaus” di Bayreuth per la direzione di “Tristano e Isotta”.
1959: ancora, al “Bayreuther Festspiele”, dirige anche “Der Fliegende Holländer”.
1961: qui, dirige “Tannhäuser”.
1962: sempre, al “Festspielhaus” di Bayreuth, dirige “Lohengrin”.

1960-1970: è Direttore Principale dei “Wiener Symphoniker”.

1970-1980: dirige l’ “Orchestre de la Suisse Romande”.

1971-1992: è Direttore Musicale dell’ “Opera di Stato della Baviera” (“Bayerische Staatsoper”).

1993-2003: è Direttore Musicale della “Philadelphia Orchestra” (Riccardo Muti ne era stato Direttore dal 1980-1992) e, per un periodo, ne è Direttore Onorario, oltre ad esserlo della “NHK Symphony Orchestra” di Tokyo.

Dopo il lungo periodo di Direttore Musicale della “Philadelphia Orchestra”, Sawallisch vi ritorna come Direttore Ospite a Filadelfia e alla “Carnegie Hall”.

Negli ultimi anni, sospende la sua attività, a seguito di seri problemi di salute e, in un’intervista del “The Philadelphia Inquirer” del 27 agosto 2006, Sawallisch dichiara che si ritira dal lavoro direttoriale:
«Può accadere che, senza preavviso, la mia pressione sanguigna divenga troppo bassa. Questa situazione mi costringe a chiudere la carriera dopo 57 anni di direzione d’orchestra sia nei concerti sia nell’opera.»

E’ stato riferito:

Sono da considerare di assoluto riferimento le sue interpretazioni delle opere di Richard Wagner, e di Richard Strauss (è sua una delle registrazioni più acclamate della “Donna senz’ombra”).

Eccellenti anche le sue letture di Beethoven, Mozart, Bruckner e soprattutto Schubert. Sawallisch ha incarnato, assieme a Karl Böhm, il miglior esempio di “Kapellmeister”.

Sua moglie Mechthild, dalla quale ebbe un figlio di nome Jorg, è morta nel 1998.

Sawallisch è Membro Onorario della “The Robert Schumann Society”.

2003: Sawallisch contribuisce all’apertura di una Scuola di Musica a Grassau, in Germania, scuola che assume il nome di Wolfgang Sawallisch Stiftung.

CD parziale:

. Bartók: Bluebeard’s Castle – Bayerisches Staatsopernorchester/Dietrich Fischer-Dieskau/Wolfgang Sawallisch, 2007 Deutsche Grammophon
. Beethoven: Symphonies 1, 2, 3 ‘Eroica’ & 8 – Wolfgang Sawallisch, 1999 EMI/Warner
. Brahms: Liebeslieder-Walzer Opp. 52 & 65 – 3 Quartette, Op. 64 – Edith Mathis/Brigitte Fassbaender/Peter Schreier/Dietrich Fischer-Dieskau/Karl Engel/Wolfgang Sawallisch, 2010 Deutsche Grammophon
. Brahms: Symphony No. 1 – Wolfgang Sawallisch/London Philharmonic Orchestra, 1997 EMI/Warner
. Brahms: Symphony No. 2 & 3 – Wolfgang Sawallisch/London Philharmonic Orchestra, 2003 Warner
. Brahms: The Symphonies – Wiener Symphoniker/Wolfgang Sawallisch, 1993 Philips
. Brahms: Piano Concertos 1 & 2 and 7 Songs – Stephen Kovacevich/Wolfgang Sawallisch, 2002 EMI/Warner
. Brahms/Mozart: Violin Concertos – Berliner Philharmoniker/Frank Peter Zimmermann/Wolfgang Sawallisch, 1995 EMI/Warner
. Dvorák: Concerto pour violoncelle – Wolfgang Sawallisch/Natalia Gutman/Philadelphia Orchestra, 1997 EMI/Warner
. Haydn: Symphonies Nos. 94, 100 & 101 – Wiener Symphoniker/Wolfgang Sawallisch, 1989 Philips
. Hindemith – Orchestral Works – Philadelphia Orchestra/Wolfgang Sawallisch, 1995 EMI/Warner
. Mendelssohn: Elijah – Gewandhausorchester Leipzig/Peter Schreier/Rundfunkchor Leipzig/Wolfgang Sawallisch, 1968 Philips
. Mozart: Piano Concertos Nos. 21 & 22 – Annie Fischer/Philharmonia Orchestra/Wolfgang Sawallisch, 1959 EMI
. Mozart: The Magic Flute – Wolfgang Sawallisch/Anneliese Rothenberger/Edda Moser, 1973 EMI
. Orff: Der Mond – Die Kluge – Wolfgang Sawallisch/Elisabeth Schwarzkopf, 1998 EMI/Warner
. Orff: Carmina Burana – Agnes Giebel/Children’s Choir/Chor Des Westdeutschen Rundfunks/Fritz Ganss/Kölner Rundfunk-Sinfonie-Orchester/Paul Kuen/Wolfgang Sawallisch, 1992 EMI/Warner
. Paganini: Violin Concerto No. 1 – Saint-Saëns: Havanaise – Sarah Chang/The Philadelphia Orchestra/Wolfgang Sawallisch, 1994 Angel/EMI
. Rossini: Mosè – Wolfgang Sawallisch/Nicolai Ghiaurov/Shirley Verrett/Mario Petri, 2001 Opera d’Oro
. Schubert: Die Winterreise – Thomas Hampson/Wolfgang Sawallisch, 1997 EMI/Warner
. Schubert: Deutsche Messe, D.872 – Wolfgang Sawallisch, 1986 EMI
. Schubert: The Great Masses – Helen Donath/Ingeborg Springer/Peter Schreier/Rundfunkchor Leipzig/Staatskapelle Dresden/Theo Adam/Wolfgang Sawallisch, 1972 Philips
. Schubert: Das geistliche & weltliche Chorwerk · Sacred & Secular Choral Works – Wolfgang Sawallisch, 2011 EMI/Warner
. Schubert: 3 Masses – Tantum Ergo – Offertorium – Wolfgang Sawallisch, 1999 EMI/Warner
. Schubert: Die Zwillingsbrüder – Wolfgang Sawallisch/Helen Donath/Dietrich Fischer-Dieskau/Nicolai Gedda/Kurt Moll, 2012 EMI
. Schumann: The Four Symphonies – Wolfgang Sawallisch/Staatskapelle Dresden, 2013 Warner
. Smetana: Má Vlast – Mein Vaterland – Wolfgang Sawallisch/Orchestre de la Suisse Romande, 1986 RCA
. Strauss: Die Frau ohne Schatten – Wolfgang Sawallisch/Cheryl Studer, 1988 EMI/Warner
. Strauss: Elektra – Cheryl Studer/Éva Marton/Marjana Lipovsek/Wolfgang Sawallisch, 1990 EMI
. Strauss: Capriccio – Wolfgang Sawallisch/Anna Moffo/Christa Ludwig/Elisabeth Schwarzkopf/Dietrich Fischer-Dieskau/Eberhard Wächter/Nicolai Gedda, 1959 EMI/Warner
. Richard Strauss: Lieder – Helene Steffan/Dame Margaret Price/Wolfgang Sawallisch, 1998 EMI/Warner
. Strauss: Violin Concerto – Sonata – Sarah Chang/Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks/Wolfgang Sawallisch, 2000 Angel/EMI
. Strauss: Sinfonia Domestica & Till Eulenspiegels Lustige Streiche – Wolfgang Sawallisch/Philadelphia Orchestra, 2003 EMI/Warner
. Wagner: Tannhauser – Wolfgang Sawallisch/Wolfgang Windgassen/Victoria de los Ángeles/Dietrich Fischer-Dieskau, 1998 Opera d’Oro
. Wagner: Tannhäuser – Anja Silja/Bayreuth Festival Chorus & Orchestra/Eberhard Wächter/Grace Bumbry/Wolfgang Sawallisch/Wolfgang Windgassen, 1962 Philips
. Wagner, Lohengrin – Sawallisch/Crass/Thomas/Silja, 1962 Decca
. Wagner: Die Meistersinger – Bayerisches Staatsorchester/Ben Heppner/Cheryl Studer/Chor der Bayerischen Staatsoper München/Cornelia Kallisch/Deon Van der Walt/Michael Schade/Roland Wagenführer/Ulrich Ress/Wilhelm Meister/Wolfgang Sawallisch, 1994 EMI/Warner
. Wagner: Overtures – Marches – Symphony in E – Siegfried Idyll – Wolfgang Sawallisch, 2008 EMI
. Weber: Overtures – Philharmonia Orchestra/Wolfgang Sawallisch, 1959 EMI/Warner
. Sawallisch, L’arte di Wolfgang Sawallisch – Gewandhaus Orch. Leipizig/New PhiO/ Wiener PO/Staatskapelle Dresden, 1961/1971 Decca

 

DVD & BLU-RAY parziale:

. Mozart, Flauto magico – Sawallisch/Araiza/Popp/Moll, regia August Everding – 1983 Deutsche Grammophon
. Wagner, Olandese volante – Sawallisch/McIntyre/Ligendza, regia Vaclav Kaslik – 1974 Deutsche Grammophon

Onorificenze:

Medaglia dell’Ordine di Massimiliano per le Scienze e le Arti – nastrino per uniforme ordinaria Medaglia dell’Ordine di Massimiliano per le Scienze e le Arti
— 1984
Croce al Merito di I Classe dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania – nastrino per uniforme ordinaria Croce al Merito di I Classe dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania
— 1981
Gran Croce al Merito dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca – nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce al Merito dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca
— 1989
Gran Croce al Merito con placca dell’Ordine al Merito di Germania – nastrino per uniforme ordinaria Gran Croce al Merito con placca dell’Ordine al Merito di Germania
— 1993

Battuto al computer da Lauretta

 

 

 

 

WOLFGANG SAWALLISCH, 1988:
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Wolfgang_Sawallisch_1988.jpg

File:Wolfgang Sawallisch 1988.jpg

 

ERIC SATIE

  • Maggio 12, 2023 at 5:27 pm

Musicista-Compositore e Pianista francese, nasce a Honfleur il 17 maggio 1866.

È una personalità bizzarra, stramba: ama gli ombrelli, ma non li usa: anzi, li difende dalla pioggia, tenendoli sotto la sua giacca protettrice.

Lo zio paterno, Adrian, è miscredente e, dopo la morte della madre, il padre sposa una Pianista maggiore di lui di dieci anni, i cui insegnamenti delle basi musicali ad Eric lo porteranno a provare avversione verso la Musica e verso lo studio

Nonostante questo, tredicenne, comincia la frequenza del Conservatorio di Parigi, dove viene bocciato perché giudicato senza ingegno musicale.

Continua autodidatticamente impegnandosi su Fryderyck Chopin e Robert Schumann e, all’età di 19 anni, il giudizio su di lui rimane tale, da parte del Conservatorio

È intelligente, bislacco, simpatico ma risulta anche odioso.

È amico di Mallarmé, Verlaine e Débussy.

Il suo stile è personale ma, nelle sue composizioni, include impressionismo, cubismo, dadaismo e neoclassicismo.

Con Jean Cocteau, diventa l’animatore del “Gruppo dei sei” e, nel film

“Storia immortale” di Orson Welles sono inserite musiche sue e di Jean-Joel Barbier.

Nonostante soffra di una specie di repulsione verso le donne, ha una relazione di cinque anni con la pittrice Suzanne Valadon, madre del pittore Utrillo.

Suoi lavori sono le Composizioni per pianoforte, le Melodie per voce e pianoforte, la Musica di scena, e altre composizioni (“Messa dei poveri”, “Socrate”).

Una personalità molto interessante, sotto l’aspetto psicologico, senza dubbio.

Battuto al computer da Lauretta

 

 

Éric Alfred Leslie Satie:

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